Afganistan



Vi invio per conoscenza, l'allegata lettera che ho inviato a Liberazione.

Fraterni saluti. Giancarlo

<mailto:info at peacelink.it>

A Liberazione
Non riesco a comprendere le ragioni della scelta del Partito nel votare
(quindi sostenere) il finanziamento per la guerra in Afganistan.
In tutti i ragionamenti di chi ha sostenuto tale scelta, ritrovo elementi
fortemente contradditori, di incoerenza, ma anche una rinuncia, un
abbandono dei nostri principi costitutivi e di quanto è stato affermato
anche all'ultimo congresso da tutto il partito unitariamente.
L'argomento della lealtà al governo e alla maggioranza, mi sembra
pretestuoso e non esiste. La guerra in Afganistan non è contemplata negli
accordi di programma. Quindi i rischi della crisi se li deve assumere anche
la parte moderata dell'Unione e la vita del governo non dipende solo da noi.
Il decreto del governo è inaccettabile, perché nella sostanza non
rappresenta una discontinuità significativa rispetto a quello di
Berlusconi. Il governo Prodi se non lavora insieme a tutti i suoi alleati e
non solo di una parte sola, deve imporre una sintesi e prenderci in seria
considerazione, se non vogliamo ridurci alla completa subordinazione.
Certo è stato un errore non affrontare la questione in sede di elaborazione
del programma. Si sa, le scorciatoie come le bugie hanno le gambe corte.
Comunque, già in altra occasione (Conversione in legge del decreto-legge 29
aprile 1996, n.236 - Bosnia) i parlamentari del nostro Partito hanno votato
sulla guerra in modo difforme dalla maggioranza di cui facevamo parte.
Poi, in certi ragionamenti mi sembra risentire (pur in altri termini)
un'affermazione di Cossutta : "Tiriamo la corda, ma non spezziamola". In
quella occasione abbiamo rifiuato di perdere la nostra autonomia. Anche se
in quella situazione erano in gioco problemi economici, sia pur rilevanti
per il popolo italiano. Fino a consumare una dolorosa scissione.
Oggi ci troviamo di fronte alla scelta che si riferisce ai temi della
guerra e della pace. A quella "pace" che perentoriamente abbiamo sostenuto
"senza se e senza ma". L'abbondanza di quei "se" e di "ma" giustificativi,
non mi convincono.
Rilevo inoltre una certa incoeranza. Quando nel nostro dibattito
congressuale, di fronte alle critiche emerse sui limiti dei metodi
dell'elaborazione programmativa, si rispose sostanzalmente: "Non stiamo a
impuntarci sulle divergenze che esistono. Prima sconfiggiamo Berlusconi
poi, nella nuova e positiva condizione derivata dalla presenza dei
movimenti, condizioneremo il governo".
Non riesco a rassegnarmi a perdere un patrimonio così importante per la
pace e la denocrazia. Spero che questo rischio di isolamento e di
frustrazione del movimento per la pace non avvenga e che, con le forze
sociali e politiche che rimarranno coerenti e con l'appello di Gino Strada,
Alex Zanotelli, Luigi Ciotti e Tonio Dell'Olio, riprendano le iniziative e
le manifestazioni a sostegno di politiche di pace. 
Sono convinto e preoccupato, che le scelte che stiamo per compiere in
questo momento non avranno solo riflessi contingenti, ma avranno ricadute
pesanti sulle nostre prospettive. Se passano questi ragionamenti, questi
modi di agire, rimarremo priginieri dei ricatti. L'alternativa a
Berlusconi, non può essere Blair, altrimenti per noi è la fine.
Pertanto condivido la scelta ed esprimo una forte solidarietà ai senatori
del nostro partito, a quelli dei Verdi e dei Comunisti Italiani, che
intendono voler rispettare l'articolo 11 con fermezza e lungimirante
coerenza. Inoltre mi sembra giusto respingere i furiosi attacchi nei loro
confronti, che ignorano l'articolo 67: «Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato».  


1° Luglio 2006





 GIANCARLO BELLORIO - POD. CASELLO / FRAZ. MONTISI - SAN GIOVANNI D'ASSO
(SI) - TEL. 0577 845122 giancabell at tin.it