DEBUTTA AL VITTORIA DI ROMA MARTEDI 21 p.v. LO SPETTACOLO SUL G8 DI GENOVA DI PARAVIDINO



DEBUTTA IN PRIMA NAZIONALE AL TEATRO VITTORIA DI ROMA MARTEDí 21 GENNAIO
(REPLICHE FINO A DOMENICA 26 ) IL NUOVO TESTO DI FAUSTO PARAVIDINO "GENOVA
01".

In allegato: comunicato stampa, note dell'autore e di Cristina Pezzoli
(Direttrice Artistica della Produzione).

Per altro materiale:

Saverio Barsanti/ Francesca Marchiani
Associazione Teatrale Pistoiese
Tel. 0573 99161
Fax 0573 34789
e-mail: press at pistoiateatri.it / infoticket at pistoiateatri.it










DEBUTTA IN PRIMA NAZIONALE AL TEATRO VITTORIA FOYER DI ROMA MARTEDÌ 14
GENNAIO (REPLICHE FINO A DOMENICA 2 FEBBRAIO) IL NUOVO TESTO DI PARAVIDINO
"GENOVA 01".

Dopo una serie di studi presentati in vari festival estivi e dopo alcune
anteprime di rodaggio, giunge alla versione definitiva l'ultimo testo di
Fausto Paravidino (la 'scoperta' del teatro italiano degli ultimi anni, già
Premio Ubu, Candoni e Tondelli, di cui Ubulibri ha  appena pubblicato tutta
l'opera): GENOVA 01 ovvero la rilettura teatrale degli avvenimenti relativi
ai fatti del 2001, dal vertice G8 alla morte di Carlo Giuliani.
Il testo fa parte del progetto di produzione "Teatro del Tempo Presente"
dell'Associazione Teatrale Pistoiese diretto da Cristina Pezzoli che vede
in questa stagione presenti a Roma VECCHIE (Vacanze al mare) di Daniele
Segre con Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin (in scena al Piccolo
Eliseo fino al 26 Gennaio) e TOMBA DI CANI di Letizia Russo con Isa Danieli
e la regia di Cristina Pezzoli (in Aprile al Teatro Il Vascello).


GENOVA 01
di Fausto Paravidino

Regia Filippo Dini
con Simone Gandolfo, Nicola Pannelli, Antonia Truppo
Scene, Costumi, Luci e Proiezioni Laura Benzi
Musiche Michele Rabbia e Giovanni Maier

"LO SPETTACOLO SUL G8"

