[Nonviolenza] La biblioteca di Zorobabele. 122



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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 24 giugno 2021

In questo numero:
1. Piero Craveri, Karl Egon Loenne, Giorgio Patrizi: Benedetto Croce (parte terza e conclusiva)
2. Una proposta ad alcune persone ed associazioni impegnate per i diritti umani di tutti gli esseri umani
3. Ripetiamo ancora una volta...

1. MAESTRI. PIERO CRAVERI, KARL EGON LOENNE, GIORGIO PATRIZI: BENEDETTO CROCE (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
[Dal Dizionario biografico degli italiani, vol. 31, 1985, nel sito www.treccani.it]

Ma forse e' da accreditare alla monoliticita' del metodo dispiegato nei saggi del primo decennio de La Critica, il grande impatto che essa ebbe sul mondo culturale: la rivista divenne immediatamente un punto di riferimento per il dibattito critico e il C. e' arbitro del formarsi del (buono e comune) "gusto" letterario. Garin scrisse che "il capolavoro di Croce e' 'La Critica', ove l'unita' di un'immensa ricerca non e' un'architettura simmetrica, ma la coscienza di un metodo e la presenza di un uomo" (Cronache di filosofia italiana, I, Bari 1966, p. 234). E naturalmente la ricerca di un intervento che investa globalmente la cultura letteraria non poteva prescindere da un grande programma editoriale.
Un piccolo e attivo editore barese, Laterza (editore anche di tutti gli scritti del C.), e' l'occasione su cui il C. punta per la propria strategia: sul Giornale d'Italia del 26 settembre 1909, il C. annuncia il catalogo de Gli scrittori d'Italia, progetto d'edizione dei maggiori autori della tradizione italiana. Un catalogo quello laterziano, a numero chiuso - parallelo ad un altro che Giovanni Gentile andava approntando per gli scritti filosofici - costruito per porsi come base filologica della lettura che la critica crociana andava effettuando della nostra letteratura.
Ma la "revisione" del C., forte del carattere enciclopedico che la tradizione erudita gli assicurava, anzi valorizzata proprio dal porsi come modello letterario "generale", non rimaneva certo nell'ambito della letteratura italiana. La comparatistica era un altro piano di intervento sulla tradizione: ancora una volta quella della scuola storica che riconduceva al problema delle fonti i confronti tra letterature straniere.
Il C., muovendo dall'individuazione della espressione estetica, la pone come livello di contiguita' tra autori e letterature diverse. E' del '19 il volume dedicato a Goethe con una scelta di liriche nuovamente tradotte: la singolarita' e l'autonomia dell'esperienza poetica e' al centro della lettura goethiana. La lingua come manifestazione del soggetto poetico pone un'esperienza, di cui e' possibile solo ricostruire storicamente la genesi. Del Faust il C. esalta la "vigorosa saggezza", la carica di "fantasia arcaicizzante" derivata da elementi popolareschi e risponde all'idea vichiana della poesia come forma espressiva della giovinezza dei popoli che il C. aveva fatto sua, inserendola nel proprio complesso quadro teoretico (La filosofia di Giambattista Vico e' dell'11). Nel Goethe, di cui non va dimenticata la portata polemica dato che fu scritto in anni di ostilita' per la Germania, a ribadire l'autonomia sovranazionale della poesia, si annuncia un ruolo specifico per la critica letteraria italiana (specificita' più volte successivamente riaffermata): se quella tedesca e' legata all'identita' tra le intenzioni del poeta e la sua poesia, quella italiana distingue nettamente quest'ultima, facendone il proprio oggetto centrale.
Nello stesso anno appaiono i saggi desanctisiani, assieme ad alcuni saggi eruditi, nella raccolta Una famiglia di patrioti. La similarita' dell'idea di forma di De Sanctis e di espressione poetica del C. e' sottolineata assieme a quella della distinzione, presente in entrambi, tra "artista" e "poeta". Questa distinzione pone una maggiore articolazione nel rapporto tra autore ed espressione, rispetto a quanto formulato in sede teorica: ed e' in questa prospettiva che andra' evolvendo il pensiero crociano. L'idea dell'universalita' ed unitarieta' del fatto estetico - gia' nel Breviario d'estetica del '12 - trova la sua applicazione piu' nota e significativa nel saggio sull'Ariosto, primo della trilogia di "comparatistica", assieme a Corneille e Shakespeare, pubblicata nel 1920.
Fulcro della poesia ariostesca e' l'"armonia": "L'Arte nella sua idea non e' altro che espressione o rappresentazione del reale, del reale che e' contrasto e lotta che in perpetuo si compongono" (p. 23). E la distinzione, gia' ripresa, come si e' detto, dal De Sanctis, tra poeti e artisti, e' riformulata come differenza tra chi ha per progetto l'armonia e chi ha altri parziali affetti. Dunque l'armonia come distanza dai sentimenti e dalle cose e fusione di tutto nella forma estetica: il modello armonico, ridefinizione dell'espressione lirico-intuitiva, si pone come sistema linguistico perfetto. In Shakespeare invece la dinamica degli affetti, nell'espressione estetica, si pone con tutta la complessita' delle vicende umane ("il mondo dei contrasti insoluti"). Anche qui la chiave critica e' tutta nella sintesi narrativa che il C. da' dei testi, ruotante su alcuni eventi centrali, sentimentali o reali. L'intuizione lirica, che si riconosce come unica categoria di giudizio, in sede analitica si riduce ad efficace descrizione di sentimenti e di caratteri, con attenzione a volte all'organicita' strutturale dell'opera (si vedano le singolari pagine in Nuovi saggi di estetica, del '20, dedicate alla teoria pittorica della "macchia" d'Imbriani), ma per lo piu' al solo livello di contenuto, sia pure di forma dei contenuto (in termini hjemsleviani). Il giudizio critico deriva allora da un'ambigua proiezione del testo di parafrasi sul testo parafrasato: il secondo e' riconosciuto dal primo come compiuto ed irripetibile ed il primo trova a sua volta senso e valore nel porsi come ricomposizione, celebrativa, dei nodi narrativi di maggior rilievo. Anche il saggio dedicato a Corneille e' costruito su questo schema: la "tragedia della volonta'" e' un nucleo ternatico che, dal piano dei significato, si pone come motivo attorno a cui l'opera si organizza, senza alcuna mediazione formale.
