Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace



    Ecco il Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale della
Pace, che avrà luogo il 1º gennaio 2005, che ha come tema: "Non lasciarti
vincere dal male, ma vinci con il bene il male".
    E' un messaggio che va letto con attenzione perchè ricco di contenuti e
temi; mi permetto di sottolinearle due:
    1) il rifiuto della violenza, di ogni violenza, al male non si risponde
col male;
    2) il problema dei divari fra Nord e Sud del mondo, in particolare il
dramma del continente africano.
    Buona lettura e un buon 2005 di Pace!
    Marco Calandrino

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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2005

NON LASCIARTI VINCERE DAL MALE MA VINCI CON IL BENE IL MALE

1. All'inizio del nuovo anno, torno a rivolgere la mia parola ai
responsabili delle Nazioni ed a tutti gli uomini e le donne di buona
volontà, che avvertono quanto necessario sia costruire la pace nel mondo.
Ho scelto come tema per la Giornata Mondiale della Pace 2005 l'esortazione
di san Paolo nella Lettera ai Romani: « Non lasciarti vincere dal male, ma
vinci con il bene il male » (12,21). Il male non si sconfigge con il male:
su quella strada, infatti, anziché vincere il male, ci si fa vincere dal
male.

La prospettiva delineata dal grande Apostolo pone in evidenza una verità di
fondo: la pace è il risultato di una lunga ed impegnativa battaglia, vinta
quando il male è sconfitto con il bene. Di fronte ai drammatici scenari di
violenti scontri fratricidi, in atto in varie parti del mondo, dinanzi alle
inenarrabili sofferenze ed ingiustizie che ne scaturiscono, l'unica scelta
veramente costruttiva è di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al
bene (cfr Rm 12,9), come suggerisce ancora san Paolo.

La pace è un bene da promuovere con il bene: essa è un bene per le persone,
per le famiglie, per le Nazioni della terra e per l'intera umanità; è però
un bene da custodire e coltivare mediante scelte e opere di bene. Si
comprende allora la profonda verità di un'altra massima di Paolo: « Non
rendete a nessuno male per male » (Rm 12,17). L'unico modo per uscire dal
circolo vizioso del male per il male è quello di accogliere la parola
dell'Apostolo: « Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il
male » (Rm 12,21).

Il male, il bene e l'amore

2. Fin dalle origini, l'umanità ha conosciuto la tragica esperienza del male
e ha cercato di coglierne le radici e spiegarne le cause. Il male non è una
forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e
impersonali. Il male passa attraverso la libertà umana. Proprio questa
facoltà, che distingue l'uomo dagli altri viventi sulla terra, sta al centro
del dramma del male e ad esso costantemente si accompagna. Il male ha sempre
un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che liberamente
lo scelgono. La Sacra Scrittura insegna che, agli inizi della storia, Adamo
ed Eva si ribellarono a Dio e Abele fu ucciso dal fratello Caino (cfr Gn
3-4). Furono le prime scelte sbagliate, a cui ne seguirono innumerevoli
altre nel corso dei secoli. Ciascuna di esse porta in sé un'essenziale
connotazione morale, che implica precise responsabilità da parte del
soggetto e chiama in causa le relazioni fondamentali della persona con Dio,
con le altre persone e con il creato.

A cercarne le componenti profonde, il male è, in definitiva, un tragico
sottrarsi alle esigenze dell'amore.(1) Il bene morale, invece, nasce
dall'amore, si manifesta come amore ed è orientato all'amore. Questo
discorso è particolarmente chiaro per il cristiano, il quale sa che la
partecipazione all'unico Corpo mistico di Cristo lo pone in una relazione
particolare non solo con il Signore, ma anche con i fratelli. La logica
dell'amore cristiano, che nel Vangelo costituisce il cuore pulsante del bene
morale, spinge, se portata alle conseguenze, fino all'amore per i nemici:
«Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete dagli da bere »
(Rm 12,20).

La « grammatica » della legge morale universale

3. Volgendo lo sguardo all'attuale situazione del mondo, non si può non
constatare un impressionante dilagare di molteplici manifestazioni sociali e
politiche del male: dal disordine sociale all'anarchia e alla guerra,
dall'ingiustizia alla violenza contro l'altro e alla sua soppressione. Per
orientare il proprio cammino tra gli opposti richiami del bene e del male,
la famiglia umana ha urgente necessità di far tesoro del comune patrimonio
di valori morali ricevuto in dono da Dio stesso. Per questo, a quanti sono
determinati a vincere il male con il bene san Paolo rivolge l'invito a
coltivare nobili e disinteressati atteggiamenti di generosità e di pace
(cfr Rm 12,17-21).

