Sul Tribunale Internazionale dell'Aia



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Date sent:      	Mon, 05 Jun 2000 10:50:42 +0200
From:           	Coordinamento Romano per la Jugoslavia <crj at sigmasrl.it>
To:             	crj <crj at sigmasrl.it>
Subject:        	Sul tribunale antijugoslavo "ad hoc" dell'Aia / 1.



I seguenti articoli sono usciti su "Il Manifesto" del 27 e 28
Maggio 2000:


 La mossa di guerra dell'Aja

 Louise Arbour, incriminando il 20 aprile 1999 al Tribunale
 dell'Aja la leadership di Belgrado, impedì una soluzione
 negoziale e legittimò i bombardamenti aerei Nato e i target
 civili

 CHRISTOPHER BLACK, EDWARD S. HERMAN * *

 Tra i molti paradossi della guerra della Nato contro la
 Jugoslavia c'è il ruolo del Tribunale criminale
 internazionale e della sua ex procuratrice generale, Louise
 Arbour, eletta dal primo ministro canadese Jean Chretien
 all'Alta Corte del Canada nel 1999. Quel premio si
 giustifica interamente per i servizi politici resi alle
 potenze della Nato, ma è una monumentale presa in giro se
 si considera la questione della corretta amministrazione
 della giustizia. In realtà, poiché Arbour e il suo
 Tribunale hanno giocato un ruolo chiave nel favorire
 crimini di guerra, ci sono eccellenti motivi per sostenere
 che in un mondo giusto Arbour si troverebbe sul banco degli
 imputati piuttosto che nella veste di giudice.
 Il momento della verità per Arbour e il Tribunale è venuto
 nel mezzo della campagna di bombardamenti della Nato contro
 la Jugoslavia durata 78 giorni, quando Arbour è apparsa una
 prima volta in una conferenza stampa del 20 aprile 1999
 insieme al ministro degli esteri britannico Robin Cook per
 ricevere da lui la documentazione sui crimini di guerra
 serbi. Successivamente, il 27 maggio, Arbour ha annunciato
 l'incriminazione del presidente serbo Slobodan Milosevic e
 di quattro suoi collaboratori per crimini di guerra.
 L'inappropriatezza di questo comportamento da parte di un
 organo presumibilmente giudicante nel mezzo della guerra in
 Kosovo, e mentre la Germania, la Russia ed altre potenze
 stavano cercando di trovare una soluzione diplomatica al
 conflitto, è sconcertante.

 La mossa dell'Aja

 Quando è apparsa il 20 aprile 1999 con Cook, Arbour ha
 affermato che "sarebbe inconcepibile... che noi di fatto
 accettassimo di essere guidati dalla volontà politica di
 coloro che possono voler promuovere un'agenda (lista di
 incriminati?)". Ma la sua apparizione con Cook e le
 incriminazioni che sono seguite corrispondevano
 perfettamente ai bisogni dell'"agenda" della leadership
 della Nato. Le critiche ai bombardamenti Nato, sempre più
 intensi e orientati a colpire le infrastrutture civili,
 erano andate aumentando, e nei media britannici Blair e
 Cook accusavano i loro critici di insufficiente entusiasmo
 per la guerra. L'intervento di Arbour e del Tribunale, che
 dichiarava la leadership serba colpevole di crimini di
 guerra, era una mossa nel campo delle pubbliche relazioni
 che giustificava la politica della Nato e contribuiva a
 permettere la continuazione e l'escalation dei
 bombardamenti. Questo è stato osservato ripetutamente dai
 leader e dai propagandisti della Nato: Madeleine Albright
 ha rilevato che le incriminazioni "chiariscono al mondo e
 al pubblico dei nostri paesi che questa [politica della
 Nato] è giustificata dai crimini commessi, e penso anche
 che essa ci permetterà di continuare a portare avanti tutti
 questi processi [cioè i bombardamenti]" (Cnn, 27 maggio).
 Il portavoce del Dipartimento di Stato James Rubin ha
 affermato che "questo passo senza precedenti... giustifica
 nel modo più chiaro possibile quanto abbiamo fatto negli
 ultimi mesi" (Cnn Morning News, 27 maggio).

