Marcia per la Pace Perugia-Assisi





 11 settembre 2005
 Marcia Perugia-Assisi
 per la giustizia e la pace

 Mettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l'Onu.
 Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

 APPELLO

 Dal 14 al 16 settembre 2005 i Capi di stato di tutto il mondo si riuniranno
a New York per decidere, a cinque anni dalla Dichiarazione del Millennio,
quali nuovi impegni assumersi per migliorare la vita nel pianeta, lottare
contro la povertà, promuovere la pace e la sicurezza, difendere i diritti
umani e l'ambiente, riformare l'Onu. Un'agenda troppo importante per essere
lasciata nelle mani degli stessi governi che, in buona misura, sono
responsabili delle drammatiche condizioni in cui versa l'umanità e della
grave crisi delle Nazioni Unite. Per questo invitiamo tutti, ragazze e
ragazzi, donne e uomini, movimenti e organizzazioni della società civile,
Comuni, Province e Regioni a partecipare alla Marcia Perugia-Assisi per la
giustizia e la pace che si svolgerà domenica 11 settembre. Ancora una volta
hanno promesso e non hanno mantenuto gli impegni. Non restiamo in silenzio!
Potevano salvare la vita di centinaia di milioni di persone. Costringiamoli
a farlo ora!

 Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia
bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell'impegno
mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la
miseria e la guerra. Riprendiamoci l'Onu. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

 * * *

 Il mondo è sempre più affamato, disperato, violento e violentato. Crescono
la miseria, le malattie, le disuguaglianze e l'ingiustizia che le alimenta.
Crescono lo sfruttamento e la spoliazione dei paesi ricchi a danno di quelli
più poveri. Cresce il degrado ambientale e la competizione per le risorse
naturali. Insieme con la globalizzazione cresce la criminalità
internazionale. Crescono l'illegalità e l'impunità. Crescono anche i
traffici di droga, di rifiuti tossici, di esseri umani, di armi leggere e
pesanti. La guerra, l'uso della forza militare è tornata al centro delle
relazioni internazionali. Sebbene in tutto il mondo si stia affermando
l'idea della sicurezza umana, continuano ad imporsi dottrine militariste di
sicurezza nazionale. E' ricominciata la corsa al riarmo e con essa sono in
continuo rialzo le spese militari. Si moltiplicano gli atti di terrorismo
seminando angoscia e disperazione. Allo stesso tempo la cosiddetta "guerra
al terrorismo" produce nuovi conflitti, orrori e violazioni dei diritti
umani. I signori della guerra e del terrorismo hanno trasformato
l'informazione in un campo di battaglia: per imporre la propria agenda e la
propria volontà usano la menzogna, la deformazione della realtà, lo
stravolgimento dei fatti e della verità. La lotta al terrorismo sta
spostando l'attenzione e le risorse del mondo dalle principali cause
d'instabilità come la povertà, le malattie infettive, il degrado
dell'ambiente e la crisi delle risorse naturali.

 Ci sarebbe bisogno dell'Onu ma l'Onu è sotto attacco, sempre più
indebolita, delegittimata e marginalizzata. I suoi poteri, le sue risorse e
le sue funzioni sono stati drammaticamente ridotti. L'unilateralismo dei più
forti e un'incontrollata globalizzazione stanno mettendo da parte la sola
"casa comune" dell'umanità. Allo stesso tempo importanti decisioni politiche
ed economiche continuano ad essere assunte in sedi e istituzioni
internazionali prive dei necessari principi, valori, legittimazione e
controllo democratico. Spesso i governi che controllano e gestiscono l'Onu
non mantengono nemmeno gli impegni politici ed economici che hanno
volontariamente sottoscritto (come sta avvenendo con gli Obiettivi di
Sviluppo del Millennio); violano i diritti umani e gli stessi principi di
legalità e di democrazia internazionale che proclamano nei loro discorsi e
nelle loro risoluzioni; procedono nella gestione degli affari internazionali
senza tener in alcun conto le proposte che la società civile mondiale
continua ad avanzare. Alcuni, addirittura, stanno palesemente tentando di
imporre all'Onu la dottrina della guerra preventiva.

