“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)



Il Centro Studi Sereno Regis di Torino per la Memoria e la Pace

“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)

Il Centro Studi Sereno Regis di Torino propone : Le Dimensioni 
Angeliche tra Memoria e Oblio sulla scena della Shoah. Ricordati di 
ricordare 
“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)
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LE DIMENSIONI ANGELICHE TRA MEMORIA E OBLIO SULLA SCENA DELLA SHOAH.
RICORDATI DI RICORDARE.
“Fammi ricordare, discutiamo insieme” (Is 43,26)

di Laura Tussi

http://serenoregis.org/2012/01/le-dimensioni-angeliche-tra-memoria-e-
oblio-sulla-scena-della-shoah-ricordati-di-ricordare/

http://www.peacelink.it/pace/a/35459.html

L’imperativo presente nel titolo già presuppone l’esortazione a 
ricordare di compiere un’azione, in questo caso reciproca, relazionale, 
a livello duale o collettivo. L’incitamento, l’invito, in tal senso, 
consiste proprio nell’atto del ricordare, del rammentare il ricordo, di 
rimemorare un pensiero, un evento passato che implica la necessità di 
essere rimemorato, ossia riportato alla memoria, e di conseguenza di 
risanare la ferita inferta dall’oblio della contemporaneità con il 
passato. L’episodio viene riattualizzato e ripresentificato, non solo 
nella mente, nello sguardo, negli occhi, nei sensi di chi è chiamato a 
ricordare, quindi, non solo di un individuo singolo, che, peraltro 
chiede aiuto nel ricordare (fammi ricordare), ma di un’intera comunità 
che si ritrova “insieme” a discutere della ripresentificazione dell’
evento ricordato.
L’episodio storico, relativo ad un passato sociale, è riattualizzato 
e quindi riportato alla memoria, o meglio, in questo caso, com-
memorato, rammentato insieme, in comunità, in comunione di valori e 
significati. I principali verbi del rimemorare presentano 
etimologicamente due diverse interpretazioni di senso, come ra-mentare, 
ossia raccogliere nella mente e ri-cordare, riportare al cuore. Queste 
forme verbali fanno pensare alla memoria come una forma di religio, da 
re-ligare, ossia nel ricollegare l'uomo a Dio, con il tramite 
messianico dell'angelo della memoria, quale messaggero di pace, per 
continuare a sperare che il mondo riemerga dal baratro brutale della 
bestialità disumana. L'angelo della Shoah è l'ancella, il messaggero 
della pace, che annuncia l'avvento di una memoria che ripresentifica il 
tempo per condurlo ad una rimemorazione collettiva, a partire da ogni 
singolo individuo, per non dimenticare. Le dimensioni angeliche della 
Shoah consistono in un anelito di speranza che ripristina il ricordo e 
conduce all'atto della rimemorazione per stendere un velo di com-
passione sugli eventi, ossia un portato di sofferenza collettiva che 
scongiuri l'oblio, allontani la dimenticanza, tramite un potere 
taumaturgico che distolga dal male, per ripresentificare gli eventi, 
affinché la negatività non si ripeta.

Ricordare e dimenticare? Memoria, identità, speranza.

Il ricordo comporta la rilettura di eventi, fatti, avvenimenti, 
episodi: il passato, il tempo precedente, trascorso, non prossimo, ma 
remoto, ossia intriso di storicità. L’azione del ricordare si declina 
al passato, nel tempo trascorso che tralascia pensieri, opere, parole, 
emozioni, sentimenti e quindi implica la dimenticanza, l’oblio, quando 
la memoria diviene oblio e dimenticanza e non rammenta, non rievoca, 
non rimembra il tempo trascorso che diviene perduto, privo di 
riferimento e di senso, senza più significati, per cui l’evento, nella 
dimenticanza, perde d’identità.
La memoria individuale e collettiva viene rievocata e commemorata.
Individualmente, l’azione del ricordare si svolge lentamente, in una 
dimensione interiore, meditativa, soggettiva. In un’accezione 
collettiva, la memoria passa attraverso una comunità, un gruppo, una 
società che com-memora tramite cerimonie, rituali, celebrazioni, miti, 
credenze e simboli. Il ripristinare un evento passato e riconsegnarlo 
alla memoria, individuale e collettiva, avvalora un’identità 
redimendola dall’oblio lacerante in cui imperversa il mondo moderno: l’
identità è dispensata con il ricordo dal rischio dell’oblio inesorabile 
degli eventi attraverso il passato, per cui subentra la speranza della 
sopravvivenza sociale del ricordo, della memoria presso la posterità, 
procastinando al tempo futuro, ripristinando l’atto celebrativo del 
rammentare, riconsegnando così alle nuove generazioni, una rinnovata 
speranza nell’avvenire, ossia la memoria del futuro.
L'angelo della memoria si presenta alla collettività attraverso la 
meditazione, il pensiero, il ricordo che intimamente e insitamente 
suscitano la rievocazione scritta e orale della testimonianza, nella 
tradizione di padre in figlio, dove le dimensioni angeliche della Shoah 
si manifestano nell'annuncio della speranza in un mondo migliore, dove 
non si ripetano le ingiustizie, i soprusi, le prepotenze, gli odi, le 
vendette perpetrate agli uomini su altri uomini. 
L'angelo è il messaggero di giustizia che tramite l'annuncio della 
memoria distoglie il genere umano dalla barbarie e scongiura il male, 
apportando giustizia dove le dignità e i diritti umani vengono 
cancellati e calpestati nel mondo e nella storia umana. L'angelo della 
memoria si identifica con la collettività che tramite l'impegno del 
ricordo trasforma la disumanità brutale in speranza per un futuro 
migliore dove gli uomini si rispettino nella giustizia, nella pace, 
nella libertà e fratellanza fra i popoli.

