[Nonviolenza] Telegrammi. 4122



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4122 del primo giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Ripetiamo ancora una volta...
2. Giorgio Cremaschi: Mamodou Moussa Balde ucciso dal sistema Italia
3. Riccardo Noury: Quando Amnesty scopri' i prigionieri di coscienza
4. A. Enzo Baldini: Luigi Firpo
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. HIC ET NUNC. GIORGIO CREMASCHI: MAMADOU MOUSSA BALDE UCCISO DAL SISTEMA ITALIA
[Dal sito di "MicroMega" riprendiamo e diffondiamo questo intervento del 25 maggio 2021 dal titolo "Mamodou Moussa Balde ucciso dal sistema Italia" e il sommario "Era un perseguitato politico che inascoltato chiedeva asilo. Si e' impiccato nel CPR di Torino. Non ha retto alla violenza con cui l'Italia lo ha accolto"]

Solo ora che si e' impiccato nel CPR di Torino sappiamo il suo nome, solo da morto diventa una persona, prima era un migrante, un clandestino, un recluso in attesa di espulsione.
Mamodou Moussa Balde avrebbe compiuto 23 anni il 29 luglio, veniva dalla Guinea, era in Italia dal 2017 e non ha retto alla violenza con cui il nostro paese ed il nostro sistema lo hanno accolto. Aveva vissuto di lavori precari, qualche volta passando in Francia dalla Liguria dove normalmente stava. Nonostante una vita di precarieta' e sfruttamento aveva trovato il modo di studiare da noi e di prendere il diploma di terza media nei corsi per adulti. Era venuto in Italia ed in Europa sperando di cambiare la propria vita e magari quella della sua famiglia, rimasta in Africa, ma poco alla volta proprio qui la vita gliel'hanno distrutta. La nostra societa' si presenta al resto del mondo con tutte le sue promesse di benessere, ricchezza, lusso, per poi far precipitare nello sfruttamento e nell'esclusione violenta chi giunge qui da quel mondo perche' ha creduto a quelle promesse. Moussa Bale si e' visto strappare le sue speranze e la vita poco a poco, ma ha sempre lottato, fino al giorno in cui e' stato costretto a chiedere l'elemosina davanti ad un supermercato di Ventimiglia. La' dove transitano e vivono nell'abbandono i migranti che vorrebbero andare in Francia. Li' Moussa Bale ha cominciato a morire.
Alcuni teppisti lo hanno improvvisamente aggredito e massacrato a bastonate, con la ferocia che solo i linciaggi razziali manifestano. Lo accusavano di aver rubato un telefonino che non è stato mai trovato né su di lui, né altrove ed hanno infierito sul suo corpo anche quando non si muoveva piu'. Questi infami vigliacchi sono stati arrestati, incriminati per aggressione e subito rilasciati, con il questore di Imperia che si e' subito affrettato a dichiarare che non c'erano motivi razziali nel pestaggio. Un gruppo di violenti bianchi infierisce su un uomo di pelle nera come non farebbe su nessun altro, ma per lo stato questa non e' violenza razzista. Come per i poliziotti di Minneapolis.
Mentre i suoi torturatori tornavano liberi, Moussa lottava per la vita in ospedale e alla fine vinceva. Ma subito dopo ecco che lo colpiva di nuovo la violenza.
Quello stato che non e' stato capace di rendergli un minimo di giustizia, lo ha subito arrestato come clandestino e portato in una di quelle vergogne disumane, quei carceri per migranti privatizzati come negli USA, chiamati CPR. In quello di Torino Moussa e' stato posto in isolamento e li' ha potuto incontrarlo l'avvocato Gianluca Vitale, instancabile nell'impegno per tutelare i migranti dal razzismo sistemico della nostra societa'. Vitale ha subito colto la sofferenza psichica di Moussa, che l'isolamento nel carcere ovviamente accresceva. Si preparava a dar battaglia per farlo almeno collocare in una condizione piu' umana e protetta, come suggerivano anche esperti psichiatri, ma non ha fatto in tempo. In una notte di orrore, solo recluso e isolato, travolto dal dolore e dall'angoscia, mentre i suoi carnefici erano tranquillamente liberi, Moussa si e' impiccato.
