da non perdere



Giovedi 22 settembre alle ore 21 Rai 1 trasmetterà la fiction "il giro di
boa" ambientato sui fatti di Genova. Tutto questo ha fatto scatenare un
polemica con la richiesta della non messa in onda da parte dei vari
fascisti in camicia nera, doppio petto e in divisa. Invitiamo tutti a
seguire la fiction. Vi riportiamo un articolo di Lorenzo Guadagnucci
giornalista del Resto de Carlino massacrato di botte nella scuola diaz.

IL MOVIMENTO NON DIMENTICA.... CARLO VIVE!!!!!!!!!!

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Montalbani e Degennari

In Italia un unico poliziotto importante ha avuto il coraggio di esprimere
la propria rabbia e vergogna per quanto accaduto durante il G8 di Genova:
peccato che questo poliziotto esista solo nella finzione letteraria di
Andrea Camilleri. La sua creatura - il commissario Montalbano - all'inizio
del romanzo "Il giro di boa" (uscito nel 2003) s'infuria quando sente in
televisione la notizia che la magistratura ha smascherato i protagonisti
del blitz alla Diaz, scoprendo che le due bombe molotov, usate come "prova"
per arrestare 93 persone dopo averle pestate, erano state portate dentro la
scuola da alcuni agenti. Montalbano s'indigna, non sopporta che fra i
responsabili del blitz alla Diaz ci siano dirigenti di primo piano della
polizia di stato: l'onta è tale che il commissario pensa di dimettersi e
cercare un nuovo lavoro.
Montalbano a dire il vero resterà in polizia, ma la sua "ribellione" è
quella di un "uomo dello Stato" ferito nel profondo. Le poche pagine del
"Giro di boa" dedicate al G8 andrebbero inviate a tutti i dirigenti della
polizia di Stato che in questi anni, dal 2001 in poi, hanno taciuto sugli
abusi compiuti a Genova. Andrebbero indirizzate, in particolare, a quei
dirigenti imputati nei processi che riprenderanno a metà ottobre e che nel
frattempo hanno ottenuto promozioni anziché censure e sospensioni
dall'incarico in attesa del giudizio, come dovrebbe avvenire in una
democrazia normale.
Se "Il giro di boa" avesse una nuova edizione, il povero Montalbano
dovrebbe constatare che molti degli "eroi della Diaz" sono stati premiati.
Due casi sono recentissimi: il dottor Francesco Gratteri è da poche
settimane questore di Bari, una delle città più delicate d'Italia per la
gestione dell'ordine pubblico, mentre il dottor Vincenzo Canterini non ha
ricevuto un incarico operativo, ma ha ottenuto il grado di questore. Un
altro "eroe" del G8, quell'Alessandro Perugini ripreso da una telecamera
mentre scalciava un ragazzino appena arrestato senza motivo e pestato a
sangue, è divenuto vice questore. Tutti e tre avranno un bel daffare a
partire dal prossimo 12 ottobre, visto che dovranno conciliare i rispettivi
impegni professionali con le due udienze settimanali dei processi che li
riguardano (Perugini è imputato anche per le vicende della caserma-lager di
Bolzaneto).
Se Camilleri un giorno ci darà una versione aggiornata del romanzo, dovrà
dedicare almeno un paragrafo anche alla tragicommedia di questi giorni
sulla messa in onda, da parte della Rai, del film ricavato da "Il giro di
boa". Servirà tutta la maestria dello scrittore per realizzare
un'operazione di "fiction nella fiction", ma ne varrà la pena, perché sarà
l'occasione per mettere a nudo le miserie morali del nostro paese. Ha
creato scandalo nella destra e il solito imbarazzato silenzio in gran parte
del centrosinistra il fatto che si mostri in tv la crisi di coscienza del
commissario Montalbano, il poliziotto più amato dagli italiani. Un
parlamentare della destra, nel denunciare l'inopportunità del film, è
arrivato a invocare la "delicata situazione" interna e internazionale in
materia di sicurezza! Il prestigio delle forze dell'ordine - pare di capire