Memoria e conflitto

La memoria è serbatoio di immagini, vissuti, eventi del passato. Nell’
interiorità questi ricordi possono confliggere in vuoti di senso e di 
valore.
La memoria storica è pervasa di eventi spesso cruenti, guerre, 
stragi, conflitti di vario genere. Le posizioni ideologiche assunte 
dalle parti in causa in un determinato evento passato possono, 
attualmente, creare conflitto di idee, di posizioni, di valori, di 
scelte di campo nella società civile che commemora.
Il conflitto di posizione e di idee scaturisce nel gruppo sociale che 
nella sua storia, nella sua cultura, nel suo passato ha sperimentato un 
determinato evento e rispetto al quale prende posizioni ideologiche e 
valoriali differenti, a seconda della scelta di posizione  e di parte, 
rispetto ad un determinato episodio storico che implica analisi, 
ragionamenti e ripensamenti di carattere politico, sociale e 
ideologico.

La pluralità delle memorie

La storia nei suoi corsi e ricorsi presenta molteplicità plurime di 
eventi degni di ricordo e memoria. Gli eventi memorabili che occorre 
“ricordarsi di ricordare” sono molti in una stessa società. In 
differenti contesti comunitari, in altre nazioni, in diverse 
sottoculture ed etnie, si ricordano molteplici eventi degni di memoria, 
fatti storici, guerre civili, episodi politici e tutto ciò che 
scaturisce dal susseguirsi inesorabile e necessario degli eventi. Le 
differenti culture e società presentano varie tipologie di avvenimenti 
e di memorie filtrati dal corso della storia e dal pensiero del popolo 
che setaccia e seleziona il tempo ed il significato di cui è portatore. 
La cultura cristiana, islamica ed ebraica convivono da secoli in tutto 
il bacino del Mediterraneo, portandovi nuova cultura, arte, scambi 
commerciali, altre idee, differenze etico, morali e religiose, usi, 
costumi, tradizioni differenti, in sostanza  altri mondi conviventi e 
compenetrantesi vicendevolmente, che hanno determinato ed influenzato 
le fasi storiche della vita in tutto il Mediterraneo. Queste tradizioni 
distinte, ma influenzantesi reciprocamente, generano occasioni 
commemorative, riti, rituali, cerimonie, suffragate dalla memoria e 
dalle molteplici occasioni di ricordo collettivo, dove le dimensioni 
angeliche della speranza costituiscono l'identificazione tradizionale e 
mitica con la collettività, che diviene dispensatrice di memoria al 
fine di contribuire alla positività nel genere umano.

La memoria che disturba

La memoria della Resistenza partigiana contro l’occupazione 
nazifascista in Italia e le deportazioni di prigionieri politici, 
dissidenti al sistema reazionario del regime Hitleriano costituisce un 
dato di fatto consolidato e suffragato da analisi storiche. Alcune 
frange intellettuali di matrice revisionista hanno voluto negare tutto 
ciò che concerneva la deportazione e la realtà del campo di 
concentramento: ossia il cosiddetto negazionismo storico.
Invece, il revisionismo storico può puntare l’accento sugli episodi, 
presunti di aspro disaccordo, tra i partigiani gappisti e gli Osoppo, 
insinuando un esasperato dissidio tra frange partigiane più estremiste 
(comuniste) e cattolici di carattere più conservatore. Una memoria 
importante è costituita dalla commemorazione delle stragi di atti 
terroristici, per esempio per mano delle Brigate Rosse che si 
definivano e si definiscono tuttora “comunisti combattenti”, in una 
seria e contrita analisi politica, chi si identifica con il primo  
appellativo, ma non ammette intenzioni e attentati stragisti e armati e 
di sovversione terroristica del sistema.

