BRUCIATO




Era cominciato quest' estate il gioco romano dei roghi alle auto e poi... le banlieus francesi e poi i consolati, le ambasciate, ora come un lontano 8 marzo in America, ora come in anni vicini, tristemente si ripete il rogo di lavoratrici, schiavi bruciati in Bangladesh. Un odore acre di bruciato. Non ho letto giornali negli ultimi giorni, mi sono presa una vacanza in Puglia, a Molfetta, dove la vita sembra scorrere con ritmi più umani. Rientro a Roma, dove nessuno si accorge che sei partita, dove alla stazione non incroci subito gli occhi di chi ti aspetta, dove ritrovi tutta integra la paura di essere schiacciata nel delirio della città eterna, dove colonne giganti e rutilanti mostrano, come osceni tatzebao, il volto di chi ti invita il 9 aprile alla festa della menzogna, a chi arriva, passa parte e ritorna. E' piovuto in questi giorni al nord e al sud, sono ormai nubifragi che si abbattono sui serpenti di cemento che invitano le frane e non spengono gli incendi, ho visto sempre più cani randagi nelle periferie delle metropoli e stranieri e straniati. Gira l'eroina a consolare, bruciano rifiuti negli inceneritori, bruciano speranze e sogni. Si bruciano le tappe nella conclusione degli affari, nella distruzione della Costituzione, nel riciclo della memoria. Continua ad ardere la fiaccola oplimpica, il fuoco all'altare della Patria, i fuochi delle puttane, di chi si deve scaldare nelle baracche perchè l'inverno sembra non finire mai. Era poco più di un mese fa che al mio paese nel viterbese, in una piazzetta del centro storico, si era fatta come sempre una pira e mentre si mangiavano salsicce, in una gabbia giaceva un maiale e ognuno comprava un biglietto, azzardando il suo peso, per poi vincere il maiale stesso. Sembrò una gran puzza per i residenti musulmani, una gran festa per i nativi che bevevano vino...peccato che quel centro antico è abbandonato, quella storia del maiale, delle processioni, delle feste è annegata nel rogo simbolico della dimenticanza... Io rientro a Roma dove la puzza di bruciato ti nausea, è lontana-è vicina. Leggo del manifesto-appello di Pera e viene voglia di bruciarlo, come i quintali delle apologie stampate, grondanti dai muri. Arde il fuoco dell'indifferenza, spento quando diventa conflitto, acceso quando è reato: la nostra civile passione, quella che ci fa bollire il sangue si trasforma per incanto in cinico- furbo- azzurro polverone mediatico. Cenere. Noi donne abbiamo consentito che l'8 marzo sia chiamato festa e non protesta la memoria dei corpi bruciati, noi tutti sembriamo diventati anime ignifughe, memorie bruciate. Noi, che viviamo sulle spalle di chi brucia, non troviamo la ragione e la misura, continuiamo a banchettare su questa terra che fuma di roghi sempre più tragici, da dimenticare subito come le notizie del giornale.

Doriana Goracci

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