questa guerra è la mia guerra



da parte di Alfonso Navarra - 26 agosto 2006

Ottimo documento, quello di Lilliput sotto riportato.
Ma - a mio avviso - non mette in evidenza il punto decisivo.
Di cosa stiamo parlando?
Di fermare una guerra esterna a noi o di opporci ad una guerra che e' anche
nostra, a cui stiamo partecipando attivamente, di  cui siamo complici
diretti?
Se consideriamo la guerra un fatto esterno, indipendente da quel che, anche
singolarmente, facciamo, allora puo' andare bene  la pratica di chiedere
che venga fermata lanciando accorate petizioni ai potenti.
Possiamo quindi esultare, come fa oggi il Manifesto (deve essere prevalsa
una maggioranza fologovernativa in redazione), al ritrovato ruolo dell'ONU,
alla responsabilita' manifestata  dall'Europa, al coraggio dimostrato dal
governo Prodi. A leggerlo sembra che sia scoppiata la pace e che essa si
involi sulle  punte delle baionette dei soldati che spediremo in Libano!
Se invece la guerra e' anche e soprattutto "cosa nostra", legata ai nostri
comportamenti concreti, diventa decisivo  organizzare, dal basso, la
noncollaborazione attiva e, sulla base di essa, puntare a condizionare
l'operato dei governi.

Io vedo la nostra complicita', nel sistema di guerra e nella guerra, e mi
sento, in parte, anche personalmente complice.
Sono affetto da mania di persecuzione e merito di essere internato in un
ospedale psichiatrico?
O e' la conclusione a cui mi conduce uno spietato e conseguente bisogno di
ricerca della verita', su cui si basa la forza  della nonviolenza?
Non escludendo affatto la prima ipotesi, per adesso provo ad addentrarmi
nella seconda.

Questa guerra e' la mia guerra.
Perche' la vedo parte di un unico conflitto che oppone, su scala globale, i
ricchi e i poveri del Pianeta. Oggi questo  conflitto si e'concentrato, in
una partita specifica, nel Medio Oriente allargato.