 I reati più gravi

 Anche se il Tribunale era insediato sin dal maggio 1993, e
 le atrocità più gravi nelle guerre jugoslave sono avvenute
 durante il disintegrarsi della vecchia Federazione, dal
 giugno 1991 e durante i colloqui di pace di Dayton alla
 fine del 1995, nessuna incriminazione era stata emessa
 contro Milosevic, per nessuna di quelle atrocità.
 L'incriminazione del 27 maggio si riferisce esclusivamente
 a 241 morti di cui si è avuto notizia nei primi mesi del
 1999. Tale incriminazione appare preparata frettolosamente
 in risposta a qualche bisogno urgente. Il 20 aprile Arbour
 aveva persino detto di avere "fatto visita alla Nato" per
 "dialogare con potenziali fornitori di informazioni al fine
 di dare vita a un sostegno senza precedenti, di cui il
 Tribunale ha bisogno se vuole attuare il suo mandato in una
 cornice temporale tale da renderlo rilevante per la
 risoluzione del conflitto... di dimensioni adeguate a ciò
 che in Kosovo sta attualmente avvenendo". Ma la sua azione
 ha impedito una soluzione negoziata, anche se ha
 contribuito ad accelerare una soluzione attraverso
 l'intensificarsi dei bombardamenti.
 La stessa Arbour ha osservato: "Sono preoccupata
 dell'impatto che questa incriminazione può avere sul
 processo di pace", e ha detto che sebbene le persone
 incriminate abbiano "diritto alla presunzione di innocenza
 fino alla condanna, le prove su cui si basa questa
 incriminazione sollevano seri dubbi sulla loro adeguatezza
 ad essere garanti di qualunque intesa, per non parlare di
 un accordo di pace". (Cnn Live Event, Special, 27 maggio).
 In questo modo Arbour non solo ha ammesso di essere
 consapevole del significato politico della sua
 incriminazione, ma ha anche suggerito che la sua possibile
 interferenza con eventuali sforzi diplomatici era
 giustificata perché le persone incriminate, sebbene non
 ancora dichiarate colpevoli, non sarebbero state adeguate a
 negoziare. Questo giudizio politico largamente
 extragiudiziario, insieme al momento scelto per le
 incriminazioni, indica il ruolo altamente politico di
 Arbour e del Tribunale.

 Il controllo del Tribunale

 Il servizio reso da Arbour alla Nato con l'incriminazione
 di Milosevic è stato l'esito logico della finalità e del
 controllo de facto del Tribunale. Esso è stato istituito
 dal Consiglio di sicurezza all'inizio degli anni '90 per
 servire agli scopi della politica nei Balcani dei suoi
 membri dominanti, specialmente gli Usa. (Cina e Russia li
 hanno seguiti come partner silenziosi e impotenti, a quanto
 pare in cambio di concessioni economiche). E il suo
 finanziamento e la sua relazione funzionale di
 interdipendenza con le principali potenze Nato ne hanno
 fatto uno strumento della Nato.
 Sebbene, secondo l'art. 32 del suo Statuto, le spese del
 Tribunale devono essere previste nel budget generale
 dell'Onu, questa clausola viene regolarmente violata. Negli
 anni 1994-1995 il governo Usa ha elargito al Tribunale
 700.000 dollari in contanti e 2,3 milioni di dollari in
 attrezzature (mentre evitava di fare fronte al suo debito
 con le Nazioni Unite, cosa che avrebbe permesso loro di
 finanziare il Tribunale). Il 12 maggio 1999 la giudice
 Gabrielle Kirk McDonald, presidente del Tribunale, ha
 dichiarato che "il governo degli Stati Uniti ha accettato
 molto generosamente di dare 500.000 dollari [per un
 progetto "Outreach"] e di aiutare a incoraggiare altri
 stati a contribuire". Molte altre agenzie governative e non
 governative con sede negli Usa hanno fornito risorse al
 Tribunale.

