Fermiamo la guerra all'Iraq



Care amiche, cari amici,
vi alleghiamo un recente comunicato della Lega per i diritti dei popoli
sulla guerra
Saluti di pace



LEGA
INTERNAZIONALE
PER I DIRITTI
E LA LIBERAZIONE
DEI POPOLI


Organizzazione non governativa
per i diritti umani e dei popoli
riconosciuta dall'ONU e dall'UNESCO



Roma, 26 marzo 2003
Fermiamo la guerra all'Iraq

Questa guerra, come tutte le guerre, va fermata. Il Consiglio di sicurezza
è stato spogliato delle sue prerogative e deve immediatamente riassumere le
funzioni di ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale. In
caso di incapacità del Consiglio di sicurezza,  l'Assemblea generale
dell'Onu deve riunirsi in sessione straordinaria e prendere le misure
necessarie per ristabilire la pace, come già resosi necessario in passato,
ad esempio con la risoluzione n. 377 del 1950, meglio conosciuta come
Uniting for Peace.
E' fuori dubbio infatti che l'attacco anglo-americano all'Iraq sia una
"guerra" e in quanto tale sempre proibita dalla Carta dell'Onu e dal
diritto internazionale. Lo rimane anche se la guerra fosse stata decisa dal
Consiglio di sicurezza, ed in ogni caso l'attacco viola la stessa
risoluzione 1441 del novembre scorso, tanto sbandierata, che anzi affidava
al Consiglio di sicurezza il compito di verificare la cooperazione del
governo iracheno e l'effettiva distruzione delle armi proibite.
Come previsto siamo di fronte a un attacco che non risparmia
(intelligentemente?) il popolo iracheno, già duramente provato da un
embargo ingiusto e inumano. La propaganda di guerra del presidente Bush e
dei suoi alleati pretende giustificare la guerra con il legame organico tra
il regime iracheno e i gruppi terroristici di Al Qaida. Il legame è ancora
da provare, e le prove esibite si sono dimostrate false, fabbricate ad
arte, ridicolizzate perfino da un ex studente universitario.
Quello iracheno è un regime dittatoriale, Saddam Hussein deve poter essere
perseguito, come tutti i dittatori ancora in azione,  dalla Corte penale
internazionale. Ma non si può non denunciare altresì la criminale
complicità degli Stati Uniti e di molti altri paesi nell'aver sostenuto il
regime di Saddam Hussein, e nella fornitura proprio di quelle armi di cui
si è chiesta poi la distruzione. Questi stessi paesi sono rimasti sordi e
insensibili alle denunce della violazione dei diritti fondamentali, da
parte del regime soprattutto nei confronti dei curdi, prodotte dalle
organizzazioni internazionali, dalla Lega per i diritti dei popoli, che ne
ha fatto un impegno costante, e dalle altre organizzazioni internazionali,
davanti alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite e
all'opinione pubblica mondiale.
Questa guerra deve essere fermata immediatamente, come pure deve essere
fermato ogni tentativo degli stati vicini, e in modo particolare delle
Turchia, di invadere il territorio iracheno. Deve essere inoltre arrestato
ogni tentativo di occupazione militare del territorio. Il popolo iracheno,
come tutti i popoli, ha il diritto ad autodeterminarsi decidendo, senza
pressioni dall'esterno, il proprio statuto politico.
Deve cessare anche il sostegno del governo italiano. L'appoggio politico e
diplomatico all'attacco anglo-americano e la concessione anche "solo"
dell'uso delle basi e dello spazio aereo è una violazione dell'art. 11
della Costituzione che non solo non consente all'Italia di entrare in
guerra, ma ripudia sempre e comunque la guerra come mezzo di soluzione
delle controversie internazionali.  Tale principio non può essere piegato
di fronte a trattati cui l'Italia aderisca, trattati che del resto non
prevedono la rinuncia ai principi  costituzionali. A maggior ragione si
deve fin da ora rigettare ogni ipotesi di partecipazione italiana, comunque
mascherata, alla eventuale occupazione militare del territorio iracheno.
Restiamo convinti che la mobilitazione per la pace debba continuare col
medesimo impegno. Non ci rassegniamo alla guerra, e la determinazione
cosciente e pacifica della stragrande maggioranza della popolazione
italiana e di altri paesi è lo strumento più efficace per costringere i
governi e le Nazioni unite a riassumere le proprie responsabilità verso la
pace.

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