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Il tema da affrontare in tempi di magra come questi, rendendogli così redditività, potrebbe essere quello della vision; cioè costruire e proporre in modo credibile e condiviso l’abbozzo di un altro mondo possibile. Chiarire gli obiettivi da centrare (grandi e piccoli); verificarne i processi in itinere e i risultati acquisiti, ma soprattutto una vision deve essere di lungo periodo; attiva da subito e durare nel tempo. Un futuro quindi nel contempo evocato e toccato con mano; aggiornato e riproposto continuamente; che ci liberi dalla fabbrica della velocità produttrice di paura. 

Il movimento per la pace, nell’uomo della strada, stava cominciando a instillare dubbi a favore di una verità che ha da essere esaminata.
Il quadro delle pratiche della quotidianità è tornato a venir scombussolato soltanto da poche “passioni”, in primo luogo dalle scommesse, dalla ricerca del sesso e da un intrattenimento qualsiasi; l’importante è che sia fatto nel rispetto di canoni stabiliti-accettati.

Scrive Anna TONELLI in Stato spettacolo: “Quando si affrontano temi quali la famiglia, la sessualità e l’educazione, i partiti utilizzano il privato seguendo logiche propagandistiche e convenienze elettorali più che reali convinzioni che vadano a formare una coscienza e una cultura politica.” E – come sappiamo - questa è la strada da non prendere. 
Bisogna tratteggiare linee guida nostre. Delle quali, un primo punto è ripensare alle iniziative: manifestazioni, leadership, ecc. Dagli errori di questi anni. O anche dai successi: arrivò notizia che in Francia, durante l’ultimo periodo delle occupazioni universitarie, i temi relativi ad assemblee e rappresentanza vennero affrontati – se dico bene - spendendoci su una buona quantità di energie. Fu quindi deciso che venivano nominati dei rappresentanti volta per volta su temi specifici dalle assemblee; persone accreditate con limiti temporali e di contenuto. Le assemblee erano composte da tre fasi: riepilogo della situazione (per portare tutti informativamente alla pari e confermare il cammino fatto fin lì); discussione in merito alla situazione contingente e in prospettiva; decisioni operative sul prossimo futuro e obiettivi così perseguiti. Fasi con pari dignità di attenzione a loro dedicato. Assemblee con un minimo di preavviso sulla loro durata e sull’odg. La gente non si piazza sotto l’arco della porta come se ci fosse l’attesa di un terremoto, ma o sta dentro o sta fuori dalla sala del dibattito. Avere delle linee guida su come rapportarsi con i mass-media che non aspettano che un semplice passo falso, fuori dalle regole, piuttosto che dover comprendere cosa vogliamo.
Per la Arendt, capo è chi dà solo l’inizio a un’azione. 

Sembrano e forse sono ovvietà, ma ho partecipato ad assemblee locali e nazionali che partivano dall’approvazione del documento finale perché – questa era la motivazione – bisognava farlo arrivare subito (ad es. al Manifesto) perché se no non si riusciva a far pubblicare la notizia. Pur facendo salva la buona fede di tutti, si svuotavano i partecipanti di ogni senso e voglia; anche per il futuro. 
  
Altrimenti – tornando alla leadership (a volte senza la consapevolezza dei propri limiti né ammirazione per gli altri) – mi sa che fra l’altro alla lunga si è troppo esposti per non essere sottoposti a ogni tipo di condizionamento e ricatto. Nessuno ce la farebbe basandosi sulla propria sola volontà e buonafede (forse uno studente senza altri problemi e/o uno in pensione ancora in grado di battersi). Ma il problema principale è che la cultura e la capacità di una persona non bastano e così, tutti gli eventi e le proposte li deve ridigerire dentro se stesso; e ricacciarli, trasformati a modo suo: pena, la perdita del ruolo.   

