Pena di morte, Iraq: su www.amnesty.it un appello per salvare la vita di " Alì il Chimico" e altri due condannati a morte



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COMUNICATO STAMPA
CS92-2007

PENA DI MORTE: SU WWW.AMNESTY.IT UN APPELLO PER SALVARE LA VITA DI 'ALI'
IL CHIMICO' E DI ALTRI DUE CONDANNATI A MORTE IN IRAQ
La Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato oggi un appello
on line per salvare la vita di tre ex alti funzionari del regime di Saddam
Hussein, a rischio imminente di esecuzione dopo che il 4 settembre il
Tribunale penale supremo iracheno (Sict) ha respinto il loro ricorso.

Si tratta di 'Ali Hassan al-Majid, Sultan Hashim Ahmad al-Ta'i e Hussain
Rashid al-Tikriti, condannati a morte il 24 giugno di quest'anno per
l'uccisione di circa 180.000 curdi iracheni durante la cosiddetta campagna
di sterminio 'Anfal' (Bottino), ordinata da Saddam Hussein nel 1988.

Secondo lo statuto del Tribunale, la condanna a morte deve essere eseguita
entro 30 giorni dalla sentenza e non e' possibile per i condannati
ricevere la grazia dal presidente.

Il processo, aperto nell'agosto 2006 e terminato nel giugno 2007 con la
triplice condanna a morte, e' stato caratterizzato da interferenze
politiche ed e' stato ampiamente criticato per non aver rispettato gli
standard internazionali di un equo processo.

Dal 2004, anno in cui e' stata reintrodotta la pena capitale in Iraq, sono
state condannate a morte numerose decine di persone: solo nel 2006 sono
state portate a termine circa 65 esecuzioni, molte delle quali a seguito
di processi iniqui, come nel caso dello stesso Saddam Hussein, impiccato
alla fine dello scorso anno. Secondo la legge irachena, i condannati a
morte possono chiedere la grazia presidenziale, a eccezione di coloro che
sono stati processati dal Sict.

Amnesty International chiede alle autorita' irachene di commutare la
condanna a morte inflitta ad 'Ali Hassan al-Majid, Sultan Hashim Ahmad
al-Ta'i e Hussain Rashid al-Tikriti e di intraprendere le azioni
necessarie al fine di abolire la pena di morte nella legislazione e nella
pratica.

'Ci troviamo di fronte a un copione piu' volte rappresentato nell'Iraq di
questi ultimi anni: queste condanne a morte si configurano come un
regolamento di conti col regime di Saddam Hussein, verso persone che pure
hanno diretto ed eseguito con scrupolo e violenza inaudita una campagna di
sterminio contro la popolazione curda. Ma come ci dimostra la recente
abolizione della pena di morte in un paese come il Ruanda, devastato da
una stagione di crimini efferati, la strada per ottenere giustizia e'
un'altra e non puo' comprendere forme di 'giustizia' che si avvicinano
alla vendetta e alla ritorsione. Se l'Iraq vuole veramente gettarsi alle
spalle un passato d'isolamento, violenza e repressione, non puo' ignorare
quanto la concezione della pena di morte come punizione crudele, inumana e
degradante, oltre che inutile, sia oggi largamente condivisa dalla
maggioranza della comunita' internazionale'- ha dichiarato Paolo Pobbiati,
presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 6 settembre 2007

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it


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