Ma la realizzazione piu' completa di un simile metodo critico e' presente ne La poesia di Dante, ancora del 1920. Se la critica e' "una varia interpretazione filosofica e pratica" del testo (p. 8) e se il sistema allegorico e' la cornice connettiva che il pensiero costruisce attorno al nucleo poetico, e' possibile individuare l'arte di Dante solo distinguendone il "centro" estetico dalle sovrastrutture.
Il peso dottrinario della didascalia o si scioglie nell'espressione poetica o si pone quale parte a se', distinta: sono proprio questi luoghi del testo, nati con finalita' pratiche, a porsi come "struttura" del poema, collegando i luoghi della vera "poesia". La tensione al "divino e inattingibile", che e' il senso dell'intero poema, si spezza nei dettagli del "romanzo teologico" (descrizioni storiche, geografiche, astronomiche): il rapporto tra poesia e romanzo e' quello tra l'espressione estetica e quella storico-scientifica in cui si consuma l'aspirazione alla conoscenza totale. La chiave del poema e', ancora una volta, nel disegno dei personaggi: il testo critico, al solito, si struttura sul riassunto emozionato delle psicologie descritte. La sfasatura tra il massimo valore riconosciuto al testo e cio' che di esso viene evidenziato come "notabile" diviene ancora maggiore. A ribadire l'assunto metodologico dei saggi danteschi, un volume di due anni successivo ha titolo Poesia e non poesia. E' in qualche modo una ripresa dello schema della Letteratura della nuova Italia. Se in questa era stato delineato un disegno, per artisti, della letteratura italiana postunitaria, ora il panorama abbraccia l'intera Europa. La prospettiva, rigida e rassicurante, e' sempre quella data dall'individuazione dell'espressione poetica: e di molti scrittori si da' un giudizio riduttivo per il peso del momento intellettuale o didascalico su quello genuinamente lirico. Cosi' da Alfieri a Schiller, da un certo Leopardi a Manzoni, da Flaubert a Baudelaire, a Mallarme'.
Proprio a partire dal 1920, che vedeva rafforzarsi e radicalizzorsi l'arbitrato crociano sulla letteratura e la nascita di un gusto estetico antintellettualistico, possiamo datare una diversa e piu' ricca articolazione della teoresi crociana, un'attenzione meno rigida e pregiudiziale per la varieta' delle pratiche artistiche. E certo non furono estranei gli avvenimenti storico-politici a questo maggiore "realismo" culturale se, durante il ventennio fascista, il C. si impegno' in un lavoro di recupero di alcuni valori della tradizione storiografica italiana. La "storia delle eta'" e' il nuovo capitolo per la critica crociana: il veto che l'estetica della "poesia" poneva sulla valorizzazione dei processi storico-culturali, cade nella proposta di una storia del gusto, impoetica ma capace di testimoniare su quell'"addestramento" letterario che alcune epoche promuovono. Tutta in questo senso dunque la Storia dell'eta' barocca in Italia (1929) e i Nuovi saggi sulla letteratura italiana del '600 (1931). E' evidente pero' come il recupero di una possibile dimensione diacronica permanga filtrato dal dato tematico, contenutistico: la storia delle "forme" estetiche e', ancora, storia dei contenuti.
Questa ricerca di motivi strutturali in cui si articoli l'intuizione lirica e' presente, sotterraneamente, nell'Aestethica in nuce del '29. Se vi si ribadisce la centralita' del giudizio estetico come unico, vero giudizio storico per l'opera d'arte e gli si attribuisce una dimensione morale, d'altra parte si riconosce l'esistenza di un lato empirico, ineliminabile, dell'opera d'arte, la' il lavoro della comunicazione, ossia della conservazione e divulgazione, delle forme artistiche, che, guidato dalla tecnica, produce le opere d'arte. Questo riconoscimento della tecnica come "riproduzione" della poesia innesta nella monoliticita' del pensiero estetico crociano un livello di empiria sul quale e' ora possibile, ad esempio, anche una rilettura dei generi letterari (prima radicalmente rifiutati) non come leggi estetiche, ma come concetti classificatori.
Sottesa da un pensiero estetico piu' articolato, Poesia popolare e poesia d'arte (del '33) sembra muovere da un'accezione vichiana dell'espressione poetica per approdare a connotare la "poesia popolare" di un "buon senso" che, derivato da specifiche condizioni sociali, si pone come categoria estetico-spirituale. La distinzione con la poesia d'arte e' nettamente psicologica: e' diverso l'atteggiamento dello scrittore nei confronti della propria opera, al gusto "semplice" si oppone un gusto intellettuale meno spontaneo e diretto.