La violenza degli ‘scalmanati’ (in buona o in cattiva fede) porta sia alla delegittimazione attraverso media e senso comune (pronti a togliersi dall’impaccio di dover ragionare per davvero sulla vita) sia al riassorbimento di quanti volenti o nolenti rientrano nei ranghi.
Anche fine dell’autoreferenzialità (es.:organizzo un’iniziativa, venite tutti; è aperta a tutti, la mia iniziativa…).   
Se esistesse un’opposizione metterebbe letteralmente in croce ministri, deputati e gente della Lega per il voto a favore di Caliendo, cioè a favore di Roma non solo ladrona ma anche corruttrice. 
La P3 si occupava di: appalti, nomine, centri di potere, influenza su lodo Alfano, ecc. La Lega vota per il salvataggio del sottosegretario della cricca e nessuno fa la mossa di aprire gli occhi ai lumbard. Cervelli da dissodare
In prefazione del libro “Etica minima”, Pier Aldo Rovatti scrive: “La verità, ecco il punto. Come possiamo praticarla in questa situazione? L’etica minima, come la chiamo, altro non è che la soglia di resistenza, il livello di sopportazione sotto il quale non possiamo scendere, non tanto e non solo come uomini e donne, ma in quanto cittadini che hanno diritti e la cui soggettività sociale non può essere compressa oltre un certo limite. Non è il lamento del pessimismo che mi interessa, ma l’esercizio quotidiano della critica e l’obiettivo che esso può raggiungere, cioè l’affermazione della ragionevolezza: la possibilità di praticare ancora la verità, anzi soprattutto ora, nonostante il sipario sembri ormai calato su questa pratica”. 

Basterebbe un popolo viola che non si autodisperda in iniziative che fanno già altri.   
O anche un’opposizione che avesse parlato per tre giorni del fatto che alle celebrazioni del trentennale della strage di Bologna non c’è stato un premier, un ministro o una scamorza di sottosegretario con la responsabilità civile di rappresentare il Governo (prendendosi due fischi).
 
Un sistema deve pianificare, avere supporto, muoversi, prepararsi, attaccare e riordinarsi durante ogni operazione. Noi possiamo farlo fallire agendo in un punto qualsiasi di tale processo. E’ tutta una questione di conseguire un vantaggio di posizione, fisica o mentale.
Ogni tratto non deve rinviare necessariamente alla stessa natura. Ci deve essere una dialettica affermativa. Dissolvere tutto ciò che ci disturba. Lasciare aperte più linee, più narrazioni che non si attacchino l’una con l’altra. Divergere consensualmente.
L’interconnessione tesse e crea un universale attraverso il contatto. Pierre LEVY in Cibercultura: sviluppare gli usi sociali delle nuove tecnologie. 
Uno spazio fatto di informazioni e legami mentali anche senza luoghi. Ma è davvero la forma sociale classica quella da usare per cambiare? Aggiungere cose a cose in un circolo virtuoso: azione sociale, morfologia sociale, rete sociale; manifestazioni con il sound a mille e quelle con le pentole; e anche insieme per le stesse strade. Decidere collettivamente e pubblicamente cosa scrivere sugli striscioni di apertura (senza sigle), cosa fa più male; questo è un piccolo ma aggregante terreno di lavoro. Per Pierre MUSSO in “L’ideologia delle reti”: “Internet prende nelle sue reti tutto il sociale e ne ridefinisce la struttura, come in precedenza avevano fatto la ferrovia e l’elettricità.”
Come la rete dobbiamo conservare e lasciar passare; trattenere e movimentare. Una rete che resta aperta. Il nostro compito è ridare un senso alla società contemporanea.
Dobbiamo collegare i nostri isolamenti, separazioni, atomizzazioni. Condividere solventi simbolici capaci di eliminare ogni resistenza fra noi e far degradare gli attriti. Altrimenti subentra l’alienazione. Bisogna intersostenersi per rifare la società.   

Chi dirà mai basta alla guerra attuale? La Nato potrà mai ammettere il proprio fallimento? E bin Laden potrà mai fare altrettanto? E’ ovvio che ci saranno sempre settori dello Stato attivi militarmente così come gruppi avversi. Ognuno quando avrà l’occasione arresterà, prenderà in ostaggio, compirà azioni per il massimo danno possibile. 


Dichiara Paul VIRILIO su la Repubblica del 29/07/10: “Chiamo ‘megaloscopia’ la presa del potere dei media. Abbiamo superato la megalomania dei tiranni e l’abbiamo rimpiazzata con la megaloscopia della folla. Attraverso Google Earth, Street View, Google Maps ne facciamo tutti esperienza. Ed è lo stesso con la moviola. La visione è divinizzata. Si è come Dio in terra. Siamo tutti arbitri.”
Sì, siamo tutti arbitri e quindi impenetrabili. Incapaci di confrontarci con argomentazioni ed eventualmente di tornare sui nostri passi. Tutto al contrario di quanto pensavano i classici della filosofia che fra due dialoganti ritenevano più capace colui il quale apprendeva rispetto all’altro.  

