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L’ONU DAL BASSO




L’Assemblea dei Popoli dell’ONU, che da cinque anni precede la Marcia Perugia-Assisi, era in quest’anno 2003 dedicata al ruolo dell’Europa nella divaricazione prodotta dalla guerra all’Irak tra le posizioni dell’ONU e quelle degli USA.

Tema grande che coinvolge la prospettiva del mondo e in cui gli Stati europei sono ancora drammaticamente divisi tra i fedeli seguaci dell’impero americano e i difensori di un mondo più articolato e libero nel quadro della solidarietà, impersonato dall’ONU.

Questo tema è stato l’argomento principale del dibattito, molto più che il futuro dell’Europa, così condizionato dalla posizione pro e contro l’impero dei vari governi e movimenti politici europei.

Dalla voce dei popoli del terzo mondo è uscito a Perugia uno schieramento unanime contro l’impero e in favore della giustizia, della libertà, della fraternità, dell’eguaglianza, dei valori illuministi che noi abbiamo suscitato e che noi abbiamo rinnegato.

Al di là dello spettacolo straordinario e unico offerto dalla presenza e dai discorsi dei rappresentanti di tanti popoli, uno spettacolo che meriterebbe di essere diffuso dai media in tutti gli angoli più lontani del pianeta, la qualità degli interventi, la ricchezza degli argomenti sono stati all’altezza dei più celebrati consessi umani.

I Popoli hanno dimostrato che la terra, malgrado le atroci divisioni fra ricchi e poveri, tra potenti e indifesi, fra uomini e donne, è entrata, anche per merito delle tecnologie di comunicazione, nella fase di interdipendenza e di collaborazione, auspicata e intravista da tanti grandi rivoluzionari, compresi Gandhi e Capitini, i propagatori della nonviolenza.

Abbiamo negli occhi il cittadino del Togo, che confrontava i vecchi italiani, ben vestiti e motorizzati, con i vecchi del suo paese, scalzi e sorretti da bastoni, e chiedeva fatti per superare questa ineguaglianza.

Sentiamo ancora l’appello del cittadino del Ruanda che supplicava di fermare la produzione e il commercio di quelle armi con cui hanno massacrato milioni di poveri del suo paese.

Aveva ragione la cittadina del Perù che rinfacciava ai coloni cristiani la distruzione della sua cultura e chiedeva un mondo in cui tutte le culture collaborassero alla felicità di tutti.

Dobbiamo accogliere l’appello della cittadina statunitense, contraria a Bush, di favorire il gemellaggio delle città europee con le "Città della pace" presenti e associate negli USA, per rinforzare l’opposizione all’impero nella sua terra, ancora piena di poveri e di indifesi.

E’ un dovere delle donne e degli uomini di tutti i paesi aiutare con qualsiasi mezzo le donne di Haiti, sottoposte a una società maschilista di rapimenti e violenze quotidiane.

Ha ragione il giovane che lavora per la pace e la convivenza nel Kossovo a denunciare l’odio che divide e uccide ancora serbi e albanesi, nel cuore dell’Europa e a dispetto delle bombe intelligenti che gli abbiamo scaricato addosso.

Oggi lo sappiamo e ce ne vergogniamo che nel Benin esiste ancora la poligamia, che l'ultima moglie costringe le precedenti alla schiavitù, che le mogli sono costrette a sposare il fratello del marito defunto.

I figli sono invece utilizzati, fin dai primi anni, a lavorare nelle miniere.

Stessa condizione denunciata dalla cittadina boliviana, dove il corpo delle donne è considerato un territorio di conquista violenta per i maschi di ogni categoria.

A due passi da noi, la cittadina algerina ha raccontato gli orrori delle stragi compiute dai fondamentalisti religiosi, le cui prime e facili vittime sono le donne e i bambini.

Un quadro di povertà, di fame, di bassi livelli d’istruzione, d’informazione, di assistenza sanitaria, di partecipazione politica, di larga presenza di soprusi militari e oscurantismi religiosi, ma illuminato da questa avanguardia di donne e uomini, ribelli e fiduciosi nel futuro, ricchi di sapere e di proposte, aperti alla collaborazione con il mondo, contrari allo sfruttamento dei loro paesi, disponibili a una lotta in comune con i movimenti internazionali, schierati in maggior parte per la soluzione nonviolenta dei problemi.

Quello che mancava vistosamente nell’Assemblea era proprio la voce, la proposta, le idee della nonviolenza teorica, politica, organizzata, che in Italia esiste ma che ci è sembrata colpevolmente lontana da quel terreno così pronto ad accogliere i suoi semi.