Osm - lasciamo correre o obiettiamo?



Se a qualcuno è sfuggito.

Gli americani hanno scelto di far atterrare nella base americana di
Rasmtein (dove risiedono 40.000 soldati e circa 15.000 familiari)  la
propria squadra di calcio per i mondiali in Germania.

La squadra è scesa dal cielo con un elicottero e per l' evento sono state
organizzate ricche libagioni.

Dopo aver trasformato la squadra di calcio in un emblema della
rappresentanza militare hanno "obbligato" o offerto licenze premio per i
soldati che in circa  20.000 o più hanno riempito lo stadio, per la partita
con l'Italia.

A parte il cattivo gusto, Moggi deve ancora imparare come organizzazione,
ci sono problemi nella lunga mano dei militari sullo sport che già alle
olimpiadi invernali avevano assoldato attraverso i gruppi sportivi
(carabinieri, guardia di finanza, polizia ecc.)  la maggioranza degli
atleti.

Una domanda ci poniamo :
quando tifiamo per qualche atleta diamo il consenso anche all'apparato
bellico che lo sostiene?

ciao max - cp osm

Dalla Repubblica del 15/6/2006   La Nazionale statunitense ha scelto di
passare la vigilia  nell'enclave militare, dove vivono 40.000 soldati  Gli
Usa chiusi nella base di Ramstein  DUISBURG - Altro che resort di lusso o
alberghi a cinque stelle. Già da questa notte la nazionale Usa dormirà
nella base militare di Rasmtein, una vera e propria enclave americana sul
suolo tedesco. Al suo interno vivono circa 40 mila soldati statunitensi con
le loro famiglie ed è qui che fanno il primo scalo gli aerei in arrivo
dall'Iraq con morti e feriti. Un nome che nella memoria italiana evoca la
tragedia delle frecce tricolori, che nell'estate del 1988 sbagliarono
un'evoluzione acrobatica precipitando sulla folla.
Per una squadra che paragona una partita di calcio a una guerra e si muove
con scorta di bodyguard al seguito, tutto sommato la scelta non deve
apparire più strana di tanto. Meraviglia di più il fatto che il commissario
tecnico Bruce Arena si ostini a sostenere che si tratta di una scelta fatta
esclusivamente per "ragioni di comodità" e nel tentativo di trovare lo
spirito giusto grazie al contatto quotidiano con i giovani soldati
americani di stanza in Germania.
Quella di Ramstein, distante circa 15 chilometri dallo stadio di
Kaiserlautern, è in realtà una scelta dettata anche da ragioni di
sicurezza, dopo che l'intelligence internazionale ha segnalato al ministero
dell'interno di Berlino la gara di sabato sera tra Italia e Usa proprio
come una delle più a rischio dell'intero Mondiale

Altri commenti......
..........Kaiserslautern è immersa nel verde della Selva Palatina, una
delle più estese aree forestali tedesche.
La città è grande centro industriale dal 1848, anno in cui fu collegata
alla rete ferroviaria.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale Kaiserslautern fu utilizzata dagli
americani come base militare. Circa 40.000 militari risiedono oggi nella
città tedesca insieme alle loro famiglie.

Kaiserslautern è infatti a pochi chilometri di distanza dalla gigantesca
base di Ramstein, la più grande all’infuori dal confine americano,
conosciuta (e bene) anche da molti nostri piloti di caccia. Saranno quindi
soprattutto soldati i tifosi yankee (circa 25.000) che saranno al Fritz
Walter Stadion e che sperano di poter assistere ad una vittoria dei loro
beniamini contro “the great Italy” (il “great” l’avranno aggiunto dopo la
vittoria contro il proibitivo Ghana)…



da diario del 2003   RAMSTEIN.

