la differenza



La terra, il tepore, la morte - ...Si è parlato molto di morte in questi
giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo e yogi, che forse sapeva
la data del suo trapasso. Guardando il cielo stellato ho pensato che magari
morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa
parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale
affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della
Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi
ha sempre accompagnato".

ENZO BALDONI


Tra la fine di Fabrizio Quattrocchi e quella di Enzo Baldoni, in sostanza,
non c'è differenza: sempre di morte si tratta. Ma tra la vicenda personale
di Quattrocchi - e dei suoi compagni sequestrati in Iraq - e l'avventura
umana di Enzo Baldoni corre un abisso. Poiché l'esposizione mediatica è un
segnale di notevole significato, in questi tempi di indegna sottocultura,
annoto che, alla morte di Quattrocchi, si ebbe il buongusto di esercitare
il massimo dell'enfasi fascistoide e pauperista: il poveraccio era come un
operaio che voleva guadagnare qualche soldo in più, Gasparri annoverava la
salma calda tra i suoi elettori, eroicamente l'uomo aveva enunciato il
principio ottocentesco che così muore un italiano. Vespa, caciare varie.
Per Baldoni, due miseri collegamenti Rai di un minuto, col povero Pino
Scaccia devastato dalla morte dell'amico. Vagolo per un'ora alla ricerca di
notizie in tv: Mazzocchi è felice e contento e parla dello "splendido stile
Chechi". Pubblicità. Su Canale 5, il promo di un concerto dei Pooh. Su Rai
Uno un film francese solare e adolescenziale. Del governo, nessuno che
parli, nessuno che si faccia vedere.Perché la morte di Baldoni, al governo
e all'Italia più becera e idiota, fa male. Fa peggio però a noi, costretti
a subire l'ennesima conseguenza di una guerra: nemmeno da fare distinzioni
tra guerra giusta e ingiusta - la guerra è una merda, come merda biologica
è ora il corpo di Baldoni, schizzo tra gli schizzi di merda.
Comprendo perfettamente che fare distinguo, in queste occasioni, è cinico e
letale, ma mi permetto quest'agio per ribadire che ancor più cinico e
letale è, come ha fatto il governo italiano, promuovere e partecipare a una
guerra. La barbara uccisione di Enzo Baldoni rientra in questa logica
cinica e letale, per l'appunto. Con l'aggiunta, tuttavia, di un'enorme
pietà per uno che, nei luoghi della guerra, ci era andato non per arrivismo
e nemmeno per fare grano, neanche per costruirsi una fama o fare
l'originalone - cattiverie che non gli sono state risparmiate, almeno fino
all'attimo che precede la martirizzazione di governo, quella indegna
pratica istituzionale che specula sul sorriso di una ragazzina che ha
lanciato l'appello per il papà rapito.
Non era un giornalista professionista, Baldoni, bensì un uomo che viveva
sulla propria pelle il tormento dell'esistenza e della stolida "necessità"
dei conflitti e della sofferenza. Una necessità falsa, che trabocca di
sangue sempre diverso da quello di coloro che la enunciano.
Di questa enorme ipocrisia, di questa retorica allucinante, tutta
imperniata sulla fantasia del terrorismo (una fantasia fantasmatica,
appunto: un fantasma autentico), grondano le parole del comunicato
ufficiale del premier italiano che, questa guerra, l'ha voluta per atto di
servilismo criminale nei confronti dell'inquilino della Casa Bianca: «Non
ci sono parole per un atto che non ha nulla di umano e che d'un colpo
cancella secoli di civiltà per riportarci ai tempi bui della barbarie»: è
quanto afferma il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una nota
sull'uccisione di Enzo Baldoni. Il premier esprime un sentimento di pietà
per Baldoni, solidarietà alla famiglia, ma ribadisce la «ferma
determinazione a combattere il terrorismo». «Solo un sentimento di pietà
per il povero Enzo Baldoni e di solidarietà per la famiglia - prosegue
Berlusconi - soprattutto per quei due ragazzi che, con tanto amore e tanta
dignità, avevano lanciato un appello, rivelatosi purtroppo inutile perchè
diretto a chi evidentemente non aveva cuore per ascoltare. Ma al tempo
stesso - afferma ancora il premier - la riaffermazione della ferma
determinazione a combattere il terrorismo dovunque e in tutte le forme in
cui si manifesti». «L'Italia - conclude Berlusconi - manterrà fede agli
impegni assunti con il governo provvisorio irakeno nel quadro della
deliberazioni delle Nazioni Unite per ridare all'Iraq pace e democrazia».
Una vergogna. Una vergogna parlare di terrorismo. Una vergogna ribadire,
quando fa comodo, che siamo lì in missione di pace (ma quale diavolo di
pace?) e, quando invece è più vantaggioso, parlare di guerra al terrorismo
(ma quale diavolo di terrorismo?).
Sia chiaro che nessuno aveva obbligato Enzo Baldoni ad andare là: non era
un soldato di leva o di firma. Ed è proprio questo che crea imbarazzo ai
soloni della falsificazione, agli assassini per conto terzi, ai mandanti
per nulla occulti che stanno mettendo a ferro e fuoco mezzo Medioriente.
Enzo Baldoni era là a vedere coi propri occhi, e a raccontare a tutti, la
sofferenza dei poveracci che, questa dannatissima guerra, la subiscono. Era
là per tentare l'inaudita opera di un'intervista al più scalmanato tra i
fanatici impegnati a difendere la propria terra dalle milizie
neomillenariste di quest'occidente, micidiale nella sua implicita teologia:
intervistare Al Sadr era il suo sogno. Era là, Baldoni, per dare una mano
alla Croce Rossa. Era in quelle terre crivellate da colpi mortali
provenienti da obici di tutti i tipi e tutti prodotti in occidente: per
testimoniare di una professione di fede umana, più che giornalistica. Aveva
iniziato nel 1996 in Chiapas, Messico, dove incontrò il
subcomandante Marcos. Poi era stato in Birmania, Timor Est, Colombia.
«Qualcuno pensa che io sia un mezzo Rambo che ama provare emozioni forti,
vedere la gente morire e respirare l'odore della guerra come Benjamin
Willard l'odore del napalm la mattina in Apocalypse now - ha detto una
volta -, invece sono lontano mille miglia da questa mentalità, molto
semplicemente sono curioso. Voglio capire cosa spinge persone normalissime
a imbracciare un mitra per difendersi».
In Iraq Baldoni era arrivato per la prima volta quest'anno, un paio di
settimane fa, con un accredito di Diario. «Non ho una particolare paura
della morte», ha detto qualche tempo fa in un'intervista. «L'ho conosciuta
abbastanza bene. Alla mia sono andato vicino un paio di volte. Poi mi sono
morte diverse persone tra le braccia. Ormai è una vecchia compagna di
viaggio».

Baldoni, che praticava zen, poteva permettersi di pronunciare verità
scomode per sé e scandalose per altri, attinenti alla propria e all'altrui
morte. Non aveva accomandite occulte da parte dei servizi segreti, come
qualcun altro gioiosamente celebrato da melanomi multipli in diretta tv.
Non aveva padri fascisti con il tricolore stoico, a ribadire la vocazione
al nazionalismo più pernicioso e fondamentalista.
Va salutato secondo l'augurio zen: che tu sia nello Zammai, Enzo Baldoni.

Giuseppe Genna





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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA