Legalità (eversione e decadenza)



Legalità (eversione e decadenza)

Grazie a un’assemblea organizzata il 24/05/06 dal PRC di Bologna, si è compreso che è possibile parlare seriamente anche di legalità (ed eversione).

Riporto qui un mio libero resoconto degli interventi dei proff. Gamberini e Rescigno, e infine alcune considerazioni personali su un esempio di vita quotidiana.

Alessandro GAMBERINI, avvocato e docente di Diritto penale dell’Università di Bologna, nel suo intervento ha detto che è sorprendente l’utilizzo della “categoria legalità”. Tale categoria non ha alcuna efficacia selettiva, in quanto è l’insieme delle regole di un ordinamento che costituisce la legalità. Regole di I livello, di II, tutte le regole. Oggi, fra l’altro, si vive in una frammentazione normativa; abbiamo in essere nel contempo il sistema italiano, quello europeo, sentenze della Corte di giustizia, ecc. La legalità risulta quindi una categoria guida o uno strumento impraticabile in quanto non c’è selezione. Tema inesistente, del quale non se ne comprende l’uso. 
“Eversione” invece è un termine che ipervalorizza; dalla fisiologia verso un piano superiore. Stigmatizzazione simbolica; “eversivi” fenomeni e circuito speciale di fine anni ’70, processi, esecuzioni carcerarie, ecc. Con particolare rigore, esemplarità; fenomenologie da reprimere. 
Già due volte la Corte di Cassazione ha svuotato l’iniziativa della magistratura inquirente. E’ un fenomeno da ridimensionare. Non c’è una pretesa ideologica/sistemica, ma come mai c’è qualcuno che ipotizza l’eversione? In nome della pervasività e della esigenza di sicurezza. 
Fra giuristi inquirenti si creano meccanismi di interpretazione “sciatti”. Su una china senza rispetto della legge; meccanismo di uso strumentale della categoria (eversione).Strumento immediato di particolare efficacia per l’ordinanza di cattura, ecc. Molto incisivo inizialmente nell’accusa. Formazione dell’interpretazione che si lega a un meccanismo di consenso politico; legge penale che attira consenso attraverso normative d’ordine. Si tratta di un fenomeno definito come diritto penale “pull”. Sciatto e autoritario che percorre i canali del consenso politico; che viene fuori dai canali ordinari come ad esempio la legge sulla legittima difesa (Lega Nord), attira un’attenzione. Una norma che modifica “senza preoccuparmi di ciò che faccio”. 
Oggi, magistrati che hanno una forma di autoritarismo strisciante. Lega; compulsività; singolo che applica gli strumenti. E’ paradossale che si agiti lo strumento legalità come selettivo.

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Giuseppe Ugo RESCIGNO, docente di Diritto pubblico dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha cominciato il suo intervento ricordando i giorni in cui fu pubblicata la notizia in merito al “documento sulla legalità da discutere e approvare ”. Ma cosa c’entra un Consiglio comunale con la legalità? Già esiste un problema di fonti di legalità costituzionale oggi subordinata al diritto comunitario. Legge del Parlamento subordinata all’UE, ma non si rispetta la complessità del tema “legalità e giudici”, quello “legalità e Amministrazioni locali” è infatti ancora più difficile. I principi di legalità sono punti generici, generali. Da prendere in considerazione ma insieme sempre areato di deduzioni. Opinioni diverse; soluzione che non soddisfa. Ma le sentenze in giudicato riguardano solo un singolo caso. 
Cosa vuol dire? A chi vuol parlare il Consiglio comunale? Non al docente, non al giudice. A chi? Non può andare contro la legge un Consiglio comunale e allora che senso ha un documento? E’ solo una parola d’ordine che viene bene in questo momento. Solo per giustificare i Rumeni da mandar fuori dalle rive del Reno. Sì, è occupazione di suolo pubblico, ma da questo non si può parlare di principio di legalità. Un Sindaco non fa questo. Deve rispondere in termini politici e non di repressione e giuridici. 
Il mondo del diritto è un mondo ideale ma poi la realtà ci smentisce continuamente. Il nostro compito è spiegare il modello. Le regole sono fatte di parole e vanno interpretate. Ragioni di ognuno; civiltà delle ragioni. E poi si decide, perché la legalità è uguale al furto semplice. E’ un reato ma nessuno più lo denuncia per un “verbalino”. Nessuna indagine. Ogni commissario di polizia sa come fare. Tempo e forze limitate. Quali reati superano le soglie? Distribuzione di forze; cose da fare o tralasciare. Valutazione empirica per cui il furto non interessa se non quando c’è un allarme sociale generale. I pubblici ministeri devono fare delle scelte; delle preferenze. Io politico mi preoccupo di quello che è il problema acuto, chiede più poliziotti volta per volta e su questioni specifiche. 
Assurdo, ridicolo, diseducativo, sbagliato.
Problema principale sono i rumeni? Le occupazioni di case? Ci sono anche a Roma. 
I politici si devono occupare di problemi; non di legalità!
Non saprei cosa altro dirvi.                  

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Considerazioni personali  

Bologna, come leggiamo quotidianamente, subisce politiche sociali le cui linee guida sono dettate da Associazioni d’interessi, Comitati vari, Comunità religiose integraliste, Gestori amministratori, ecc. 
Tempo che scorre nella speranza del pensionamento di un Magistrato e del trasferimento di un altro. 
Se ad esempio si prende il caso dell’Associazione commercianti, possiamo ricordare che è quella dalle cui fila proveniva l’ex sindaco Giorgio Guazzaloca. Oggi, assistiamo ad un’Associazione che detta l’agenda, i temi alla città e nel contempo presenta le soluzioni. 
Io – fossi in loro -  mi fermerei a pensare per un po’ di tempo. Visti gli eventi relativi all’ex Presidente nazionale, sig. Billè, che ha confessato il suo comportamento a seguito di un provvedimento giudiziario, consiglierei ai commercianti aderenti di riflettere se portare avanti o chiudere l’ASCOM.  

Qui non si chiede di tornare ai fasti commerciali delle Repubbliche marinare, però non si possono nemmeno indicare soluzioni economiche, politiche e sociali senza essersi dapprima interrogati su se stessi. Avere riflettuto, e quindi argomentato e presentato alla critica della pubblica discussione locale e nazionale il proprio operato. 
Fra eccellenza e decadenza c’è un ampio spazio per la decenza. 
E' una questione di cultura, che come sappiamo non si compra.   

29/5/6 – Leopoldo Bruno