francesco



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I Brics e la lotta per la pace

La capitale indiana ha ospitato un importante meeting delle associazioni per la pace dei paesi Brics. Un evento enorme, tenuto sotto silenzio dei media occidentali. La cooperazione fra questi paesi è uno degli aspetti essenziali, assieme alla crescita dei movimenti di lotta popolari, di maggiore resistenza all’imperialismo.

Durante le giornate di Londra 2012 le principali testate giornalistiche del nostro paese hanno più volte pubblicato il medagliere olimpico, sommando il bottino di tutti i paesi europei per confrontarlo così con quello di Cina e Stati Uniti. Addirittura il Corriere è arrivato a titolare: “l’Europa batte tutti”. Sicuramente qualche anno fa tutto questo avrebbe avuto un effetto diverso, ma in tempo di crisi economica e con una seria ipoteca sulla tenuta stessa dell’Euro, questo schema rischia di essere un esercizio consolatorio. Oppure bisognerebbe arricchire il grafico con altri “aggregati geopolitici” in potenza.

Scopriremmo così che i veri vincitori sarebbero i paesi Brics, i paesi emergenti che, forti della propria crescita economica e dell’accresciuto peso nei consessi internazionali, stanno scalando tutte le vette ed i primati mondiali, anche nello sport. Ma una crescita del peso politico così repentina non la immaginava proprio nessuno, nemmeno Jim O’Neill, economista della Goldman Sachs ed inventore del fortunato acronimo, che già in un saggio del 2001 metteva in guardia l’Occidente da possibili cataclismi geopolitici: «nel 2050 potremmo trovare un mondo drammaticamente differente», dove l’elenco delle prime dieci economie sarà molto diverso da quello attuale. I Bric (Brasile, Russia, India e Cina), che ne frattempo hanno cominciato a riunirsi periodicamente, hanno visto da un anno l’ingresso di un nuovo partner: il Sudafrica. Non proprio un gigante ma, come ammette il suo ministro degli esteri, un paese capace di parlare non solo con la propria voce, ma a nome dell’Africa intera: un grande mercato di oltre 900 milioni di abitanti.

I paesi del Bric costituiscono il 26% del territorio, il 32% delle terre agricole, il 42% della popolazione e il 14,6% del Pil mondiale. Stando alle stime dell’economista della Goldman Sachs la Cina sorpasserà gli Usa nel 2027 e nel 2030 i Bric produrranno il 47% del Pil mondiale. Del resto già oggi rappresentano il 17% (dato del 2010) e già da un anno il Brasile ha surclassato l’economia italiana. Eppure questi numeri da capogiro non aiutano a cogliere quanto importante sia la cooperazione tra questi paesi in settori strategici quali: energia, infrastrutture, biotecnologie e la collaborazione per assicurarsi sicurezza e sovranità alimentare; con sullo sfondo l’abolizione del regime monetario di Bretton Wood e la costruzione di un nuovo sistema monetario. Non secondaria è la cooperazione in politica estera. È partendo da queste premesse che si comprende in tutta la sua valenza strategica l’intransigente posizione di Mosca e Pechino sulla vicenda siriana.

In questo quadro si inserisce un fatto di portata enorme, passato sotto silenzio dai mezzi di comunicazione occidentale, e cioè che a fine luglio, a Nuova Delhi, si è svolta una importante iniziativa che aveva al centro dell’agenda questioni inerenti la pace ed il ruolo dei Brics nel nuovo contesto internazionale e gli obiettivi del movimento per la pace. Se la notizia fosse stata data anche in Italia, sicuramente sarebbe stata presentata come un retaggio da guerra fredda, eppure la capitale indiana ha ospitato l’incontro delle associazioni per la pace dei paesi Brics. E tutto questo a pochi giorni dall’avvio del Congresso del Consiglio Mondiale della Pace che si è tenuto a Kathmandu, Nepal, e che ha visto non solo un rilancio delle attività e delle mobilitazioni contro la guerra a partire dai movimenti più forti e coscienti, ma l’ingresso, dopo anni di difficoltà e distacco, di russi e cinesi.

Tecnicamente, quello delle associazioni per la pace dei paesi Brics, è stato il primo meeting di questo tipo, ma un precedente è stato l’incontro a tre (India, Russia e Cina) del 2009, ospitato e promosso da Pechino. Ma quest’anno c’è stato il salto di qualità. Non solo erano presenti tutti gli altri paesi, ma si è deciso di convocare questo meeting ad ogni occasione di incontro formale dei Brics, così da condizionare l’agenda dei più ufficiali vertici tra i capi di stato e di governo e promuovere una politica estera basata sulla cooperazione ed il rifiuto di ingerenze e guerre. Il prossimo appuntamento sarà in Sudafrica, paese che si è speso a lungo per cercare una via diplomatica alla vicenda libica, prima che la Nato sferrasse l’attacco ed il paese sprofondasse nel caos più assoluto.

E di particolare interesse è il fatto che a promuovere questo incontro ed ospitarlo, sia stata l’associazione per la pace indiana. Quest’ultima è figlia della storica posizione di Nehru ed Indira Gandhi e dei movimenti marxisti e pacifisti del paese, che hanno portato l’India per una lunga fase ad essere un paese capofila del movimento dei non allineati, posizione questa che ha aiutato il gigante asiatico a dialogare sia con Usa ed Urss, che con la confinante Cina. Oggi, il movimento per la pace indiano continua a vedere una importante egemonia dei comunisti (CPI e CPIm) e la presenza di importanti settori del Congresso ed è diventata la nuova organizzazione che coordina l’Asia nella geografia interna del Consiglio Mondiale per la Pace.

Tutto questo, è evidente, fa affiorare diverse contraddizioni della politica di Nuova Delhi, a partire dal fatto che nella dichiarazione finale del meeting si parla di non ingerenza esterna in Siria, mentre il voto indiano all’Onu è andato in direzione di un rafforzamento delle sanzioni contro il regime di Assad. Ma questa contraddizione è il frutto di un “grande gioco” e della sfida, di portata internazionale, che si gioca sull’intero paese. Russia e Cina stanno lavorando ai fianchi il Partito del Congresso, che è al governo dell’India, e dentro le sue contraddizioni per stringere sempre più il paese su una posizione più smarcata dagli Usa. La frazione del Congresso all’interno dell’associazione per la pace non condivide la scelta del governo di legarsi militarmente agli Usa, intravedendo per il paese (e per se stessi) maggiori ambiti di sviluppo e crescita dentro una concertazione coi Brics, coi quali condividono un comune passato di lotte anticoloniali.

Non sappiamo se questi meeting riusciranno nell’impresa. Quel che è certo è che i Brics non rappresentano un monolite ma la cooperazione fra questi paesi è uno degli aspetti essenziali, assieme alla crescita dei movimenti di lotta popolari, di maggiore resistenza all’imperialismo. La collocazione internazionale dell’India viene vista dagli Usa come il grimaldello per mettere in crisi questa (pre)potente ascesa degli emergenti. È qui che si gioca la partita e la competizione per l’egemonia mondiale e l’India, come un tempo, è un pedina essenziale sullo scacchiere globale.