Le "parole" di Fini



Anche l'ultima sortita di Fini sulle radici fasciste del suo partito è
stata nuovamente accolta con una retorica di consensi, a destra e sinistra,
che nuoce all'intelligenza prima ancora che alla politica.
Trasmetto l'ultimo articolo di Michele DI SCHIENA che argomenta il dissenso
svelandone l'ennesima operazione di facciata.
Chiunque volesse utilizzare l'articolo per confrontarsi o volesse
diffonderlo è autorizzato.
Giancarlo CANUTO A SINISTRA Movimento Politico Antiliberista Brindisi



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LE "PAROLE" DI FINI

   Il centrosinistra politico e quello culturale dei tanti commentatori ed
opinionisti avevano qualche settimana addietro commesso l'errore di
attribuire alla sortita dell'on.le Fini sul voto agli immigrati un rilievo
che certo non meritava. Si trattava infatti, come ha poi confermato il
disegno di legge costituzionale che ad essa ha fatto seguito, di una
iniziativa essenzialmente propagandistica che non poteva in alcuno modo
alleggerire l'odioso carico di pregiudizi, di rifiuti e di offese alla
dignità umana che la legge Bossi-Fini sta riversando sull'umanità dolente
degli stranieri non comunitari che miseria e guerre spingono sul nostro
territorio. Errore questo che si è ripetuto con diabolica perseveranza
all'indomani della svolta "antifascista" operata in Israele dal leader di
AN che ha definito nefande le leggi razziali del '38 ed ha condannato il
fascismo come "male assoluto".
   E' invero un errore quello di porre al centro del dibattito politico le
ormai frequenti dichiarazioni "democratiche" e "moderate" di Fini così come
dare peso alle sparate di Bossi, alle rivalità tra il leader della Lega e
quello di AN, alle compassate esternazioni "terziste" dell'on.le Casini,
alle ricercate battute ed ai semplicistici sillogismi di Follini, ai
contrasti e alle convergenze all'interno della maggioranza, agli equilibri
ed ai riassetti nella Casa delle libertà e alle ipotesi sul futuro politico
del cavaliere. E' un penoso rito "antico ed accettato" che era in voga
nella peggiore prima repubblica e che serve oggi a distogliere l'attenzione
della gente dai gravi problemi del Paese a tutto vantaggio di una
maggioranza che giorno dopo giorno li aggrava e che in alcune sue
componenti veste i panni di coscienza critica per rubare la scena
all'opposizione ed appannarne la visibilità.
   Una maggioranza questa che mortifica la coscienza democratica del Paese
operando scelte ed adottando provvedimenti di enorme gravità: dalla legge
sul falso in bilancio alla legge Cirami, dalla riforma che precarizza
all'estremo il lavoro alle politiche di attacco ai salari e alle pensioni
che stanno provocando impoverimenti di massa, dalle riforme costituzionali
che rischiano di frantumare il Paese aggravandone gli squilibri alla
riforma della giustizia e dell'ordinamento giudiziario rivolta a colpire la
libertà e l'autonomia della magistratura, dalla politica sanitaria che
indebolisce il servizio pubblico per privilegiare il privato ad una riforma
scolastica che applica all'istruzione la medesima logica, dalla
incostituzionale legge Gasparri che consolida ed ingigantisce lo strapotere
berlusconiano sull'informazione ad una politica estera dissennata e servile
che giustifica la guerra di Bush contro l'Iraq e disastrosamente coinvolge
in essa i nostri militari ed il nostro Paese.
   Ma torniamo alle parole di condanna del fascismo pronunciate da Fini a
Gerusalemme per chiederci se questa sua ultima sortita si possa considerare
in qualche modo una vera svolta. A ben guardare si è trattato di parole e
solo di parole perché le decisioni e i fatti contraddicono quelle parole e
stanno a dimostrare che vi è nella sostanza continuità culturale e politica
tra le scelte che fece a suo tempo "la casa del padre" e quelle che fa oggi
"la casa dei figli" con una determinazione che non lascia intravedere, se
non agli ingenui, apprezzabili cambiamenti di rotta. Si rassicurino perciò
la Mussolini, Storace e Tremaglia: la satira pessimistica di un vecchio
adagio dice che Dio ha dato agli uomini la parola perché possano nascondere
il loro pensiero. E della parola, dopo un lungo tempo di sostanziale
silenzio, il vice presidente del Consiglio si sta ora servendo a dismisura
per accreditare la sua immagine ed indirettamente quella del centrodestra.
   C'è allora da chiedersi quali politiche avrebbe messo in atto oggi quel
fascismo del "padre" in una situazione interna ed internazionale
radicalmente mutata. Non avrebbe certo pensato di fare qualche marcia su
Roma, né di usare come mezzi persuasivi l'olio di ricino ed il manganello e
neppure di mandare tranquillamente a casa il Parlamento così come non
avrebbe inseguito il sogno dell'impero, non si sarebbe vantato di poter
"spezzare le reni" a qualche vicino stato europeo e non avrebbe costituito
un "asse" con la Germania di Schroeder per fare a mezzo mondo, Stati Uniti
compresi, una guerra disastrosa pensando di vincerla. Oggi quel fascismo
avrebbe invece fatto più o meno ciò che sta facendo questo governo di Fini
e di Berlusconi: avrebbe colpito diritti essenziali, avrebbe cercato di
mortificare i sindacati, avrebbe tentato di mettere sotto controllo i mezzi
di informazione, avrebbe puntato ad indebolire la magistratura, si sarebbe
adoperato per criminalizzare il dissenso e per reprimere la protesta
mandando anche qualche gerarca nelle caserme dei carabinieri per seguire da
vicino le operazioni a tal fine disposte, sarebbe stato ostile non agli
ebrei d'Israele amici degli americani ma agli arabi che si oppongono
all'egemonia occidentale, avrebbe considerato superiore ("uber alles") la
nostra civiltà ed inevitabile lo scontro fra civiltà, si sarebbe legato a
doppio filo al carro di Bush ed avrebbe condiviso la guerra preventiva
trascinando in essa il nostro Paese e stracciando l'art. 11 della
Costituzione repubblicana.
   Chissà perché viene alla mente la saggezza evangelica, illuminante anche
in ambiti diversi da quello propriamente religioso, per la quale i falsi
profeti vanno riconosciuti dai loro frutti. Forse perché i frutti rovinosi
di certe politiche sono oggi davvero sotto gli occhi di tutti.
   Brindisi, 4 dicembre 2003
Michele DI SCHIENA