Siria-Turchia, un conflitto che taglia le famiglie



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Siria-Turchia, un conflitto che taglia le famiglie

Due anni fa, il 16 novembre, Mehmet si svegliò presto con una grande gioia nel cuore, perché quel giorno era “bayram” e sarebbe andato con la sua famiglia a trovare i cugini per celebrare la festa. Egli mise addosso il nuovo abito per la festa comprato con sua madre il giorno prima e fìnì di impacchettare i doni che aveva acquistato per i suoi cugini. Quel giorno 4.650 persone di Akçakale, più di 65.000 persone in tutta la Turchia e più di 50.000 persone in Siria superarono i confini per celebrare la festività di “Bayram” con i loro parenti. Quest’anno la grande festa che coinvolge più di 100 mila persone non ha avuto luogo per i conflitti interni alla Siria.

Oggi, invece di prepararsi per vedere i propri parenti arrivare dalla Siria, gli abitanti di Akçakale aspettano che cadano nuove bombe, ascoltano le richieste che arrivano dai politici di una guerra contro la Siria e sperano che i loro parenti dall’altra parte del confine non vengano coinvolti in una guerra civile. La varietà etnica del nord della Siria e del sud-est della Turchia è speculare: arabi sunniti, arabi alawiti sciiti, curdi, turchi e una piccola percentuale di arabi cristiani sono presenti in entrambi i territori.

Tutte queste comunità che condividono la lingua, la religione, la storia, le tradizioni e che hanno legami di sangue, sono state separate con un righello, i confini disegnat a proprio piacimento dai paesi occidentali nel 1920.

Senza considerare questi fatti, il primo ministro Erdogan e il governo dell’AKP hanno deciso di appoggiare il multietnico e sunnita Esercito Libero Siriano in questo conflitto e ottenuto dal Parlamento il permesso di superare il confine con un intervento militare.

Ora chiedono ai cittadini turchi di entrare in una guerra contro i propri familiari.

Nonostante le opposizioni della minoranza parlamentare e delle diverse parti dello spettro politico e sociale turco, una campagna di propaganda per convincere l’opinione pubblica della necessità di un intervento militare in Siria è stata effettuata attraverso tutti i canali possibili dai funzionari di governo e dai media filo-governativi. Con pieno supporto del governo turco i ribelli siriano si sono sentiti forti al punto da dichiarare sul proprio sito web Hatay, in Turchia, come loro quartier generale. Questo ha generato grandi proteste in Turchia e l’informazione è stata rimossa dalla rete. Il supporto “politico, strategico e logistico” da parte del governo turco è stato già apertamente dichiarata in diversi contesti nazionali e internazionali, politici e diplomatici. Mentre l’ovvio supporto “logistico”, come il passagio di armi e il rinforzo di intelligence va avanti gradualmente, il supporto e la collaborazione strategica sta cominciando a disegnare i conflitti Siriani presenti.

Durante la festa del sacrificio, nuovi e forti conflitti sono nati tra i ribelli e i curdi siriani, a un passo dal confine turco.

La nuova tendenza dell’Esercito libero di creare questo nuovo fronte di battaglia sta suggerendo questa strategica alleanza con la Turchia, visto il totale accordo con la politica interna del governo di Erdogan. Diversi attori della politica curda in Turchia, PKK e PYD ( Partito Democratico di Unione dei curdi siriani) stanno dicendo chiaramente di non sostenere il fatto di mettere i curdi dentro al conflitto siriano e dichiarano un possibile loro intervento di protezione qualora la situazione si complichi.

Questo periodo critico che stiamo affrontando sarà decisivo non solo per il conflitto siriano, ma anche per l’equilibrio politico e sociale della Turchia nel futuro prossimo.

Questo approccio dei governi al caso siriano potrebbe creare problemi meno prevedibili ma irriversibili e rendere ancora più profonde le divisioni fra le fazioni turche.

(Nella foto Ap di Khalil Hamra, tendopoli nel viallaggio di Atma, al confine tra Siria e Turchia)