Secondo voi questo e' davvero un suicidio, o non piuttosto un assassinio compiuto dalla nostra societa' e dalle nostre istituzioni, ognuna con la sua parte, che assieme hanno formato il cappio che ha strangolato Moussa? Io non provo rabbia e dolore solo per lui ed i suoi cari, per i suoi fratelli di sventura e sfruttamento, ma anche per noi. Perche' noi corriamo il rischio di abituarci al veleno di una societa' mostruosa, ed esserne intossicati fino alla follia.
Mamadou era un perseguitato politico che inascoltato chiedeva asilo, era africano, era povero, era sofferente nell'anima, cioe' riassumeva in se' le condizioni umane verso le quali il nostro sistema mostra tutta la sua spietatezza. Se lo vogliamo ricordare e onorare dobbiamo odiare con tutto il nostro cuore il sistema che lo ha ucciso e lottare per rovesciarlo.

3. STORIA. RICCARDO NOURY: QUANDO AMNESTY SCOPRI' I PRIGIONIERI DI COSCIENZA
[Dal quotodiano "La Stampa" del 29 maggio 2021]

Nel 1961 quelle due parole non esistevano, se non separate, e dunque Peter Benenson non si rese conto il 28 maggio di quell'anno di aver dato vita a un social network.
L'avvocato inglese che leggeva e metteva da parte storie di repressione di dissidenti si dette l'obiettivo di collegare persone in ogni parte del mondo e farle agire contemporaneamente per una causa: la liberazione dei "prigionieri di coscienza", le persone incarcerate solo per aver espresso le loro opinioni, esercitato il loro credo religioso, aver promosso i diritti.
L'idea era semplice: trasformare la frustrazione individuale in un'espressione d'indignazione globale. L'obiettivo era concreto: tirar fuori dalle prigioni coloro che non avrebbero mai dovuto mettervi piede. Lo strumento era paziente e tenace: scrivere lettere ai governi che tenevano in carcere i "prigionieri di coscienza".
A unire persone di orientamento politico, fede, estrazione sociale diversi – allora, qualche migliaio; oggi, 10 milioni - era, e sarebbe stato da allora, un principio inderogabile: non si va in galera per le idee, a condizione che siano state perseguite senza usare ne' invocare la violenza.
I primi appelli in favore della scarcerazione dei "prigionieri di coscienza" dettero risultati sopra alle aspettative: capi di Stato e di governo ricevevano migliaia di lettere, persone finora languenti e dimenticate nelle strutture detentive di ogni parte del mondo diventavano improvvisamente famose e uscivano dalle loro celle con buste di plastica, sacchi di juta, valige e altro ancora contenenti le lettere scritte in loro favore sotto lo sguardo incredulo di guardie penitenziarie e direttori che si chiedevano come mai quel detenuto sconosciuto fosse conosciuto in tutto il mondo.
Poi arrivo' l'anno spartiacque, il 2001. Il giorno dopo gli spaventosi crimini contro le Torri Gemelle dell'11 settembre furono in molti a dire ad Amnesty International che i tempi erano cambiati, che il cammino dei diritti - iniziato il 10 dicembre 1948 con la proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani - si era interrotto, che Amnesty International non serviva piu', ridotta a un ruolo irrilevante o, peggio, di complicita' col terrorismo.
In nome della "guerra al terrore" per combattere il terrorismo globale sembro' che tutto potesse diventare lecito, a partire dal terrore di Stato. Autorevoli editorialisti scrissero che sarebbe stato necessario rilegittimare la tortura. S'impose un pericoloso paradigma: meno diritti, piu' sicurezza. Divenne popolare una narrazione altrettanto pericolosa: i diritti non sono innati ne' per tutti, si meritano comportandosi bene.