Appartengo ad un Paese che fa parte del "club dei ricchi".
Sono personalmente povero in canna, ma traggo indubbiamente vantaggio da
questa collocazione.
Essere povero a Milano e' molto diverso che esserlo a Korogocho.
Usufruisco di molte agevolazioni oferte dalla civilta' tecnologica, ad
esempio l'uso corrente di internet.
Per scrivere questo mio testo batto su un PC al quale serve il coltan che
e' costato 4 milioni di morti in Congo.
Il coltan è una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata dai
minerali di colombite e tantalite dalla cui  contrazione deriva il nome
"coltan". Dal coltan viene estratto il tantalio, un metallo raro, molto
duro e resistente alla  corrosione, usato per la costruzione di turbine
aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole
dimensioni. E' usato per aumentare la potenza degli apparecchi riducendo il
consumo di energia.
Da componente indispensabile per la produzione missilistica e nucleare e
per il settore aereospaziale, oggi è il "genere di  prima necessità" più
ricercato dai produttori di telefonia mobile. Cellulari, cerca-persone,
personal computer, videogames,  ma anche materiali ad uso chirurgico per
funzionare hanno bisogno dei microcondensatori al tantalio. Ha un peso
simile a  quello dell'oro e pressappoco lo stesso valore. L'80% delle
riserve mondiali di coltan si trovano in Africa e l'80% di queste  sono in
Congo.
Il mio PC per funzionare attinge elettricita' da una rete formata da
centrali alimentate, specie in Italia, per lo piu' a  petrolio (ed in ogni
caso a combustibili fossili).
L'economia del mio Paese e' parte integrante della civilta' del petrolio.
Rifkin lo sintetizza bene: coltiviamo ciò di cui ci  nutriamo con l'aiuto
di fertilizzanti e pesticidi petrolchimici. La plastica, i prodotti
farmaceutici, l'abbigliamento sono  in massima parte derivati del petrolio.
I trasporti, l'energia, il calore, l'elettricità, l'illuminazione, tutto
dipende dal  petrolio. Grazie ad esso, anche se il mio reddito e' infimo,
consumo energia a basso costo come se almeno 150 schiavi  lavorassero per
me.
Per procurarsi questo petrolio e mantenerlo a prezzi contenuti gli eserciti
occidentali hanno, nel corso della storia,  occupato il Medio Oriente,
finto di risolvere la questione ebraica installandovi uno Stato-guardiano,
sostenuto regimi  fanatici, reazionari e corrotti, oppressori dei loro
popoli.
Le Sette Sorelle, a cui si e' aggiunta l'ottava, l'ENI dopo Mattei, hanno
imperversato imponendo contratti-capestro e  fomentando colpi di Stato
contro i governi che non li accettavano o, addirittura, pensavano di
nazionalizzare la risorsa  petrolifera.
Il procacciamento del petrolio gronda sangue: e' nato fomentando guerre ed
oggi alimenta la guerra "unica globale preventiva  permanente". Senza
contare che il suo spreco prepara una specie di diluvio universale: chissa'
quanto dovremo pagare per   lottare contro la perdita devastante di vite
umane e beni a seguito delle aumentate emissioni di CO2 e del riscaldamento
globale. Le alluvioni in Europa, le devastanti conseguenze degli uragani
Katrina e Rita sulla costa statunitense del Golfo  del Messico, le
inondazioni in Centro America: catastrofi che preconizzano il conto che
dovremo affrontare per le emissioni  di CO2 nell'atmosfera derivanti dalle
centrali funzionanti con i combustibili fossili.
A Nassirya l'ENI ha avuto promesso dai nuovi padroni del Paese lo
sfruttamento di un giacimento petrolifero dal valore di 300  miliardi di
dollari (se Rai News 24 non diffonde sciocchezze).
Io scrivo questo mio messaggio al PC e c'e' chi, in Iraq, in Afghanistan,
in Libano, ma anche in Africa, eccetera, combatte  per me, perche' mi sia
agevole, comodo, economico confezionarlo e spedirlo a voi che, spero, lo
leggerete.

Dopodiche mi alzo dalla sedia e prendo il treno in direzione di Assisi.
Vado a marciare "per la pace". Mi dicono che devo  sostenere un intervento
militare che garantira' une tregua e favorira' un processo di negoziati
seri.
Sara' una forza di interposizione ONU che - scrive oggi Parlato - "per la
prima volta parte con il consenso di tutte le parti  in causa, Israele
compresa".
Vado quindi ad Assisi a celebrare la pace che e' scoppiata. E,
ingenuamente, mi chiedo: perche' Flavio Lotti non ha invitato  una
delegazione di Lagunari? Potevamo festeggiarli insieme prima della partenza
per Beirut. Ragazzi, siete tutti noi!  Riponiamo in voi le speranze di un
"altro mondo possibile"!
Oltre alle scarpe, che simboleggiano i bambini morti sotto le bombe,
avremmo potuto portare anche i coriandoli da lanciare  per il buon augurio
ai difensori della pace!

Mi alzo dalla sedia, ma subito mi assale un dubbio. Rileggo i miei appunti
dell'altro ieri. Ho scritto un messaggio dal  titolo "popolare e popolano":
i fessi in Libano. Affermo in esso che esiste una differenza tra un
"pacifismo parolaio e  burocratico" ed una strategia di nonviolenza attiva.
Tra i "fessi", avevo iscritto a pieno diritto il pacifismo che:
1- separa e marca le distinzioni dei vari fronti della guerra "unica e
globale" che in tal modo disconosce, occulta e nega.  Afghanistan, Iraq,
Libano, Iran sono presi come conflitti separati, non come aspetti
particolari di una unica partita  strategica, la cui posta e' il controllo
delle risorse petrolifere;
2- si limita a considerare la dimensione sovrastrutturale del conflitto
arabo-israeliano: ad es. gli ebrei contro i musulmani  e i cristiani,
eccetera. Non riesce a vedere che la chiave del problema in Medio Oriente
sta non nella contrapposizione  etnico-religiosa (la quale gioca un ruolo
ma non determinante), bensi' nel conflitto strutturale sulla produzione e
distribuzione della ricchezza petrolifera;
3- attribuisce ad organismi internazionali tipo l'ONU e la UE potenzialita'
e funzioni che sono fuori dal loro assetto  strutturale e dalla loro
portata: prima di utilizzarli per finalita' di pace occorrono riforme
profonde che li predispongano  adeguatamente per scopi pacifici efficaci;
4- non comprende che l'Italia in quanto sistema-paese fa parte integrante
ed organica del "club nordista" dei ricchi del  Pianeta che hanno interesse
a cogestire "multilateralmente" con gli USA l'ordine internazionale ed il
modello di sviluppo  "ecocida"  fondato sullo sfruttamento sistematico
delle risorse e delle popolazioni del Sud del mondo;
5- sogna di affiancare, con una illusione di condizionamento "alternativo",
l'interventismo umanitario all'interventismo  bellico finendo in questo
modo con il coprire e legittimare quest'ultimo.