"Genova 01" racconta ciò che avvenne a Genova al di fuori della zona rossa
durante i giorni del G8.
Il teatro non può mai essere mezzo di qualcos'altro, né di un pensiero, né
tanto meno di un'ideologia, può soltanto essere espressione e tramite della
metafora e in essa trova la sua necessità.
Il G8 di Genova è la metafora che raccontiamo.
Non credo in un teatro 'politico', credo invece nella possibilità di un
teatro civile, in quanto portatore di verità.
Genova rappresenta per me, per gli attori, l'autore, la scenografa, un
appuntamento irrinunciabile con l'essere artisti e l'essere uomini ora,
qui, in questo paese, su questo pianeta.
Portare in teatro questa storia significa ricostruire completamente in noi
la necessità stessa della nostra arte oggi, creare i presupposti perché la
tragedia possa trovare liberamente espressione attraverso di noi.
Per fare questo non possiamo far altro che ricercare la verità, la verità
nella nostra arte e la verità nel profondo della materia che trattiamo. Una
ricerca fatta su due binari, che nel nostro lavoro si fondono in un unico
pensiero, ed è per questo che le menzogne di Piazza Alimonda, la
repressione nelle strade, l'assalto alla Diaz, le torture di Bolzaneto
offendono la nostra dignità, fanno a pezzi il nostro senso di giustizia e
impoveriscono i nostri desideri.
Lo spettacolo è la mise en scene di tale ricerca: incessante, senza
pietismo e senza commenti; questa ricerca ossessiva non può avere
ripensamenti, non può avere punti di vista, non si fanno dibattiti sulla
verità; la sua luce ti attrae fino al baratro, dietro al quale si palesa,
nella sua agghiacciante semplicità. E da lì in poi (davvero come Edipo) non
resta che affrontare la pena e la tortura della condanna che ci attendeva
fin dalla nascita.
Rappresentare questo testo, per me è raccontare la lotta antica dell'uomo
contro la dittatura, contro qualsiasi forma di dittatura, da quella
perpetrata negli scontri di Genova a quella quotidiana, nascosta e
apparentemente meno pericolosa dell'uomo contro se stesso. 
Credo che il G8 si possa riassumere in cinque grandi argomenti. Quasi
ricalcando la struttura dei cinque atti shakespeariani, il primo racconta
di come ambo gli eserciti si stanziarono nei rispettivi accampamenti e di
come l'uno cantò e ballò in nome di un altro mondo diverso e possibile,
portando negli occhi quella luce, quel sole che difficilmente avrebbe visto
un tramonto; l'altro osservò con fredda circospezione. Quelle medesime
motivazioni, quella stessa smania per la verità, che già da molto tempo
ormai hanno reso possibili le imprese più straordinarie in tante parti del
mondo, ebbene quei 'sogni' scintillavano ancora negli occhi di quei
valorosi all'alba del secondo giorno e per noi secondo atto, ma ben presto
ebbero a dover resistere, ebbero a dover chiedere coraggio a se stessi e ai
loro cavalieri, che cadevano sotto i colpi della repressione. Questa
giornata è la più difficile da raccontare poiché è la più densa di
avvenimenti, di orari, di immagini, di paura. Questo è l'atto più
propriamente raccontato, più 'narrato' proprio perché ci sono tanti punti
di osservazione e ognuno di loro necessita una collocazione all'interno di
quel caos, che troverà quiete soltanto nel fragore di quei due spari, nel
silenzio di quella morte. Il giorno e atto successivo si aprono con il
rancore e la paura di quelle trecentomila persone che non sono più separate
in tanti gruppi come ieri, oggi sono un fiume, un enorme fiume che viene
bloccato e fatto straripare. Una giornata che si avvia verso la sera con
troppa lentezza, e ancora con pestaggi e violenze. Il quarto atto
rappresenta ciò che non poteva essere né atteso né previsto, come la
foresta in Macbeth si anima e pare prendere vita, così con lo stesso
stupore e terrore credo siano stati accolti i massacratori della Diaz. Di
questa notte si sa poco, abbiamo solo un video che ci fa vedere l'arrivo,
ma cosa sia effettivamente successo lo sanno solo coloro che erano
presenti. Certo abbiamo anche, a testimonianza della tragedia, il sangue,
le fratture, le urla di quella notte. Qui la storia sembra sprofondare
nella tenebra del mistero, si vede sempre meno, e anche la mente sembra non
comprendere più quali siano le logiche che governano l'universo, fino a
perdere completamente coscienza nel quinto e ultimo atto (i fatti di
Bolzaneto) che completa questo viaggio forse catartico (?) all'interno di
ciò che più c'è di oscuro e terrificante nell'animo umano, ovvero il suo
istinto al predominio, alla brutalità, all'odio.

Filippo Dini



Fausto Paravidino

Nato a Genova nel 1976, ha frequentato la scuola di recitazione del Teatro
Stabile di Genova, ha lavorato poi con Lello Arena e Franco Branciaroli, e
per il cinema con Massimo Costa e Pupi Avati, Gianfranco Mingozzi e Guido
Chiesa. Attore, scrittore di teatro e qualche volta regista, ha scritto
otto commedie: Trinciapollo (1996, di cui ha firmato anche la regia
teatrale) Gabriele (in collaborazione con Giampiero Rappa; vincitore della
"3a Rassegna della Drammaturgia Emergente", ora al quarto anno di tournée),
Due Fratelli (Premio Tondelli 1999, e Premio Ubu Novita' italiana 2001),
Tutta Colpa di Cupido (con Giampiero Rappa e Lello Arena), La Malattia
della Famiglia M (Premio Candoni Arta Terme 2000 - sez. opere
commissionate), Natura Morta in un Fosso, Genova 01 (commissionato dal
Royal Court Theatre) e Noccioline - Nuts (commissionato dal Royal National
Theatre). Ha scritto anche per il cinema e la televisione (ha collaborato
come sceneggiatore alla soap opera "Caro Domani") e ha frequentato l'
"International Residency for Playwrights" 2000 presso il Royal Court
Theatre di Londra. Ha collaborato con Radio3 scrivendo alcune puntate di
Teatrogiornale, una fiction quotidiana tra cronaca e finzione, e la
commedia radiofonica Messaggi, della quale ha curato anche la regia.







PERCHÉ GENOVA 01
di Cristina Pezzoli
Direttore Artistico Associazione Teatrale Pistoiese

Quando, quasi un anno fa, Filippo Dini venne a Pistoia a raccontare il suo
progetto su Genova 01 di Fausto Paravidino, erano trascorsi poco più di sei
mesi dai fatti del G8.
Nasceva, spontanea, una preoccupazione: lo spettacolo, se si fosse fatto,
sarebbe andato in scena a Gennaio 2003, cioè in un tempo che avrebbe
imposto di superare una certa impressione di "instant book" che la prima
stesura di Paravidino conteneva per realizzare una visione più complessa e
complessiva di ciò che realmente è accaduto a Genova nel Luglio 2001.
Genova è stata, tra le altre cose, un evento mediatico senza precedenti: un
fiume di immagini professionali e non, è scorso, sotto gli occhi del mondo,
testimoniando, apparentemente senza filtro, la verità.
Ma i pezzi di verità che ciascun filmato o foto propone, o quelli che
ciascun testimone ha visto coi suoi occhi, sono frammenti che chiedono di
essere interpretati perché la verità non è il prodotto meccanico di una
sommatoria.
Per questo ha senso che la scrittura  teatrale si occupi dei fatti di
Genova, la cronaca è già stata raccontata dalle immagini televisive.
È tempo che il teatro torni alla normalità delle sue funzioni: essere un
microcosmo nel quale si agiscono simbolicamente i conflitti del rapporto
necessario e perennemente attuale tra il soggetto e la comunità della quale
fa parte.
In questo anno, in Genova 01 si sono stratificate varie stesure che hanno
articolato quella iniziale. 
Rendere conto del presente è difficile: l'eccesso di vicinanza agli eventi
sui quali non si è ancora consolidato il giudizio della storia provoca
simmetricamente un eccesso di pathos che impedisce, a volte, la lucidità
della visione, ma questo non è un buon motivo per non parlarne.
Il teatro, per ragioni di principio, non di semplice opportunità, è tenuto
a coniugarsi sempre al tempo presente; se non lo fa sbaglia consecutio
temporum e deve correggersi perché il suo discorso abbia senso e direzione.
Il teatro non è luogo di censura politica, ma spazio aperto alla
comunicazione ed al confronto: per questo Genova 01 è diventato la quarta
produzione dell'Associazione Teatrale Pistoiese di questa stagione, nella
convinzione che sia meglio provocare domande e dubbi sul presente, anche in
modo perentorio, tenendo viva la memoria, piuttosto che sigillare con la
lapide del silenzio le idee e le passioni.

Izet Sarajli_, Teoria della distanza

La teoria della distanza l'hanno inventata i dietrologi,
quelli che non vogliono rischiare in niente.

Io appartengo a quelli
che credono che del lunedì
si deve parlare il lunedì;
martedì potrebbe già essere troppo tardi.

Ovviamente è difficile stando in cantina,
mentre sopra cadono le granate,
scrivere poesie.

L'unica cosa più difficile
è non scriverle!