Ma torniamo al 2001. Neanche due mesi prima delle Torri Gemelle, a Genova, accadde qualcosa di terribile e, auspicabilmente, di irripetibile. Non fu piu' possibile sostenere che le violazioni dei diritti umani fossero qualcosa che accadeva altrove. Accadde qui, in Italia, quando alla fine del G8 si contarono un manifestante ucciso, quasi un centinaio di feriti in strada o a seguito del pestaggio alla scuola Diaz e oltre 200 persone trattenute per giorni nella caserma di Bolzaneto, senza contatti col mondo esterno e sottoposti a torture. Emerse in tutta evidenza che nei codici italiani mancavano delle norme atte a tutelare i diritti umani e a punire in modo adeguato le violazioni: prima tra tutte, una legge sul reato di tortura.
Dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, pubblicata nella Gazzetta ufficiale all'inizio del 1989, ci sono voluti quasi 28 anni perche', nel luglio 2017, quella legge venisse finalmente introdotta. Mentre, a 20 anni dai fatti di Genova, manca ancora la legge sui codici identificativi per le forze di polizia in servizio di ordine pubblico. Segnali, questi, dell'estrema lentezza con cui cerca di affermarsi, all'interno delle istituzioni italiane, una vera e propria cultura dei diritti.
Tra i primi "prigionieri di coscienza" di cui si occupo' Amnesty International vi fu un gruppo di studenti arrestati in Portogallo, sotto la dittatura di Salazar, per aver brindato alla liberta'. Tra gli ultimi vi e' Patrick Zaki, ricercatore sui diritti umani arrestato l'8 febbraio 2020 in Egitto.
In mezzo, oltre 50mila "prigionieri di coscienza" che Amnesty International ha contribuito a liberare. Il social network fondato nel 1961 da Peter Benenson funziona ancora.

4. MAESTRI. A. ENZO BALDINI: LUIGI FIRPO
[Da Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Storia e Politica (2013) nel sito www.treccani.it]

E' stato senza alcun dubbio uno dei grandi maestri della storia del pensiero politico, e non solo per la sua indefessa attivita' di studioso e di organizzatore di cultura, che gli diede notorieta' nazionale e internazionale. Contribui' infatti in maniera decisiva a una piu' puntuale e articolata definizione degli studi sulle idee politiche rispetto ad altri saperi, caratterizzati da piu' consolidata tradizione scientifica e accademica; parimenti si batte' con impegno negli organismi istituzionali e ministeriali, soprattutto italiani, per definire lo statuto disciplinare della storia delle dottrine politiche e per l'istituzione di riformate e autonome facolta' universitarie di Scienze politiche.
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La vita
Luigi Firpo nacque a Torino il 4 gennaio 1915 "da un vecchio ceppo piemontese", come amava ricordare. Alla 'sua' citta' lo legavano radici profonde che non vennero mai meno e non solo per le numerose pubblicazioni di carattere scientifico e divulgativo che a essa ha continuato a dedicare nell'arco della sua piu' che cinquantennale attivita' di studioso.
Le origini modeste della sua famiglia, da lui peraltro ribadite piu' volte con orgoglio, non gli impedirono di completare gli studi classici nel prestigioso liceo torinese Massimo d'Azeglio e di iscriversi poi alla facolta' di Giurisprudenza, dove si laureo' nel 1937. Gli studi liceali e quelli universitari non riuscirono a coinvolgerlo, ne' lasciarono in lui ricordi esaltanti, tranne quelli di alcuni insegnanti nei confronti dei quali non cesso' di manifestare tutta la sua riconoscenza.