Ripasso in rassegna questi cinque punti. Devo ascoltare il "Manifesto" per
il quale si tratta di evidenti assurdita'?
Decido di no. Per il momento, mi faccio ancora fiducia. Rifletto sul fatto
che in passato non mi risulta che il "quotidiano  comunista" abbia
azzeccato le sue analisi.
La sua vecchia cultura lo porta a "cannare" continuamente e
sistematicamente. L'autobiografia della Rossanda e' una rassegna  spietata
di ammissioni di errori di analisi e di giudizio!
Sono altre le fonti che mi portano a ritenere la tregua in atto come
"ingannevole" (la definizione e' di Lucio Caracciolo).
Sulla stessa stampa italiana appaiono le interviste sia ai governanti di
Israele sia ai dirigenti di Hezbollah. Non  promettono nulla di buono. Non
hanno affatto intenzione di avviare un negoziato.

Insieme ad Angelo Baracca, mi sono fatto il seguente, pessimistico, quadro
della situazione, che lui riassume in due punti:
(a) in MO si combatte -comunque, anche, e piu' ferocemente, dopo le battute
d'arresto in Iraq e in Libano - la guerra globale  per le risorse e il
dominio mondiale, noi diciamo la terza guerra mondiale, anche se molto
diversa dalle precedenti;
(b) esiste un chiaro disegno di trascinare l'Europa fino al collo in questa
guerra.

Ai "fessi" si contrappongono quindi i "folli" come me ed Angelo.
Per i primi saremmo agli albori di un nuovo "ordine mondiale pacifico"
inaugurato da questa missione militare in Libano,  benedetta dall'ONU.
I secondi strepitano ed urlano come ossessi: staremmo precipitando in una
"terza guerra mondiale" (che forse esiste solo  nelle loro teste da
psichiatrizzare. O forse no)!

In mezzo c'e' molta gente ragionevole, come Farid Adly o come quelli della
Rete Lilliput, che avanzano proposte giustissime e  sensatissime: diamoci
da fare per una conferenza internazionale, istituiamo i corpi civili di
pace, rescindiamo la  cooperazione militare con Israele, chiediamo una
commissione internazionale per verificare l'uso di armi proibite in Libano,
sosteniamo le ONG libanesi e palestinesi...

Tutto bene, in queste proposte, ma a una condizione. Ciascuno verifichi,
nella sua coscienza, se e' dettata o meno dalla  "follia". La base della
nostra azione deve stare nel riconoscimento della nostra responsabilita'
diretta, anche personale,  nella guerra che e' in atto. L'Italia, a suo
modo, e' un arma puntata nel mondo, che spara le sue bordate (non
metaforicamente!) ed incombe e grava con il suo modello di sviluppo
"petrolifero" iniquo e dissipativo.
Dobbiamo darci da fare, anche e soprattutto a casa, per scaricare
quest'arma ed alleggerire il peso insopportabile che  esercitiamo sulle
risorse del Pianeta.
Non possiamo ignorare questo dato di fatto.
Altrimenti siamo come quel samaritano grasso ma caritatevole che, in groppa
ad un poveraccio smunto ed affamato, gli deterge  il sudore della fronte
senza scendegli dalla schiena.
Adotteremmo in modo singolare il precetto evangelico: con la mano destra
pugnaliamo Lazzaro, con la mano sinistra applichiamo  il cerotto sulla
ferita.
Ci aspettiamo pure che Lazzaro riconosca il nostro spirito solidaristico.
Miracolo: spesso lo fa, ci ringrazia. Ma io non mi affiderei all'infinito
sulle sue risorse di pazienza...