Il futuro della memoria

La memoria di un evento costituisce sempre lo sprone a ricordarlo nel 
tempo futuro, soprattutto se l’evento, o meglio, la memoria di esso 
comporta un portato valoriale motivante, un ideale molto significativo 
per la comunità civile e per la società. La Shoah, la Resistenza 
Partigiana al regime nazifascista sono avvenimenti dal portato 
emblematico, ossia costituiscono, nel valore del loro ricordo, tramite 
la commemorazione, un simbolo, una simbologia di codici di significato 
emblematici, che si rimandano (dal greco sum-ballo) di generazione in 
generazione, nella tradizione coommemorativa e celebrativa da parte 
della comunità e collettività sociale, che avviene e si esplicita 
tramite cerimonie, rituali, in luoghi della memoria, in ambiti di 
culto, dove si identifica il sacrificio della vita umana con la 
sacralità dell'evento: come, dal latino, sacer, ossia separato dall’
usuale, dal consueto, dal comune trascorrere del tempo, quale 
avvenimento straordinario, ossia fuori dal normale, dal concepibile 
della giustizia, della morale e dell’etica umana.
La memoria ha futuro nel ricreare ambiti collettivi di riflessione e 
riproposizione di tematiche del conflitto, delle sopraffazioni, delle 
diversità fino a giungere a tramandare e concepire e riattualizzare il 
valore del dia-logos interreligioso ed interideologico, con risvolti 
sociali e politici, tramite il confronto tra varie realtà che 
racchiudono in sé i vari simboli, multipli e plurimi di tutto ciò che è 
diverso, di tutto ciò che è altro dalle “nostre” più radicate 
convinzioni.   

