presidio di pace a nablus



Non ci abituiamo.
Non è la prima volta che ci troviamo ai check point: abbiamo atteso, protestato
ed osservato tante altre volte, ma è impossibile rassegnarsi a ciò che vi
accade.
O forse è la novità del check point minore 
a lasciarci un senso di profonda, ulteriore, indignazione.
Partiamo in ambulanza come da programma con Danilo 
e due medici, una volontaria ed un autista del Medical Relief 
per raggiungere i villaggi sulle colline intorno a Nablus.
Si tratta di semplici piccoli paesi di contadini, in zone bellissime, raggiungibili
normalmente in 10` di auto dalla citta`.
La chiusura delle strade e la presenza dei Check point fa si che si impieghino
ore (con esiti mai certi) e si percorrano KM per raggiungere lo stesso scopo.
Che nel nostro caso e` allestire un ambulatorio per mezza giornata presso
la scuola del paese di Iraq Burin, visto che le persone non si possono recare
dal medico o all`ospedale se non impiegando molto tempo, rischiando di essere
respinti, pagando taxi e facendo lunghi tratti a piedi.
Lo verificheremo di persona: al check point di Beit Iba i soldati ci fermano,
c`e` un gruppo di ragazzi e qualche adulto accucciato su un mucchio di terra,
sotto il sole implacabile di queste zone.
Ci dicono che sono gli arrestati quotidiani, i fermati che non sanno se
potranno proseguire, quanto tempo staranno li`, se saranno portati altrove
per controlli o arresto  vero e proprio.
Non c`e` nessuna ragione, nessuna azione in corso, nessuna provocazione.
Solo giovani che tentano di muoversi nel loro territorio.
O forse e` questa la provocazione?
Proseguiamo abbastanza agilmente senza intervenire 
perche` lo scopo e` un altro.
Ci accorgiamo di essere nell`unico mezzo in circolazione per quella strada
che si fa sempre piu` stretta, dissestata, in salita.
Ci dicono che non e` possibile alle auto transitare e che le persone devono
percorrere a piedi un tratto che ci sembra infinito, soto il sole cocente,
con bambini e pesi di vario tipo.
In effetti e` cio` che vediamo da li` a poco.
La strada e` stata sfondata dai tanks, il percorso e` accidentato, il panorama
dolce e mosso ci fa sentire ancora piu`la follia della situazione.
Spuntano due soldati giovanissimi da una curva, vicino a loro dei ragazzini
vengono allontanati, strattonati, alcune donne respinte.
Cosi`, nel nulla, tra gli ulivi, si appostano i soldati e compaiono (pare
coperti da cecchini tra gli alberi) per filtrare o bloccare ulteriormente
movimenti quasi impossibili dei Palestinesi nelle loro campagne.
Un altro check point ad un tornante> altro gruppo di donne e uomini accucciati
nella polvere in attesa di un arbitrario segnale di passaggio.
O di respingimento.
Eppure stanno li`, sotto il sole, aspettano, qualcuno discute 
e viene ricacciato indietro in malo modo.
Gli sguardi ed i commenti dei nostri compagni di viaggi sono pieni di sentimenti
contradditori, come i nostri: rabbia, orgoglio, coscienza della propria
capacita` di resistenza, senso di ingiustizia.
Si sfogano parlando con noi e raccontandoci 
aneddoti che preferiremmo non sentire.
Ognuno dispone di aneddoti, storie, testimonianze incredibili, ma sappiamo
che non c`e` bisogno di inventare nulla: la realta` e` sotto i nostri occhi
oggi e lo e` stata in altri momenti.
Una donna anziana e con difficolta` di movimento viene caricata di peso
su un mulo per andare oltre il blocco, la scena e` 
paradossale, umiliante, tristissima.
E` difficile incrociare lo sguardo di persone obbligate a vivere cosi`,
si sente un profondo disagio.
Ancora una volta sopprimiamo il forte desiderio di scendere dall`ambulanza
e discutere, parlare, litigare...fare qualcosa.
Per non compromettere la nostra missione di quel giorno (in fondo siamo
ospiti del M. Relief) seguiamo disciplinatamente cio` che fanno gli altri:
si prosegue e si allestisce l`ambulatorio, questo e` l`obiettivo.
Una volta arrivati capiamo che e` la cosa giusta da fare.
In pochi minuti allestiamo un ambulatorio con distribuzione di farmaci,
visite
generali, vistite piu` approfondite in una stanza a parte.
Una sala d`aspetto dove cominciano ad affluire persone, dove le donne
portano i bambini, dove gli uomini si raggruppano per discutere, dove gli
anziani vengono accompagnati dai piu` giovani.
E` notevole il ruolo dei medici nei confronti della popolazione: sono disponibili,
rassicuranti, infondono ottimismo, discutono,..
Sembra evidente la funzione sociale di questo intervento di carattere sanitario:
gli abitanti del villaggio non sono soli e dimenticati, un po` di societa`
palestinese esiste e cerca di tenersi in collegamento sulle cose indispensabili,
non c`e` un totale isolamento, questi medici faranno di tutto per tornare
dalle madri con 14 (!!) figli, dai bambini col male ai denti, dagli anziani
che si confidano con discrezione e dignita`.
Veniamo a sapere che il giorno che precede la visita della Clinica Mobile
gli abitanti vengono avvisati col megafono in modo da sapere che possono
recarsi alla scuola.
Almeno tre volte alla settimana medici e volontari caricano i farmaci e
partono,
senza sapere se e quando arriveranno ai villaggi.
Dopo qualche ora e qualche the che non si puo` rifiutare (non in Palestina)
partiamo per rientrare a Nablus e raccogliamo una donna che per andare a
lavorare deve fare ogni giorno 12 km a piedi.
Mostra il suo volto insolitamente abbronzato per le donne di qui: 
e` il sole delle strade di tutti i giorni.
Al check point un soldato che non stonerebbe in un film con Silvester Stallone,ci
apostrofa in malo modo, sostiene che non abbiamo motivo di stare in quell`ambulanza,
le nostre ragioni e il nostro inglese non lo soddisfano, 
la ?carta? che abbiamo non gli interessa.
E` provocatorio ed aggressivo.
Danilo tenta di spiegarsi, ma non c`e` disponibilita` a capire.
Un medico risponde piccato, l`altro ironizza col soldato sul suo nervosismo,
l`autista freme.
Dopo tante parole inutili e qualche ulteriore scena ci fa passare.
Non si puo`mai sapere cosa valga la pena dire ai soldati: un girno passi
se sei turista, il giorno dopo se ti manda la Chiesa, altre volte si passa
e basta o non si entra e basta, domani entreranno forse i cantanti rock,

