Il Papa censurato sul terrorismo



Il messaggio per la giornata della pace

GIOVANNI PAOLO II:
LA FORZA DEL DIRITTO COME VIA PER LA PACE
di Michele DI SCHIENA
   Quando le parole del Papa sui grandi temi della pace e della giustizia
sociale suonano poco gradite agli orecchi dei nostri governanti, agli amici
senza riserve della Casa Bianca e dei "signori" dell'informazione, ecco che
queste parole vengono ignorate dalla politica che conta, non trovano
adeguato spazio sulla grande stampa, sfuggono all'attenzione degli
opinionisti "benpensanti" e restano fuori dai salotti televisivi dei Vespa
e dei Costanzo. E sì, perché ci sono forze politiche ed aree culturali che
professano un cattolicesimo di facciata con vocazioni di potere e dedito
alla pratica mercantesca di concedere alla Chiesa vantaggi "temporali" e di
assecondarla in qualche questione di principio per apparire meritevoli di
benevolenza e sostegno sul piano elettorale facendosi perdonare i grandi
peccati in materia di politica economica e militare, peccati non solo
teologicamente ma anche letteralmente "mortali" perché offendono la vita ed
i diritti inviolabili dell'uomo.
   Ebbene, questo cattolicesimo senza anima, che si serve dei sentimenti
religiosi per metterli a frutto nel grande bazar della politica nostrana,
quando si trova di fronte a messaggi pontifici che condannano la guerra,
invocano il rispetto del diritto internazionale e denunciano lo scandalo di
politiche responsabili della fame e delle sofferenze in danno di tanta
parte dell'umanità, allora questo cattolicesimo si rifugia nella
distrazione e si chiude nel silenzio come sta facendo in questi giorni dopo
la presentazione da parte del cardinale Renato Raffaele Martino del
messaggio pontificio per la giornata mondiale della pace che sarà celebrata
il 1° gennaio 2004.
   Con il suo messaggio sul tema "Un impegno sempre attuale: educare alla
pace" il Papa si rivolge questa volta anche agli "uomini e donne . tentati
di ricorrere all'inaccettabile strumento del terrorismo" e lo fa con parole
che condannano tale mezzo di lotta ma non le ragioni della lotta dal
momento che egli esorta i terroristi a rinnegare l'utilizzo di un metodo
che compromette "alla radice la causa per la quale" combattono. Ma c'è di
più: Giovanni Paolo II afferma che per vincere il terrorismo il "pur
necessario ricorso alla forza" non può mai giustificare la rinuncia ai
principi dello stato di diritto ed al rispetto dei fondamentali diritti
dell'uomo. Esso deve poi essere "accompagnato da una rigorosa e lucida
analisi delle ragioni soggiacenti agli atti terroristici" e da un impegno
inteso a rimuovere "le cause che stanno all'origine di situazioni di
ingiustizia dalle quali scaturiscono sovente le spinte agli atti più
disperati e sanguinosi". E' un insegnamento questo che si pone a distanze
siderali dal quel baldanzoso e militaresco "noi li fronteggeremo"
pronunciato dal cardinale Ruini nella sua omelia per i funerali delle
vittime dell'attentato di Nassirija e si muove in direzione diametralmente
opposta a quella della politica di Bush e del nostro governo.
  Ma andiamo al cuore del messaggio pontificio che è la denuncia della
"tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza
del diritto" e che proclama il valore del diritto internazionale come
strada maestra per assicurare la pace. Quel diritto internazionale che si
fonda sul grande principio di civiltà per il quale "pacta sunt servanda" e
che, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, ha avuto la sua
espressione più alta ed autorevole nelle intese con le quali gli Stati
hanno dato vita all'organizzazione e allo statuto delle Nazioni Unite con
l'introduzione di un sistema incentrato sul divieto della forza. Un divieto
con due sole eccezioni: quella del diritto naturale alla legittima difesa,
da esercitarsi in via provvisoria e rigorosamente nei modi  previsti dalle
Nazioni Unite, e quella del sistema di Sicurezza Collettiva che demanda al
Consiglio di Sicurezza (e non quindi ad altri organismi, Nato compresa) la
responsabilità per il mantenimento della pace con possibili interventi di
contingenti armati di diversa nazionalità ma sempre sotto un comando
facente capo al medesimo Consiglio. L'Onu poi - nel pensiero del Papa -
necessita di una appropriata riforma che ne assicuri l'efficace
funzionamento ma conserva piena e preziosa validità anche perchè ha
contribuito a promuovere il rispetto della persona umana, la libertà dei
popoli e lo sviluppo, ideali questi che sono oggi largamente diffusi e
condivisi.
  Per il suo contenuto profeticamente alternativo rispetto alle politiche
dominanti in Occidente e nel nostro Paese il messaggio sulla pace di
Giovanni Paolo II è un documento-guida per tutti coloro, credenti e non
credenti, che lavorano per un "nuovo mondo possibile" fondato non sulla
forza ma sul diritto, un diritto interno ed internazionale che riconosca,
tuteli e promuova i diritti fondamentali di ogni uomo e di tutti gli
uomini. Ci sono allora le condizioni perché il prossimo 1° gennaio possa
essere vissuto come la giornata della Pace non solo dai cristiani ma anche
da tutti gli uomini di "buona volontà".
  Brindisi, 19 dicembre 2003


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