Documento "In Iraq un altro intervento è possibile e necessario"



Perugia, 3 marzo 2004

Alle Associazioni e Organizzazioni
in indirizzo

Cari amici,

vi invio l'ultimo documento della Tavola della Pace " In Iraq un altro
intervento è possibile (e necessario)!", che vuole dare un contributo
positivo al dibattito parlamentare sull'impegno dell'Italia per l'Iraq e
sostanziare la scelta dell'Onu che noi tutti stiamo promuovendo.

Rinnoviamo inoltre l'invito a partecipare e ad aderire all'appello della
Tavola della Pace per la giornata mondiale contro la guerra del prossimo 20
marzo, inviando un'e-mail all'indirizzo: 20marzo at perlapace.it

Sul sito della Tavola della Pace (www.tavoladellapace.it) potete trovare
l'appello del movimento per la pace degli Stati Uniti e gli aggiornamenti
sull'organizzazione della manifestazione.

Con i migliori auguri di buon lavoro,


   Flavio Lotti
Coordinatore nazionale

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In occasione del dibattito alla Camera dei Deputati sul rifinanziamento
della missione militare italiana in Iraq, la Tavola della pace presenta un
documento intitolato "In Iraq un altro intervento è possibile e necessario"
con il quale chiediamo a tutti i deputati di negare ogni sostegno al
decreto con cui il governo intende prolungare l'attuale missione e di
promuovere una conseguente iniziativa parlamentare per non abbandonare il
popolo iracheno impegnando il governo italiano ad investire subito sull'Onu
e fare ogni sforzo per favorire il suo rapido rientro in Iraq.

Il documento indica precise proposte concrete tese a sostanziare la scelta
che l'Italia deve assumere se vuole davvero contribuire alla fine della
tragedia irachena: la scelta dell'Onu.




L'Italia scelga l'Onu. L'occupazione è illegale.

In Iraq un altro intervento è possibile
(e necessario)!




Non è vero che proseguire la missione militare italiana a Nassiriya è "la
cosa migliore" o "la sola cosa" che l'Italia può fare per aiutare il popolo
iracheno ad uscire dal pantano in cui è finito a causa della guerra.

Premessa.

1. La guerra condotta in Iraq è stata fatta, in modo inequivocabile, in
violazione del diritto internazionale. E' stato dunque un atto illegale.

2. Anche l'occupazione, conseguenza di atto illegale, è essa stessa
illegale. Nessun "realismo politico", nessuna prassi omertosa può
legittimare la strategia del fatto compiuto.

3. La guerra è stata giustificata con manipolazioni e inganni adducendo
pericoli e motivazioni false e inconsistenti.

4. La guerra ha provocato la fine del regime di Saddam Hussein ma ha
gettato il paese nel caos e nella violenza. Per il popolo iracheno le
sofferenze non solo non sono finite ma per molti aspetti sono addirittura
aumentate. In questo senso non è vero che la guerra è finita. La guerra
continua in forme nuove e terribili.

5. L'Iraq del cosiddetto "dopo-guerra" è diventato il principale campo di
battaglia per la guerra. Non una guerra tra le tante ma "la" guerra delle
guerre: quella degli Stati Uniti contro il terrorismo, quella contro
l'occupazione americana, quella dei fondamentalisti contro l'America e
l'occidente, quella interna per la conquista del potere.

6. Questa situazione allarmante descrive una sola cosa: l'ennesimo
clamoroso fallimento dell'opzione militare. La guerra non è uno strumento
utile per "migliorare il mondo". La guerra non risolve i problemi: li
aggrava. Ne chiude uno e ne provoca molti altri.

7. Coloro che hanno fatto la guerra hanno dimostrato di saper distruggere
ma di non saper costruire né la libertà, né la pace né la democrazia. Hanno
avuto ottimi piani di guerra e pessimi piani di pace.

8. I piani di ricostruzione delle potenze occupanti non hanno portato alcun
beneficio diffuso alla popolazione irachena. Il piano di ricostruzione
(definito di "democrazia del libero mercato") che stanno cercando di
realizzare è molto efficace nella distruzione (distruzione delle
istituzioni esistenti, smantellamento dell'esercito,  privatizzazione delle
imprese di stato,Š) e del tutto fallimentare nella costruzione di un nuovo
stato democratico. Lo stesso modo in cui le truppe d'occupazione gestiscono
la sicurezza (spesso affidata anche a imprese private e mercenari) non è di
alcun aiuto alla popolazione civile.

9. Il risultato è che tra la popolazione civile cresce il senso di
insicurezza, di umiliazione, di frustrazione e malcontento; si rafforzano
gli estremismi religiosi, etnici e tribali, si diffonde la criminalità
organizzata e si finisce di devastare la società irachena, si aumenta la
frammentazione e si scivola verso la balcanizzazione dell'Iraq. Altro che
passaggio dalla dittatura alla libertà!

