SENZA FEDE-SENZA MISSIONE





Non credo fermamente nell'altrui autorità, sia essa politica o religiosa e non tollero essere "assistita" da una fede nell'espressione della mia libertà che mi porti a diventare soldatessa di nessun esercito, di pace o di guerra, né tantomeno un'inviata su di essa, a propagare con una missione le mie convinzioni religiose o politiche. Tanto più che non ne possiedo e ho fatto molta fatica, fin da piccola, a rendermi indipendente da coloro che dovevano convincermi del contrario.

Sono priva di cittadinanza di fronte allo schiacciamento e all'oppressione sui popoli. Mi affianco con chi lotta contro il potere, istintivamente.

Ma non sono una nomade,un'apolide, non girovago, abito in Italia, ci ho lavorato, ho una famiglia che come me è residente in questo Paese. Ho passato una vita a sentire le storie di quanto sono cattivi gli altri (zingari nazisti comunisti terroni ladri puttane atei anarchici senzadio vandali sfaccendati stranieri) e quanto siamo onesti e buoni noi, quelli dall'altra parte, che si sono costruiti con fatica una vita dignitosa, aiutati dalla saggezza e lungimiranza politica e della chiesa. Sono ritornata indietro di cinque anni, quando allora, malgrado totalmente coinvolta nel mio personale, mi feci convincere dagli occhi di mia figlia sedicenne a chiedere dei giorni di ferie per andare a Genova.

Conobbi persone di ogni età e nazionalità, sigle che non avevo mai sentito se non per caso, fui travolta dalla ribellione al potere del G8. Vidi, senza andare in luoghi di guerra, una città militarizzata, i check point, le zone rosse,gli eserciti, le armi, la violenza, la paura instillata nei cittadini fino ad indurli ad abbandonare qualsiasi attività, addirittura la loro quotidiana vita nella città stessa, tranne quelli che non avevano o non volevano avere i mezzi per andarsene.

Ho "visto" in quei giorni, ho vissuto pienamente, con gioia e dolore, l'esperienza di una piccola rivoluzione.

Me l'ero cercata, così mi dissero al ritorno: forse inconsapevolmente, ma era vero. Con molta ostinazione ho cominciato a praticare strade prima a me sconosciute: il movimento, il partito, la testimonianza fatta in prima persona, la ricerca della controinformazione, la sua diffusione.Poi le Donne in Nero.Poi le donne.

Scrivo questi pensieri perché oggi come allora, come quel luglio del 2001, mi ritrovo non a scegliere da che parte stare, il treno per Genova lo presi comunque, ma con chi continuare il percorso.

Mi rivolgo alle tante e ai tanti che ho conosciuto in questi anni, a quelli che hanno condiviso le strade con me, a quelli che non conosco perchè distanti.

La notte dell'attacco americano in Afghanistan, stavo con le Donne in Nero di Roma davanti all'ambasciata americana dove ci eravamo dati tutti appuntamento. Ci buttammo a terra a formare una scritta umana (poteva essere pace o no war non ricordo), si fece musica, si attendeva,poi andammo a dormire. Una notte brevissima: attaccarono all'alba.

Francamente non so come vivevano le donne afghane o irachene prima di questa data, se non per quello che lessi dopo, come potevano giocare i loro figli, come potevano campare quei popoli. So che sono morti in tanti, sono saltati sulle mine, sono stati bombardati,giustiziati, massacrati, torturati, oppressi.Peggio, assai peggio comunque, oggi rispetto al loro ieri.

So che noi non siamo entrati in guerra con nessuno e la guerra è quella della memoria dei miei genitori, so che noi siamo in missione, so che noi abbiamo fede.

Ma io non sono una donna di fede e non sono una missionaria. Il giro di boa è per me iniziato da tempo.Le parole non bastano a rendere la tristezza di questi momenti, in cui vedo vacillare non solo la speranza nella pace e nel buonsenso, ma le relazioni di affetto e stima che mi hanno legata a tante/i.

Lo dico con pacatezza e misura: come si può scordare di essere state contro le missioni umanitarie, contro le guerre di religione, contro le logiche del potere, contro la belva insaziabile del dio danaro, come si può chiedere di aspettare, di trovare un buon compromesso, di tacere, di non sciupare un mondo occidentabile sostenibile che sostenga quello orientale, magari anche del terzo mondo, con la fede, la speranza e la carità, in chi?

Il 17 luglio sarò a Roma a chiedere che non sia votata questa ennesima vergogna: a sostenere chi ha già detto no.

Non credo ci sia da interpretare molto in quello che ho scritto e grazie per aver letto fin quì.
Senza fede-senza missione, continuo a tentare, con tutti i miei limiti.

Doriana Goracci