Cecenia: Vittime ignorate



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Uccisi quasi per gioco da soldati ubriachi e violenti che si divertono a
fare tiro a segno sui civili, o dalle granate e dalle mine disseminate nelle
campagne dove i bambini portano le pecore al pascolo. Queste morti non
figurano nei bollettini di guerra forniti dai comandi militari russi e
nemmeno in quelli diffusi in Internet dalla guerriglia separatista cecena

25 marzo 2004 - Primo marzo. Khaskhanova, diciannove anni, chiede un
passaggio in auto a un suo parente per andare in città, a Urus-Martan, dal
suo villaggio Guekhi. E' uno dei pochi ad avere la macchina. I due partono.
Lungo la strada s'imbattono in un posto di blocco dell'esercito russo, che
in questa regione sta conducendo un'operazione antiguerriglia. Rallentano,
ma i soldati non li fermano e loro tirano dritto. Ma appena passati, senza
alcun motivo, uno dei militari apre il fuoco contro l'auto. Khaskhanova
viene colpita e si accascia senza vita sul sedile. Anche il suo parente,
alla guida, viene ferito.
Quattro marzo. Una Uaz dell'esercito russo arriva nella piazzetta del
piccolo villaggio di Itum-Kala. A bordo ci sono tre giovani soldati,
ubriachi fradici, come spesso sono i militari russi che servono in Cecenia.
Scendono dall'auto. Due di loro entrano in un negozietto a comprare ancora
da bere, un altro va a fare una telefonata da una cabina pubblica. Presto le
sue urla in russo attirano l'attenzione della gente: il giovane soldato
stava litigando al telefono. Le persone attorno osservano la scena con un
misto di curiosità e timore: tutti temono i russi, soprattutto quando sono
pieni di alcool. La conversazione del soldato col suo sconosciuto
interlocutore si fa sempre più concitata, finché il giovane militare
aggancia la cornetta. Esce infuriato dalla cabina, impugna il suo
kalashnikov, lo carica e apre il fuoco contro la prima persona che si trova
a tiro, uccidendola. Poi si accorge di un'auto della locale polizia
parcheggiata, con due agenti ceceni a bordo. Parte subito un'altra raffica,
che crivella di colpi la carrozzeria dell'auto e uccide i due occupanti.
Sedici marzo. Rosa e altre donne del villaggio di Shaami-Yurt raccolgono
prezzemolo selvatico sul bordo della strada, tra gli alberi che segnano l'
inizio della foresta. A un tratto passa un camion militare russo, di quelli
che trasportano i soldati. Appena superato il gruppo di donne, uno dei
militari seduti nel cassone tendato del camion prende il fucile e spara tre
colpi contro di loro. Rosa e le altre si buttano nel fosso rimanendo illese.
Diciotto marzo. Ilyas e sua cugina, due ragazzi di Grozny, stanno camminando
tra le rovine del centro della città. Incontrano un gruppo di miliziani
delle forze di sicurezza del presidente ceceno filo-russo Kadyrov,
considerati dalla gente traditori collaborazionisti al servizio delle forze
d'occupazione russe. Qualche futile motivo, forse un'occhiata di troppo da
parte di un militare verso la cugina di Ilyas, scatena un litigio tra i due,
che vengono subito alle mani. La ragazza, temendo che il soldato usi il
kalashnikov che ha a tracolla, si getta subito in mezzo a loro per
dividerli. Ci riesce. Il miliziano si allontana, fa pochi passi, si volta,
imbraccia il fucile mitragliatore e spara ad Ilyas, colpendolo alle spalle e
uccidendolo.
Ventuno marzo. Nelle campagne attorno ad Urus-Martan c'è la guerra. I russi
sparano cannonate e seminano sul terreno centinaia di mine. Il loro
obiettivo sono i ribelli separatisti. Ma a morire sono anche adolescenti
senza alcuna colpa, se non quella di essere nati in Cecenia. Tre nel giro di
pochi giorni. Due ragazzini, di quindici e diciassette anni, sono morti allo
stesso modo: saltando su una mina mentre portavano al pascolo le pecore. Un
loro quasi coetaneo, di sedici anni, stava invece tornando a casa da scuola
quando l'artiglieria russa ha iniziato a bombardare la zona: una granata
russa lo ha colpito e ucciso.
Lo stillicidio continuo di queste vittime civili non figura nei bollettini
di guerra forniti dai comandi militari russi e nemmeno in quelli diffusi in
Internet dalla guerriglia separatista cecena. I loro conteggi, ripresi dalle
agenzia di stampa internazionali, tengono conto, rispettivamente, solo dei
'ribelli' e degli 'invasori' uccisi in combattimenti, bombardamenti, agguati
e altre azioni militari: oltre cento in tutto, solo nelle ultime due
settimane. Solo alcuni organismi indipendenti, organizzazioni non
governative e associazioni di difesa di diritti umani basate in Russia o in
Europa, danno conto delle vittime civili di questo conflitto senza fine,
vittime ignorate di una guerra già di per sé ignorata.
Enrico Piovesana