R: [pace] nonviolenza e politica: ideali, idee, consensi



Caro Enrico,

scusa se ti rispondo solo ora. Non ti nascondo che ho avuto qualche difficoltà a seguire il tuo ragionamento e ho dovuto pensarci un po’ su. Ma alla fine non mi hai convinto. Continua a rimanermi la sensazione che la tua scaletta più che una guida per un “movimento nonviolento” porti ad una “paralisi nonviolenta”.

Posso sbagliarmi, ovviamente, ma io credo che la politica e le istituzioni sono il terreno tipico del nonviolento e quando questo non riesce credo sia per insufficienza dei nonviolenti che in politica si impegnano. E non si tratta, ovviamente, di esprimere giudizi su chicchessia bensì prendere atto che se la guerra è ancora largamente presente nella storia la responsabilità  non è solo dei guerrafondai ma anche e soprattutto nostra che ci ritagliamo piccoli spazi angusti e per di più molto litigiosi dove poter vivere i nostri ideali.

C’è un articolo significativo di uno dei senatori dissenzienti che oggi Peppe Sini ha diffuso ne “La nonviolenza è in cammino”. Leggendolo sono ancora più convinto che si sia commesso un errore a lasciare soli questi senatori e giocare con loro al tiro al piccione dividendosi fra “realisti” ed “utopisti”.

Quando si fa una trattativa bisogna giocare fino in fondo tutte le proprie carte e la propria forza di idee e non solo di idee. Se non si fa così non si sposta nulla e i forti continuano a rimanere forti e ad imporre tutto ciò che vogliono.

E in una situazione nella quale c'è una parte della maggioranza che guarda con simpatia, e lo dice esplicitamente, a forze politiche dell'altra sponda, avere una forza parlamentare consistente, come c’è l’ha la cosiddetta sinistra antagonista, e il consenso maggioritario dell'opinione pubblica (se è vero che il 61% degli italiani è per il ritiro) e non utilizzarlo è un vero e proprio suicidio politico. La soluzione della mozione di fiducia, richiesta con intelligenza dai senatori dissenzienti, serve a porre un freno ad una deriva "inciucista" di cui abbiamo già sperimentato le conseguenze ai tempi della bicamerale e sempre con gli stessi personaggi in gioco.

Comunque staremo a vedere, è solo questione di poche ore e speriamo in bene.

Ciao e non interrompiamo mai il dialogo e basta con le risse e le scomuniche

Giovanni Sarubbi

 

 

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Da: Enrico Peyretti [mailto:e.pey at libero.it]
Inviato: domenica 23 luglio 2006 23.34
A: lista Peacelink Pace; il dialogo
Cc: lista Peacelink Pace; 'bravo anna'; 'azionenonviolenta'; 'buccoliero elena'; 'capitini luciano'; 'centro Gandhi 1 Pisa'; 'Ciardi Filippo'; 'Codrignani Giancarla'; 'Dogliotti Angela'; 'giusti luca'; 'Iannamorelli Pasquale'; 'l'abate 01 alberto'; 'locascio 01 francesco (mir)'; 'lugli daniele'; 'malleo m. antonietta, palermo'; 'Manara Fulvio Cesare'; 'martirani giuliana'; 'menapace 01 lidia'; 'moratto adriano'; 'pilati massimiliano, trento'; 'pompeo 1 rocco'; 'Pontara Giuliano'; 'pugliese pasquale'; 'racca A1 piercarlo'; 'rizzi02 flavia'; 'salio nanni'; 'satyagraha'; 'siino 1 marco'; 'soccio 01 matteo'; 'valpiana mao'; 'lista pax christi gr discussione'; 'lista nonviolenti'; 'lista Mir dibattito'; 'lista BCP'; 'Bulgarelli Mauro'; 'De Petris Loredana'; 'Malabarba Gigi'; 'Silvestri Giampaolo'; 'Turigliatto Franco'; 'Giannini Fosco'; 'Rossi Fernando'; 'Grassi Claudio'
Oggetto: Re: [pace] nonviolenza e politica: ideali, idee, consensi

 

Caro Giovanni (ma perché non scrivi un po' più grande?),

anzitutto non penso di avere sempre ragione, o tutte le ragioni. Cerco di fare un lavoro di pensiero su un problema difficile.