Tutti i confini tracciati vanno superati. Si pensi a quelli della guerra ad esempio con i martiri insorgenti su bici esplosive: le cose si fanno con quello che si ha. Il gap enorme prodotto con armi inutili mette in moto il principio filosofico che nel momento in cui qualcosa giunge al suo punto di arrivo, riprende il movimento in direzione opposta.
In “Filosofia della formazione dell’uomo”, Mario Gennari afferma che: “Appropriazione e conquista finalizzano gran parte delle interazioni sociali; la moda e la mondanità le regolano”. 

Il territorio dei media è quello su cui si giocano i conflitti ideologici e culturali
Nella perdita di senso della società contemporanea non siamo stati capaci di produrre ciò; abbiamo invece avuto la possibilità per un attimo di fare: lanciare i primi passi di una nuova narrazione.
Non abbiamo sufficientemente sfruttato la rete come luogo del pensiero contemporaneo.
Favorire una partecipazione non puramente formale prevedendo ad esempio interventi durante le iniziative dando la parola alternativamente a ospiti-relatori e semplici cittadini interessati; il cambiamento è necessariamente disordine.

Manifestazioni-iniziative che svelino i riti religiosi camuffati.
Nelle donne c’è un potenziale ancora non contaminato e inesplorato da prendere a piene mani, se non si mettono a scimmiottare gli uomini (parità, ecc.). 
Oggi ci sono le donne-tangenti; solo il 9% nel Parlamento eletto nel 2008 (erano il 7% nel 1948)! 

Il sistema – anche con la semplice evidenza che nessun Governo in alternanza ha mai cancellato leggi sostanziali approvate da quello opposto precedente - non si può permettere che esista una vera democrazia con contenuti alternativi se non opposti di uno schieramento all’altro. Questa considerazione non solo riguarda eventuali ideologie avverse e alternative al capitalismo ma anche un modo soltanto diverso di vedere; in un caso sarebbe messo in gioco dalle fondamenta ogni 4/5 anni; nell’altro, il sistema ballerebbe come una vela al vento. Il potere – forse ogni potere - non si lascia mettere in questione. Ricordo che anche la dirigenza del PCI non appena si avvicinò a rappresentare la maggioranza nel Parlamento affermò a chiare lettere che nulla sarebbe cambiato… Del resto, i due blocchi della Guerra fredda si ispiravano agli stessi valori anche se in modi diversi: la fabbrica, il progresso, ecc.
Carlo Galli e Gustavo Zagrebelski dicono – ognuno a suo modo – che in democrazia si può fare tutto, ma tranne che cambiare le sue proprie regole. In mie parole, intendono dire che non si può far nulla di diverso rispetto a dove siamo arrivati, che il sistema non può tollerare che nemmeno si crei una qualche forma di messa in discussione o di pericolo per se stesso (si tratti di movimenti sociali o legittimissime  elezioni); le cose non si possono né discutere né cambiare: e qui è la mera fine della democrazia. Non mi sembra che né in Francia né in Germania il sistema dei partiti pur con nuove esperienze vada al di là di un semplice addolcimento di norme e vite quotidiane.
Condurre la propria vita in modi totalmente diversi da quanto fatto finora. Modi diversi che attualmente non vengono né distrutti né inglobati dal sistema ma semplicemente gli si impedisce di nascere. Per intraprendere qualsiasi iniziativa – oltre che disporre di una barca di soldi - bisogna avere dietro uno stuolo di avvocati, si deve svolgere l’attività seguendo le loro indicazioni (che si voglia metter su un partito, un mezzo di informazione, ecc.) si deve avere la fortuna che ci azzecchino. Si scioglie così ogni passione.
Berlusconi ci ha riportato indietro nella storia, a un mondo non demagificato: così da riuscire ancora ad esempio ad allontanare chi ci ricorda le sofferenze afflitte dal nostro dominio. Andare oltre l’autodistruzione della democrazia. Riappropriarsi della ricchezza sociale, economica e relazionale. 