In questo disegno allora il petrarchismo diviene "letteratura", "espressione" che pero' non raggiunge l'universalita' dell'intuizione lirica; andra' di conseguenza interpretato tutto in chiave concettuale-filosofica (evidenziandone i rapporti col platonismo), col privilegio del livello referenziale del testo. Ed una possibile categorizzazione dei petrarchismo cinquecentesco diviene quella per caratteri psicologici, che si proiettano direttamente dall'autore al piano testuale: Tansillo e' il "discorsivo", la Stampa l'"appassionata", Galeazzo di Tarsia, l'"animoso". Il linguaggio poetico ammette ora quindi una scansione, ma solo a partire da una tipizzazione dello stile, cioe' da un segno del soggetto che scrive.
Nel 1935, La poesia sancisce il definitivo assestamento della teoria estetica: e' da ricordare come il C. stesso considerasse superata l'Estetica del 1902, tanto da inserire, nell'antologia che egli stesso curo' nel '51 per la Ricciardi (Filosofia, poesia, storia), solo pagine di scritti estetici successivi al '12.
La poesia si pone come sintesi di tutte le correzioni che la pratica critica aveva apportato alla rigida griglia analitica degli scritti letterari precedenti il 1920. Accanto all'espressione poetica si danno vari altri modi di espressione. La circolarita' dello spirito e' colta nelle quattro forme dell'"espressione sentimentale", "poetica", "prosastica", "retorica". Attorno ad esse si dispiegano i "dominii della letteratura": letteratura sentimentale, d'esortazione morale, d'intrattenimento, didascalica. Quando queste forme si fondono nell'espressione lirica, perdendo la loro specifica finalita', si da' la poesia; rispetto ad essa. il brutto nasce dall'"interferenza della volonta' che prosegue i suoi pratici fini entro il processo della formazione artistica" (p. 66).
Ultima sintesi del pensiero estetico crociano, La poesia ne e' il frutto piu' maturo e duttile: proprio nell'accoglimento di alcune esigenze della pratica artistica, ribadisce la tensione di tutta la speculazione del C. a porsi come fondazione di un nuovo sapere; ed anzi il perfezionamento di una griglia di giudizio, con articolazioni piu' accorte, permette il rafforzamento del valore centrale della poesia e della lettura critica capace di individuarla.
E non a caso il C. decide di raccogliere in questi anni gli ultimi saggi per la Letteratura della nuova Italia apparsi su La Critica (sono edite due nuove serie, nel '39 e nel '40). Ritornando ad esaminare scrittori d'eta' umbertina che non erano entrati nelle prime raccolte o rileggendo autori come Pascoli e D'Annunzio, su cui erano gia' stati espressi giudizi negativi, il tono diviene meno polemico, piu' duttile.
In Poesia antica e moderna, del 1941, la prospettiva si allarga, estendendosi ad esperienze straniere o a poeti del passato. Ancora una volta il valore estetico e' "rappresentato" nella parafrasi dei testo, da Omero a Dante, a Tasso. E a proposito della Gerusalemme, il C. scrive: "Ho dato rilievo all'intrinseco carattere umano della poetica conversione di Clorinda perche' superflui non mi paiono ancora gli avvertimenti e gli ammonimenti a non trattare i poeti come rappresentanti di religioni, di sistemi, di eta' storiche e simili, laddove essi sono rappresentanti unicamente della poesia" (p. 241).
Nella riedizione del 1943 della seconda serie della Letteratura della nuova Italia sono raccolti saggi carducciani risalenti agli anni immediatamente precedenti. La centralita' che il C. attribuisce a Carducci fra i valori della nostra tradizione, esaltandone come abbiamo visto l'opposizione ad una linea decadente simbolista, da un lato rimanda all'interpretazione vichiana della poesia, dall'altro testimonia l'adesione personale del C. ad un modello di intellettuale "positivo": Carducci "fu piu' che poeta: e questo ci tocca come uomini del sentimento ed in particolare italiani, ammonendoci del dovere ripigliare e proseguire la sua virile aspirazione alla vita" (p. 114).
In Poeti e scrittori del pieno e tardo Rinascimento, del '45, invece la prospettiva dell'indagine, per cosi' dire si abbassa; un ritratto d'epoca, condotto nei suoi autori piu' significativi, per integrare la prospettiva storiografica - nell'accezione crociana - di Poesia popolare e poesia d'arte. D'impostazione desanctisiana - il dissidio tra arte rinascimentale e situazione politica italiana segna l'inizio della crisi storico-culturale degli anni seguenti - fa emergere via via, nella cultura cinquecentesca una tendenza di pensiero laico che attraversa con impegno i due secoli successivi per essere riaffermata da Vico e riorganizzata nel pensiero liberale ottocentesco.
Al trionfo di una "religiosita'" estetica - quale emergeva gia' nel saggio ariostesco del 1920 - corrisponde un senso laico ed umanistico della storia che corre nei sentimenti delle commedie cinquecentesche, dell'Arcadia sannazzariana, nel realismo folenghiano. Ed a questo livello di lettura anche i testi di poetica, pur nei limiti del precettismo, si pongono come utile difesa dell'ideale della bellezza come "verita'". Al di la' del giudizio sui singoli autori, strutturati nell'alveo della teoria dell'intuizione lirica, quello che fa di questa serie di saggi, una delle raccolte piu' mature ed articolate della critica crociana, e' il fondersi delle due tensioni. Da un lato la ricerca del valore poetico assoluto, ma storicizzabile per scansioni interne; dall'altro la sensibilita' alla ricostruzione erudita di quadri d'epoca, attraverso cui e' possibile recuperare il gusto all'aneddotica, ed al bozzetto di costume che aveva caratterizzato, in gioventu', l'approccio crociano alla letteratura.