 Milioni di persone e migliaia di organizzazioni della società civile ed
enti locali sono impegnati in tutto il mondo per denunciare, arrestare e
invertire questi processi. Nonostante la sordità e l'opposizione di molti
governi e poteri economici, le loro lotte e il loro costante lavoro
quotidiano stanno costruendo un argine al disordine internazionale,
favorendo l'incontro di civiltà, gettando le basi di una nuova cittadinanza
planetaria, promuovendo un'economia di giustizia e la democrazia, difendendo
i diritti umani, i beni comuni e l'ambiente.

 Insieme a loro, domenica 11 settembre 2005, rinnoviamo il nostro impegno
concreto per la giustizia e la pace, per costruire un nuovo mondo più
giusto, pacifico e democratico per tutti. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

 * * *

 Mettiamo al bando la miseria.
 Non ci sono più scuse. La miseria non è un fenomeno naturale ma la più
crudele delle ingiustizie. Essa cresce in un\'economia organizzata per il
profitto di pochi anziché per il benessere di tutti, che mette il mercato al
di sopra delle persone e che privilegia la competizione selvaggia anziché la
cooperazione, i profitti resi possibili dalle disparità anzichè la riduzione
di esse; le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la
produzione; la crescita quantitativa dell\'economia anzichè la qualità e la
distribuzione dei beni e dei servizi; lo sfruttamento della natura e
dell\'ambiente anziché la loro protezione. I poveri sono la maggioranza
sulla terra e la miseria li uccide ad ogni istante, anche quando le pistole
sono silenziose. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce a
tutti il diritto ad un tenore di vita dignitoso; il diritto al cibo, al
vestiario, alla salute, alle cure mediche, all'abitazione, all'istruzione,
al lavoro. La miseria è la più grande ed estesa violazione dei diritti
umani. Per questo deve essere messa al bando. Sradicare la miseria è
possibile e deve essere il primo impegno di tutti i politici e di tutte le
istituzioni. Le risorse e le conoscenze per farlo non mancano. Raggiungere
gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio non è un optional: é il minimo che
si possa fare per cominciare a ripagare il nostro debito di giustizia con il
mondo e per mettere un freno alla crescente instabilità internazionale.
Nessun esercito, nessun muro, nessun fossato potranno garantire la nostra
sicurezza se, intorno a noi, continueremo a lasciar crescere miseria e
disperazione. Sempre più la nostra pace e la nostra sicurezza dipendono non
dai nostri muscoli o dal nostro buon cuore, ma dal nostro impegno per la
giustizia, per la rimozione delle cause e delle istituzioni
dell'ingiustizia.


 Mettiamo al bando la guerra.
 La guerra è proibita dalla Carta delle Nazioni Unite, dal diritto
internazionale, dalla morale e, alla luce della storia drammatica degli
ultimi anni, anche da un sano realismo. La guerra non ha senso perché è
ormai chiaro che anche una guerra vinta non chiude il conflitto che voleva
risolvere: lo riapre in forme ogni volta più terribili. Nessuna delle guerre
intraprese dalla fine della guerra fredda, con le più diverse motivazioni,
può dirsi conclusa. La puoi chiamare come vuoi, giusta, umanitaria,
preventiva, inevitabile: il risultato non cambia. La guerra non risolve i
problemi: li complica. La difesa dei diritti umani, delle persone e dei
popoli, che ci viene fatto obbligo di esercitare richiede ben altri
strumenti, tempi e modalità. Nessuno può permettersi di usarla
strumentalmente per i propri interessi. Se è vero che la libertà e la
giustizia non si conquistano con il terrorismo è altrettanto vero che il
terrorismo non si vince con le bombe. Per questo, insieme ai familiari delle
vittime dell'11 settembre, denunciamo l'assurda pretesa di chi afferma di
voler fermare la violenza con altra violenza. La guerra è una risposta
sbagliata, inefficace, illegale, pericolosa e va messa al bando. Gridiamolo
insieme: mai più guerra, mai più terrorismo, mai più violenza.