La cittadina con i suoi appena 8 mila abitanti è avvolta nelle nuvole basse
di un inverno grigio e piovoso. L’atmosfera è quasi fiabesca e a tratti
sembra irreale. Siamo a Ramstein nel Palatinato, regione confinante con la
Francia, là dove la fortuna economica sembra non aver baciato la ricca
Germania.
Dal 1952, qui la Us Air Force ha costruito il suo avamposto militare della
guerra fredda in Europa. 1.300 ettari di terreno furono disboscati per far
posto alla più imponente concentrazione militare fuori dagli Usa; 300 mila
metri cubici di torba e più di un milione di metri cubi di legna dovettero
essere prelevati per bonificare la vasta palude. Nascosta da boschi di
abeti e betulle, la pista per gli aerei pesanti di supporto alla guerra
vera, taglia lo spoglio paesaggio per tre chilometri di lunghezza come una
ferita profonda.
Dall’autostrada che 400 km più a ovest porta dritta a Parigi, c’è una
piccola uscita e qualche chilometro più avanti sembra finire il mondo:
sbarramenti di mura alte, soldati armati di mitra, minuziosi controlli con
metal detector ovunque, così si presenta la tana del leone al «civile
visitatore», all’ingresso del 86th Security Forces Squadron. Qui finisce
ogni libertà di movimento, esattamente come ai vecchi varchi per entrare
nella Ddr. Chiedo di poter visitare la base.Un gentile soldato della
Military police mi accompagna all’ingresso, chiama un numero interno, ma il
telefono suona invano. È venerdì dopo Natale, ore 16.30. La fabbrica di
supporto per la guerra sta ancora riposando. Nella comunità militare di
Ramstein-Kaiserslautern vivono 43 mila americani, di cui circa la metà
soldati attivi tra forze aeree e di terra. Da qui parte tutto
l’equipaggiamento necessario per le operazioni militari Usa. Fino a 300
volte al giorno si alzano in volo i grandi aeri da trasporto Hercules C 130
e i Galaxy con il loro materiale da guerra, qui c’è il deposito di
munizioni centrale, qui – si mormora e nessuno di competenza lo smentisce –
sono ancora nascoste le testate e le bombe nucleari a dispetto della fine
ufficialmente dichiarata della guerra fredda. Qui si trova anche il più
grande ospedale militare americano all’estero, dove tutti i militari feriti
o morti nelle operazioni in giro per il mondo vengono portati prima di
essere trasferiti negli Usa. In caso di sospettata contaminazione, i
cadaveri vengono svuotati e riempiti di materiale finto. Così modificati
arrivano negli Usa, e i famigliari a casa spesso possono vedere i loro cari
solo attraverso una piccola finestrella di vetro ritagliata nella cassa da
morto sigillata e saldata.
ALLARGAMENTO MASSICCIO. In questa zona ad alta densità di sorvolo con il
suo inquinamento acustico e tossico, per la fine del 2005 è previsto un
allargamento massiccio della base già esistente: la pista vecchia dovrà
essere prolungata ad una lunghezza di 3.600 metri ed è prevista la
costruzione di una nuova per permettere il trasferimento dell’aeroporto Usa
di Francoforte che dovrà far posto all’ingrandimento di quello civile.
Il sig. Fleischmann, un pensionato di 73 anni, capeggia la locale
iniziativa dei cittadini contro ciò che lui chiama la catastrofe imminente:
«Sa Signora, qui ci vogliono tappezzare con americani. Che disgrazia!».
Fleischmann mi riceve nella sua bella villa con il commento amaro: «Se
vuole fare un affare, compri la mia casa, ormai ha perso metà del suo
valore come tutte le case in zona! Qui avviene una cacciata moderna. La
gente se ne va, non c’è futuro per loro».
I cittadini di Ramstein e hinterland che si mobilitano contro
l’allargamento della base, sono molto allarmati per l’aumento
dell’inquinamento atmosferico e da rumore. È soprattutto il nuovo
carburante JB 8 con gli additivi tossici, sviluppato per incendiarsi meno
facilmente, a preoccupare la popolazione per i suoi effetti cancerogeni.
L’attivissimo pensionato mi accompagna alla porta con le parole: «Ramstein,
come già nella prima guerra del Golfo, diventerà il perno di tutte le
operazioni nella guerra all’Iraq. Ma quando vogliono partire da qui, noi
occuperemo la base con mezzi pacifici e ci dovranno portare via con la
forza».
Trentamila volantini sono già stati distribuiti e 13 mila cittadini hanno
depositato un esposto contro il progetto. Secondo le norme ambientali
dell’Ue, la zona di Ramstein è classificata Ffh (Fauna-Flora-Habitat) ed è
quindi una zona da tutelare. Tanta gente qui non ha nessuna voglia di
fungere da portaerei per le future guerre degli americani, e sta creando
una rete di mobilitazione. Parlo con il coordinatore del locale gruppo
ambientalista, Kalle Kress, sulle prossime iniziative contro l’allargamento
della base: «Si tratta di un’inaudita violazione del paesaggio e delle sue
caratteristiche. Qui c’è il quartiere generale della forza aerea Usa, e nel
caso di un attacco all’Iraq i voli devono essere coordinati da qui», ci
racconta, «e noi saremo in prima linea anche contro la guerra».
Mentre parliamo, un centinaio di persone alla spicciolata o in piccoli
gruppi avanza al bordo della gigantesca strada a quattro corsie che porta
alla base militare. Alzano cartelli scritti a mano che con lettere cubitali
recitano: «NO WAR», o «PRAY AND LIVE FOR PEACE». Bambini, anziani, giovani
coppie, tutti si raggruppano davanti all’ingresso sbarrato. Una croce di
legno dice «AMA I TUOI NEMICI». Sono mennoniti che stanno per iniziare una
preghiera contro la guerra davanti una base militare americana, in un
sabato pomeriggio dopo Natale sotto un cielo grigio e piovoso. Cantano
«alleluia, risorgeremo in un regno di luce e amore».

DISCRETI. Ramstein negli Usa è famosa come Little America, e nel mondo per
la sciagura del 1988, quando la formazione Tricolore aveva causato più di
70 morti per un incidente in volo tra i civili venuti a vedere le
esibizioni che dovevano essere festose. La cittadina si presenta davvero
come una piccola America: ovunque insegne in lingua inglese, dal rent a car
alle agenzie assicuratrici. I cartelli stradali sono ovviamente bilingue e
le targhe delle macchine spesso americane. Ma la presenza dei militari è
molto discreta e la loro vita sociale si svolge quasi per intero
all’interno della base. Là ci sono i grandi supermercati con i loro
prodotti tipici, dalla carta igienica alla Coca Cola, tutto viene importato
dagli Usa. Ci sono i cinema, le scuole, le abitazioni per le famiglie e le
caserme, una piccola America isolata dal resto. Chiedo ad uno dei giovani
soldati se ha paura di un’imminente guerra contro l’Iraq, e la sua risposta
è semplice: «No, per me e per noi tutti decide il Presidente degli Stati
Uniti d’America e il Pentagono, non certo io. Qui faccio solo il mio
lavoro».
Qualche centinaia di chilometri più a nordovest, al confine con l’Olanda,
dove il paesaggio si fa sempre più piatto e i mulini sventolano non più
lungo i percorsi d’acqua, ma per produrre energia pulita sfruttando il
vento, si trova Geilenkirchen, una tranquilla cittadina della Renania. Qui,
dal 1981, è stazionato il quartiere generale del Comando E-3A, nel quale 13
Paesi aderiscono all’unica formazione multinazionale della Nato
direttamente sotto la direzione dello Shape (Supreme Headquarters Allied
Powers Europe). Qui gli aerei spia Awacs formano la Airborne Early Warning
& Control Force (una specie di flotta aerea di avvertimento e controllo
anticipata) che sono indispensabili come supporto a tutte le operazioni
militari della Nato. Questi grandi aerei da ricognizione, che per
funzionare hanno bisogno di 17 uomini tra piloti e tecnici, sono
equipaggiati con un grande «fungo»: è un radar potentissimo che può
«vedere» fino a 500 km e controlla da 9.500 metri di altezza un territorio
di oltre 300 mila kmq. Il loro spionaggio crea la base per ogni attacco
mirato in campo nemico. Sono rimasti in 17, dopo che un incidente in Grecia
due anni fa ha fatto perdere il 18° di questi aerei superdotati. 1.500 il
personale militare, e altrettanto civili, provenienti da 12 Paesi diversi:
questa multinazionalità costituisce anche la particolarità della base aerea
e della squadra di volo.
Vivono con le loro famiglie in un microcosmo tutto dipinto in verde
militare: cappella, scuole, supermercati, ospedale, caserme, appartamenti,
campi da tennis, il Club per gli ufficiali, quello per i soldati. Le strade
si chiamano Nato Avenue o Trapani Line. Al cinema, alle 19.30, si può
vedere in questi giorni Bloodwarks. Sulla destra i grandi hangar per la
manutenzione e l’assistenza agli aerei, e la lunga pista. Accesso
naturalmente proibito. Qui sono atterrati il padre Bush ai tempi della
guerra del Golfo, Bill Clinton, il cancelliere Schröder, persino Arafat, e
quasi tutti i capi di Stati e governo delle nazioni Nato partecipanti alla
formazione dello squadrone degli Awacs. Nel centro cittadino tra le 12.45 e
le 13.30: i grandi aerei sorvolano la cittadina anche dieci, dodici volte e
rendono impossibile qualsiasi conversazione nelle case e le strade. Willy
Davids, presidente dell’iniziativa di cittadini contro le immissioni degli
Awacs, ingegnere nell’impresa di famiglia che si occupa di costruzioni di
strade e case, racconta: «Sono stati trasformati dei vecchi Boeing 707. In
nessun aeroporto del mondo potrebbero atterrare con questi motori che hanno
25 anni sulle spalle. Noi non siamo contro la Nato, ma vorremmo
investimenti per nuovi motori meno rumorosi e meno inquinanti». Il gruppo
ha già raccolto e inviato al governo tedesco e al segretario generale della
Nato, 5.500 firme contro l’inquinamento provocato dagli aeri. Finora come
risposta solo promesse. Davids lamenta l’onnipotenza e l’arroganza della
Nato che non deve rispettare gli standard ecologici come tutti gli altri.
«Da lunedì al venerdì di ogni settimana, dagli Usa arriva una flotta
cisterna apposta per rifornire di carburante gli aerei in volo perché non
possono decollare con il serbatoio pieno. Con nuovi motori tutto questo non
sarebbe più necessario. Sopportiamo oltre 60 sorvoli rumorosissimi tutti i
giorni direttamente sopra le nostre teste per otto, nove ore al giorno: è
veramente troppo!». Il sindaco di Geilenkirchen è della Cdu e un vero amico
della base Nato: «Non scriva niente contro di loro. Sono un fattore
economico enorme per la nostra città che guadagna in affitti e nel
commercio. I nostri rapporti sono amichevoli ed eccellenti».

