da nablus



riceviamo ed inoltriamo dal presidio di pace a nablus.
ricordiamo che diario e foto sono su
http://assopace.blog.tiscali.it

Sabato 6 Dicembre 2003 ore 17:22:18
Giovedi abbiamo assistito ad una video conferenza tra gli studenti palestinesi dell'universita' di An-Najaf e quelli dell'universita' di Castellon, in Spagna.
Nonostante gli studenti spagnoli dimostrassero di non avere una conoscenza approfondita della realta' palestinese, e' stata un' esperienza molto importante perche' abbiamo potuto capire fino in fondo la difficolta' di essere studente universitario a Nablus. Qui sei sempre e comunque uno studente "fuori sede", perche' 5 km di distanza possono rappresentare, nella migliore delle ipotesi, due ore di viaggio, ma il piu' delle volte un'ostacolo insormontabile, se non attraverso piu' tentativi e giorni di attesa. Il ritorno a casa percio' e' altrettanto problematico.
Cosi' tutti cercano "casa" adattandosi a vivere in condizioni precarie, in dormitori sovraffollatie malsani.
A Nablus nessuna biblioteca e' aperta dopo le quattro del pomeriggio, dopo quest'ora non c'e' la possibilita' di condurre alcuna vita sociale.
A Nablus anche l'universita' chiude alle quattro: una sorta di coprifuoco non dichiarato, ma comunque necessario per evitare il rischio di trovarsi ancora per le strade con l'oscurita' ed incontrare le jeep che ogni notte entrano in citta' per arrestare qualcuno, molte delle vittime sono semplici passanti ( danno collaterali li chiamano!!!), colpiti durante gli scontri a fuoco che ne scaturiscono.
Quando poi ci sono le INVASIONI dell'esercito israeliano le lezioni vengono sospese e le sessioni di esami rimandate a...........
Risulta quasi impossibile dal nostro punto di vista comprendere come possano continuare a studiare comunque, tanto piu' che la maggior parte di loro sa gia' che se non riuscira' ad emigrare all'estero non trovera' lavoro in Palestina: sia perche' l'occupazione sta strangolando l'economia, impedendo al mercato del lavoro d'avere uno sviluppo, sia per l'enorme difficolta' ad avere il permesso ad uscire dalla citta' per cercarlo altrove.
E' infine ammirevole vedere l'impegno e la tenacia di certe studentesse che devono combattere contro una tradizione, ancora radicata sopratutto nei villaggi, che non approva che le donne vadano all'universita'.
L'atmosfera cambia completamente quando uno studente israeliano, inaspettatamente dalla Spagna interviene chiedendo quali siano le possibilita' attuali di una ripresa del movimento pacifista "congiunto".
Tra i ragazzi e' evidente l'irritazione e un po' di tensione, ma le risposte date sono equilibrate ed importanti:
"Quale pace vogliono?"
"Quanti sono questi pacifisti, visto che il governo Sharon e' stato riconfermato dal 67% degli israeliani?"
Ma vanno oltre dicendo: "Finche' non avra' termine questa aggressione giornaliera, questa violenta occupazione della nostra terra,saranno ostacolate forme di lotta politica congiunta e non ci potra' mai essere PACE e SICUREZZA per nessuno dei due popoli.
Nel pomeriggio visitiamo il campo profughi di Balata,appena fuori Nablus. Abbiamo avuto la fortuna di essere guidati da un ragazzo volontario del Medical Relief che vive li. Incontriamo due famiglie ed entriamo davvero in questa dura realta'.
La prima famiglia e' A.M.: cinque figli da mantenere e ora una gamba ingessata perche' un mese fa gli hanno sparato mentre interveniva per soccorrere dei ragazzini feriti dall'esercito qui a Balata. Hanno sparato a lui e ad altri quattro volontari del Medical Relief che erano nell'ambulanza e son feriti.
Nella stanza giunge la madre, alla quale chiediamo di raccontarci la sua storia:"Siamo profughi dal 1948, un giorno arrivarono nella nostra casa a Jaffa e ci dissero che dovevamo lasciare tutto in fretta ma solo per una settimana. Abbiamo lasciato la maggior parte delle nostre cose li. Non siamo piu' ritornati.Dopo varie peregrinazioni per la Palestina siamo arrivati qua. Io non so perche' sia successo tutto questo, prima vivevamo bene assieme......"
Il secondo incontro e' ancora piu' duro: una famiglia di un ragazzo di ventisette anni ucciso nello stesso giorno in cui i volontari erano stati ferititi. Il dolore della madre e il profondo senso di vuoto che si sentiva in quella casa, dove ovunque c'erano manifesti che ritraevano il figlio, e' qualcosa difficile da dimenticare.