Parlando all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dieci anni or sono,
della comune impresa al servizio della pace, ebbi a far riferimento alla
«grammatica » della legge morale universale,(2) richiamata dalla Chiesa nei
suoi molteplici pronunciamenti in questa materia. Ispirando valori e
principi comuni, tale legge unisce gli uomini tra loro, pur nella diversità
delle rispettive culture, ed è immutabile: « rimane sotto l'evolversi delle
idee e dei costumi e ne sostiene il progresso... Anche se si arriva a
negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal
cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società
».(3)

4. Questa comune grammatica della legge morale impone di impegnarsi sempre e
con responsabilità per far sì che la vita delle persone e dei popoli venga
rispettata e promossa. Alla sua luce non possono non essere stigmatizzati
con vigore i mali di carattere sociale e politico che affliggono il mondo,
soprattutto quelli provocati dalle esplosioni della violenza. In questo
contesto, come non andare con il pensiero all'amato Continente africano,
dove perdurano conflitti che hanno mietuto e continuano a mietere milioni di
vittime? Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra
di Gesù, dove non si riescono ad annodare, nella verità e nella giustizia, i
fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno
attentati e vendette alimentano in modo preoccupante? E che dire del tragico
fenomeno della violenza terroristica che sembra spingere il mondo intero
verso un futuro di paura e di angoscia? Come, infine, non constatare con
amarezza che il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di
incertezza e di insicurezza per tutti?

Per conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza,
affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i
problemi. « La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della
nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che
sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani
».(4) È pertanto indispensabile promuovere una grande opera educativa delle
coscienze, che formi tutti, soprattutto le nuove generazioni, al bene
aprendo loro l'orizzonte dell'umanesimo integrale e solidale, che la Chiesa
indica e auspica. Su queste basi è possibile dar vita ad un ordine sociale,
economico e politico che tenga conto della dignità, della libertà e dei
diritti fondamentali di ogni persona.

Il bene della pace e il bene comune

5. Per promuovere la pace, vincendo il male con il bene, occorre soffermarsi
con particolare attenzione sul bene comune(5) e sulle sue declinazioni
sociali e politiche. Quando, infatti, a tutti i livelli si coltiva il bene
comune, si coltiva la pace. Può forse la persona realizzare pienamente se
stessa prescindendo dalla sua natura sociale, cioè dal suo essere « con » e
« per » gli altri? Il bene comune la riguarda da vicino. Riguarda da vicino
tutte le forme espressive della socialità umana: la famiglia, i gruppi, le
associazioni, le città, le regioni, gli Stati, le comunità dei popoli e
delle Nazioni. Tutti, in qualche modo, sono coinvolti nell'impegno per il
bene comune, nella ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio.
Tale responsabilità compete, in particolare, all'autorità politica, ad ogni
livello del suo esercizio, perché essa è chiamata a creare quell'insieme di
condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo
sviluppo integrale della loro persona.(6)

Il bene comune, pertanto, esige il rispetto e la promozione della persona e
dei suoi diritti fondamentali, come pure il rispetto e la promozione dei
diritti delle Nazioni in prospettiva universale. Dice in proposito il
Concilio Vaticano II: « Dall'interdipendenza ogni giorno più stretta e poco
alla volta estesa al mondo intero deriva che il bene comune ... diventa oggi
sempre più universale ed implica diritti e doveri che interessano l'intero
genere umano. Pertanto ogni comunità deve tener conto delle necessità e
delle legittime aspirazioni delle altre comunità, anzi del bene comune di
tutta la famiglia umana ».(7) Il bene dell'intera umanità, anche per le
generazioni future, richiede una vera cooperazione internazionale, a cui
ogni Nazione deve offrire il suo apporto.(8)

Tuttavia, visioni decisamente riduttive della realtà umana trasformano il
bene comune in semplice benessere socio-economico, privo di ogni
finalizzazione trascendente, e lo svuotano della sua più profonda ragion
d'essere. Il bene comune, invece, riveste anche una dimensione trascendente,
perché è Dio il fine ultimo delle sue creature.(9) I cristiani inoltre sanno
che Gesù ha fatto piena luce sulla realizzazione del vero bene comune
dell'umanità. Verso Cristo cammina e in Lui culmina la storia: grazie a Lui,
per mezzo di Lui e in vista di Lui, ogni realtà umana può essere condotta al
suo pieno compimento in Dio.