Costruire nuove forme di vicinato, di rapporti. I gusti e le idee hanno bisogno di sbagliare e di tempo per svilupparsi. Facciamo parte di un Occidente che non affascina più neppure noi stessi, che si trascina senza alcuna carica utopica: da un lato ricaccia dall’altro depreda.

Scrive Rino GENOVESE in Convivenze difficili – L’Occidente fra declino e utopia: “la vicenda dei totalitarismi novecenteschi – con la sottomissione e l’abbrutimento, ma anche con la resistenza e la capacità di liberazione – sta lì a ricordarcelo. La storia è il regno della complessità indeterminata e dell’imprevedibile.”
Scrive Immanuel WALLERSTEIN ne Il declino dell’America (che secondo Genovese è un autore certo non sospettabile di antiamericanismo preconcetto): “Il vero interrogativo non è se l’egemonia americana stia volgendo al termine, ma se gli Stati Uniti sapranno accettarlo con eleganza, con il minimo danno per il mondo, e per se stessi.” Si pensi alla penosa bugia sulle armi di distruzione di massa in possesso dell’Iraq; per Genovese: “Anche dal modo di mentire si possono valutare le probabilità di declino di una grande potenza”. 

Da un lato, c’è la recente etnicizzazione della politica (voto per il mio gruppo etnico così come voto lumbard). Dall’altro, c’è la perenne prostituta; essa stessa - insieme venditrice e merce – rende suo malgrado possibile un veteromaschilismo funzionale al mantenimento di una relativa stabilità nei rapporti tra uomini e donne in quei paesi occidentali che non hanno visto realizzata una radicale emancipazione della donna, e sono ben lontani dall’aver raggiunto un punto di equilibrio nelle relazioni fra i sessi.
Per Ernst Bloch, la casa e la scuola sono gli ambienti in cui avviene la più spietata narcosi della speranza; scopo della preparazione è il membro sottomesso della società borghese. 
In “Lo stupore infantile”, per Elémire Zolla: “Chi non ha mai percorso almeno una parte del ‘discendere’ dentro di sé rimarrà sempre permeabile alle pretese dell’ordine sociale costituito, alle bassezze della vita quotidiana governata da funzionari, a ogni educazione che avvilisce poiché approntata sul ricatto dei doveri e degli affetti…”.
Dobbiamo liberare parola e pensiero dalla gabbia delle invenzioni tecniche e dei successi economici (e questo lo si può fare), anche tornando a fare esperienze proprie. L’uomo borghese interpretava Dio nella storia terrena mediante il successo mondano delle sue azioni e lo sviluppo di una società sempre più ricca e ordinata. Lo Stato, da parte sua, doveva evitare ai suoi cittadini i pericoli interni e proteggere dall’esterno; doveva assicurare possibilità di sicurezza e vantaggi. 
L’altro mondo possibile è rientrato nei ranghi; in quelli della modernità quando, secondo Gianfranco MORRA: “Il valore non fonda più il volere, ma il volere produce il valore.”
Avere idee, valori, modelli fa paura; si può innovare, produrre, inventare in autonomia…
Mass media come agenzie per la costruzione stilizzata del sé; che ininterrottamente ci cullano. 
Di tutto si può dubitare e a tutto si può mettere mano tranne che alla scheletrica democrazia odierna, lasciando il controllo della produzione e della distribuzione del senso alle istituzioni che così sgravano i singoli dalla necessità di reinventare e riorientarsi nel mondo, ogni giorno di nuovo.
Il movimento per la pace stava riuscendo a portar fuori dalla conformità attesa di senso una gran quantità di gente, soprattutto non militanti, ragazzi e adulti che semplicemente cominciavano ad aprire i propri occhi, da soli. C’era già un inizio di perdita del dato per scontato. C’erano dei nuovi valori, superiori, dell’uomo che ci portavano a ragionare, strattonandoci. Invece, oggi, di nuovo, si sente dire gente in buona fede che afferma: ma l’Italia non è mica in guerra…

Il comico – oggi mancante - è in grado di mettere in ridicolo eludendo il conflitto e degradando l’opposto.

