Afghanistan: il caso di Abdul Rahman evidenzia l'urgente necessità di una riforma giudiziaria



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COMUNICATO STAMPA
CS31-2006

AFGHANISTAN: IL CASO DI ABDUL RAHMAN EVIDENZIA L'URGENTE NECESSITA' DI UNA
RIFORMA GIUDIZIARIA

Amnesty International ha chiesto oggi alle autorita' afgane di impegnarsi
urgentemente a intraprendere una riforma giudiziaria e a rispettare gli
standard internazionali nel caso di Abdul Rahman, 41 anni, che rischia
l'esecuzione per la sua conversione dall'Islam al Cristianesimo.

Abdul Rahman e' stato incriminato da una corte di primo grado per essersi
convertito al Cristianesimo oltre 15 anni fa, mentre lavorava a Peshawar
(Pakistan) insieme a un'organizzazione non governativa che assisteva i
rifugiati afgani. A quanto pare, l'accusa proverrebbe da alcuni parenti
dello stesso Abdul Rahman e avrebbe forse origine in uno screzio legato
all'affidamento di minori.

Nell'incriminare Abdul Rahman, la pubblica accusa si e' basata
sull'articolo 130 della Costituzione, che conferisce a tale organo
giudiziario la facolta' di procedere a incriminazioni per presunti reati
su cui non esiste una legge codificata 'secondo la giurisprudenza Hanafi'.
Lo stesso articolo, peraltro, chiede ai tribunali di agire 'nell'ambito
dei limiti della Costituzione' e 'in modo da servire la giustizia nel
miglior modo possibile'.

L'articolo 7 della Costituzione, a sua volta, stabilisce che 'lo Stato
deve rispettare la Carta delle Nazioni Unite, i trattati internazionali e
le convenzioni internazionali che l'Afghanistan ha sottoscritto e la
Dichiarazione universale dei diritti umani'.

In quanto Stato parte del Patto internazionale sui diritti civili e
politici (Iccpr), il governo di Kabul e' vincolato al rispetto
dell'articolo 18 che prevede che 'ogni persona dovra' avere il diritto
alla liberta' di pensiero, coscienza e religione' e che 'tale diritto
dovra' comprendere la liberta' di avere o di adottare una religione o un
credo di propria scelta'. Nel suo Commento generale a questo articolo, il
Comitato sui diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato che 'la
liberta' di avere o adottare una religione o un credo comporta
necessariamente la liberta' di scegliere una religione o un credo e
comprende il diritto di cambiare religione o credo o di adottare una
visione atea, cosi' come quello di mantenere la propria religione o
credo'. Il Comitato ha inoltre aggiunto che 'le minacce fisiche o le
sanzioni penali per costringere un credente o un non credente ad aderire a
una fede religiosa, a cessare di credere in una religione o a convertirsi'
sono proibite.

Amnesty International ritiene che, affinche' si possa 'servire la
giustizia nel miglior modo possibile' (come richiesto dall'articolo 130
della Costituzione afgana), le autorita' debbano assicurare che gli
standard internazionali di giustizia, comprese le norme sui diritti umani,
abbiano un rilievo di primo piano, come del resto viene garantito
dall'articolo 7 della Costituzione.

Se Abdul Rahman e' stato incriminato solo sulla base del suo credo
religioso, Amnesty International lo considerera' prigioniero di coscienza
e chiedera' il suo immediato e incondizionato rilascio. Le accuse nei suoi
confronti dovranno essere ritirate e gli dovra' essere fornita protezione
nei confronti di eventuali rappresaglie provenienti dalla sua comunita' di
appartenenza.

La pena di morte e' una punizione estrema, crudele, inumana e degradante,
cui Amnesty International si oppone incondizionatamente in tutti i casi.
Le condanne a morte inflitte dai tribunali di primo grado devono essere
riesaminate da un tribunale di grado superiore e poi sottoposte al
presidente Karzai, prima di essere eventualmente eseguite.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 22 marzo 2006

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Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it




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