Questa rinnovata formula storiografica porta ora il C. a rileggere in prospettiva meno rigida fenomeni di "scuola" letteraria; nella Letteratura italiana del '700 (del '49), l'Arcadia, ad esempio, e' letta come rivalutazione del sentimento e del gusto poetico individuale, capace, attraverso un esercizio travestito da puro gioco e passatempo, di raggiungere reali forme d'arte. In Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia (del 1950), il C. raccoglie alcuni scritti nati dalle polemiche suscitate dalle sue teorizzazioni: vi ritroviamo, in sintesi, alcuni luoghi principali del pensiero crociano.
Da una difesa della propria lettura dantesca al problema dell'interpretazione della poesia: contro l'opposizione di simbolo e allegoria (teorizzata dal Bezzola), il C. afferma il "simbolico" come condizione della poesia (e la malinconia di questa deriverebbe dalla tensione all'ideale cui si accompagna il contemptus mundi): il simbolo pero' va inteso come presenza dell'universale nella forma poetica, che deve poter essere fruita in totale autonomia. Poi, a proposito della specificita' della storia letteraria, si ribadisce l'esemplarita' del modello desanctisiano che sottomette sintesi monografiche a grandi sintesi storiche, mantenendo cosi' l'identita' della singola esperienza estetica. Questa idea di singolarita' ed unita' e' riaffermata anche a proposito del linguaggio: l'unica realta' linguistica e' il vivo parlare ed e' quindi inaccettabile sia la teoria di un sistema (langue) saussuriano, sia approcci specifici alla linguistica di un testo quali, ad esempio, quelli della critica stilistica. Assimilata al decadentismo, questa e' accusata di "rompere l'unita' spirituale" dell'opera. Infine la raccolta e' chiusa dallo scritto contro la letteratura contemporanea: di fronte alla grande tradizione letteraria, gli autori contemporanei appaiono all'anziano C., che pure in passato aveva mostrato, ad esempio, simpatia verso le intemperanti impazienze dei giovani papiniani del Leonardo (Conversazioni critiche, II), ma che ormai e' abituato ad un magistero esercitato attraverso la lettura dei classici, come esponenti di un mondo piccolo e chiuso, che sfugge al principio d'ordine dei valori poetici: "il demimonde, la societa' equivoca, soverchia le monde, il vero mondo, cioe' la piccola societa' eletta".
Contini defini' il C. "un sommo atleta della cultura", Labriola "un Leviathan dello scibile", Gramsci, "l'ultimo uomo del Rinascimento". L'aggettivazione dei lettori del C., dei piu' diversi, mostra la tendenza ad un registro alto, alla definizione iperbolica: e cio' anche nelle pagine piu' ferocemente anticrociane, quali, ad esempio, quelle che riportano i giudizi di Lucini e di Campana. E' un indice della portata storica per la letteratura italiana - e non solo per essa naturalmente - del fenomeno C.: del suo porsi in un momento nodale della nostra storia intellettuale, i primi quarant'anni del secolo, come arbitro intransigente, che lascia filtrare, nella cultura italiana, solo alcune tematiche del dibattito contemporaneo. Trattenendo, nella propria "griglia", quanto di quel dibattito non sembrasse omologabile alla cultura di un ceto laico medio-alto borghese che tendenzialmente, dall'Italia giolittiana, doveva esprimere la continuita' di una societa' liberal-moderata, organicamente attestata attorno ad un proprio modello culturale.
Ma l'impronta che diede il C. fu un'impronta che taglio' radicalmente i ponti della cultura italiana con i grandi temi novecenteschi della cultura europea: come d'altronde per il dibattito sui problemi del linguaggio, in cui il C. rimase ben distante dalla tematica dello strutturalismo linguistico e delle sue discendenze formalistico-letterarie, tutta la problematica della letteratura europea della "crisi" rimase pressoche' estranea, anche negli ultimi anni della produzione crociana, ad un magistero letterario che non cessava di eseicitarsi sui temi privilegiati di una tradizione "umanistica", non priva di provincialismo nelle sue scelte piu' specificamente letterarie.
Da un lato il C. recupero' come "senso" della tradizione italiana un umanesimo laico e individualista che via via si defini' come il piu' alto ed efficace livello d'integrazione dei diversi fenomeni che la nostra storia intellettuale avesse progressivamente registrato. Dall'altro, ponendosi ad una ipotetica confluenza tra i due piani della tradizione culturale, l'aristocratico e il popolare, riusci' a dar vita ad un didascalismo nuovo ed accattivante, capace di rendere apparentemente divulgabili i problemi teorici che andava dibattendo.
Gramsci, nei Quaderni, nel '32, annota: "Elementi della relativa popolarita' del Croce: a) elemento stilistico-letterario (mancanza di pedanteria e astruseria), b) elemento filosofico-metodico (unita' di filosofia e senso comune), c) elemento etico (serenita' olimpica)". Proprio la riduzione teorica della problematica filosofica a schemi fondamentalmente elementari (si pensi alla identificazione della storia con la conoscenza del pratico-individuale e dell'estetica con l'espressione intuitiva) assicurava efficacia didascalica alla teorizzazione. In questa era poi sempre presente l'emotivita', controllata ma tesa, dello studioso che assicurava efficacia retorica alla scrittura.