10. Il governo italiano, dopo aver sostenuto la guerra (senza partecipare
direttamente ai combattimenti) ha inviato una missione militare in Iraq a
sostegno dei piani di occupazione e ricostruzione delle potenze occupanti
senza dare ai nostri soldati una adeguata preparazione (come denunciato
anche dall'Unione Nazionale dell'Arma dei Carabinieri); senza alcun
coinvolgimento dell'Unione Europea; senza alcun rispetto della legalità
internazionale; senza concordare alcuna copertura da parte dell'Onu;
confondendo i soldati e gli aiuti italiani con quelli di coloro che hanno
fatto la guerra.


Un altro intervento è possibile (e necessario).

Il Parlamento italiano deve scegliere di abbandonare l'opzione militare e
di assumere l'opzione democratica.

L'opzione democratica richiede:
1. un maggiore e non un minore impegno in Iraq dell'Italia, dell'Europa e
della comunità internazionale;
2. una forte iniziativa per ridare centralità, credibilità e sostegno
all'azione dell'Onu.

L'Onu non è e non dispone di una bacchetta magica per risolvere i disastri
provocati dalla guerra. Tuttavia quella dell'Onu è la strada maestra per
mettere un freno alla violenza che dilaga, per scongiurare il rischio di
guerra civile, per ridurre lo spazio e il sostegno ai terroristi, per
promuovere e proteggere i diritti umani degli iracheni.

Il solo invio di una "Missione" delle Nazioni Unite per discutere con tutte
le parti irachene le modalità per realizzare libere elezioni in Iraq ha
contribuito ad aprire nuove importanti prospettive basate sul dialogo e
consenso.

La "debolezza" o la forza dell'Onu dipende solo dalla volontà degli Stati
che ne sono parte, a cominciare dai membri del Consiglio di Sicurezza.
Nessuno può dunque giustificare la sua esclusione o messa ai margini se non
con motivazioni politiche.

Sino ad oggi le potenze occupanti hanno di fatto impedito l'intervento
dell'Onu in Iraq.

L'Italia deve investire sull'Onu, fare ogni sforzo per favorire il suo
rapido rientro in Iraq e sostenere concretamente la sua azione a partire da
quelle missioni che la stessa Risoluzione 1511 elenca:
… assicurare la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione;
… favorire una rapida transizione politica in modo che "il popolo iracheno
possa determinare liberamente il proprio futuro politico e controllare le
proprie risorse naturali";
… favorire "il dialogo nazionale e la costruzione del consenso" che dovrà
portare alla stesura della nuova costituzione e alla convocazione di
elezioni democratiche;
… accelerare gli sforzi per costruire istituzioni locali e nazionali
democratiche e rappresentative, promuovere la protezione dei diritti umani
in tutto il paese, favorire lo sviluppo di media indipendenti, sostenere lo
sviluppo della società civile irachena e delle sue organizzazioni
indipendenti, etc... "
… promuovere la ricostruzione economica.

Gli stessi iracheni chiedono con gran forza l'intervento delle Nazioni
Unite per accelerare e gestire il passaggio dei poteri e l'organizzazione
di elezioni nazionali libere e democratiche.

L'Italia deve dunque:

1. accogliere e sostenere attivamente le raccomandazioni formulate dalla
"Missione" delle Nazioni Unite per l'organizzazione di elezioni nazionali
libere e democratiche in Iraq a partire dal mantenimento della data del 30
giugno 2004 quale termine ultimo per il trasferimento dei poteri ad un
governo iracheno provvisorio che a sua volta deve essere definito con il
più ampio consenso possibile tra tutte le parti irachene e dalla
istituzione di una Commissione Elettorale Irachena autonoma e indipendente.

2. lavorare perché il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dia un chiaro e
inequivocabile mandato e un sostegno concreto al Segretario Generale
dell'Onu nella gestione di questa importantissima quanto difficile fase di
transizione.

3. operare perché questa diventi posizione e iniziativa comune dell'Unione
Europea o almeno del maggior numero possibile dei paesi europei
sollecitando la solidarietà e la collaborazioneŠ;

4. non rifinanziare la missione militare italiana in corso sotto il comando
delle potenze occupanti e, in ossequio all'articolo 11 della Costituzione,
mettere, con una dichiarazione formale e solenne in Parlamento e all'Onu,
tutte le proprie risorse di qualsiasi natura sotto diretta autorità delle
Nazioni Unite per sostenere il loro "ruolo vitale" in Iraq;

5. sostenere l'intervento diretto in Iraq delle organizzazioni italiane e
internazionali della società civile e delle Istituzioni Locali impegnate
nella promozione e difesa dei diritti umani;

6. assumere tutte le iniziative concrete necessarie per mettere fine alla
violenza e alle quotidiane violazioni dei diritti umani, all'occupazione e
agli attentati in Palestina e Israele e, finalmente, avviare la costruzione
di una pace giusta e duratura basata sul principio "Due stati per due
popoli: stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza".


Tavola della pace, 2 marzo 2004