Per Mario PERNIOLA in Contro la comunicazione: “L’essenziale è cominciare a sottrarsi nelle piccole come nelle grandi cose a quel pensiero unico che pretende di appiattire sotto il suo rullo compressore dell’economia ristretta e quantitativa tutti gli aspetti dell’esistenza. ”
Non ci rimangono che dei semplici punti di vista sballottati di qui e di là non avendo più agganci a ideologie o riti. 
          
Contro il berlusconismo ci vuole un nuovo illuminismo, che sarebbe per Kant: “l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro.”
B. dopo 16 anni ancora si definisce un paladino dell’antipolitica e, grazie all’opposizione che c’è nonché ai mezzi a sua disposizione, ha il potere di trasformare il comico in slogan inoppugnabili.  
 
Come scrivono Max HOKHEIMER e Theodor W. ADORNO in Dialettica dell’illuminismo: “Il piacere del divertimento promuove la rassegnazione che vorrebbe dimenticarsi in esso…l’industria culturale ha il compito specifico di disavvezzare dalla soggettività”.
Berlusconi impersonifica la vita come premio; altro che difficoltà, sforzo, resistenza; giovani 70 anni fa ammazzati sotto la propria casa dai nazi-fascisti.
I media riproducono la vita dei suoi fedeli. Il divertirsi è stato tramutato in una fuga. 
Gianfranco Morra scrive nel gran bel libro ‘Il quarto uomo – Postmodernità o crisi della modernità’: “Oggi si vede nei mass-media degli strumenti al servizio della società che li ha creati, della quale assumono e trasmettono i valori ideologici – nel nostro caso di una società industriale e consumistica. I mass-media non producono e non distruggono, ma piuttosto conservano; non creano né valori, né atteggiamenti, ma rafforzano quelli già esistenti. La loro inevitabile funzione banalizzante altro non è se non il riflesso della società banale di cui sono, insieme, la variabile dipendente e il sostegno ideologico.”

L’adattamento alla realtà è diventato più ragionevole della ragione; lo strato di esperienza di ognuno non ha più alcun valore. I profetici Adorno e Horkheimer: “La comunicazione provvede ad uguagliare gli uomini isolandoli…L’illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni…Gli uomini pagano l’accrescimento del loro potere con l’estraniazione da ciò su cui lo esercitano”
Per Marx il lavoro era all’origine di tutti i valori…Oggi questi non ci sono e meno che mai quello.

Accettare i contributi di tutti: piccoli o grandi che siano; sconfiggere il senso comune che ci spinge a uguagliare tutti e tutto ciò che in qualche modo spicca. Sono sufficienti delle minime possibilità di scelta per convincerci di essere tutti degli intenditori. 
Per Luce IRIGARAY in Sessi e genealogie: “Il femminile non ha ancore dispiegato la sua morfologia”. 
Manifestare per divertirsi. C’è già stata l’epoca in cui nei violenti cortei si inalberavano le teste mozzate (ricorda Larry SHINER in L’invenzione dell’arte). 
Il movimento progressista deve proteggersi organizzandosi; per smascherare il sistema, facendo anche venir fuori fino a che limite è consentito essere non conformisti; per sostenere una lotta mortale al fine di salvaguardare contenuti veri e sostanziali. Fare oggi un movimento (preventivo) per la pace contro la guerra in Iran e Corea del Nord; fare sondaggi sulla guerra in Afghanistan. C’è in primo luogo da superare una viziosa paralisi fatalistica della teoria e della pratica.  

La massima di Epicureo era: “Se vuoi essere felice, vivi nascosto”. Noi invece di questi tempi ci permettiamo di fare cornuti e mazziati. I nostri pensieri ed emozioni (da non affidare esclusivamente alla rete) ci rendono funzionali alla pubblicità e al sistema. O, se volete con Sartre, noi non riconosciamo la nostra libertà (grande o piccola che sia) per non essere costretti ad assumerci la piena responsabilità delle nostre azioni. 
La Vision serve a prendere in mano le cose dandoci una temporalità umana. Costruire un’identità profonda per essere soggetti che principiano l’azione, non cadaverizzati. Oggi dominano individualismo ed estetica a scapito dell’etica e della politica; mettiamo fine a questo periodo di vacanza da noi stessi. 

23/09/10 Leopoldo BRUNO