ma non gli svizzeri del Canton Ticino..
Non c`e` regola, non c`e` diritto.
Lo sappiamo, ma ci indigniamo perche` pensiamo al momento, alla Road map,
alle parole spese sulla pace, al ritiro di alcuni carri armati che e` ben
lontano dal rappresentare la fine dell`occupazione.
capiamo meglio cio` che amici palestinesi ed israeliani ci hanno detto a
Gerusalemme: quersto non e` un vero processo di pace, pare una sceneggiata,
per la gente non cambia nulla, i fatti che devono realizzarsi sono altri.
Di cio` discuteremo ancora, qui e in Italia, ma e` certo che oggi tocchiamo
con mano la necessita` di ripensare alla presenza degli internazionali,
che
ogni qualvolta immaginano e provano a praticare qualche forma di solidarieta`
politica o umanitaria, trovano nel giro di poco l`anticorpo israeliano volto
a debellarla.
Discuteremo col Medical Relief sull`opportunita` di continuare il lavoro
sulle ambulanze, non e` detto che la nostra presenza non ostacoli, piu`
che
facilitare come un tempo il loro lavoro.
Ci sono opinioni diverse in merito.
Noi ci stiamo facendo venire alcune idee che comunicheremo in altro momento:
nel frattempo partecipiamo a incontri informali e consultazioni di tutti
i tipi con i volontari, con gli animatori dei Summer Camp (centri ricreativi
estivi per bambini e adolescenti), con la famiglia che ci affitta l`appartamento.

Stante la difficolta` nelle connessioni e l`ora tarda smetto di scrivere,
per stasera.
Sono in un Internet Point in centro, tra fumo di sigarette e narghile, tanti
ragazzi (ovviamente maschi) che giocano al game piu` in voga (combattimenti
tra Palestinesi e esercito israeliano), un caldo soffocante e PC che fanno
sparire le nostre mail (questo e` il terzo tentativo), oltre a connettersi
ed a svolgere le operazioni in tempi biblici.

Ci aggiorniamo domani o piu` tardi, ora corro ad una riunione 
col Dr. G. per le attivita` dei prossimi giorni.
Danilo e Andrea sono gia` la`.

saluti a tutti, vi sappiamo vicini
Barbara


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