 Indipendenza violata

 L'articolo 16 dello Statuto del Tribunale stabilisce che il
 procuratore agisca in modo indipendente e non cerchi o
 riceva istruzioni da alcun governo. Anche questa sezione è
 stata sistematicamente violata. Le fonti Nato hanno
 regolarmente avanzato proteste suggerendo la loro autorità
 sul Tribunale: "Decideremo se le azioni della Jugoslavia
 contro le persone di etnia albanese costituiscono un
 genocidio" dichiara un foglio informativo dell'Usia (United
 States Information Agency), e nella conferenza stampa
 tenuta insieme a Arbour il 20 aprile Cook ha dichiarato:
 "Concentreremo la nostra attenzione sui crimini di guerra
 che vengono commessi in Kosovo e siamo determinati a
 consegnare i responsabili alla giustizia", come se lui e
 Arbour fossero un team che decide insieme, e in
 collaborazione, chi debba essere accusato dei crimini di
 guerra, ed ovviamente escludendo sé stesso dai potenziali
 accusati. Precedentemente, il 31 marzo, due giorni dopo che
 Cook le aveva promesso informazioni utili a sostenere
 accuse in merito ai crimini, Arbour aveva annunciato
 l'incriminazione di Arkan.
 I funzionari del Tribunale si sono persino vantati del
 "forte sostegno dei governi interessati e di singoli
 individui come la segretaria di stato Albright", citata poi
 come "madre del Tribunale" (da Gabrielle Kirk McDonald). In
 una conferenza stampa del settembre 1999 la procuratrice
 generale succeduta ad Arbour, Carla Del Ponte, ha
 ringraziato l'americana Fbi per aver aiutato il Tribunale,
 ed ha espresso ringraziamenti per "l'importante sostegno
 che il governo degli Stati Uniti ha fornito al Tribunale".
 La stessa Arbour ha informato personalmente Clinton
 dell'imminente incriminazione di Milosevic due giorni prima
 del resto del mondo, e nel 1996 la procuratrice si era
 incontrata con il segretario generale della Nato e il suo
 comandante supremo per "stabilire contatti e cominciare a
 discutere le modalità di collaborazione e assistenza". Tra
 procuratore e Nato, a cui è stata affidata la funzione di
 gendarme del Tribunale, si sono svolti molti altri
 incontri. Anche nella raccolta dei dati, il procuratore è
 stato fortemente dipendente dalla Nato e dai governi Nato,
 il che ancora una volta rimanda alla relazione simbiotica
 fra il Tribunale e la Nato.
 Le potenze della Nato hanno concentrato la loro attenzione
 quasi esclusivamente sul comportamento scorretto dei serbi
 nel corso della loro partecipazione alla frammentazione
 della Jugoslavia, e il Tribunale ha seguito la scia della
 Nato. La gran parte delle incriminazioni del Tribunale si
 riferivano a serbi, e quelle, pochissime, dirette contro
 croati e musulmani sono spesso sembrate essere state fatte
 al momento giusto per controbattere ad accuse di
 pregiudizio anti-serbo (ad esempio, la prima incriminazione
 non serba [Ivica Rajic], annunciata durante i colloqui di
 pace a Ginevra e il bombardamento della Nato nel settembre
 1995).

 L'agenda atlantica

 La stessa Arbour ha affermato (20 aprile) che "il vero
 pericolo è quello di cadervi [nel seguire l'agenda politica
 di qualcuno] inavvertitamente, essendo nelle mani di
 fornitori di informazioni che potrebbero avere una loro
 agenda che noi dovessimo non essere in grado di
 riconoscere". Ma anche un imbecille si sarebbe potuto
 accorgere che la Nato aveva un'agenda e che semplicemente
 accettare la marea di documenti offerti da Cook e Albright
 comportava seguire attentamente quella agenda. Arbour ha
 persino riconosciuto la sua volontaria e quasi esclusiva
 "dipendenza... dalla buona volontà degli stati" per fornire
 informazioni che "guideranno la nostra analisi del contesto
 criminale". E il suo riferimento del 20 aprile alla
 "moralità dell'impresa [della Nato]" e le sue osservazioni
 sulla possibile mancanza di carattere da parte di
 Milosevic, che lo renderebbe inidoneo alle negoziazioni,
 così come la sua prontezza ad aiutare la Nato con
 un'incriminazione, rimandano a un servigio politico inteso
 in modo piuttosto chiaro.

