terrorismo pro-guerra



Terrorismo pro-guerra
(testo di ieri modificato)

L'interpretazione demoniaca, pazzesca e irrazionale delle azioni terroristiche, serve a giustificare la guerra, che è terrorismo di stato, e si pretende razionale. Certamente, terrorismo e sequestri sono crimini inescusabili, ma è probabile che siano crimini strategici, come la guerra.
Sempre più si diffonde il sospetto che un rapimento così platealmente anomalo e "militare" sia opera di servizi segreti, o di Usa, o di Allawi, o italiani. Il sospetto non è prova. Ma giovano a questi governi almeno tre cose:
1) spacciare l'immagine demoniaca della resistenza, semplicemente identificata (Casini) col terrorismo che colpisce i buoni, quindi da schiacciare come una bestia;
2) esasperare il razzismo antislamico in occidente e antioccidentale nei paesi arabi (come suppone Lidia Menapace), ciò che giustifica la guerra "di civiltà", su cui prospera ricchezza e potenza del sistema militar-industriale; perciò la chiara presenza islamica contro l'attuale sequestro vale molto per frustrare quel disegno di usare i razzismi per accentuare la "necessità" della guerra tra due mondi metafisicamente opposti;
3) tenere lontani dal campo di guerra osservatori indipendenti, giornalisti (Baldoni, i due francesi) e volontari umanitari, perché non devono raccontare quello che gli eserciti non vogliono far vedere e sapere.
Dobbiamo premere, insieme al mondo arabo, alla resistenza irachena, ai religiosi, politici e intellettuali musulmani, per la liberazione di tutti gli ostaggi, perché questo crimine diffama la resistenza, offende la religione islamica, calunnia il popolo iracheno, serve alla guerra.
E dobbiamo proseguire l'indagine e il ragionamento per vedere chi sono i rapitori.

La "Ragion di Stato" machiavellica non è la ragione umana, ed è, all'occorrenza, contro di essa.
Pacifismo e nonviolenza valgono anzitutto perché vogliono portare la politica al suo scopo umano, cioè morale.
Lo Stato che non segue la ragione morale umana è contro le persone, è il nemico del popolo.

Sull'unità nazionale: sì, ma non sulla base che Simona Pari e Simona Torretta non volevano, contro la quale lottavano ricostruendo l'umanità distrutta dalla guerra.
Unità nazionale per la vita e libertà immediata delle persone giuste e pacifiche, italiane e irachene, operatrici di giustizia e di pace.
Ma impossibile e inaccettabile unità sulla guerra finora appoggiata dal governo e sulla presenza militare italiana.
Chi fa la guerra e chi l'approva è il primo responsabile del caos violento creato in Iraq.
L'Italia rimanga in Iraq con persone del valore civile di Simona e Simona, e solo questa sia la nostra presenza.
Ciò non sarebbe cedere alla violenza, ma interrompere la nostra partecipazione alla violenza.
Che l'opposizione non si faccia fregare (ecco un altro sospetto guadagno dei rapitori).

Enrico Peyretti, 10 settembre 2004