R: [pace] Conferenza Bil'in (terza parte e conclusioni)



Una copia di questa mail vada a: oreste.benzi at libero.it.
A presto.
Michelangelo Sarotto

p.s. vi allego una canzone pacifista scritta da me dal titolo: "L'ANGELO
DELLA PACE".

-----Messaggio originale-----
Da: pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it] Per conto
di assopace.nazionale at assopace.org
Inviato: domenica 29 aprile 2007 12.18
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Cc: ccpnews at liste.reteccp.org; pace at peacelink.it
Oggetto: [pace] Conferenza Bil'in (terza parte e conclusioni)


Conferenza Bi'lin, terza parte e conclusioni

Il pomeriggio del 19 aprile, dopo l'intervento di Jeff
Halper i partecipanti si sono divisi tra i 12 workshop
previsti, poi ci sono state delle riunioni tra i gruppi
provenienti dallo stesso paese, e alla fine il traning
dell'International Solidarity Movemenet sulle tecniche di
resistenza non-violenta, in previsione della manifestazione
del giorno dopo.
Io ho partecipato al workshop organizzato dalla "Coalizione
contro l'occupazione", un coordinamento di organizzazioni
israeliane e palestinesi. Nel workshop si e' discusso della
lotta congiunta contro l'occupazione tra israeliani e
palestinesi.
Un'argomento delicato, e infatti non e' filato tutto
liscio...
Alcuni palestinesi presenti e anche un'attivista israeliana
hanno sollevato dubbi e perplessita' sull'utilita' e sulle
reali possibilita' di interazione tra i due popoli. A me
sono tornate in mente le parole di Amira Hass sul rischio
che queste iniziative possano diventare una forma di
"normalizzazione".
L'attivista israeliana ha dichiarato senza mezzi termini che
la sua presenza alle manifestazioni contro il muro a Bil'in
si limita a rispondere ad una richiesta fatta dai
palestinesi di stare in prima fila durante le
manifestazioni, in modo da creare una zona cuscinetto di
attivisti israeliani tra l'esercito e i palestinesi, tutto
qui, nessuna progettualita' o strategia di lotta comune.
Una posizione legittima, a mio parere priva di strategia
politica; il muro e' ovunque, ed ovunque ci sono
manifestazioni e occasioni di contatto/scontro tra
l'esercito israeliano e i palestinesi, non e' possibile
essere presenti sempre e dappertutto. E bisogna anche dire
che l'interposizione degli israeliani non sempre dissuade
l'esercito da forme di repressione piu' o meno violenta
(certo per gli arrestati fa' una grande differenza essere
cittadini israeliani o dei territori palestinesi occupati).
Alcuni dei palestinesi e delle palestinesi presenti
affermavano di non riuscire a fidarsi completamente degli
israeliani. Nella loro percezione gli israeliani sono quelli
che gli hanno rubato la terra nel 1948, quelli che ora
abitano le loro case, mentre i profughi palestinesi vivono
nei campi. Gli israeliani sono quelli che da anni votano
governi che continuano con la costruzione del muro, che
ordinano incursioni militari con carri armati ed elicotteri
contro i civili palestinesi, gli israeliani sono quelli che
li umiliano ogni giorno ai check point...
Per noi occidentali, non-violenza significa anche capacita'
di discernimento, significa riuscire a distinguere, ad
evidenziare le differenze, siamo tutti convinti che non
tutti gli israeliani siano responsabili delle azioni del
proprio governo, conosciamo ed apprezziamo molti israeliani
che da anni si battono per rendere giustizia ai palestinesi,
spesso pagando un prezzo molto alto in termini di isolamento
ed emarginazione all'interno della propria comunita',
rischiando anche la galera.
Ma noi non viviamo in campo profughi, non vediamo ogni sera
le jeep dell'esercito entrare in citta' ad arrestare o
uccidere qualcuno dei nostri figli o dei nostri amici, noi
non impieghiamo ore per raggiugere la nostra scuola o il
nostro posto di lavoro che dista pochi kilometri da casa.
Apartheid significa separazione e dominazione.
L'apartheid e' una strategia quella si, accurata e
omnicomprensiva, di creazione del nemico, dell'"altro", del
diverso. Le azioni congiunte tra palestinesi e israeliani
contribuiscono a ricostruire quella fiducia tra i due popoli
che negli ultimi 15 anni si e' persa, per questo vanno
appoggiate e diffuse, ma non illudiamoci che sia facile ne
scontato.
Una cosa e' certa, non saranno le manifestazioni a far
terminare l'occupazione, e non ci si puo' limitare solo a
quelle, e' necessaria una lotta su vasta scala che coinvolga
non solo palestinesi e israeliani, ma anche tutta la
comunita' internazionale, questo e' il mio punto di vista.