Il bene della pace e l'uso dei beni della terra

6. Poiché il bene della pace è strettamente collegato allo sviluppo di tutti
i popoli, è indispensabile tener conto delle implicazioni etiche dell'uso
dei beni della terra. Il Concilio Vaticano II ha opportunamente ricordato
che « Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa è contenuto
all'uso di tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire
a tutti con equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la
carità ».(10)

L'appartenenza alla famiglia umana conferisce ad ogni persona una specie di
cittadinanza mondiale, rendendola titolare di diritti e di doveri, essendo
gli uomini uniti da una comunanza di origine e di supremo destino. Basta che
un bambino venga concepito perché sia titolare di diritti, meriti attenzioni
e cure e qualcuno abbia il dovere di provvedervi. La condanna del razzismo,
la tutela delle minoranze, l'assistenza ai profughi e ai rifugiati, la
mobilitazione della solidarietà internazionale nei confronti di tutti i
bisognosi non sono che coerenti applicazioni del principio della
cittadinanza mondiale.

7. Il bene della pace va visto oggi in stretta relazione con i nuovi beni,
che provengono dalla conoscenza scientifica e dal progresso tecnologico.
Anche questi, in applicazione del principio della destinazione universale
dei beni della terra, vanno posti a servizio dei bisogni primari dell'uomo.
Opportune iniziative a livello internazionale possono dare piena attuazione
al principio della destinazione universale dei beni, assicurando a tutti -
individui e Nazioni - le condizioni di base per partecipare allo sviluppo.
Ciò diventa possibile se si abbattono le barriere e i monopoli che lasciano
ai margini tanti popoli.(11)

Il bene della pace sarà poi meglio garantito se la comunità internazionale
si farà carico, con maggiore senso di responsabilità, di quelli che vengono
comunemente identificati come beni pubblici. Sono quei beni dei quali tutti
i cittadini godono automaticamente senza aver operato scelte precise in
proposito. È quanto avviene, a livello nazionale, per beni quali, ad
esempio, il sistema giudiziario, il sistema di difesa, la rete stradale o
ferroviaria. Nel mondo, investito oggi in pieno dal fenomeno della
globalizzazione, sono sempre più numerosi i beni pubblici che assumono
carattere globale e conseguentemente aumentano pure di giorno in giorno gli
interessi comuni. Basti pensare alla lotta alla povertà, alla ricerca della
pace e della sicurezza, alla preoccupazione per i cambiamenti climatici, al
controllo della diffusione delle malattie. A tali interessi, la Comunità
internazionale deve rispondere con una rete sempre più ampia di accordi
giuridici, atta a regolamentare il godimento dei beni pubblici, ispirandosi
agli universali principi dell'equità e della solidarietà.

8. Il principio della destinazione universale dei beni consente, inoltre, di
affrontare adeguatamente la sfida della povertà, soprattutto tenendo conto
delle condizioni di miseria in cui vive ancora oltre un miliardo di esseri
umani. La Comunità internazionale si è posta come obiettivo prioritario,
all'inizio del nuovo millennio, il dimezzamento del numero di queste persone
entro l'anno 2015. La Chiesa sostiene ed incoraggia tale impegno ed invita i
credenti in Cristo a manifestare, in modo concreto e in ogni ambito, un
amore preferenziale per i poveri.(12)

Il dramma della povertà appare ancora strettamente connesso con la questione
del debito estero dei Paesi poveri. Malgrado i significativi progressi
sinora compiuti, la questione non ha ancora trovato adeguata soluzione. Sono
trascorsi quindici anni da quando ebbi a richiamare l'attenzione della
pubblica opinione sul fatto che il debito estero dei Paesi poveri « è
intimamente legato ad un insieme di altri problemi, quali l'investimento
estero, il giusto funzionamento delle maggiori organizzazioni
internazionali, il prezzo delle materie prime e così via ».(13) I recenti
meccanismi per la riduzione dei debiti, maggiormente centrati sulle esigenze
dei poveri, hanno senz'altro migliorato la qualità della crescita economica.
Quest'ultima, tuttavia, per una serie di fattori, risulta quantitativamente
ancora insufficiente, specie in vista del raggiungimento degli obiettivi
stabiliti all'inizio del millennio. I Paesi poveri restano prigionieri di un
circolo vizioso: i bassi redditi e la crescita lenta limitano il risparmio
e, a loro volta, gli investimenti deboli e l'uso inefficace del risparmio
non favoriscono la crescita.