Ancora una premessa. Ha detto bene Sartori da qualche parte che la politica è fatta di ideali, idee, opinioni. Per alcuni è fatta solo di opinioni, cioè di consensi da plasmare di forza, di voti da accaparrare in ogni modo per avere potere, a favore dei propri affari: li abbiamo appena cacciati da Palazzo Chigi. Per altri la politica è fatta di idee, di progetti, più o meno giusti, compresi, condivisi, votati: ed è già meglio. Per altri, infine, è fatta anche di ideali, che certo hanno bisogno di farsi progetti e di trovare consensi.

Ora, noi noviolenti (me compreso), siamo degli idealisti anzitutto. E facciamo più che bene, perché gli ideali sono la parte più carente, scarsa come l'oro, nella politica. Abbiamo anche alcune idee: sappiamo articolare l'ideale in proposte concrete che abbiamo anche presentato ultimamente nel dibattito pre-elettorale (senza ascolto). E' il consenso che ci manca. Siamo un'ultraminoranza. La maggioranza della gente non vuole la guerra, né qui né là: costa tanto, ci vanno i nostri ragazzi per il gruzzolo e ci lasciano la pelle, vedere tutti quei massacri fa star male. Sì, questo è dissenso dalla guerra, ma non è consenso per costruire concretamente la pace, cioè la nonviolenza. Noi nonviolenti discutiamo di nonviolenza e politica e facciamo progetti. La nonviolenza sarebbe una politica se, oltre ideali e idee, avesse anche consensi. Ne ha pochissimi, perciò ha pochissimi rappresentanti in Parlamento.

Una fragile maggioranza in Parlamento, oggi, è per fare la guerra non a distesa, solo quando altri la attaccano (pace negativa). Un'altra parte la fa volentieri, per piacere all'Impero, e perché, nella sua filosofia, alla fine è la guerra che decide tutto (e persino conviene all'economia). Quelli che sanno e vogliono, nei conflitti, sostituire la guerra coi metodi nonviolenti (pace positiva), sono pochissimi, non fanno numero. Poiché le decisioni politiche si fanno, sì, con ideali e idee, ma attraverso i consensi, i numeri, in Parlamento la nonviolenza oggi non conta nulla. Allora, o i nonviolenti se ne vanno perché non possono attuarvi l'ideale; oppure, continuando a presentare l'ideale della pace positiva, favoriscono l'aggregazione di voti attorno all'idea di pace negativa, per evitare che prevalga la guerra più attiva; oppure, col negare il loro voto alla mezza pace e mezza guerra, favoriscono la maggior guerra. 

In democrazia (sistema prezioso e imperfetto) gli ideali passano attraverso i numeri. Il testimone dell'ideale non si preoccupa dei numeri, ma delle verità. Fa benissimo, ma il suo ruolo non è nelle assemblee democratiche, quando sono messe alle strette del calcolo dei voti. In queste assemblee, l'ideale tende a farsi realtà effettiva, perciò deve contare i numeri, e deve scegliere l'idea meno lontana dall'ideale.

Scusa la lunga e noiosa premessa (mia fatica per chiarire a me stesso); ora rispondo alla tua lettera, sempre nell'ipotesi di soluzione che a me - posso sbagliare, ma ne sono convinto - pare più giusta.

----- Original Message -----

From: redazione

Cc: Sent: Sunday, July 23, 2006 9:51 PM

Subject: R: [pace] nonviolenza e politica

 

Caro Enrico,

la tua scaletta mi lascia completamente interdetto.     Non sono un teorico della nonviolenza, ne un filosofo, ne un teologo ma mi sembra di capire che  la tua scaletta ha come conseguenza l’impossibilità di cambiare alcunché all’interno delle istituzioni.

E.P. -  No, è possibile se si diffonde sufficientemente l'ideale (lavoro del movimento) e le idee (lavoro della cultura) e se qualcosa di ciò arriva nelle istituzioni.

 

Mi sembra una scaletta costruita per giustificare un accordo piuttosto che una guida per l’azione anche perché, di solito, quando si agisce non ci sono guide che tengano.

E.P. - Non capisco.