 E la pulizia contro i serbi?

 In una drammatica esemplificazione del pregiudizio di
 Arbour e del Tribunale, un rapporto del Tribunale stesso
 intitolato "The Indictment Operation Storm: A Prima Facie
 Case" descrive i crimini di guerra commessi dalle forze
 armate croate con l'espulsione di più di 200.000 serbi
 dalla Krajina nell'agosto 1995, durante la quale "almeno
 150 serbi hanno subìto esecuzioni sommarie, e molte
 centinaia di loro sono scomparsi". Questo rapporto, fatto
 trapelare al New York Times (con la costernazione dei
 funzionari del Tribunale), ha affermato che gli omicidi ed
 altri atti disumani commessi da croati erano "diffusi e
 sistematici", e che era disponibile "materiale sufficiente"
 per chiamare a risponderne in base al diritto
 internazionale tre generali croati di cui veniva fatto il
 nome. (Raymond Bonner, "War Crimes Panel Finds Croat 
Troops
 'Cleansed' the Serbs", New York Times, 21 marzo 1999). Ma
 l'articolo del Times riferisce anche che gli Stati uniti,
 che sostenevano la pulizia etnica condotta dai croati sui
 serbi in Krajina, non solo hanno difeso i croati presso il
 Tribunale, ma si sono rifiutati di fornire le foto
 satellitari delle aree della Krajina attaccate dai croati
 che erano state loro richieste, e inoltre non hanno fornito
 altre informazioni richieste. Con quali risultati?

 1-Continua
 (trad. Marina Impallomeni)

 * * Christopher Black è un avvocato difensore di Toronto e
 scrittore. E' uno degli avvocati che hanno presentato la
 richiesta al Tribunale sui crimini di guerra di incriminare
 i leader della Nato per crimini di guerra. Edward Herman è
 un economista e famoso studioso dei media; il suo libro più
 recente è "The Myth of the Liberal Media: An Edward Herman
 Reader" (ed. Peter Lang, 1999).

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 Il tribunale ha in mano carte truccate

 Il tribunale dell'Aja viola virtualmente ogni standard di
 giusto processo e rifiuta il principio dell'"innocenza
 fino alla condanna"

 CHRISTOPHER BLACK - EDWARD S. HERMAN * *

 Igenerali croati nominati nel rapporto su "Operation
 Storm" non sono mai stati incriminati dal Tribunale
 dell'Aja nel momento in cui le rivelazioni avvenivano, e
 sebbene il numero dei serbi uccisi e scomparsi in soli
 quattro giorni in quella pulizia etnica sia stato almeno
 pari alle 241 vittime dei serbi menzionate
 nell'incriminazione di Milosevic, nessuna incriminazione
 parallela del leader croato Tudjman è stata mai emessa dal
 Tribunale. Ma non si è trattato di una mancata raccolta
 delle prove: gli Stati Uniti si opponevano
 all'incriminazione dei loro alleati, e così il Tribunale
 non ne ha prodotta alcuna.
 Arbour ha dichiarato che il Tribunale è "soggetto a una
 regolamentazione estremamente severa delle prove, in
 relazione all'ammissibilità e alla credibilità del
 prodotto che presenteremo alla corte" per cui sarebbe
 stata cauta rispetto a "accuse non confermate, non
 verificabili, non provate" (20 aprile).