 Riprendiamoci l'Onu.
 Il futuro dell'Onu ci riguarda tutti. Non ci sono diritti umani senza
istituzioni internazionali, democratiche e indipendenti, capaci di farli
rispettare. L\'Onu è malandata ma se non ci fosse dovremmo inventarla. I
responsabili della sua profonda crisi portano i nomi e i cognomi dei governi
che la controllano. L'Onu di cui abbiamo bisogno deve essere più forte e più
democratica, trasparente e partecipata, aperta alla collaborazione
permanente con la società civile mondiale, con gli Enti Locali e con i
Parlamenti, capace di prevenire lo scoppio di nuovi conflitti armati e di
promuovere il disarmo, impegnata a difendere il diritto internazionale dei
diritti umani e a mettere al bando la guerra, decisa a riconquistare una
centralità politica nel campo sociale, ambientale ed economico (i tre
pilastri fondanti del concetto di sviluppo sostenibile), impegnata, insomma,
a promuovere davvero "tutti i diritti umani per tutti". A sessant'anni dalla
sua fondazione, dopo oltre quindici anni di dibattiti, gruppi di lavoro,
comitati di saggi, rapporti e raccomandazioni è necessario riconoscere che
nessuna riforma positiva delle Nazioni Unite sarà possibile senza una forte
pressione della società civile mondiale. Il 2005 deve essere l'anno in cui
prende avvio una grande mobilitazione per salvare, democratizzare e
rafforzare le Nazioni Unite e, più in generale, per costruire un nuovo
ordine mondiale pacifico, giusto e democratico. La convocazione di una
"Convenzione universale per la democratizzazione e il rafforzamento delle
Nazioni Unite" può essere il primo obiettivo concreto. Riprendiamoci l'Onu.
E' nostra. E' dei popoli. Di tutti i popoli.

 * * *

 Ripartiamo dall'Italia.
 L'Italia occupa un posto importante nel mondo. In nome dei propri valori,
della propria Costituzione, della vocazione europea che condivide, della
cultura che custodisce, della società civile che la arricchisce potrebbe
fare cose importanti per sé e per tanta parte dell'umanità. E invece, da
tempo, il nostro paese è diventato un problema per il mondo. E la sua
credibilità internazionale è al minimo storico. E' scandaloso che l'Italia,
a causa dei continui tagli dei fondi alla cooperazione internazionale, sia
scivolata all'ultimo posto nella classifica dei paesi donatori in Europa e
in occidente. Altrettanto scandaloso è il modo in cui i pochi fondi
disponibili vengono gestiti, la mancata cancellazione del debito dei paesi
impoveriti, l'adesione del governo italiano alla dottrina della guerra
preventiva, la ripetuta violazione della Costituzione e del suo articolo 11,
gli ostacoli frapposti alla costruzione di una politica europea di pace, il
continuo aumento delle spese militari, il duro colpo inferto alla legge per
il controllo del commercio delle armi, il grave atteggiamento assunto nei
confronti dei rifugiati e degli immigrati,. Tutto ciò è ancora più
insopportabile se si considera che la grande maggioranza degli italiani ha
dato continua e chiara dimostrazione di avere tutt'altri principi e
orientamenti sulla lotta alla miseria, sulla guerra, sulla cooperazione, la
giustizia e la democrazia internazionale.

 Un cambiamento radicale è necessario e urgente. Alcuni paesi europei hanno
già cambiato direzione. Perché non deve farlo l'Italia? Le conseguenze delle
crescenti disuguaglianze e tensioni internazionali non risparmiano il nostro
paese. Quello che non investiamo oggi nella prevenzione e nella giustizia
pagheremo cento volte in più domani per fronteggiare insicurezza e
instabilità.

 Per questo, domenica 11 settembre, alla vigilia del vertice delle Nazioni
Unite, in occasione della giornata mondiale di mobilitazione contro la
povertà, la guerra e l'unilateralismo lanciata dal Forum Sociale Mondiale di
Porto Alegre, insieme a milioni di cittadini di tutto il mondo aderenti
all'Appello mondiale all'azione contro la povertà, noi marceremo da Perugia
ad Assisi per chiedere, ancora una volta, al Governo, al Parlamento e a
tutti i responsabili della politica italiana di:

 1. attuare, senza ulteriori scuse, gli impegni assunti per sradicare la
povertà, costruire un'economia di giustizia e raggiungere, entro i tempi
stabiliti, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, con politiche e misure
sostenibili, coerenti, trasparenti e rispettose dei diritti umani che vedano
il pieno coinvolgimento degli Enti Locali e della società civile;

 2. promuovere un commercio più equo modificando radicalmente la politica
europea dei sussidi per l'agricoltura, assicurando il diritto alla sovranità
alimentare dei popoli, riconoscendo il legame tra produttori e territorio,
assicurando ai produttori dei paesi più poveri l'accesso ai nostri mercati,
condividendo i frutti della conoscenza globale, promuovendo l'occupazione, i
diritti fondamentali dei lavoratori, la difesa dell'ambiente e il
trasferimento delle tecnologie sostenibili ai paesi poveri;