E come quando si gioca a scacchi, una cosa è conoscere la teoria delle aperture, del mediogioco o dei finali, altra cosa è giocare una partita concreta con un avversario in carne ed ossa. E dov’è allora la forza della nonviolenza se non riesce a trovare interpreti, o con altro linguaggio, profeti che riescano a cambiare anche realtà apparentemente impermeabili a qualsiasi cambiamento quale può essere una istituzione parlamentare largamente lobbizzata?

E.P. - A me pare che un interprete o profeta può (può, non avviene sempre) cambiare le menti e i cuori, e solo tramite questi, cioè la crescita della società, ma non direttamente (non sarebbe neppure corretto), influire su un'istituzione.  

Se il nonviolento non può dare battaglia all’interno della istituzione nella quale è stato eletto utilizzando tutti gli strumenti legali che le istituzioni consentono qual è il suo ruolo, come riesce a far valere le sue ragioni e a rendere concreta l’idea che ha scelto come vocazione della propria vita?

E.P. - Ma certo che darà battaglia, cioè proporrà ideale e idee, ma se non trova consensi ad essi non deve isolarsi, bensì sostenere il meno peggio per non far vincere il peggio, e questo è il dovere minimo, irrinunciabile.

La nonviolenza ed il nonviolento/a che tu descrivi è una figura eterea, staccata dalla realtà, incapace di promuovere attivamente la sua idea. Se non può fare nulla tanto vale che rimanga a casa sua, fa più bella figura lui e fa meno danni al movimento e all’idea della pace e della nonviolenza.

E.P. - Ma io non voglio mica che rimanga staccata dalla realtà! Non puoi capirmi così! Dico che, nell'assemblea deliberante, se non hai i consensi, l'ideale non entra nelle decisioni. Ma tu devi decidere, e non solo lasciar decidere. Devi scegliere il meno lontano dal tuo ideale.

Io credo fermamente che gli otto senatori e i 4 deputati abbiano fatto benissimo a fare quello che hanno fatto.

E.P. - Intanto, non lo hanno ancora fatto. Se negano il voto al governo sbagliano, favoriscono il peggio.

E se si arriva al voto di fiducia al senato per loro e per il movimento non violento sarà una vittoria perché verrà riconosciuta la loro indispensabilità nella politica del governo.

E.P. - Bella vittoria! spingere il governo a destra, o darlo alla destra! Indispensabili in un governo che non c'è più!!!

Se non sarà così la cosiddetta “sinistra radicale” sarà spazzata via subito e sostituita con qualche ruota di scorta del centrodestra, già pronta ai blocchi di partenza.

E.P. - Appunto per non far posto al centro-destra, la sinistra deve sacrificare qualcosa delle sue idee per restare nella compagine e contarvi qualcosa.

In politica conta la forza delle idee e dei numeri che si riesce a mettere in campo e chi ha la forza di una idea e i numeri per sostenerla e non li usa fa karakiri.

E.P. - Gli "obiettori" ora come ora hanno solo la forza di far vincere il peggio. Contrattino e cerchino un punto d'incontro, ma restino dentro, proprio per dare numeri all'ideale.

Quando si fa una trattativa sindacale si discute ma si sciopera anche,si cerca di smontare le tesi della controparte ma lo si mette anche alle corde con l’arma dello sciopero, poi certo si fa l’accordo. E quando non si fa così ma si parte già con una scaletta del tipo di quella che tu hai proposto, i risultati sono pessimi, sono dei pateracchi di nessun valore, compromessi nel senso più deteriore del termine. Se il movimento operaio avesse usato una scaletta come la tua staremmo ancora con le 12 ore al giorno.

E se non riusciamo a tenere sempre presente l’ideale che abbiamo scelto, di fatto lo svendiamo e lo ridicolizziamo.

E.P. - La gradualità possibile non è svendere ma far camminare passo passo.

E allora io voglio esprimere tutta la mia solidarietà ai senatori dissenzienti e alla loro battaglia. Ma voglio anche dire a chi ha scelto la strada indicata da Peyretti che non li considero dei traditori da espellere dal movimento o altre sciocchezza che pure sono state dette e scritte. Sarebbe questo si un regalo alle forze della guerra che proprio non possiamo permetterci.