Ciao, Lorenzo,
ciao Enrico
e ciao a tutti/e

sarò anch'io domani ad Assisi,
per la Rete Lilliput
(il cui luogo competente, il grupp nonviolenza e
conflitti, ha giorni fa accolto l'invito della Tavola
dela Pace di Assisi, con una risposta articolata e una
richiesta di aggiunta di temi e obiettivi -documento
che probabilmente alcuni/e di voi hanno avuto modo di
vedere, e che comunque riporto più oltre, vedi *)

condivido anch'io senza riserve la proposta di Enrico,
che ringrazio per la consueta lucidità e forza

ci vediamo domattina ad Assisi

Gualtiero Via


*
[All'attenzione del Comitato direttivo della Tavola
della Pace e di Flavio Lotti e Maria Grazia Bellini _
Coordinatori della Tavola della Pace

Dopo queste ultime settimane di guerra e dopo aver
partecipato alla delegazione in Libano di
organizzazioni della societa' civile italiana,
apprendiamo con piacere dell'invito all'incontro del
26 agosto ad Assisi.

La Risoluzione Onu 1701 votata all'unanimità dal
Consiglio di Sicurezza comprende diversi punti di
concreta speranza per una tregua tra le forze di
Hezbollah e Israele. Ma vista la complessità degli
interessi in gioco sono necessarie delle forti
pressioni da parte della comunità internazionale per
attuare i punti della risoluzione.

Per chiedere un maggiore impegno al Governo italiano
per una risoluzione del conflitto del Libano, il
Gruppo Conflitti e Nonviolenza della Rete di Lilliput
propone alle organizzazioni della Tavola della Pace
l'apertura di alcuni punti di discussione gia
largamente condivisi nelle reti della società civile
libanese e internazionale:

- Al Governo Italiano si richiede un segno efficace
verso la pace interrompendo l'accordo di cooperazione
militare con Israele approvato nel maggio 2005 e di
farsi portatore in ambito internazionale di un
immediato embargo di armi delle parti in conflitto;
- L'impegno del Governo Italiano affinchè sia attivata
una commissione internazionale per verificare le
violazioni dei diritti umani nel conflitto tra Libano
e Israele e nei territori palestinesi tra cui l'uso di
armi non convenzionali;
- Al Governo Italiano massimo impegno e trasparenza
nella gestione degli aiuti, favorendo il sostegno
diretto alle reti e coordinamenti di ONG libanesi e
palestinesi che, senza distinzione di appartenenza,
stanno facendo fronte comune impegnandosi per
l'accoglienza e l'assistenza ai profughi e agli
sfollati.

Queste richieste sono riprese dal documento preparato
dalla delegazione di organizzazioni della societa'
civile italiana che è stato in Libano dal 5 al 9
agosto.

Crediamo che l'invio di un contingente militare non
sia la soluzione ai diversi problemi che affliggono
quell'area. Per questo oltre ad assicurare una forza
Onu con un mandato di peacekeeping preciso (con regole
d'ingaggio non offensive), riteniamo necessario
proporre la presenza sul territorio di una forza
civile non armata capace di occuparsi di tutte le
necessità che la popolazione libanese ha manifestato e
che non possono essere espletate da un impegno
militare.
.

Concordiamo e sosteniamo l'attivazione dei territori e
degli enti locali al fine di mobilitare una pressione
di pace sui Governi occidentali e di riattivare un
processo di pacificazione immediato anche nel
conflitto israeliano -palestinese.

Distinti saluti

Il Glt nonviolenza e conflitti
Rete di Lilliput nazionale]