Non solo Anticoffy



Non solo Anticoffy

Segnalo che l’onorevole Fosco Giannini, sul manifesto del 26/9/7, parlando del prossimo voto in Parlamento a gennaio, relativo alle missioni militari italiane, esprime alla giornalista Daniela Preziosi questo concetto: “Richiamiamo le piazze, magari subito dopo la manifestazione del 20 ottobre, riconvochiamoci in un appuntamento a tema. Sono d’accordo con Diliberto, dobbiamo andare via dall’Afghanistan. Ma allora chiedo coerenza. Ricostruire l’istanza sociale che poi ci ‘copra’ al momento del voto”. 
Con tutto il rispetto, domando e dico: Giannini un’idea sua propria sulla Pace e sulla Guerra ce l’ha oppure dipende da come spira il vento? E così ragiona un parlamentare conosciuto come voce critica all’interno di Rifondazione...Mi scuso per lo sfogo. 

A Bologna è cominciata la discussione sul dopo Cofferati I. 
Che Valerio Monteventi - Consigliere comunale stravotato come indipendente nelle liste di Rifondazione - si possa nuovamente candidare non è una notizia. La novità sarebbe oppure è la presentazione di una lista civica che parte – per intenderci di cosa parliamo – da posizioni a sinistra del Prc. Se ciò non dovesse essere chiaro e fermo, è bene che ci si renda conto che il voto, in una città che ha risposto come Bologna, verrà altrimenti dato ai rappresentanti di Beppe Grillo. 

Il problema adesso non è quello di prendere un consigliere che tanto cambia poco le cose; il lavoro da fare è riuscire soprattutto a imbastire altro. E mi spiego: cosa fanno i partiti? In questi mesi, il loro interesse principale sarà il voto. Cosa dobbiamo fare noi? In questi mesi, il nostro interesse principale è fare altro. In altre parole, il voto deve essere una scusa, una ‘copertura’; giusto all’incontrario del modo di ragionare dei partiti.       

Alcuni mesi fa, tra me e me, avevo buttato giù un paio di slogan su Monteventi sindaco. L’ipotesi centrale è che su volantini, manifesti, annunci informali, ci sia chi? L’ombra di Monteventi! Così da far capire a tutti e soprattutto subito di cosa tratta il materiale; da distinguerlo, perché tanto chi è convinto d’altro non lo legge neppure. La stazza di Valerio deve essere una specie di marchio di qualità di quello che si produce. Fare tutto con lo sfondo della sua sagoma (spero dall’email che qui traspaia anche un pizzico d’ironia).  

Ma quali punti mettere nel programma come qualificanti? Primo punto il dovere dell’informazione. Per chi la fa a livello locale (giornali, radio, tv), prevedere in primo luogo un protocollo – che se non rispettato indichi anche sanzioni ad esempio mediante annuncio pubblico del Comune – che parta da ciò che è previsto a livello nazionale e internazionale. Che in particolare sia stringente in quanto sotto l’occhio quotidiano di tutti i cittadini e con il monitoraggio del Dipartimento universitario di scienza delle comunicazioni. Facciano di Bologna una comunità della libera informazione. 
Secondo punto. Le destinazioni d’uso di locali sul territorio vanno cambiate; ad esempio da fini militari a fini sociali. Smilitarizzare la città. Lì dove si può, si trasformano da subito le destinazioni, si cambiano gli obiettivi.  
Questi due punti, che hanno a che fare con il territorio, ritengo che stiano appieno nell’ambito della tradizione bolognese. 

Un’attenzione preliminare è quella di evitare tafazzate nelle candidature. Cioè non presentare nomi noti, che portano magari anche voti, ma che alla prova dei fatti si può prevedere che nel giro di poco tempo andranno per la loro strada (non mi riferisco a BIFO). Facciamo nostra la lezione subita da Rifondazione che, nel giro di poco tempo, ha visto quello che inizialmente era il suo Assessore percorrere poi in Giunta un percorso verso il cofferatismo. Bisogna candidare persone nuove, donne, giovani con conoscenze e fermezza in grado di salvaguardarsi dalla melma.
                
Noi siamo come l’essere umano prima della scoperta delle Americhe, ragioniamo come se non esistessero, come se il mondo fosse lo schifo che vediamo e non siamo capaci ad andare oltre. Presento quindi il termine: ‘accartocciamento’. Oggi la politica è ridotta a essere in toto quella dei partiti. Essa è come un’automobile che ha subito un tamponamento alla sua sinistra; si è ristretta, è una macchina accartocciata tutta verso destra. Non riusciamo ad approfittare di tale situazione con i nostri argomenti, simboli, passioni. La politica dei partiti è incapace, e quindi fa di tutto affinché la società civile non abbia alcuna voce. 
C’è un mare inesplorato, di nessuno. Questo mare è nostro. Ci dobbiamo nuotare dentro per vivere e dire. Parlare di violenza oggi come oggi non ha senso in tutti i sensi; ci sono tante cose che si possono fare. Apriamo una discussione in merito. Privilegiare i terreni di conflitto sociale più favorevoli come quelli culturali e simbolici, dove si può in qualche modo fronteggiare il capitalismo in crisi finanziaria, e ancor prima di idee e legittimità. Spostare i nostri obiettivi dal numero di partecipanti – che non può avere una progressione aritmetica infinita - alla qualità dell’attività intesa innanzitutto come capacità di approfondimento e di incidere sulle cose sporcandoci le mani. Fare cose che invogliano chiunque, dovunque e senza l’obbligo della comunicazione in questura. Ad esempio, staffette di testimonianza nelle piazze, fatte anche solo da una persona per volta. Bottoni, spille, fasce. Scioperi della fame; scioperi della spesa; no a comunicati autoreferenziali. 
Procuriamoci la sentenza della Corte Costituzionale che riconosce il diritto alla casa; a occuparle per motivi di indigenza. Questo deve essere nei programmi. 
Andare da Cofferati con le copie della sentenza e fargli capire che è anche fuori dalla legge.

Altro obiettivo: il diritto a professare la propria religione va garantito mediante un numero di luoghi di culto che tenga conto proporzionalmente dei cittadini credenti nelle zone di residenza. 
Non rincorrere gli argomenti degli altri; anzi, stare zitti se possibile perché tanto oggi saremmo comunque praticamente senza voce. Esporre i nostri argomenti ben visibilmente e saremo gli unici a non rincorrere la corrente, dando un segnale anche a livello nazionale che le cose si possono fare. Tanto – alla fine – di voti non se ne perdono affatto; invece, forse, una città come Bologna torna a fare scuola!  

Fare subito una mailing list fra chi ci sta, chi ha tempo e testa disponibili, e volontà di lavorarci.  

A livello locale, i programmi devono avere come perno centrale i doveri connessi alla proprietà (come appunto i doveri dell’informazione, quelli di chi produce e inquina, ecc.). 

La legalità, e quindi il diritto, nel sistema capitalistico ha il compito di far garantire la proprietà tramite il rispetto dei contratti. Se vogliamo che non avvenga la fine della sinistra – prefigurata da Marco Revelli -, a livello nazionale, prendendo spunto dalla Costituzione, l’obiettivo finale deve essere la messa in discussione e alla fine l’abolizione del diritto di proprietà privata. Il cuore è questo. 

29/9/7 - Leopoldo BRUNO    


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