In molte pagine della bibliografia crociana e' possibile leggere l'esaltazione delle qualita' del C. scrittore. Al di la' di un simile, improbabile, giudizio di valore, occorre riconoscere la funzionalita', proprio nella prospettiva "divulgativa" di cui si e' detto, della costruzione dello stile crociano. Ponendosi come tautologia del testo letto, riproduzione della sua "poeticita'", la pagina del C. si anima di climax, metafore, enfasi: fa continuamente appello ad una tensione morale che e' dei critico e del lettore che vi si riconosce e che diviene garanzia primaria, ma paradossalmente esterna, della esteticita' del testo. E' in tal modo che la complessita' formale e linguistica di un'opera analizzata si schiaccia sul filo, chiaro e distinto, dell'intreccio, effettuale e psicologico, di eventi o di personaggi. L'"altezza" del testo coincide con l'"altezza" della pagina critica (proprio come nella retorica classica l'"altezza" dell'espressione corrispondeva all'"altezza" dei sentimenti) e di conseguenza l'"altezza" della lettura che vi si adegui, psicologicamente ed eticamente. Cio' da' vita ad una prosa gonfia e solenne, piena di iterazioni, scansioni ad effetto, con l'individuazione della poesia nella esaltazione della pagina. Tutto questo, non va dimenticato, in rimando alla particolare concezione crociana del linguaggio.
La riduzione di questo ad atto individuale, implica un sostanziale rifiuto di ogni concezione di sistema linguistico. Anche se nelle ultime teorizzazioni estetiche, e soprattutto ne La poesia, il C. deve articolare le proprie posizioni ("mi proposi la ulteriore questione che cosa fosse quello studio della lingua che e' oggetto non dei critici e degli storici della poesia, ma dei linguisti", da Discorsi di varia filosofia, 1945, I, p. 214), ammettendo l'uso di pseudoconcetti per analizzare il linguaggio non sotto uno statuto teoretico ma di "scienza naturale", l'assioma vigente nella teoria crociana e' quello dell'identita' di arte e linguaggio: "la riduzione della linguistica ad estetica avviene mediante la riconduzione di linguaggio e arte alla medesima forma di coscienza" (P. D'Angelo, L'estetica di B. C., Bari 1982, p. 100).
Se si osserva poi come tale riduzione valga anche come riduzione della complessita' dei processi significanti (ad esempio l'eliminazione di tutta la problematica che concerne la semantica), fino ad accostarvisi in modo puramente nominalistico (ha scritto il linguista Coseriu: "non si tratta del linguaggio e della linguistica come oggetti ma di cio' che Croce chiama linguaggio e linguistica", in Teoria del linguaggio e linguistica generale, Bari 1971, p. 32), e' evidente che alla concentrazione di ogni atto estetico e creativo nella volizione del soggetto consegue una valorizzazione antintellettualistica dei processi artistici, facilmente condivisibile dal pubblico dei non specialisti.
Simile e' l'atteggiamento nei confronti della "letteratura". Isolata, a partire dall'Estetica del 1902, nel rango di una pratica linguistica, inferiore al valore estetico della poesia, viene via via rivalutata in un quadro piu' articolato storicamente e tecnicamente ("particolare atto di economia spirituale che si configura in una particolare disposizione ed istituzione", La poesia, p. 32), dove si mescolano categorie estetiche e pragmatiche.
La letteratura, come "forma pratica che si offre come prodotto estetico" (D'Angelo, L'estetica, p. 91), finisce per apparire quasi uno pseudoconcetto, prodotto dallo spirito pratico per la conoscenza empirica. Un intero e peculiarissimo sistema semiotico quale e' quello letterario, nel momento in cui se ne definisce il ruolo, e la tecnica, e' mantenuto subalterno al valore principe dell'espressione artistica che non richiede articolazioni intellettuali, ma adesioni emotive.
Notava E. Garin (Intellettuali italiani del XX secolo) che il C. esercito' una maggiore influenza in campo letterario che in campo filosofico, a causa del pubblico di professori di liceo che furono tra i piu' fedeli estimatori e divulgatori delle tesi crociane. E questa rispondenza immediata, la militanza intellettuale del C. l'ottenne anche grazie ad un indefesso, sorprendente attivismo. Serra scrisse che "Croce e' una attivita'". Un'attivita' tesa al dispiegamento di un disegno organico esplicativo del reale, attorno a principi d'ordine e di controllo dei fenomeni (Contini parla di "un desiderio di conoscenza totale che nessuna brutta sorpresa, nessun imprevisto sopraggiungente da una qualunque parte dell'orizzonte, valga a minacciare"), che strappava a Campana, nel '15, la denuncia dell'appartenenza del C. alle "ultime propaggini filosofiche del mal de Naples (gesuitismo, camorra, borbonismo sbirro)". Ma, anche spinta ad uno status progressivo e positivo dell'intellettuale come vate borghese, interprete "politico" della realta'. Scriveva, nel '15, il C., a proposito del proprio impegno per La Critica, "mi si formo' la tranquilla coscienza di ritrovarmi al mio posto, di dare il meglio di me e di compiere opera politica, di politica in senso lato" (Contributo alla critica di me stesso, p. 388). Si rivela la precisa coscienza di un ruolo intellettuale da definire in rapporto alla tradizione, alla storia e alla societa' (e fu questo il lavoro periodico de La Critica), che porto' il C. a tentare una scommessa che, se non fu sempre pienamente vincente, fondo' un'egemonia culturale solida e duratura per quel gruppo sociale di cui essa era espressione: la scommessa della conoscenza come ordine della realta' e dei fenomeni. E' in questa prospettiva che la presenza del pensiero crociano nel dibattito teorico-letterario, puo' essere descritta come un movimento continuo e vario attorno ad un'idea di unicita' che sottenda le articolazioni variegate degli eventi.