Educare alla memoria

Un’interpretazione biblica sostiene che “se non ci fosse la 
dimenticanza l’uomo penserebbe continuamente alla propria morte”, non 
costruirebbe case, non si affaccenderebbe, non parlerebbe con gli altri 
e neppure amerebbe nessuno: perciò Dio ha posto nell'uomo l’angelo 
della dimenticanza. Per questo un angelo è incaricato di insegnare al 
bimbo, cosicchè non dimentichi nulla, ma un altro angelo è incaricato 
di chiudergli la bocca perché dimentichi quanto aveva imparato.
Anche da questa immaginazione esegetica si evince che le dimensioni 
angeliche non sono pertinenti solo alla memoria, ma anche all'oblio. L’
angelico della memoria deriva principalmente da ethos, che ha la 
necessità di stabilire una continuità con il passato, mentre l'angelico 
della dimenticanza deriverebbe maggiormente da eros, che anela sempre 
ad un nuovo cominciamento, totalmente incurante della storia passata 
(per l’elaborazione del concetto di derivazione tra eros ed ethos, mi 
ricollego al pensiero dell’amico Baldo Lami).
La tradizione è perennemente sospesa nella scelta non di rado 
traumatica tra memoria e oblio. Parafrasando la litania dei tempi nel 
capitolo terzo del Qoelet si dovrebbe avvertire che esiste un tempo per 
fare memoria ed un tempo per astenersi dal ricordare. Il tempo della 
memoria si esplica perché quanto è accaduto non abbia mai più da 
accadere. Vi è un tempo dell’oblio per non vedersi inchiodati ad un 
passato che va superato e messo in discussione, per non farne un idolo 
pericoloso e dogmatico. Esiste un ricorso retorico all’appello alla 
memoria, oggi, molto diffuso. Si tratta di un riferimento spesso 
appunto puramente celebrativo, ornamentale, privo di reale mordente e 
scadente persino nel linguaggio adottato. E si presenta il rischio di 
diffondere talvolta in buona fede, la convinzione di una necessità di 
pacificazione sociale ottenuta al prezzo della smemoratezza, giungendo 
al punto di occultare le fonti storiche o di riabilitare i colpevoli 
trovando una colpa nel crimine. La memoria è un esile filo interiore 
che ci tiene legati al nostro passato, quello individuale, quello 
familiare, quello della società civile di appartenenza, in quanto 
risulta faticoso vivere in modo fecondo la relazione con il proprio 
passato, dato che si corre sempre il rischio di rimanere prigionieri di 
ciò che è trascorso, incapaci di superarne gli errori, ma anche 
subentra la tentazione di spezzare ogni vincolo con il passato, come se 
fossimo i primi abitatori di questo pianeta. Bernardo di Chartres, con 
un’immagine ormai celebre, diceva che gli uomini sono nani che 
camminano sulle spalle di giganti, che, fuor di metafora, sono le 
nostre storie, i successivi e contradditori volti del passato. E’ 
necessario il coraggio della memoria e non il culto asettico di quanto 
è accaduto. Comunque non tutto va ricordato in ogni momento di quanto 
ci è accaduto in termini di male, di sofferenza, di vicende 
traumatiche. Esistono avvenimenti di tale straordinaria complessità e 
grandezza che non li si dovrebbe ricordare in ogni momento, ma non li 
si dovrebbe nemmeno dimenticare: la Shoah è uno di questi accadimenti. 
La commemorazione rituale non solo è di scarsa utilità per l’educazione 
della popolazione quando ci si limita a confermare nel passato l’
immagine negativa degli altri o la propria immagine positiva. Essa 
contribuisce anche a sviare la nostra attenzione dalle urgenze 
presenti, procurandoci una buona coscienza con poco investimento. La 
ripetizione lancinante del mai più questo, all’indomani della prima 
guerra mondiale, non ha impedito l’avvento della seconda. La memoria in 
crisi del secolo breve risale a partire dalla considerazione notissima, 
di solito citata anche in apertura di ogni riflessione, sulla rinascita 
della “Teologia narrativa” di Walter Benjamin. La caratterizzazione di 
questo secolo è appunto la problematicità, la difficoltà e addirittura 
l’impossibilità di scambiare esperienze e, a partire da questo, 
evidentemente, una messa in crisi forte della possibilità della 
memoria. La memoria in disfacimento può essere rappresentata dalla 
figura ripresa dallo stesso Benjamin del reduce dal fronte della prima 
guerra mondiale che torna a casa, ma non è in grado di proferire quanto 
gli è accaduto, perché l’esperienza, le emozioni belliche sono state 
troppo forti per lui e non trova le parole adatte per tradurle 
adeguatamente. Accanto al reduce dal fronte si può porre una figura 
letteraria di Borges, un racconto paradossale secondo cui un ragazzo 
dell’Uruguay, dopo una brutta caduta da cavallo, è condannato a 
rimanere paralizzato. Ma, per una sorta di compensazione, egli acquista 
la memoria di tutto ciò che è successo lungo la storia del mondo. Una 
memoria totalizzante e omnicomprensiva e proprio per questo 
inservibile, un deposito di infinito. Il reduce dal fronte e il ragazzo 
uruguayano sono emblemi dell’atrofizzazione dell’esperienza che 
rappresenta il tratto caratteristico della modernità, alla base della 
crisi della memoria, perché subentra un cambiamento incessante dal 
momento che non appaiono più configurabili né una tradizione, né una 
memoria collettiva e quindi punti di riferimento comuni e condivisi. Il 
reduce e il ragazzo sono i simboli contrapposti di un’umanità dalla 
voce inceppata, incapace di fornire storie di salvezza, impossibilitata 
a scrollarsi di dosso le ruggini della guerra, le ferite dell’odio, la 