9. Come ha affermato il Papa Paolo VI e come io stesso ho ribadito, l'unico
rimedio veramente efficace per consentire agli Stati di affrontare la
drammatica questione della povertà è di fornire loro le risorse necessarie
mediante finanziamenti esteri - pubblici e privati - concessi a condizioni
accessibili, nel quadro di rapporti commerciali internazionali regolati
secondo equità.(14) Si rende doverosamente necessaria una mobilitazione
morale ed economica, rispettosa da una parte degli accordi presi in favore
dei Paesi poveri, ma disposta dall'altra a rivedere quegli accordi che
l'esperienza avesse dimostrato essere troppo onerosi per determinati Paesi.
In questa prospettiva, si rivela auspicabile e necessario imprimere un nuovo
slancio all'aiuto pubblico allo sviluppo, ed esplorare, malgrado le
difficoltà che può presentare questo percorso, le proposte di nuove forme di
finanziamento allo sviluppo.(15) Alcuni governi stanno già valutando
attentamente meccanismi promettenti che vanno in questa direzione,
iniziative significative da portare avanti in modo autenticamente condiviso
e nel rispetto del principio di sussidiarietà. Occorre pure controllare che
la gestione delle risorse economiche destinate allo sviluppo dei Paesi
poveri segua scrupolosi criteri di buona amministrazione, sia da parte dei
donatori che dei destinatari. La Chiesa incoraggia ed offre a questi sforzi
il suo apporto. Basti citare, ad esempio, il prezioso contributo dato
attraverso le numerose agenzie cattoliche di aiuto e di sviluppo.

10. Al termine del Grande Giubileo dell'Anno 2000, nella Lettera apostolica
Novo millennio ineunte ho fatto cenno all'urgenza di una nuova fantasia
della carità(16) per diffondere nel mondo il Vangelo della speranza. Ciò si
rende evidente particolarmente quando ci si avvicina ai tanti e delicati
problemi che ostacolano lo sviluppo del Continente africano: si pensi ai
numerosi conflitti armati, alle malattie pandemiche rese più pericolose
dalle condizioni di miseria, all'instabilità politica cui si accompagna una
diffusa insicurezza sociale. Sono realtà drammatiche che sollecitano un
cammino radicalmente nuovo per l'Africa: è necessario dar vita a forme nuove
di solidarietà, a livello bilaterale e multilaterale, con un più deciso
impegno di tutti, nella piena consapevolezza che il bene dei popoli
africani rappresenta una condizione indispensabile per il raggiungimento
del bene comune universale.

Possano i popoli africani prendere in mano da protagonisti il proprio
destino e il proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico!
L'Africa cessi di essere solo oggetto di assistenza, per divenire
responsabile soggetto di condivisioni convinte e produttive! Per raggiungere
tali obiettivi si rende necessaria una nuova cultura politica, specialmente
nell'ambito della cooperazione internazionale. Ancora una volta vorrei
ribadire che il mancato adempimento delle reiterate promesse relative
all'aiuto pubblico allo sviluppo, la questione tuttora aperta del pesante
debito internazionale dei Paesi africani e l'assenza di una speciale
considerazione per essi nei rapporti commerciali internazionali,
costituiscono gravi ostacoli alla pace, e pertanto vanno affrontati e
superati con urgenza. Mai come oggi risulta determinante e decisiva, per la
realizzazione della pace nel mondo, la consapevolezza dell'interdipendenza
tra Paesi ricchi e poveri, per cui « lo sviluppo o diventa comune a tutte le
parti del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle zone
segnate da un costante progresso ».(17)

Universalità del male e speranza cristiana

11. Di fronte ai tanti drammi che affliggono il mondo, i cristiani
confessano con umile fiducia che solo Dio rende possibile all'uomo ed ai
popoli il superamento del male per raggiungere il bene. Con la sua morte e
risurrezione Cristo ci ha redenti e riscattati « a caro prezzo » (1 Cor
6,20; 7,23), ottenendo la salvezza per tutti. Con il suo aiuto, pertanto, è
possibile a tutti vincere il male con il bene.

Fondandosi sulla certezza che il male non prevarrà, il cristiano coltiva
un'indomita speranza che lo sostiene nel promuovere la giustizia e la pace.
Nonostante i peccati personali e sociali che segnano l'agire umano, la
speranza imprime slancio sempre rinnovato all'impegno per la giustizia e la
pace, insieme ad una ferma fiducia nella possibilità di costruire un mondo
migliore.

Se nel mondo è presente ed agisce il « mistero dell'iniquità » (2 Ts 2,7),
non va dimenticato che l'uomo redento ha in sé sufficienti energie per
contrastarlo. Creato ad immagine di Dio e redento da Cristo « che si è unito
in certo modo ad ogni uomo »,(18) questi può cooperare attivamente al
trionfo del bene. L'azione dello « Spirito del Signore riempie l'universo »
(Sap 1,7). I cristiani, specialmente i fedeli laici, « non nascondano questa
speranza nell'interiorità del loro animo, ma con la continua conversione e
la lotta "contro i dominatori di questo mondo di tenebra e contro gli
spiriti del male" (Ef 6,12) la esprimano anche attraverso le strutture della
vita secolare ».(19)

12. Nessun uomo, nessuna donna di buona volontà può sottrarsi all'impegno di
lottare per vincere con il bene il male. È una lotta che si combatte
validamente soltanto con le armi dell'amore. Quando il bene vince il male,
regna l'amore e dove regna l'amore regna la pace. È l'insegnamento del
Vangelo, riproposto dal Concilio Vaticano II: « La legge fondamentale della
perfezione umana, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo
comandamento della carità ».(20)

Ciò è vero anche in ambito sociale e politico. A questo proposito, il Papa
LeoneXIII scriveva che quanti hanno il dovere di provvedere al bene della
pace nelle relazioni tra i popoli devono alimentare in sé e accendere negli
altri « la carità, signora e regina di tutte le virtù ».(21) I cristiani
siano testimoni convinti di questa verità; sappiano mostrare con la loro
vita che l'amore è l'unica forza capace di condurre alla perfezione
personale e sociale, l'unico dinamismo in grado di far avanzare la storia
verso il bene e la pace.

In quest'anno dedicato all'Eucaristia, i figli della Chiesa trovino nel
sommo Sacramento dell'amore la sorgente di ogni comunione: della comunione
con Gesù Redentore e, in Lui, con ogni essere umano. È in virtù della morte
e risurrezione di Cristo, rese sacramentalmente presenti in ogni
Celebrazione eucaristica, che siamo salvati dal male e resi capaci di fare
il bene. È in virtù della vita nuova di cui Egli ci ha fatto dono che
possiamo riconoscerci fratelli, al di là di ogni differenza di lingua, di
nazionalità, di cultura. In una parola, è in virtù della partecipazione allo
stesso Pane e allo stesso Calice che possiamo sentirci « famiglia di Dio » e
insieme recare uno specifico ed efficace contributo all'edificazione di un
mondo fondato sui valori della giustizia, della libertà e della pace.

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2004.

GIOVANNI PAOLO II
_____________________
(1) A questo proposito, Agostino afferma: «Due amori hanno fondato due
città: l'amore di sé, portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città
terrena; l'amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la
città celeste» (De Civitate Dei, XIV, 28).
(2) Cfr Discorso per il 50o di fondazione dell'ONU (5 ottobre 1995), 3:
Insegnamenti XVIII/2 (1995), 732.
(3) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1958.
(4) Giovanni Paolo II, Omelia presso Drogheda, Irlanda (29 settembre 1979),
9: AAS 71 (1979), 1081.
(5) Secondo una vasta accezione, per bene comune s'intende «l'insieme di
quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai
singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente». Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 26.
(6) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961), 417.
(7) Cost. past. Gaudium et spes, 26.
(8) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961), 421.
(9) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991),
844.
(10) Cost. past. Gaudium et spes, 69.
(11) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991),
837.
(12) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 42: AAS 80
(1988), 572.
(13) Discorso ai partecipanti alla Settimana di studio della Pontificia
Accademia delle Scienze (27 ottobre 1989), 6: Insegnamenti XII/2 (1989),
1050.
(14) Cfr Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 56-61: AAS 59 (1967),
285-287; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 33-34: AAS
80 (1988), 557-560.
(15) Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio al Presidente del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace: L'Osservatore Romano 10 luglio 2004, p.5.
(16) Cfr n.50: AAS 93 (2001), 303.
(17) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 17: AAS 80
(1988), 532.
(18) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22.
(19) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 35.
(20) Cost. past. Gaudium et spes, 38.
(21) Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII 11 (1892), 143; cfr
Benedetto XV, Lett. enc. Pacem Dei: AAS 12 (1920), 215.