E.P. - Ti ringrazio della comprensione. Si duscute in unità di intenti.

Ciao! Enrico

Ciao

Giovanni Sarubbi

 

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Da: pace-request at peacelink.it [mailto:pace-request at peacelink.it] Per conto di Enrico Peyretti
Inviato: domenica 23 luglio 2006 9.22
A: bravo anna; azionenonviolenta; buccoliero elena; capitini luciano; centro Gandhi 1 Pisa; Ciardi Filippo; Codrignani Giancarla; Dogliotti Angela; giusti luca; Iannamorelli Pasquale; l'abate 01 alberto; locascio 01 francesco (mir); lugli daniele; malleo m. antonietta, palermo; Manara Fulvio Cesare; martirani giuliana; menapace 01 lidia; moratto adriano; pilati massimiliano, trento; pompeo 1 rocco; Pontara Giuliano; pugliese pasquale; racca A1 piercarlo; rizzi02 flavia; salio nanni; satyagraha; siino 1 marco; soccio 01 matteo; valpiana mao
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Oggetto: [pace] nonviolenza e politica

 

La nonviolenza davanti al voto

Ho riletto i due numeri di Azione Nonviolenta su "nonviolenza e politica".

Abbozzo qui un appunto, nulla più che un breve scarabocchio sullo schermo, che metto sotto l'esame comune.

- I nonviolenti organizzati hanno il programma costruttivo "politico" (pratico, storico, urgente, integrale, irrinunciabile) dell'abolizione della guerra e della trasformazione/soluzione nonviolenta dei conflitti;

- se e quando singoli nonviolenti/e vanno a lavorare nella politica istituzionale, dove incontrano tutte le posizioni, dalla fede (e duri interessi) nella guerra, al pacifismo tiepido e negativo (non far guerra, ma accettarla se aggrediti; non conquista armata, ma intervento armato "soi disant" per i diritti umani e per la legalità internazionale; ecc.), devono, per necessità e anche per dovere, collocarsi sulle linee al momento in quella sede possibili e praticabili, purché siamo il più possibile vicine o meno lontane dal programma nonviolento;

- e devono anche votare perché siano deliberate le scelte relativamente migliori o meno peggiori, perché hanno il dovere primario di impedire che siano deliberate altre scelte meno buone o decisamente peggiori o pessime;

- il motivo di questo loro dovere è il fatto che la realizzazione matura o intera della pace nonviolenta lì e ora non è di fatto possibile, e il solo proclamarlo isolandosi dal voto non significa, in quella sede deliberante, una testimonianza ideale e politica, ma produce l'effetto apparente di relegare il proprio obiettivo nell'astratto utopismo (aspetto negativo dell'utopia concreta positiva), mentre è possibile lì e ora, nella sede deliberante, sostenere concrete parziali riduzioni del male della guerra e proporzionali passi in avanti, o punti di resistenza, del bene della pace;

- tale scelta nel voto non tradisce la coscienza del nonviolento/a, coscienza nota e di nuovo fermamente dichiarata, ma, nei limiti naturali di quell'attività istituzionale collettiva, costituisce una difesa e una promozione possibile, graduale, parziale ma orientata, chiara e non equivoca di tutto ciò che la coscienza del nonviolento/a irrinunciabilmente vuole e cerca. Se il nonviolento/a nell'istituzione non si sente di reggere il carattere dimezzato di questa azione, torni al lavoro culturale, educativo, sociale del programma costruttivo nonviolento, fuori della via deliberativa istituzionale, che ha il valore democratico insostituibile. Ma, in quanto cittadino/a avrà sempre inevitabile il problema e il dovere del voto, nei limitati termini detti, mi pare.

- Quando il medico non può ora guarire completamente il malato, lo cura attivamente, per salvarlo dalla morte e porre le condizioni indispensabili per, domani, libereralo dal male. Il paragone ovviamente zoppica perchè ci sono malattie mortali dei nostri corpi, che il medico non guarisce, mentre è possibile pensare e sperare che la storia umana guarisca un giorno dalla violenza organizzata e sitituzionalizzata. La pace nonviolenta è in cammino.

Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
Enrico Peyretti

 



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