Lo scarso interesse per gli insegnamenti giuridici e il suo amore per la letteratura e per la poesia lo portarono a seguire alcuni corsi della facolta' di Lettere e, in particolare, quelli di Francesco Pastonchi. Almeno sino all'incontro con Gioele Solari (1872-1952), che a Giurisprudenza insegnava filosofia del diritto: il maestro per eccellenza con il quale si erano gia' laureate generazioni di intellettuali formatisi nell'ateneo torinese, da Piero Gobetti ad Alessandro Passerin d'Entreves, da Uberto Scarpelli a Norberto Bobbio. Fu un incontro "occasionale e scabro", originato, come ricorda Firpo, dal ritrovamento su di una bancarella di un'edizione "filologicamente infame, ma per me benedetta, delle Poesie di Campanella" (Testimonianza per due maestri, in Id., Gente di piemonte, 1983, p. 291), che gli fece scoprire il pensatore di Stilo e lo porto' a decidere di scrivere su di lui la tesi di laurea. Superata l'iniziale diffidenza di Solari, Firpo si laureera' con una tesi dal titolo gia' emblematico: Tommaso Campanella nell'unita' del suo pensiero politico, filosofico e religioso. L'incontro decisivo con quello che sarebbe diventato l'autore della sua vita fu quindi determinato dal suo grande amore per la poesia.
Gli anni liceali e quelli universitari erano stati parimenti caratterizzati da una fitta collaborazione con riviste giovanili e con periodici fascisti, in particolare il "Lambello", la rivista del GUF (Gruppo Universitario Fascista) torinese, oltre che dalla partecipazione ai Littoriali, nei quali primeggio' ripetutamente con i suoi componimenti poetici. Una collaborazione che venne progressivamente meno e che cesso' del tutto con l'impegno nella ricerca scientifica gia' all'inizio degli anni Quaranta (Bravo 1992, p. 299).
L'incontro con Solari era stato determinante per le sue scelte di vita e per quelle di studioso ("non ci lasciammo piu'"). Lo stesso Solari restera' stupito dai numerosi e puntuali articoli pubblicati dal suo allievo gia' nel 1939, a partire da Il Campanella astrologo e i suoi persecutori romani, seguito da altri cinque contributi in sedi prestigiose come il "Giornale critico della filosofia italiana", gli "Atti della Regia Accademia delle scienze di Torino" e il "Giornale storico della letteratura italiana". Era solo l'inizio di una poderosa serie di saggi, bibliografie, note filologiche ed edizioni di testi (ben 130) che sarebbe continuata per tutta la sua lunga vita di studioso.
Dal 1939 al 1941 le pubblicazioni di Firpo furono concentrate sul domenicano calabrese. Nel 1940 usciva la preziosa Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, che metteva finalmente ordine nella selva delle edizioni campanelliane e che gli valse il premio dell'Accademia d'Italia, portata a termine durante il servizio militare, con quei pochi strumenti che Solari riusciva a procurargli. Seguiva nel 1941 l'edizione critica degli Aforismi politici, integrati dal commento di Ugo Grozio; ma gia' dal 1940, oltre a numerosi altri contributi, aveva pubblicato gli Appunti campanelliani: una quantita' notevole di documenti inediti, note di ricerca, articoli eruditi, una sorta di "bollettino degli scavi" (per usare una felice espressione di Giorgio Spini) che continuera' a pubblicare con cadenza impressionante sino al 1962 e che fu rifusa parzialmente, almeno per la parte uscita fino allora, nel volume Ricerche campanelliane (1947). Nel frattempo aveva dato alle stampe in edizione critica altri testi editi e inediti di Campanella: Antiveneti e Poetica, entrambi nel 1944, e i Discorsi ai principi d'Italia e altri scritti filo-ispanici nel 1945.
Nel 1942 irrompeva in maniera prepotente Traiano Boccalini, uno degli autori che le sue ricerche campanelliane gli avevano fatto conoscere e apprezzare, e che catturera' gran parte delle sue energie degli anni immediatamente successivi, fino ad approdare nel 1948 a una nuova edizione critica dei Ragguagli di Parnaso e altri scritti minori, nella quale Firpo non solo rivedeva in maniera marcata i due volumi curati da Giuseppe Rua a inizio secolo, ma soprattutto ne aggiungeva un terzo, nel quale inseriva, con maestria filologica, ben 67 ragguagli inediti, oltre a quelli stampati postumi con il titolo Pietra del paragone politico, integrandoli con altri 'scritti minori', con numerose lettere e con traduzioni boccaliniane.
Sempre nel 1948, oltre a nuovi articoli su Campanella, pubblico' contributi fondamentali come la prima parte del Processo di Giordano Bruno (sara' congiunta con la seconda, uscita nell'anno seguente, nel primo dei "Quaderni della Rivista storica italiana"); seguiranno l'edizione della Ragion di Stato di Giovanni Botero e il vigoroso contributo Il pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, chiestogli da Ettore Rota per le Questioni di storia moderna da lui curate.
Nel 1944 diede alle stampe il progetto della prestigiosa e innovatrice collana Classici politici da lui diretta, che iniziera' a pubblicare nel 1947 (la sua edizione boteriana costituira' il secondo volume, preceduta da quello di Adam Mickiewicz e immediatamente seguita dalle edizioni dei Due trattati di John Locke a cura di Luigi Pareyson e dal De cive di Thomas Hobbes a cura di Bobbio). Parimenti del 1944 e' la prima progettazione della grandiosa Storia delle idee politiche, economiche e sociali, che dara' alle stampe a partire dal 1972.
Le testimonianze su questo straordinario "avvio" sono numerose e tutte improntate a stupore e ammirazione. "Gia' negli anni Quaranta [...] ci si comincio' a rendere conto che con Luigi Firpo era spuntata una personalita' davvero eccezionale all'orizzonte culturale italiano", scriveva Spini (1990, p. 195); gli faceva eco Carlo Dionisotti, ricordando la "commozione mia e dei miei coetanei quando, nell'immediato dopoguerra, vedemmo apparire giovani come Firpo e subentrare a noi con forze intatte nel compito di riprendere e rinnovare gli studi storici in Italia" (Dionisotti, in Botero e la ragion di Stato, 1992, p. 499).
La bibliografia dei suoi scritti e' ricca di ben 1910 titoli, comprendendo la sua attivita' pubblicistica, abbastanza consistente negli ultimi anni di vita, ma escludendo le numerose ristampe e traduzioni e soprattutto i lavori da lui lasciati in tronco e pubblicati solo dopo la morte.
Trascinati da Campanella, arrivarono gli studi sugli "eretici" Giordano Bruno e Francesco Pucci (compagni di cella del calabrese) e sul piemontese Botero teorico della ragion di Stato ("plagiato" da Campanella), sui quali scrisse quasi senza interruzione a partire dal 1948. Thomas More con la sua Utopia entro' nel 1952 nel novero dei pensatori particolarmente cari a Firpo e mai da lui abbandonati, subito seguito da Filarete e la "citta' ideale nel Rinascimento" (1954), Ludovico Agostini (1954), Kaspar Stueblin (1959): un filone utopico affrontato sulla scia della Citta' del Sole. Nell'approfondimento delle tematiche campanelliane e nella ricerca delle loro fonti, Firpo 'incontro'' numerosi altri personaggi e altri filoni di pensiero ai quali dedico' contributi ancor oggi di fondamentale importanza: basti citare quelli a lui piu' cari: Galileo Galilei (1962), Leonardo da Vinci (1962), Girolamo Savonarola (1963) ed Erasmo da Rotterdam (1966); ma nel novero possono essere inseriti anche Francesco Guicciardini (1952) e Niccolo' Machiavelli (1960).
Proprio l'inevitabile allargamento degli studi campanelliani lo porto' ben presto ad affermarsi – malgrado le enormi difficolta' di quegli anni di guerra e di immediato dopoguerra – come "lo studioso" del pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma.