INTEGRAZIONE DEI FIGLI. La città ha effettivamente guadagnato in benessere
e soprattutto in crescita: in pochi anni la sua popolazione è raddoppiata.
La città si impegna per l’integrazione dei figli dei militari stranieri
nelle sue scuole e promuove delle iniziative culturali europee: ogni anno,
un altro dei Paesi Nato della base, si presenta alla popolazione locale.
L’anno scorso era il turno dell’Italia, che ospita a Trapani uno dei
quattro aeroporti collegati allo squadrone Awacs di Geilenkirchen.
E qui, in questa tranquilla cittadina tedesca, si decideranno alcune delle
sorti di un eventuale attacco prossimo all’Iraq. Il governo Schröder, che
con la sua posizione contro la guerra all’Iraq, a settembre aveva vinto le
elezioni al cardiopalma, ora deve attuare delle scelte delicate. Gli Awacs
non possono volare senza i piloti tedeschi, che accanto a quelli americani,
costituiscono il grosso della squadra. Entra in gioco la stessa operatività
militare e strategica degli Usa e della Nato. Solo una rotazione potrebbe
evitare la diretta partecipazione dei piloti tedeschi alla guerra, com’è
già avvenuto in altre circostanze: le squadre di Geilenkirchen vanno a
controllare il territorio degli Usa e quelli americani fanno il lavoro
«sporco» volando da Geilenkirchen in Turchia per permettere la penetrazione
aerea dell’Iraq. Gli Usa hanno già offerto alla Turchia un aiuto
finanziario notevole in cambio dell’uso dei suoi aeroporti e del sorvolo
indisturbato del Paese.
Il dibattito politico sulla posizione della Germania in un futuro conflitto
non condiviso, è acceso e vivace e potrebbe mettere in discussione lo
stesso governo a Berlino. E non basta: da gennaio la Germania fa parte dei
10 Paesi non permanenti nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e da febbraio
assumerà la presidenza di questo organismo che potrebbe diventare
determinante nella decisione su una prossima guerra. Intanto, a
Geilenkirchen, i voli di esercitazione sulle teste della piccola città
stanno aumentando di giorno in giorno.