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Fonti e bibliografia: I principali lavori bibliografici sull'opera del C. sono i seguenti: G. Castellano, Introduzione allo studio delle opere di B. C. Note bibliografiche e critiche, Bari 1920; L'opera filosofica, storica e letteraria di B. C. Saggi di scrittori italiani e stranieri e bibliografia dal 1920 al 1941, Bari 1942; B. C. con bibliografia alle opere di B. C. 1941-53, a cura di F. Flora, Milano 1953; J. Rummens, Bibliographie crocienne, in Revue internationale de Philosophie, XXVI (1953), pp. 362-383; E. Cione, Bibliografia crociana, Milano 1956; F. Nicolini, L'editio ne varietur delle opere di B. C. Saggio bibliografico con taluni riassunti o pssi testuali, Napoli 1960; S. Borsari, L'opera di B. C., Napoli 1964. Si veda ancora A. Guerra, Vent'anni di studi sul C. politico (1944-1964), in De homine, III (1964), pp. 287-340; G. Pagliano Ungari, C. in Francia. Ricerche sulla fortuna dell'opera crociana, Napoli 1967; M. Biscione, Interpreti di C., Napoli 1968; V. Stella, Il giudizio su C. Momenti per una storia delle interpretazioni, Pescara 1971. Oltre che contributi critici sono strumenti bibliografici utili i seguenti lavori: Cinquant'anni di vita intellettuale italiana 1896-1946. Scritti in onore di B. C. per il suo ottantesimo anniversario, a cura di C. Antoni - R. Mattioli, Napoli 1950; F. Flora, B. C., Milano 1953; Interpretazioni crociane, Bari 1965; La Fiera letteraria, 21 apr. 1966; B. C. la storia, la liberta', Roma 1967; B. C., Studi a cura dell'Accademia di scienze morali e politiche della Societa' nazionale di scienze, lettere e arti in Napoli, Napoli 1967; Lezioni crociane, Trieste 1967; A. Bruno, B. C., Catania 1974; B. C. una verifica, Roma 1978. Si veda anche la larga messe di notizie nelle annate della Rivista di studi crociani, diretta da Alfredo Parente.
Della vastissima bibliografia crociana si ricordano i lavori che sono stati tenuti presenti dagli autori dei profili qui pubblicati: E. Chiocchetti, La filosofia di B. C., Milano 1924; F. Flora, C., Milano 1926; U. Spirito - A. Volpicelli - L. Volpicelli, B. C., Roma 1926; G. Calogero - D. Petrini, Studi crociani, Rieti 1930; S. F. Romano, Il concetto di storia nella filosofia di B. C., Palermo 1933; G. Castellano, B. C. Il filosofo, il critico, lo storico, Bari 1936; V. E. Alfieri, Autorita' e liberta' nelle moderne teorie della politica, Milano 1947; M. Ciarda, Le quattro epoche dello storicismo, Vico - Kant - Hegel - C., Bari 1947; A. Caracciolo, L'estetica di B. C. nel suo svolgimento e nei suoi limiti, Torino 1948; C. Sprigge, C. Man and Thinker, Cambridge 1952; F. Chabod, C. storico, in Rivista storica italiana, LXIV (1952), pp. 473-530; A. Mautino, La formazione della filosofia politica di B. C., Bari 1953; F. Olgiati, B. C. e lo storicismo, Milano 1953; C. Antoni, B. C. und die deutsche Kultur, in Archiv fur Kulturgeschichte, XXXVI (1954), pp. 129-144; R. Caponigri, History and Liberty. The historical Writings of B. C., London 1955; R. Comoth, Introduction a' la philosophie politique de B. C., Liege 1955; E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Bari 1955; R. Raggiunti, La conoscenza storica. Analisi della logica crociana, Firenze 1955; N. Bobbio, B. C. e il liberalismo, in Rivista di filosofia, XLVI (1955), pp. 261-286; F. Diaz, Storicismi e storicita', Firenze 1956; A. Caracciolo, L'estetica e la religione di B. C., Arona 1958; R. Franchini, Metafisica e storia, Napoli 1958; H. S. Hughes, Consciousness and Society, London 1959; P. Rossi, Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Milano 1960; F. Albeggiani, Lo storicismo di B. C., Palermo 1961; A. A. De Gennaro, The Philosophy of B. C., New York 1961; E. Agazzi, Il giovane C. e il marxismo, Torino 1962; A. Garosci, Il pensiero politico di B. C. Note Per la letteratura di etica e politica, Torino 1962; F. Nicolini, C., Torino 1962; S. Onufrio, La politica nel pensiero di B. C., Milano 1962; W. Binni, B. C., in I critici, II, Milano 1963; M. Puppo. Il metodo della critica di B. C., Milano 1964; A. Bruno, La crisi dell'idealismo nell'ultimo C., Bari 1964; R. Franchini, C. interprete di Hegel, Napoli 1964; C. Antoni, Commento a C., Venezia 1965; F. Capanna, La religione in B. C., Bari 1965; W. Mayer, B. C.'s literarisches und politisches Interesse an der Geschichte, Koeln 1965; V. E. Alfieri, B. C. e la religione della liberta', Pavia 1966; A. Bausola, Filosofia e storia nel pensiero crociano, Milano 1966; Id., Etica e politica nel pensiero di B. C., Milano 1966; M. E. Brown, Neo-idealistic Aesthetics: C., Gentile, Collingwood, Detroit 1966; F. Capanna, La filosofia di B. C. Saggio di una interpretazione dello storicismo assoluto, Bologna 1966; G. A. Roggerone, B. C. e la fondazione del concetto di liberta', Milano 1966; G. Sartori, Stato e politica nel Pensiero di B. C., Napoli 1966; F. Catalano, C. storico, in L'Osservatore politico letterario, XII (1966), 9, pp. 18-68; M. Abbate, La filosofia di B. C. e la crisi della societa' italiana, Torino 