 Una legge "creativa"

 Ciò non corrisponde affatto a quella che John Laughland su
 The Times (Londra) ha descritto come una "corte disonesta
 con regole truccate" (17 giugno 1999). Il Tribunale vìola
 virtualmente ogni standard di giusto processo: esso non
 mantiene separata l'accusa dal giudizio; non accorda il
 diritto alla cauzione o a un processo celere; non ha una
 definizione chiara dell'onere della prova richiesto per
 condannare; non ha un organismo indipendente presso cui
 ricorrere in appello; vìola il principio secondo cui un
 imputato non può essere processato due volte per lo stesso
 reato (l'art. 25 dà diritto al procuratore di presentare
 appello contro l'assoluzione); le persone sospette possono
 essere trattenute 90 giorni senza processo; secondo la
 norma 92 le confessioni sono considerate libere e
 volontarie a meno che il prigioniero non dimostri il
 contrario; i testimoni possono testimoniare anonimamente
 e, come ha osservato John Laughland, "le norme contro il
 sentito dire, profondamente radicate nella Common Law, non
 vengono osservate e l'ufficio del procuratore ha persino
 suggerito di non chiamare i testimoni per produrre le
 prove, ma soltanto gli 'investigatori dei crimini di
 guerra' del Tribunale stesso".
 Come osservato, Arbour presuppone la colpevolezza prima
 del processo; il concetto di "innocenza fino alla
 condanna" viene respinto, e Arbour può dichiarare che le
 persone collegate ad Arkan "saranno macchiate dalla loro
 associazione con un criminale di guerra incriminato" (31
 marzo). Ma conosce la Arbour i legami politici tra Arkan -
 prima che venisse assassinato a Belgrado - e il
 filo-occidentale presidente del Montenegro Milo
 Djukanovic?
 Chiaramente Arbour non crede nelle regole fondamentali
 della giurisprudenza occidentale, e Laughland cita le sue
 parole: "La legge, per me, dovrebbe essere creativa e
 usata per far funzionare le cose". E nel giro di un mese
 dalla sua elezione alla Suprema Corte canadese, Arbour
 faceva parte di una maggioranza della corte che ha
 introdotto nella legge canadese la pratica pericolosamente
 ingiusta del tribunale di permettere un uso più liberale
 delle prove per sentito dire nei processi. La conseguente
 corruzione del sistema della giustizia canadese, sia per
 la sua nomina che per i suoi effetti, rispecchia il
 sistema politico canadese, i cui leader hanno appoggiato
 la guerra della Nato senza discutere.

