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Rapporto Amnesty: L'Italia deporta gli stranieri e si arricchisce con le armi

Deportazioni forzate ed esportazioni di armi da guerra: queste le colpe più
gravi di cui si è macchiato il nostro paese nel 2004 secondo l'ultimo
«Rapporto sullo stato dei diritti umani nel pianeta» presentato da Amnesty
International. In particolare secondo Amnesty, l'Italia procede a
«deportazioni verso l'Egitto e la Libia di centinaia di stranieri arrivati
nella penisola via mare» e «aumenta del 16% (1.5 miliardi di euro) le
autorizzazioni alle esportazioni di armi da guerra anche con paesi che sono
in conflitto tra loro come India e Pakistan».


Ma se deportazioni e commercio di armi sono le colpe più gravi, non sono le
uniche. Secondo l’organizzazione internazionale che si occupa di diritti
umani nel mondo il Bel Paese infatti è ancora indietro nella lotta alla
tortura e non ha provveduto all'attuazione dello Statuto di Roma della
Corte Penale Internazionale ratificato nel 1999. «Nel corso del 2004 e nei
primi cinque mesi del 2005, il governo e il parlamento italiani non hanno
fatto alcun passo in avanti nella lotta contro la tortura» così come il
governo non ha ancora presentato un disegno di legge per l'attuazione dello
Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale ratificato nel 1999.
«Nonostante - rileva Amnesty - la Commissione Conforti, istituita nel 2002
dal ministro della Giustizia per affrontare il problema dell'attuazione -
abbia finito i suoi lavori».

«Il parlamento italiano - prosegue l'organizzazione internazionale per la
tutela dei diritti umani mettendo il dito in un vecchia piaga - non ha
ancora approvato i progetti di legge di modifica dell'articolo 27 della
Costituzione, che lascia ipoteticamente lo spazio per una reintroduzione
della pena capitale mediante legge ordinaria, seppure limitatamente alle
leggi militari di guerra». «Il testo unificato è fermo al Senato e non
viene discusso dal luglio 2003», ricorda Amnesty.

Nel capitolo dedicato all'Italia Amnesty denuncia innanzitutto il
persistere di un «quadro legislativo insufficiente sul diritto d'asilo»
associato allo stallo del progetto di legge per l'introduzione di una
normativa organica sui rifugiati, ancora fermo alla Camera. Quindi, rinnova
«le preoccupazioni condivise con l'Unhcr sulla tutela legale,
l'identificazione, il trattenimento e le procedure d'asilo sollevate nel
giugno 2004 quando il governo italiano ha rinviato 36 dei 37 cittadini
stranieri approdati nel paese dopo essere stati salvati in mare dalla nave
Cap Anamur».

E ancora. L'organizzazione punta poi l'indice contro «i respingimenti
collettivi» verso la Libia e l'Egitto di centinaia di cittadini stranieri
«avvenuti in violazione delle principali convenzioni in materia di diritti
umani e dei rifugiati» nei mesi di ottobre e dicembre 2004 e marzo e aprile
2005. «Il governo italiano - sottolinea Amnesty - non ha illustrato il
testo né fornito maggiori dettagli sulla natura giuridica e sul contenuto
degli accordi di cooperazione con la Libia avviati dal 2000».
Inoltre - denuncia ancora - «il ministro dell'intero Beppe Pisanu non ha
risposto alla lettera di Amnesty che il 15 marzo 2005 chiedeva l'accesso
dei ricercatori dell'organizzazione nei centri per stranieri in Italia».

Rispetto al commercio di armi, l'organizzazione rileva che in seguito alle
pressioni della stessa Amnesty e della Rete Italia disarmo, nel maggio
2005, il Parlamento per la prima volta ha iniziato l'esame della Relazione
annuale della presidenza del Consiglio sul commercio di armi, in
applicazione delle legge 185 del 1990. Secondo quanto riportato dalla
Relazione, «l'Italia nel 2004 ha aumentato del 16% (1,5 miliardi di euro)
le autorizzazioni alle esportazioni di armi da guerra e nella lista dei
beneficiari permangono paesi in cui le violazioni dei diritti umani sono
ancora diffuse (come Malaysia, Turchia e Cina) e che sono in conflitto tra
loro (come India e Pakistan). Dalla lettura della Relazione e dal dibattito
politico emergerebbe - nota Amnesty - la volontà del Governo di modificare
la legge 185 del 1990, non è chiaro con quali obiettivi, e di rendere meno
trasparenti le informazioni comunicate al Parlamento, per esempio quelle
sulle transazioni bancarie. Permane, però, il problema della mancanza di
analoga relazione sul commerci di armi leggere.
Altro elemento di preoccupazione per Amnesty è costituito dagli accordi
bilaterali per la cooperazione nel settore della difesa, che «sembrano
rientrare in una strategia di svuotamento della legge 185 del 1990 e di non
applicazione del Codice di condotta europeo, creando regimi privilegiati e
poco trasparenti con paesi verso i quali la politica estera italiana
dovrebbe essere invece particolarmente cauta». Il 3 maggio 2005 il
Parlamento - documenta Amnesty - ha approvato gli accordi con Algeria,
Israele e Kuwait mentre sono in discussione quelli con India, Serbia e
Cina. Nel dicembre 2004 - ricorda ancora - il ministro degli esteri e il
presidente della Repubblica avevano sostenuto la necessità di rimuovere
l'embargo dell'Ue alle esportazioni di armi verso la Cina. A fine marzo
2005, deputati di diversi gruppi parlamentari hanno sollecitato una
risposta del governo su come intenda conciliare la tutela dei diritti umani
con la revoca dell'embargo. Riguardo infine alla proposta di un trattato
internazionale sulle armi, fino ad oggi -constata Amnesty - il Governo
italiano non ha manifestato alcun sostegno.


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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA