[beati] torture americane



(dal sito www.repubblica.it)

Sulla Cbs le immagini scattate nelle celle di Abu Ghraib Sospesa una donna
generale, sei militari alla Corte marziale Le foto che accusano il Pentagono

La tv americana aveva il servizio da tempo, ma lo aveva tenuto fermo su
richiesta del capo di Stato maggiore Myers dal nostro corrispondente
ALBERTO FLORES D'ARCAIS



NEW YORK - Prigionieri legati e incappucciati, altri costretti a mimare
rapporti sessuali, gente inerme picchiata a sangue e assalita da cani
feroci, piramidi di uomini nudi e a contorno soldati in uniforme che ridono
e scherzano. Le foto a colori arrivano dalla tristemente nota prigione di
Abu Ghraib, incubo degli iracheni durante il regime di Saddam, luogo di
terrore e tortura da dove a migliaia non sono usciti vivi.

Quelle foto non risalgono però agli anni della dittatura e quegli uomini (e
donne) in uniforme non fanno parte della feroce Guardia Repubblicana: sono
soldati dell'esercito che è venuto a liberare l'Iraq, l'esercito degli
Stati Uniti.

Sono foto "agghiaccianti", ha ammesso il Pentagono, foto che nessun
americano avrebbe mai voluto vedere. Mercoledì sera le hanno viste in
milioni sulla popolare trasmissione giornalistica Sixty Minutes II della
Cbs. Sono le foto della parte oscura di questa guerra che ha cacciato un
dittatore e che vuole "portare la democrazia" in Iraq, foto che mostrano
gli eccessi di pochi e che fanno male a molti, prima di tutto all'immagine
stessa dell'America.

Le immagini dei soldati americani che abusano e umiliano i prigionieri
iracheni il Pentagono le aveva da tempo. Chi le aveva scattate - soldati,
uomini e donne, in servizio alla prigione di Abu Ghraib - lo aveva fatto
per divertimento, per pavoneggiarsi con gli amici, per avere un "ricordo"
di come si trattano i nemici dell'America. Dopo tanti passaggi di mano
erano finite a un soldato della polizia


Al Pentagono hanno reagito subito e con decisione. Con la situazione sul
terreno che diventa ogni giorno più complicata, con le sempre più numerose
bare che tornano in patria coperte dalla bandiera a stelle e strisce, le
immagini di soldati americani "torturatori" sarebbero state un boomerang.
Il mese scorso l'esercito aveva annunciato che 17 soldati in servizio in
Iraq - compreso un brigadiere generale - erano stati rimossi dall'incarico
dopo un'indagine per maltrattamenti.

Le foto nel frattempo hanno preso a circolare, le ottiene anche la Cbs che
invia subito una troupe ad Abu Ghraib. Due settimane fa il servizio era già
pronto, ma il Pentagono chiede alla rete televisiva di rinviarlo. La
trattativa la conduce il capo delle Forze Armate generale Myers, la Cbs
accetta il rinvio. Negli ultimi giorni altri giornali fiutano lo scoop e la
Cbs decide di mandare tutto in onda, con l'ok del Pentagono che ottiene di
poter dare la propria versione sotto forma di intervista al generale
Kimmitt, l'uomo che ha pianificato l'attacco a Falluja.

Da mercoledì sera quelle foto diventano pubbliche, la storia è ripresa dai
più grandi quotidiani e dieci milioni di americani le guardano in diretta
sulla Cbs. Sconvolti nel vedere prigionieri legati e minacciati di scariche
elettriche, uomini nudi circondati da donne soldato che li insultano e li
deridono. Soldati americani, uomini e donne, in uniforme che si mettono in
posa calpestando i prigionieri nudi, iracheni ammucchiati a piramide con il
corpo pieno di scritte offensive in inglese. In più di una i prigionieri
maschi sono messi in posa simulando atti sessuali fra loro; in quasi tutte
gli americani ridono, si mettono in posa e alzano l'indice nel tipico gesto
americano di ok. In una foto un cane attacca un prigioniero, proprio come
facevano i torturatori di Saddam. Un traduttore assunto per lavorare nella
prigione viene istigato o costretto a violentare un ragazzo prigioniero, la
porta della cella insonorizzata con coperte e una donna scatta la foto,
ridendo. In una foto un uomo sembra morto.

"Sconvolto" è anche il generale Kimmitt che conferma che di quelle foto ce
ne sono "dozzine": "Siamo tutti danneggiati dall'azione di pochi. Ogni
giorno amiamo i nostri ragazzi ma francamente ci sono giorni in cui non
possiamo essere orgogliosi. La prima cosa da dire è che anche noi siamo
inorriditi. Questi sono i nostri soldati, gente con cui lavoriamo ogni
giorno e che ci rappresentano. Vestono la nostra stessa uniforme e hanno
fatto del male ai loro stessi compagni. Anche i nostri soldati posso essere
presi prigionieri e noi ci aspettiamo che siano trattati bene dal nemico.
Ma se non siamo in grado noi per primi di dare l'esempio su come trattare i
prigionieri, con dignità e rispetto, non possiamo chiedere agli altri paesi
che trattino bene i nostri soldati. Al popolo iracheno cosa posso dire? Che
quanto successo è profondamente sbagliato, che è da condannare. Ma quei
pochi non rappresentano i 150 mila soldati che abbiamo qui in Iraq. La
stessa cosa la dico al popolo americano: non giudicate il nostro esercito
dalle orribili azioni di pochi".

Sei di quei "pochi" sono finiti davanti alla corte marziale e un generale
donna, Janis Karpinsky, ha finito anzitempo una prestigiosa carriera
nell'esercito. Uno di loro, il sergente della riserva Chip Frederick, ha
accettato di parlare con la Cbs, senza mostrare alcun pentimento: "Non
siamo addestrati. Ho iniziato chiedendo regole e nessuno mi ha risposto,
non ce ne sono. Ad Abu Ghraib ci sono americani di ogni genere,
intelligence militare e tutte le organizzazioni governative, Fbi, Cia. Loro
ci incoraggiavano a fare questo tipo di interrogatori. Ci dicevano "ottimo
lavoro". Noi li aiutiamo a far parlare i prigionieri, grazie al nostro
stile abbiamo un'ottima percentuale. Impariamo qualche parola di arabo,
giusto per dargli ordini secchi. Se non vogliono capire bisogna usare
maniere un po' più forti".

Bob Baer è stato capo della stazione Cia in Iraq: "Ho visitato Abu Ghraib
un paio di giorni dopo la liberazione, è il posto più orribile che abbia
mai visto. Ho pensato: se c'è un motivo per rovesciare Saddam Hussein
questo è Abu Ghraib. C'erano corpi mangiati dai cani, evidenti prove di
torture pazzesche, le mura erano piene di fili elettrici". Bill Cowan, un
ex tenente colonnello dei marines incaricato degli interrogatori dei
prigionieri, aggiunge: "Siamo andati in Iraq per impedire che queste cose
continuassero e adesso scopriamo che continuano anche sotto il nostro
controllo".