Frattanto, dopo essere stato nominato assistente straordinario presso l'Istituto giuridico dell'Universita' di Torino nel 1940 e, dal 1941, presso la facolta' di Giurisprudenza, nel 1942 aveva conseguito la libera docenza in storia delle dottrine politiche e dal 1946 aveva ricoperto l'incarico d'insegnamento in tale disciplina presso la facolta' di Giurisprudenza torinese. Vincitore di cattedra nel 1956, nel primo concorso bandito per la 'sua' disciplina a distanza di decenni, dopo un anno d'insegnamento a Messina, fu richiamato a Torino presso la facolta' di Giurisprudenza e, nel 1969, si trasferi' definitivamente in quella di Scienze politiche, istituita in quell'anno grazie anche al suo decisivo impegno, ricoprendo inoltre l'insegnamento di metodologia della ricerca storica. Vi termino' la sua carriera di docente di storia delle dottrine politiche nel 1985.
Negli ultimi anni della sua vita (mori' a Torino il 2 marzo 1989) la produzione scientifica diminui' di intensita', anche a causa dei crescenti impegni politici e giornalistici. Nel 1980 fu infatti designato nel Consiglio di amministrazione della RAI, carica che mantenne sino al 1987, quando fu eletto deputato al Parlamento come indipendente nelle liste del Partito repubblicano italiano. Aveva tuttavia continuato le amate ricerche campanelliane; anzi, le aveva intensificate dopo che, in concomitanza con i suoi nuovi appuntamenti romani a cadenza settimanale, aveva nuovamente ottenuto l'autorizzazione a entrare nell'Archivio del Santo Uffizio. Era finalmente determinato a porre mano ai due volumi da tempo progettati su Campanella, uno biografico e uno documentario: ce lo confermano la voluminosa cartella delle Ricerche in corso, rimasta sul suo tavolo di lavoro, e ancor piu' i numerosi fascicoli lasciati sugli scaffali del suo studio: ordinati e catalogati con l'abituale rigore.
Fu socio dell'Accademia dei Lincei, direttore della Classe di scienze morali dell'Accademia delle Scienze di Torino, presidente del Centro nazionale di studi alfieriani (Asti), della Commissione nazionale vinciana (Roma) e del Comitato scientifico della Fondazione Luigi Einaudi (Torino), alla quale dedico' molte energie.
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Storico delle idee politiche
Firpo amava presentarsi come "storico delle idee politiche", ribadendo con forza che le idee andavano anzitutto studiate e ricostruite in quella composita trama di situazioni storiche, di polemiche e di percorsi teorici al cui interno si erano affermate, articolate, modificate e diffuse. Da qui la sua attivita' di ricercatore rigoroso, di instancabile frequentatore di fondi manoscritti: un lavoro meritorio che gli ha permesso magistrali ricostruzioni storiche e filologiche di personaggi, dibattiti e idee politiche, insieme con preziosissime edizioni critiche di numerose opere di pensatori del Rinascimento e della Controriforma, in particolare, ma anche di secoli successivi (valgano per tutti i suoi contributi su Cesare Beccaria, Francesco Mario Pagano, Karl Marx, Francesco Saverio Nitti, Benedetto Croce e Luigi Einaudi). La sua era infatti una storia delle idee politiche che – pur nella sua consapevole autonomia – era costruita in costante e indispensabile rapporto con la storia delle idee in senso lato, ma in particolare con la storia delle idee giuridiche, economiche e sociali, senza dimenticare l'apporto della filosofia, della letteratura e della scienza. Riconobbe in Einaudi il suo "maestro ideale", ma il "suo" vero maestro fu Solari.
Forse piu' di altri, i contributi campanelliani ci permettono di capire la prospettiva teorica e quella metodologica di Firpo: due prospettive che finivano in ultima istanza con l'identificarsi. Non si stancava mai di ribadire l'importanza imprescindibile di quell'"oscuro ma non arido" lavoro filologico, di quella fatica "umile e ingrata" sui manoscritti, sulle edizioni critiche dei testi, finalmente affidabili, sulle indispensabili ricerche biografiche e bibliografiche. Solo radicando pienamente un autore nel suo tempo, nelle sue vicissitudini umane, nei suoi studi e nelle sue relazioni, diventava infatti possibile dar corpo pienamente al suo pensiero e soprattutto evitare di fraintendere le sue idee.