1967; A. Attisani, Etica e storicismo, Napoli 1967; R. Franchini, La teoria della storia di B. C., II, Napoli 1967; G. Gargallo di Castel Lentini, Logica come storicismo, Napoli 1967; K-E. Loenne, B. C. als Kritiker seiner Zeit, Tuebingen 1967; A. Parente, Appunti autobiografici e piani di lavoro di C., in Rivista di studi crociani, IV (1967), pp. 1-20; Id., Archivio crociano: le lettere, ibid., pp. 381-94; Interpretazioni crociane (Atti del convegno crociano di Bari, 1963, in Rassegna della lett. it., LXXI (1967), nn. 1-2; V. Vitiello, Storiografia e storia nel pensiero di B. C., Napoli 1968; G. Cattaneo, C. scrittore, in Storia della lett. ital. Il Novecento, Milano 1969, pp. 229-266; R. Colapietra, B. C. e la politica ital., Bari 1969-70; K-E. Loenne, B. C. ed Heinrich von Treitschke, in Rivista di studi crociani, VII (1970), pp. 35-55; M. Bazzoli, Fonti del pensiero politico di B. C., Milano 1971; A. Parente, Intorno al concetto crociano di "vitale". Storia e sostanza di un'interpretazione, in Rivista di studi crociani, VIII (1971), pp. 1-13; G. Contini, L'influenza culturale di B. C., in Altri esercizi, Torino 1972, pp. 31-75; M. Corsi, Le origini del pensiero di B. C., II, Napoli 1974; D. Faucci, La filosofia politica di C. e di Gentile, Firenze 1974; E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Roma 1974, ad ind.; S. Cavaciuti, L'interpretazione crociana di Hegel, in Giornale di metafisica, XXIX (1974), pp. 57-71; A. Bruno, C. e le scienze politico-sociali, Firenze 1975; C. Carini, B. C. e il partito politico, Firenze 1975; P. Olivier, C. ou l'affirmation de l'immanence absolue, Paris 1975; A. Parente, C. per lumi sparsi. Problemi e ricordi, Firenze 1975; G. Sasso, B. C. La ricerca della dialettica, Napoli 1975; V. Pirro, Filosofia e politica in B. C., Roma 1976; N. Badaloni - C. Muscetta, Labriola, C., Gentile, Bari 1977; S. Coppolino, La "scuola" crociana. Itinerari filosofici del crocianesimo, Napoli 1977; R. Franchini, Metafisica e storia, II, Napoli 1977; G. Brescia, "Non fu si' forte il padre". Letture e interpreti di C., Galatina 1978; G. Galasso, C., Gramsci e altri storici, II, Milano 1978; M. Franchini, C. e il marxismo italiano. in Rivista di studi crociani, XV (1978), pp. 237-48; A. Leone De Castris, C., Lukacs, Della Volpe, Bari 1978; A. Bruno, Marxismo e idealismo italiano, Firenze 1979; M. Boncompagni, Ermeneutica dell'arte in B. C., Napoli 1980; Ch. Boulay, B. C. jusqu'en 1911. Trente ans de vie intellectuelle, Genève 1981; E. E. Jacobitti, Revolutionary Historicism in Modern Italy, London 1981, ad Ind.; P. D'Angelo, L'estetica di B. C., Bari 1982.

2. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA AD ALCUNE PERSONE ED ASSOCIAZIONI IMPEGNATE PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI

Carissime e carissimi,
vorremmo pregarvi di scrivere al Presidente del Parlamento Europeo per sollecitare un'iniziativa dell'istituzione da lui presieduta per la liberazione di Leonard Peltier, attivista per i diritti umani dei nativi americani, perseguitato politico, dal 1977 detenuto nelle carceri statunitensi dopo un processo-farsa che lo ha condannato per crimini che non ha commesso.
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti:
a) indirizzo diretto del Presidente del Parlamento Europeo: president at ep.europa.eu;
b) alcuni indirizzi della segreteria del Presidente del Parlamento Europeo: lorenzo.mannelli at ep.europa.eu; armelle.douaud at ep.europa.eu; barbara.assi at ep.europa.eu; helene.aubeneau at ep.europa.eu; marco.canaparo at ep.europa.eu; fabrizia.panzetti at ep.europa.eu; michael.weiss at ep.europa.eu; luca.nitiffi at ep.europa.eu; matea.juretic at ep.europa.eu; francesco.miatto at ep.europa.eu; barbara.hostens at ep.europa.eu; monica.rawlinson at ep.europa.eu; beate.rambow at ep.europa.eu; laetitia.paquet at ep.europa.eu; nicola.censini at ep.europa.eu; arnaud.rehm at europarl.europa.eu; julien.rohaert at europarl.europa.eu; jose.roza at ep.europa.eu; roberto.cuillo at ep.europa.eu; silvia.cagnazzo at ep.europa.eu; eulalia.martinezdealosmoner at ep.europa.eu; iva.palmieri at europarl.europa.eu; tim.allan at ep.europa.eu; andrea.maceirascastro at ep.europa.eu; angelika.pentsi at ep.europa.eu;
Naturalmente sarebbe opportuno inviare copia della lettera anche ai mezzi d'informazione e alle altre persone, associazioni ed istituzioni che riterrete utile informare o invitare a prender parte all'iniziativa.
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Ovviamente e' bene che le lettere siano brevi e cortesi.
Un minimo canovaccio potrebbe essere il seguente:
"Egregio Presidente del Parlamento Europeo,
vorremmo sollecitare Lei, e tramite Lei il Parlamento Europeo e con esso l'intera Unione Europea, ad una iniziativa umanitaria per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista per i diritti umani dei nativi americani, vittima di una spietata persecuzione politica, dal 1977 ingiustamente detenuto dopo un processo-farsa in cui gli sono stati attribuiti delitti che non ha commesso.