 L'impunità della Nato

 Nel bombardare la Jugoslavia dal 24 marzo al giugno 1999,
 la Nato si è resa colpevole del grave crimine della
 violazione della disposizione dello Statuto delle Nazioni
 Unite che prevede che questa non faccia uso della forza
 senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu.
 La Nato si è anche resa colpevole di un'aggressione
 criminale attaccando uno stato sovrano che non stava
 travalicando i propri confini. A sua difesa, la Nato ha
 sostenuto che preoccupazioni "umanitarie" richiedevano
 tali azioni e così ha giustificato violazioni di legge
 evidentemente gravi. A prescindere dal fatto che questa
 risposta sancisce violazioni di legge sulla base di
 giudizi a proprio favore che contraddicono la preminenza
 del diritto, essa è anche chiamata in questione da fatti
 contrari sulla base delle sue stesse motivazioni.
 In primo luogo, i bombardamenti Nato hanno "trasformato un
 problema umanitario interno in un disastro", secondo le
 parole del canadese Rollie Keith, di ritorno dalla
 missione Osce per la tutela dei diritti umani in Kosovo.
 In secondo luogo, è ormai provato, con l'impostura di
 Rambouillet, che la Nato si è rifiutata di negoziare un
 accordo in Kosovo ed ha insistito con la soluzione
 violenta; e che, come ha detto un funzionario del
 Dipartimento di Stato, la Nato ha deliberatamente "fatto
 muro" e impedito una soluzione di compromesso perché la
 Serbia "aveva bisogno di essere bombardata". Questi fatti
 suggeriscono che la supposta base umanitaria delle
 violazioni di legge ha fatto da copertura a obiettivi
 meramente politici e geopolitici.
 La Nato si è anche resa colpevole di crimini di guerra più
 tradizionali, inclusi alcuni che il Tribunale aveva
 ritenuto incriminabili quando commessi dai serbi. Così l'8
 marzo 1996, il leader serbo Milan Martic è stato
 incriminato per aver lanciato un attacco con cluster bombs
 su obiettivi militari a Zagabria nel maggio 1995, con la
 motivazione che il missile "non era finalizzato a colpire
 obiettivi militari ma a terrorizzare i civili di
 Zagabria". Il rapporto del Tribunale sulla croata
 "Operation Storm" in Krajina ha fornito anche prove
 concrete che in un assalto croato di 48 ore alla città di
 Knin sostanzialmente "sono state lanciate granate contro
 obiettivi civili". Meno di 250 granate su 3.000 hanno
 colpito obiettivi militari. Ma nessuna incriminazione ha
 fatto seguito a questa risultanza , né ad altri raid.
 Lo stesso caso si è verificato in molti bombardamenti
 della Nato, in cui sono stati colpiti obiettivi civili,
 come nel bombardamento di Nis il 7 maggio 1999 in cui un
 mercato e un ospedale distanti da qualunque obiettivo
 militare sono stati colpiti separatamente - ma la Nato non
 ha subìto alcuna incriminazione.
 Ma la Nato è stata anche colpevole del bombardamento di
 obiettivi non militari come politica sistematica. Il 26
 marzo 1999, il generale Wesley Clark ha dichiarato:
 "Lavoreremo molto sistematicamente e progressivamente
 sulle sue forze militari... [per vedere] quanto dolore
 vuole soffrire".
 Ma questa focalizzazione sulle "forze militari" non ha
 avuto effetto, così la Nato si è rapidamente dedicata a
 "demolire... l'apparato economico che sostiene" le forze
 militari serbe (parole di Clinton), e gli obiettivi della
 Nato si sono gradualmente estesi a fabbriche di tutti i
 tipi, centrali elettriche, infrastrutture idriche e
 fognarie, tutti i trasporti, edifici pubblici, e molte
 scuole e ospedali. Di fatto, la strategia della Nato era
 di mettere in ginocchio la Serbia con una escalation
 graduale di attacchi alla società civile.
 Questa politica ha palesemente violato il diritto
 internazionale, di cui un elemento fondamentale è che gli
 obiettivi civili siano "off limits". Il diritto
 internazionale proibisce la "distruzione arbitraria di
 città o villaggi o la devastazione non giustificate da
 necessità militari" (Sesto principio di Norimberga,
 formulato nel 1950 da una commissione sul diritto
 internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite). La
 "necessità militare" non consente, evidentemente, la
 distruzione di una società civile al fine di rendere più
 difficile, per un paese, appoggiare le sue forze armate,
 non più di quanto non consenta l'uccisione diretta dei
 civili perché essi pagano le tasse con cui si sostiene la
 macchina bellica, o perché un giorno potrebbero diventare
 soldati. Tenere in ostaggio un'intera popolazione è una
 flagrante violazione del diritto internazionale, e le
 azioni che mirano a questo obiettivo sono crimini di
 guerra.
 Il 29 settembre 1999, in risposta alla domanda se il
 Tribunale avrebbe investigato sui crimini commessi in
 Kosovo dopo il 10 giugno, o su quelli commessi dalla Nato
 in Jugoslavia, la procuratrice Carla Del Ponte ha
 dichiarato che "l'ufficio del procuratore deve dedicarsi
 principalmente a indagare sui cinque leader della
 Repubblica Federale di Jugoslavia e della Serbia che sono
 già stati incriminati e a procedere contro di essi". Per
 quale motivo esso "debba" dedicarsi principalmente a
 questo, specialmente alla luce di tutte le prove già
 raccolte nella preparazione delle incriminazioni, non è
 stato spiegato.
 Alla fine di dicembre, è stato infine riferito che Del
 Ponte stava riesaminando la condotta della Nato, su
 pressione della Russia e di molte altre "parti
 interessate" ("U.N. Court Examines Nato's Yugoslavia War",
 New York Times, 29 dicembre 1999). Ma l'articolo stesso
 indica che l'attenzione è concentrata sulla condotta dei
 piloti Nato e dei loro comandanti, non sui decision-makers
 della Nato che hanno operato la scelta decisiva di colpire
 le infrastrutture civili. L'articolo suggerisce la natura
 - di pubbliche relazioni - dell'indagine, che "avrebbe
 l'effetto di cancellare la convinzione... che il tribunale
 sia uno strumento usato dai leader occidentali per
 sfuggire alle proprie responsabilità". Il rapporto indica
 anche la delicata questione che il tribunale "dipende
 dall'alleanza militare per arrestare e consegnare i
 sospetti". Esso cita anche Del Ponte, secondo cui "non è
 la mia priorità, perché ho indagini riguardanti un
 genocidio, e corpi in fosse comuni". Possiamo essere
 sicuri che da questa indagine non scaturirà nessuna
 incriminazione.