- sarebbe leso dal film, e non dalla condotta di alcuni agenti e dirigenti
durante e dopo il G8. E' il mondo alla rovescia: si tace (a volte
addirittura si applaude) quando si premiano i poliziotti imputati, e si
protesta se qualcuno che non esiste (il nostro Montalbano) pensa di fare
intuire ai cittadini che non è affatto normale adattarsi all'idea che la
polizia di Stato possa picchiare e arrestare senza motivo, oltre a
costruire prove false per depistare la magistratura.
Il punto è che l'argomento polizia in Italia è quasi un tabù. Non si può
dire che si sta accettando la presenza in posti chiave di personaggi
gravemente compromessi nella loro credibilità personale; che si lanciano
messaggi di ostilità ai tanti Montalbano costretti a soffocare le loro
coscienze ferite; che lo Stato sta sostenendo una sorta di "impunità
preventiva" rispetto ai processi in corso a Genova. Non si può dire che
oggi c'è bisogno urgente di mettere in cantiere una nuova riforma
democratica delle forze di polizia, di tutte le forze di polizia, inclusi
carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria. La prevenzione, la
trasparenza, l'apertura alla società civile, la lotta al corporativismo -
ossia gli architravi della vecchia riforma dell'81 - non hanno più diritto
di cittadinanza all'interno delle nostre forze dell'ordine.
Nei giorni scorsi quando Gigi Malabarba, uno dei pochi parlamentari che
hanno a cuore i rapporti fra democrazia e apparati di sicurezza, ha osato
criticare il capo della polizia Gianni De Gennaro e le promozioni di
Canterini e Perugini, avvenute oltretutto a scapito di altri funzionari
probabilmente più meritevoli, alcuni sindacati di polizia hanno reagito con
veemenza rivelatrice. "Con le promozioni non viene meno un principio di
responsabilità [...] Se dovesse prevalere la tesi che basterebbe una
semplice incriminazione per togliere dal circuito investigativo validissimi
funzionari, si farebbe un grande regalo alla criminalità organizzata":
parole di Filippo Saltamartini, segretario del Sap (secondo sindacato per
numero di iscritti). "In un paese di diritto nessuno può essere condannato
sulla base del sospetto, neanche un funzionario di polizia, che ha diritto
alla sua dignità e al suo lavoro come ogni altro cittadino di questo
paese": Oronzo Cosi, segretario del Siulp (primo sindacato per numero di
iscritti). "E' un comportamento irresponsabile di un uomo dello Stato (il
senatore Malabarba, ndr) che dimostra di non conoscere il passato
professionale del capo della polizia, un uomo, un poliziotto che gode della
stima incondizionata dell'istituzione che dirige e degli uomini e delle
donne della polizia di stato": Giuseppe Tiani, segretario del Siap (un
sindacato "minore"). Il Silp-Cgil ha brillato per il suo silenzio.
Nell'insieme queste posizioni rivelano tre cose. Uno: il totale
allineamento dei sindacati sulle posizioni opache e corporative del
prefetto De Gennaro. Due: la grave e strumentale confusione fra presunzione
d'innocenza e opportunità politico-morale a ricoprire certi incarichi in
un'istituzione che deve garantire lealtà, credibilità, rispetto delle
leggi, spirito di servizio più di ogni altra, in quanto autorizzata ad
usare la violenza in modo legale. Tre: il drammatico distacco che separa le
forze di polizia dalla cittadinanza.
C'è poi un quarto punto: l'incapacità degli organismi istituzionali, a
cominciare dal parlamento, a garantire trasparenza e "controllo" su forze
di polizia che sembrano sempre più slegate dai vincoli tipici delle
democrazie avanzate.


Lorenzo Guadagnucci

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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA