Il COS in rete



 

Il Centro di Orientamento Sociale fondato da Aldo Capitini nel 1944 offre uno spazio aperto per la riflessione sulle proposte capitiniane del liberalsocialismo, del controllo dal basso e della nonviolenza attiva per costruire una società aperta al potere di tutti, una religione aperta, una educazione aperta.


NONVIOLENZA ATTIVA E DIFESA DELLA PACE

A CHI SERVE LA VIOLENZA IN PALESTINA?


Ritorniamo con piacere al tema di Nevé Shalom con l'occasione di un articolo di Bruno Segre apparso nel n.9 di novembre 2002 della rivista "Argomenti".

Ricorda Segre:
"Situato in Israele su una collina a metà strada fra Gerusalemme e Tel Aviv, il villaggio ha due nomi Nevé Shalom in ebraico, Wahat al-Salam in arabo che significano oasi di pace.
Si tratta di una piccola realtà: venticinque famiglie di ebrei e venticinque famiglie di palestinesi, in tutto centosessanta uomini e donne, che da poco meno di trent'anni coabitano e lavorano gomito a gomito.
Con orgoglio, essi considerano Nevé Shalom/Wahat al-Salam la loro casa comune.
Ma per quanto condotta in termini civili e democratici, la cogestione del villaggio non è sinonimo di idillio o di assenza di tensioni e di problemi.
I membri della comunità, infatti, pur condividendo la cittadinanza (anche gli abitanti arabi dei villaggio sono cittadini israeliani), fanno riferimento a universi etnico-culturali che sono storicamente in conflitto.
Detto ciò, da molti anni gli abitanti, ebrei e arabi, crescono e educano in comune i loro figlioli, e per fare ciò hanno messo a punto un sistema scolastico che in Israele e nell'intero vicino oriente costituisce un unicum, e che da vari anni è fonte d'ispirazione per molte iniziative avviate in luoghi abitati da gruppi etnici in conflitto: per esempio Cipro, la Macedonia, il Kosovo, l'Irlanda del Nord.
li prodotto d'elezione di Nevé ShalomlWahat al-Salam è educazione, e in particolare educazione alla pace.
E nell'ultimo anno e mezzo, da quando israeliani e palestinesi hanno avviato l'attuale stagione della violenza, con tragici picchi di guerra guerreggiata, il villaggio è diventato il punto di riferimento per incontri e consultazioni fra molte delle organizzazioni impegnate a riannodare il dialogo e a promuovere la pace…"

L'antisemitismo che, mascherato da antimperialismo, dal 1948 acceca la sinistra sul problema Palestina è ancora fermo alla giusta lotta armata dei poveri arabi contro i ricchi americani.
Le bandiere dei Kamikaze palestinesi sfilano nei cortei dei movimenti e invano i nonviolenti supplicano i palestinesi e i loro amici di gettare i fucili e armarsi della nonviolenza, sicuramente capace di risolvere i problemi, a patto che ci si incontri come a Nevé Shalom e non si voglia sterminare o cacciare l'ultimo israeliano in nome di Allah.

Siamo fiduciosi ma purtroppo aspettiamo ancora dai movimenti una condanna dei criminali attentatori al Kibbutz di Metzer.
"…Un atto criminale quanto vile…." Scrive il corrispondente da Gerusalemme del "Corriere della Sera" del 12 novembre 2002.
"…Che riempie di collera come non mai gli israeliani e offende gli arabi dei villaggi vicini venuti subito a portare le condoglianze.
Metzer non è una colonia, non è nata su terra occupata.
No, era ed è un esempio di convivenza.
Per anni le insegnanti delle scuole israeliane hanno condiviso le esperienze con le
colleghe arabe.
I ragazzi hanno giocato a calcio insieme.
I contadini si sono scambiati i segreti dei campi.
Un fragile laboratorio di pace sopravvissuto ai tanti scossoni della crisi…