 Un tribunale parziale

 Un tribunale imparziale si sarebbe sforzato di bilanciare
 la marea di documenti della Nato con ricerche sul posto e
 accogliendo la documentazione rivale. Ma sebbene abbia
 ricevuto denunce sui crimini della Nato dalla Jugoslavia e
 da una quantità di team di giuristi occidentali, il
 Tribunale non si è dedicato ad esse fino a questa tardiva
 e sicuramente nominale inchiesta che "non è la mia
 priorità", poiché il Tribunale "deve" perseguire i cattivi
 serbi, per ragioni che sono fin troppo chiare. Anche di
 fronte all'attuale disastro della missione Nato-Onu in
 Kosovo.
 I leader della Nato, frustrati nell'attaccare la macchina
 militare serba, si sono applicati piuttosto scopertamente
 a distruggere la società civile della Serbia, un mezzo per
 ottenere la rapida vittoria auspicata prima dei
 festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della
 Nato. Sebbene questo abbia comportato che gli abitanti
 della Serbia fossero trasformati in ostaggi e attaccati
 insieme ai loro mezzi di sussistenza - in palese
 violazione del diritto di guerra - Arbour e il suo
 Tribunale non solo non hanno protestato con i leader della
 Nato e non li ha perseguiti per crimini di guerra ma,
 incriminando Milosevic il 27 maggio, hanno fornito alla
 Nato una copertura morale permettendo crescenti attacchi
 alla popolazione in ostaggio.
 Arbour e il Tribunale ci presentano così lo sbalorditivo
 spettacolo di una istituzione presumibilmente organizzata
 per limitare, prevenire e perseguire i crimini di guerra,
 che di fatto li facilita consapevolmente. Inoltre,
 petizioni sottoposte al Tribunale durante la permanenza di
 Arbour avevano richiesto che il Tribunale perseguisse i
 leader della Nato, compreso il primo ministro canadese
 Jean Chretien, per crimini di guerra. Se fosse stata
 procuratrice in Canada, Gran Bretagna o Stati Uniti,
 Arbour sarebbe stata soggetta alla radiazione dall'albo
 professionale per aver preso in considerazione e poi
 accettato un lavoro da una persona che le era stato
 chiesto di perseguire. Ma Arbour è stata eletta alla
 Suprema Corte del Canada da Chretien senza che questo
 conflitto di interessi e questa immoralità venissero quasi
 menzionati.
 In questo Nuovo Ordine Mondiale post-orwelliano ci viene
 detto che viviamo in un contesto di diritto, ma come ha
 detto una volta Sant'Agostino, "ci sono leggi giuste e ci
 sono leggi ingiuste, ed una legge ingiusta non è affatto
 una legge".

 2- Fine
 La prima puntata è stata pubblicata il 27 maggio
 (trad. Marina Impallomeni)

 * * Christopher Black è un avvocato difensore di Toronto e
 scrittore. E' uno degli avvocati che hanno presentato la
 richiesta al Tribunale sui crimini di guerra di
 incriminare i leader della Nato per crimini di guerra.
 Edward Herman è un economista e studioso dei media; il suo
 libro più recente è "The Myth of the Liberal Media: An
 Edward Herman Reader" (Peter Lang, 1999).


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