Firpo viveva la ricerca come un processo senza fine, al punto che l'articolo, il saggio e l'edizione critica avevano finito per diventare gli strumenti "naturali" ("naturalmente" provvisori o parziali) del suo dialogo con la comunita' scientifica. Il libro gli appariva invece sempre piu' come un risultato finale, definitivo, e comunque non ipotizzabile prima di avere ricostruito e messo ben in ordine tutte le tessere del mosaico-ricerca: ecco perche' finiva con il non trovare quasi mai posto nella programmazione delle sue pubblicazioni. Altri, non lui, avrebbero potuto e dovuto progettarlo e scriverlo, seguendo le loro inclinazioni di studiosi; anzi, la sua portentosa attivita' di organizzatore di cultura, di promotore e direttore di collane editoriali attesta con quanto impegno abbia agito in questa direzione.
Fu tra i primi a ricevere l'autorizzazione a svolgere ricerche presso l'Archivio dell'Inquisizione subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, quando l'Archivio era ancora inaccessibile agli studiosi; vi torno' nell'ultimo decennio di vita (di nuovo con un permesso straordinario visto che l'Archivio era ancora chiuso al pubblico), traendone documentazioni di fondamentale importanza, e non solo per lo studio di autori come Bruno, Campanella e Galilei.
Nei momenti di spensierata conversazione, quasi a rimarcare una sintonia decisamente singolare nella sua intensita', si spingeva addirittura ad ammettere con studiato stupore la propria somiglianza fisica con il Campanella del celebre ritratto di Francesco Cozza. Chi lo conosceva meglio sapeva pero' cogliere dietro quelle espressioni solo accennate, l'allusione – ovviamente mai apertamente confessata – a una somiglianza ben altrimenti significativa: quella tra due temperamenti particolarmente forti e rari.
Come ha fatto notare Margherita Isnardi Parente, la progressiva presa di coscienza delle caratteristiche dell'utopia nell'eta' della Controriforma, la loro attribuzione a una mutata sensibilita' e lo sforzo di abbracciare il pensiero del calabrese nella sua unita' ("di inserire i Solari nell'orizzonte della Monarchia"), gli hanno fatto ben presto apparire Campanella non piu' come colui che, "ignorando il travaglio della Riforma cattolica, compie una riconversione verso l'utopia rinascimentale 'pura', quella del Filarete o del Doni", vale a dire come un'attardata figura del Rinascimento, ma come un pensatore ben calato nel proprio tempo (Isnardi Parente, in Botero e la ragion di Stato, 1992, pp. 480-81). Non piu' quindi il Campanella sulla linea di coloro che hanno idealizzato la citta', non piu' l'"eroe" esaltato dalla prospettiva storiografica nazionalista di fine Ottocento e inizio Novecento, ma per molteplici aspetti il rappresentante di un'epoca che aveva enormemente ampliato i propri orizzonti e le proprie problematiche, di un'eta' controversa e tormentata, pervasa nel contempo di fremiti innovatori e di piatto conformismo: l'eta' della Controriforma.