Confidando in un sollecito riscontro, distinti saluti,
firma, luogo e data, indirizzo del mittente"
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Non c'e' bisogno di aggiungere che ogni altra iniziativa nonviolenta per la liberazione di Leonard Peltier (come di ogni altra persona ingiustamente detenuta) e' opportuna e meritoria.
Alleghiamo in calce alcuni minimi riferimenti per approfondire la conoscenza e collegarsi ai comitati esistenti e alle altre iniziative pregresse ed in corso.
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Carissime e carissimi,
scusandoci se questa lettera non fosse gradita, e ringraziandovi fin d'ora per quanto vorrete eventualmente fare, a tutte e tutti un cordiale saluto dal
"Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 23 giugno 2021
Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it
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Una minima notizia su Leonard Peltier
Leonard Peltier e' nato a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944; attivista dell'American Indian Movement che si batte per i diritti umani dei nativi americani, nel 1977 fu condannato a due ergastoli in un processo-farsa sulla base di presunte prove e presunte testimonianze successivamente dimostratesi artefatte, inattendibili, revocate e ritrattate dagli stessi ostensori. Da allora e' ancora detenuto, sebbene la sua innocenza sia ormai palesemente riconosciuta. Di seguito riportiamo una breve nota di presentazione di un suo libro edito in Italia nel 2005: "Accusato ingiustamente dal governo americano – ricorrendo a strumenti legali, paralegali e illegali – dell'omicidio di due agenti dell'FBI nel 1975 (un breve resoconto tecnico della farsa giudiziaria e' affidato all'ex ministro della giustizia degli Stati Uniti Ramsley Clark, autore della prefazione), Peltier, al tempo uno dei leader di spicco dell'American Indian Movement (AIM), marcisce in condizioni disumane in una prigione di massima sicurezza da quasi trent'anni. Nonostante la sua innocenza sia ormai unanimemente sostenuta dall'opinione pubblica mondiale, nonostante una campagna internazionale in suo favore che ha coinvolto il Dalai Lama, Nelson Mandela, il subcomandante Marcos, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Robert Redford (che sulla vicenda di Peltier ha prodotto il documentario Incident at Oglala), Oliver Stone, Howard Zinn, Peter Matthiessen, il Parlamento europeo e Amnesty International, per il governo americano il caso del prigioniero 89637-132 e' chiuso. Non sorprende dunque che Peltier sia divenuto un simbolo dell'oppressione di tutti i popoli indigeni del mondo e che la sua vicenda abbia ispirato libri (Nello spirito di Cavallo Pazzo di Peter Matthiessen), film (Cuore di tuono di Michael Apted, per esempio) e canzoni (i Rage Against the Machine hanno dedicato a lui la canzone Freedom). In parte lucidissimo manifesto politico, in parte toccante memoir, questa e' la straordinaria storia della sua vita, raccontata per la prima volta da Peltier in persona. Una meravigliosa testimonianza spirituale e filosofica che rivela un modo di concepire la vita, ma soprattutto la politica, che trascende la dialettica tradizionale occidentale e i suoi schemi (amico-nemico, destra-sinistra e cosi' via): i nativi la chiamano la danza del sole" (dalla scheda di presentazione del libro di Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005, nel sito della casa editrice: fazieditore.it).
Opere di Leonard Peltier: La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, 2005.
Opere su Leonard Peltier: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, 1994; Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano, Erre Emme, 1996.
Il sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info
Alcuni altri libri utili per approfondire: Alce Nero, La sacra pipa, Rusconi, Milano 1986, 1993; Bruno Bouchet (a cura di), Wovoka. Il messaggio rivoluzionario dei nativi americani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1982; Dee Brown, Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Mondadori, Milano 1972, 1977; Vine Deloria jr., Custer e' morto per i vostri peccati, Jaca Book, Milano 1972, 1977; Raymond J. DeMaille (a cura di), Il sesto antenato. I testi originali egli insegnamenti di Alce Nero, Xenia, Milano 1996; Charles Hamilton (a cura di), Sul sentiero di guerra. Scritti e testimonianza degli indiani d'America, Feltrinelli, Milano 1956, 1960; Diana Hansen (a cura di), Indiani d'America. Identita' e memoria collettiva nei documenti della nuova resistenza indiana, Savelli, Roma 1977; Philippe Jacquin, Storia degli indiani d'America, Mondadori, Milano 1977; Franco Meli (a cura di), Parole nel sangue. Poesia indiana americana contemporanea, Mondadori, Milano 1991; Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, la Fiaccola, Ragusa 1986, 1989; Nando Minnella, Pascoli d'asfalto. Poesia & cultura degli indiani d'America, Rossi e Spera Editori, Roma 1987; Nando Minnella, Michele Morieri, Indiani oggi. La Resistenza indiana oggi: documenti e testimonianze, Gammalibri, Milano 1981; John G. Neihardt, Alce Nero parla, Adelphi, Milano 1968, Mondadori, Milano 1973, 1977; William W. Newcomb jr., Gli indiani del Nord-America, Il Bagatto, Roma 1985; Scritti e racconti degli indiani americani, raccolti da Shirley Hill Witt e Stan Steiner, Jaca Book, Milano 1974, 1992; Stan Steiner, Uomo bianco scomparirai, Jaca Book, Milano 1977, 1994.

3. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

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LA BIBLIOTECA DI ZOROBABELE
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Segnalazioni librarie e letture nonviolente
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 122 del 24 giugno 2021
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