Manifestazione contro il muro.

Venerdi'  20 aprile c'e' stata la tradizionale
manifestazione contro il muro. Gia durante la mattina un
piccolo gruppo era andato nei pressi del muro (che a Bil'in
come in tutte le zone rurali non e' un muro concreto di
cemento ma una barriera metallica elettrificata) con il
ministro dell'informazione Moustapha Barghouti che ha tenuto
li' una conferenza stampa. In questo gruppo c'era Tito
Kayak, un attivista portoricano che approfittando della
distrazione dei soldati israeliani ha aggirato la barriera
metallica e si e' arrampicato su di una torretta
d'osservazione israeliana alta 100 mt ed ha issato un'enorme
bandiera palestinese. Tito e' rimasto sulla torretta fino a
sera. Durante la manifestazione del pomeriggio lui e la sua
bandiera hanno ricordato a tutto noi, all'esercito
israeliano e a quella parte di mondo che guardava attraverso
le tante telecamere presenti che quella terra e'  terra
palestinese, illegalmente sottratta e utilizzata come zona
di espansione per la vicina colonia.
Il piccolo gruppo e' rimasto li, bloccato tra il muro e le
jeep dell'esercito che lo separavano dal resto del corteo.
Noi siamo partiti dal villaggio con il grosso del corteo
(circa 300 persone) nel primo pomeriggio, subito dopo la
preghiera del venerdi'.
La strada in discesa che porta dal villaggio al muro e'
lunga circa un kilometro, dopo i primi 300 metri sono
cominciati a piovere i lacrimogeni, il corteo si e' spezzato
in due parti, che poi si sono riunite; il balletto dei
lacrimogeni, dell'avanzare ed arretrare e' andato avanti per
un paio di ore.
Intanto alcuni del gruppo nei pressi del muro e altri che
partivano dal corteo principale ogni tanto provavano ad
avvicinarsi al muro passando fra gli ulivi, appena arrivati
nei pressi della recinzione venivano respinti dai proiettili
di "gomma" (in realta' sono delle biglie di ferro rivestite
di gomma) dei soldati che si trovavano al di la'.
La premio nobel per la pace Mairead Maguire e' stata tra le
prime ad essere colpita ad una gamba, altri e altre la
seguiranno, alla fine della manifestazione si conteranno una
decina di feriti lievi (pallottole di gomma, intossicazione
da lacrimogeni, manganellate) e uno piu' grave, l'unico
ricoverato, che e' caduto battendo la testa mentre scappava
da una carica.
Dopo ore di questo continuo andare e venire, grazie anche
alla trattativa del neo-ministro Barghouti i due spezzoni
del corteo si sono riuniti e sono riusciti ad arrivare
abbastanza vicino al muro, a sedersi per qualche minuto di
fronte al cordone dell'esercito intonando slogan e
applaudendo verso Tito Kayak ancora li' con la sua bandiera
(Tito verra' arrestato in serata, passera' tre giorni in
prigione e verra' espulso con il divieto di rientro in
Israele per 5 anni).

Conclusioni.