1992







GENOVA 01
Note dell'autore al 2003
di Fausto Paravidino


Genova 01 è una interpretazione a puntate della tragedia. La tragedia segue
ineluttabilmente il suo corso, questo suo tentativo di interpretazione
arriva ora alla sua terza puntata, che potremmo chiamare Genova 03 (Genova
aggiornata al 2003).
Cominciamo da Genova 01. È il 2001, è luglio, non sono a Genova, vengo a
sapere, mi stupisco. Di fronte allo stupore inizio lo studio perché non si
può restare stupiti senza capire. Scopro tantissime persone che stanno
facendo la stessa cosa. Molti percorsi si uniscono. Lo stupore si trasforma
in indignazione, l'indignazione in sofferenza, la sofferenza in esigenza di
comunicazione, di rappresentazione, di testimonianza. Nasce il piccolo
testo Genova 01. è una tragedia di un quarto d'ora in quattro atti. Gli
atti corrispondono a quattro unità, quattro blocchi di tempo e di azione:
il giovedì con la manifestazione tranquilla dei temi del movimento, il
venerdì con la repressione di piazza e la morte di Carlo Giuliani, il
sabato con la repressione di piazza e la Diaz (la repressione che entra in
casa), la domenica (e giorni seguenti) con la caserma di Bolzaneto (la
repressione che fa dei prigionieri). L'oscurità procede di pari passo con
l'avanzare della tragedia: di venerdì abbiamo un'overdose di immagini, la
Diaz la vediamo da fuori, intravediamo qualcosa dalle finestre, sentiamo le
urla. Di Bolzaneto ci sono solo racconti. Genova 01 viene letto in forma di
orazione civile tra il 2001 e il 2002 da un gruppo variabile di 'testimoni'
del proprio stupore, della propria indignazione, del proprio grado di
consapevolezza della tragedia. Hanno testimoniato Iris Fusetti, Fausto
Paravidino, Simone Gandolfo, Carlo Orlando, Aldo Ottobrino, Donatella
Civile, Claudia Coli, Ketty di Porto, Franco Ravera, Nicola Pannelli. Nel
2002 Filippo Dini inizia a lavorare come regista (e attore) su Genova 02.
Genova 02 è (ovviamente) diverso da Genova 01. È passato un anno. La
testimonianza è sempre il cuore centrale dello spettacolo ma non basta più,
è necessaria una nuova interpretazione, politica e artistica, un "senno di
poi". Il testo si arricchisce a mano a mano di nuove testimonianze, di
nuovi punti di vista, un po' vengono da fuori, dai nuovi fatti, dalle nuove
'scoperte' su Genova, e un po' vengono da dentro, dalla partecipazione dei
testimoni che hanno lavorato in Genova 01. In Genova 02 hanno lavorato
Filippo Dini, Antonia Truppo, Simone Gandolfo, Alessia Giuliani, Sara
Bertelà, Iris Fusetti, Laura Benzi, Fausto Paravidino.
Genova 03 è all'inizio del suo viaggio. Si è arricchito dell'esperienza di
Genova 02 ed ha la responsabilità di ricordare il passato e fare il punto
sul presente, sul modo nel quale la repressione continua, sul modo nel
quale il movimento reagisce o non reagisce.
Un paio di coordinate estetiche: metafora e tragedia. Il teatro è il luogo
della metafora, il palcoscenico è la metafora della terra, gli attori sono
la metafora degli uomini, una commedia è una metafora della storia. Di
solito un'idea o un sentimento mi si trasformano in una metafora, una
storia, che diventa una commedia. In Genova 01 non succede perché il G8 a
Genova mi è apparso già in sé come metafora del mondo in questo momento. È
stato un momento di compressione temporale che è avvenuto in un luogo
preciso. Si sono scontrati dei mondi, le persone che erano lì erano
"rappresentanti", rappresentanti del Capitalismo, rappresentanti della
contestazione, rappresentanti della tobin tax, rappresentanti dello Stato,
rappresentanti di se stessi. Ognuno di coloro che si trovavano lì, non si
trovava lì come si trova di solito nei posti: per caso. Si trovava lì per
rappresentare qualcosa. Quindi era una metafora coi suoi personaggi, i suoi
attori, la sua azione. Non si può inventare la metafora della metafora o il
personaggio del personaggio, quindi tutto ciò è 'riferito', non
'interpretato'. Quella di Genova 01 non è una scrittura ma una
trascrizione. Tragedia. Genova è la fine del melodramma e l'inizio della
tragedia. Non nella realtà, nella percezione della realtà. Non di tutti, ma
di molti. C'è chi percepiva la tragedia da prima, c'è che vive ancora in un
melodramma, noi siamo tra quelli che hanno percepito la tragedia con
Genova. Percepire la tragedia vuol dire farla finita con le cazzate,
mettersi nell'ottica di farla finita. Non vuol dire diventare migliori, ma
volerlo sì. La differenza tra la tragedia e il melodramma è che alla fine
della tragedia non cambi canale perché la tragedia sei tu. Continua dentro
di te. Noi facciamo apologia di tragedia, proselitismo tragico, non so se è
reato, spero di no. Se fosse non mi stupirei, si cerca di diventare grandi.

Roma, 13 dicembre 2002