 3. cancellare senza ulteriori inganni il debito estero dei paesi
impoveriti, applicando per intero la legge 209 del 2000, e rivedere il
sistema di concessione dei crediti che genera processi insostenibili di
indebitamento;

 4. aumentare fino allo 0,7% del PIL le risorse destinate alla cooperazione
internazionale, al netto delle operazioni di cancellazione del debito,
fissando un piano pluriennale rapido, chiaro ed efficace, senza imporre ai
paesi beneficiari  di comprare il "made in Italy";

 5. definire, insieme alla società civile e agli Enti Locali, una nuova
legge per una seria politica italiana di cooperazione allo sviluppo
efficace, partecipata e coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile
democratico;

 6. ritirare le nostre Forze armate dall'Iraq e da tutte le missioni
militari realizzate in violazione dell'articolo 11 della nostra Costituzione
e della Carta dell'Onu, ridurre le spese militari e il commercio delle armi,
promuovere il disarmo e la riconversione dell'industria bellica utilizzando
le risorse economiche risparmiate nella lotta alla miseria e al
perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio;

 7. costruire un'Europa di pace, autonoma e indipendente, determinata a
costruire un mondo più giusto, pacifico e democratico, decisa a combattere
la povertà promuovendo un'economia di giustizia, a ripudiare la guerra e a
contrastare ogni piano di "guerra infinita", di "scontro di civiltà" o di
terrorismo per costruire nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Medio Oriente
una comunità di pace, a saldare il suo debito storico con l'Africa e i suoi
popoli;

 8. salvare, democratizzare e rivitalizzare l'Onu restituendogli la
centralità che deve avere nel sistema multilaterale, promuovendo una
Convenzione Universale sul futuro dell'Onu, aprendo le sue porte alla
società civile organizzata, in tutte le sue diverse espressioni, agli Enti
Locali e ai Parlamenti e assicurandogli i poteri e le risorse necessarie
per: prevenire le guerre e risolvere pacificamente i conflitti aperti;
difendere e promuovere tutti i diritti umani per tutti e dare efficacia alla
giustizia penale internazionale; intervenire adeguatamente sui problemi
dell'ambiente, dell'economia mondiale (beni pubblici globali, finanza,
commercio, debito,.) e promuovere regole e istituzioni internazionali più
giuste, democratiche e trasparenti; promuovere il disarmo generalizzato e la
messa al bando di tutte le armi di distruzione di massa;

 9. promuovere il cambiamento radicale del Fondo Monetario Internazionale,
della Banca Mondiale, dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e delle
altre istituzioni associate e il loro inserimento nel sistema delle Nazioni
Unite in modo da assicurare il rispetto dei diritti umani, del diritto
internazionale, dei principi e degli obiettivi dell'Onu;

 10. promuovere una più corretta e ampia informazione pubblica sui grandi
problemi del nostro tempo e sulle possibili soluzioni, sugli obiettivi di
sviluppo del Millennio, per sviluppare l'educazione permanente alla pace e
ai diritti umani attivando in particolare le risorse, gli spazi e le
competenze del servizio pubblico radiotelevisivo.

 La Marcia Perugia-Assisi dell'11 settembre vuole ricordare ai governi e ai
potenti della terra che la stagione delle promesse è finita. Questo è il
tempo delle azioni. Non attuarle è da irresponsabili. La sesta Assemblea
dell'Onu dei Popoli e la seconda Assemblea dell'Onu dei Giovani, convocate
rispettivamente a Perugia e a Terni dall'8 al 10 settembre prima della
Marcia, contribuiranno a rafforzare l'impegno diretto della società civile e
degli Enti Locali. Non possiamo restare alla finestra. Non possiamo evitare
le nostre responsabilità. Non ci possiamo permettere un altro fallimento.

 Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia
bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell'impegno
mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la
miseria e la guerra. Riprendiamoci l'Onu. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.

 Perugia, 2 luglio 2005

 Per adesioni e informazioni:
 Tavola della Pace
 via della viola 1 (06100) Perugia
 Tel. 075/5736890 - fax 075/5739337 - email 11settembre at perlapace.it
 www.tavoladellapace.it