Bil'in e' una strada, anzi due.
Una strada e' quella attorno alla quale si snodano le case
del villaggio, l'altra, poco piu' a valle e' il tracciato
del muro, con le sue torrette di osservazione, il recinto
elettrificato, la fascia di sicurezza sui due lati e poco
oltre l'insediamento in espansione.
Bil'in e' un paese, anzi due.
Il piccolo paese che vive di agricoltura e pastorizia fino a
pochi anni fa garantiva ai suoi abitanti un relativo
benessere economico, determinato anche dalla vicinanza con
Ramallah, grosso centro urbano dove vendere i prodotti; e
poco piu' ad ovest, oltre il muro un'atro paese, Modi'in
Illit con i suoi palazzoni bianchi in costruzione, piscine e
giardinetti. Un paese abitato da gente diversa, per lingua
cultura e religione, un paese abitato da ladri di terre e di
risorse.
Bil'in e' un simbolo, anzi due.
E' il simbolo di una resistenza diversa, non-violenta ma
determinata, me e' anche il simbolo di un potere occupante
arrogante, che procede sulla strada dell'esproprio e delle
violazioni del diritto internazionale, ignorando le proteste
e le legittime richieste degli abitanti di quelle terre, e'
triste constatare come il muro a Bil'in e' andato avanti
nonostante questi due anni di manifestazioni.
Bil'in e' un popolo in lotta, anzi due con gli israeliani,
anzi tre se contiamo anche le centinaia di internazionali
che in questi anni hanno partecipato alle manifestazioni.
Una lotta che non nasce da indicazioni politiche arrivate
dall'alto o da gruppi di potere piu' o meno religiosi che
usano la lotta dei palestinesi in modo strumentale ai propri
fini, e' una lotta spontanea che nasce dalle esigenze
primarie di una comunita: difendere la propria terra, spesso
unica fonte di sontentamento.
Bil'in e' una manifestazione, anzi sono le cento
manifestazioni di questi due anni.

La conferenza e' stata organizzata e gestita sul modello dei
"social forum" con sessioni plenarie, workshop, training,
traduzione simultanea e come un social forum si e' conclusa
con una manifestazione ai confini della "zona rossa". Una
modalita' interessante e anche nuova per questi luoghi, e'
stata una buona occasione di incontro per attivisti,
giornalisti, cooperanti e persone provenienti da diversi
contesti; bisogna dire onestamente che la presenza di
palestinesi non era altissima e bisogna ricordare
altrettanto onestamente che i palestinesi hanno discusso le
stesse tematiche della conferenza in un incontro riservato
solo a loro che si e' tenuto un mese fa, esattamente come i
movimenti sociali in Italia e altrove fanno prima dei social
forum.

Bil'in non e' piu' solo un simbolo, ormai e' diventato un
"modello"esportabile in altre zone lungo il tracciato del
muro.
Alla conferenza oltre a Mustapha Barghouti hanno partecipato
un portavoce di Abu Mazen e alcuni parlamentari
dell'Autorita' Nazionale Palestinese, sembra che lentamente
anche l'ANP si stia convincendo ad appoggiare e sostenere
questa forma di lotta.
Il "modello Bil'in" che poggia su di una basa popolare,
sull'appoggio dei pacifisti internazionali ed israeliani ed
un sapiente uso dei media deve essere fortemente sostenuto
anche dalla comunita' internazionale (e' importante
ricordare che la conferenza e' stata cofinanziata dall'ONG
catalana NOVA e dalla Cooperazione Spagnola).Un "modello"
che comincia anche ad essere esportato in altre zone dei
territori palestinesi occupati, da qualche settimana anche
nei villaggi a sud di Betlemme sono cominciate le
mobilitazioni contro il muro, a questo link trovate
un'articolo sulla manifestazione di ieri:
http://english.pnn.ps/index.php?option=com_content&task=view&id=2287

Queste sono le indicazioni uscite dalla conferenza, la
non-violenza e' una strada stretta e in salita, ma e'
l'unica che dopo anni di lotta prevalentemente militare
ancora ottiene qualche piccolo risultato.
Su questo tutti noi dobbiamo cominciare a lavorare.

Ettore Acocella
Associazione per la Pace
Coordinamento per una presenza civile di pace in Palestina
ed Israele

Per ulteriori informazioni:
Comitato popolare del villaggio di Bil'in
(www.bilin-village.org)
Palestine times (www.times.ps)
Haaretz (www.haaretz.com)
International Solidarity Movement (www.palsolidarity.org)
Ma'an News Agency (www.maannews.net/en)
Palestine News Network (http://english.pnn.ps)

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Allegato Rimosso