rabbia impotente dell’ammucchiarsi insensato dei giorni. Del resto 
persino Dio, in qualche modo, è ammutolito di fronte ad Auschwitz e 
come ha affermato Adorno “La cultura e la stessa critica della cultura 
ad Auschwitz non sono altro che spazzatura”. Attualmente viviamo questo 
estremo paradosso di essere immersi in un mare magnum di stimoli, di 
informazioni, di notizie grazie ai mezzi informatici, ai musei, agli 
archivi, ai media, alla persino parossistica riproducibilità tecnica, 
però immersi in tantissimi ricordi ed in pochissima memoria, cioè poca 
capacità e strategia selettrice, scarsa riflessione critica rispetto a 
questo mare magnum di nozioni e informazioni. Quindi le distorsioni 
della memoria contribuiscono a produrre una sorta di imbarbarimento 
generale nelle relazioni interpersonali. Vi è un ricorso distorto alla 
memoria che in anni recenti ha condotto gli uomini del nostro tempo al 
conflitto etnico, alla ricerca di una impossibile e stupida purezza e 
superiorità razziale, ad un presunto conflitto di civiltà che assume 
sempre più, soprattutto dopo l'11 settembre, il sapore contraffatto di 
"una profezia che si autodetermina", ”l’apparente visione che la guerra 
possa essere concepita come “giusta" e subentra l’oblio di chi predica 
la xenofobia, dimenticando colpevolmente, come capita nel nostro Paese, 
quando, tutti i giorni, gli Albanesi, i profughi, i fuggiaschi, gli 
emigrati, gli stranieri e i dannati della terra eravamo noi, i nostri 
genitori, le nostre nonne, i nostri nonni. Così finiamo per confondere 
le cause con gli effetti e attribuiamo ad un presunto odio ancestrale 
le guerre tra due popoli, dimenticandoci, al contrario, che sono 
appunto le guerre a generare e a perpetuare l’odio. Ormai viviamo solo 
nell’attimo e nelle emozioni, bruciando e spettacolarizzando notizie e 
informazioni senza mai trovare il tempo e l’occasione di farne reale 
esperienza, di risponderne con responsabilità, di farne bagaglio utile 
per il futuro, producendo invece indifferenza, banalizzazione e 
retorica. In una stagione che i sociologi definiscono in preda all’
incertezza più totale, caratterizzata da una memoria ormai in frantumi, 
che fatica a gestire il proprio ieri, in funzione di un odio aperto al 
domani, rischia di diventare un’impresa fallimentare e persa in 
partenza la sfida, pur necessaria di educare alla memoria. Non tanto 
quella retorica e rassicurante che mira a conservare lo status quo o 
quella purificazione e riconciliazione delle memorie che pretende la 
cancellazione di quanto avvenuto, un rischio ben presente agli occhi 
del teologo Mendes nella sua elaborazione di una teologia politica 
credibile nel contesto della modernità, tanto da fargli ammettere: ”La 
memoria sembra essere una controfigura borghese della speranza”, che ci 
dispensa ingannevolmente dai rischi del futuro. Ci si riferisce alla 
memoria del buon tempo andato per cui il passato viene inevitabilmente 
letto come un paradiso incontestato, un asilo delle illusioni attuali, 
in tal modo il passato viene filtrato attraverso il clichè della 
iniquità e il ricordo si trasforma in falsa coscienza, il nostro ieri e 
in oppio, il nostro oggi. Ma esiste un’altra forma di memoria che ci 
provoca e attraverso cui le esperienze antiche irrompono nel mezzo 
della nostra vita, regalandoci intuizioni nuove per il presente. Scrive 
Mendes: “Memorie che perforano il canone dell’evidente comunemente 
recepite, sabotano in qualche modo le nostre strutture di plausibilità 
e in questo modo possiedono proprio dei tratti sovversivi”. Dunque una 
memoria pericolosa ed eversiva, una memoria, quella cristiana non meno 
di quella ebraica, che contempla, in modo specifico, non tanto il 
ricordo di principi, idee, astrazioni, ma piuttosto rivive le storie, 
gli eventi, i fatti davvero accaduti, per cui la comunità che ne nasce 
si autodefinisce come una realtà narrativa e commemorativa: ecco la 
strategia del ricordo…quando è lecito pensare che il contrario di oblio 
non sia memoria, ma giustizia. 
Una dimensione angelica potrebbe sanare l’antinomia esistente tra 
memoria e oblio, per cui se c'è l'una non può esserci l'altro, 
destinando l'uomo alla smemoratezza e alla ripetizione. Invece, l'oblio 
aiuterebbe la memoria a non cristallizzarsi, ma a riformularsi 
continuamente sulla base del presente, in modo che ram-mentare e ri-
cordare significhino riportare sempre al vivente.
Le dimensioni angeliche della memoria e dell'oblio sulla scena della 
Shoah rappresentano tutto il portato valoriale della rimanente 
positività del presente che si autodetermina nel processo collettivo 
della com-memorazione, al fine di scongiurare l'abiezione umana, dove 
il diverso, l'emarginato, l'umile e il più debole, di cui tutti siamo 
parte, nel tessuto sociale e comunitario e nel mondo, vengano 
riabilitati dall’ethos della giustizia sociale, propugnata dai valori 
sanciti dalle carte costituzionali democratiche e dalla dichiarazione 
universale dei diritti umani, perché le tante Shoah che si ripetono 
ostinatamente e tragicamente nel mondo vengano scongiurate dall'angelo 
della memoria portatore di speranza in un domani di pace.


Note: 

http://serenoregis.org/2012/01/le-dimensioni-angeliche-tra-memoria-e-
oblio-sulla-scena-della-shoah-ricordati-di-ricordare/ 

http://www.peacelink.it/pace/a/35459.html



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