La riflessione su Campanella (e su Bruno) lo aveva quindi portato a superare gli stereotipi di una storiografia che troviamo ancora in qualche modo presente nei suoi primi scritti, anche se questi contenevano gia' tutte le potenzialita' dei successivi mutamenti interpretativi. Luigi Bulferetti fa notare come nella Torino degli anni Trenta – quella che a suo dire rappresentava una sorta di punto di incontro tra discipline umanistiche e scientifiche, ma anche tra diverse discipline umanistiche – le ricerche campanelliane di Firpo abbiano rappresentato un "esempio di interdisciplinarita'" (Bulferetti 1980, p. 665). Quest'affermazione consente un rapido cenno a un argomento che meriterebbe più approfondite riflessioni. L'arricchimento e l'ampliamento da parte di Firpo dell'ambito specifico della politica, la negazione della sua priorita', cosi' come la messa a punto di un metodo di indagine e di riflessione volto a ricostruire la complessa trama delle "idee politiche", trovano la loro origine e una graduale definizione proprio nelle variegate e ariose ricerche campanelliane. Fu parimenti un infaticabile promotore e direttore di numerose collane e iniziative editoriali: prime fra tutte i Classici politici e l'imponente Storia delle idee politiche, economiche e sociali, in 8 voll., entrambe per la UTET, gli Utopisti (Guida), il Corpus reformatorum italicorum (Newberry Library di Chicago e Prismi). Nel 1968, insieme con Mario Delle Piane, Salvo Mastellone e Nicola Matteucci, fondo' la rivista "Il pensiero politico" (Olschki), che s'impose immediatamente come solido punto di riferimento scientifico in ambito nazionale e internazionale.
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Il pubblicista e il bibliofilo
Oratore forbito e fluente, ma anche brillante polemista e scrittore di raffinata eleganza, Firpo collaboro' a numerosi quotidiani e periodici, in particolar modo a "La Stampa" di Torino. Dal dicembre 1976, dapprima alternandosi con Alessandro Galante Garrone e ben presto da solo, a partire dal luglio 1977, tenne una rubrica domenicale molto seguita dal titolo Cattivi pensieri, che divenne una palestra di riflessione e di critica dei costumi e della vita politica molto seguita, al punto da far dire a Bobbio che "il Firpo censore" era "ben piu' noto dell'uomo di studi" (Bobbio 1990a, p. 18). E, sempre Bobbio, con la puntualita' di chi lo conosceva profondamente, ricordava come il Firpo bibliofilo appassionato e tenace, abbia dato il meglio di se' non a caso con Campanella, inseguendo il suo "immenso lascito di opere, spesso rarissime, nelle biblioteche antiquarie di mezzo mondo" (Bobbio 1990b, p. 64). Queste parole richiamano inevitabilmente alla mente le centinaia di cataloghi d'antiquariato che Firpo era solito spogliare con cura e avidita', traendone non solo preziosissime schede di lavoro, ma soprattutto volumi e codici per la sua straordinaria biblioteca. Coloro che lo frequentavano avranno certamente ascoltato rapiti gli affascinanti racconti di alcuni di questi acquisti, talora fortuiti, altre volte avventurosi, sempre pero' guidati da perizia, intuito e ostinazione, come nel caso del codice miscellaneo di manoscritti anonimi, ma con singolari assonanze campanelliane che si lasciavano cogliere nella descrizione che ne forniva il catalogo. Acquistato tempestivamente a Parigi da Firpo dal collezionista che ne era appena diventato proprietario, conteneva ben sette scritture politiche di Campanella, tutte sconosciute e inedite, oggi a disposizione degli studiosi nella biblioteca della Fondazione Firpo a Torino (Baldini 1996, pp. 336-37).
Del resto, nell'elogio sincero che Firpo scriveva su Luigi Einaudi bibliofilo (1981), capace di raccogliere e di rendere disponibile per la 'repubblica delle lettere' un prezioso e omogeneo fondo librario e documentario, non era difficile intravedere in controluce se' stesso, o meglio quanto egli stesso aveva fatto, e continuava a fare con determinazione, avendo gia' ben chiara la destinazione di questo enorme lavoro.
La preziosa e ricca biblioteca da lui raccolta con tanta passione e perizia, in particolare il suo fondo antico di circa 6000 volumi, costituisce ora una struttura portante della Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul pensiero politico, nata a Torino nel 1989, che e' diventata ben presto un punto di riferimento e di incontro nazionale e internazionale per gli studiosi e per gli storici delle idee politiche dell'eta' moderna in particolare, grazie anche ai numerosi convegni e seminari, oltre che alle sue iniziative volte a formare e valorizzare giovani studiosi.
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Opere
Per l'enorme produzione scientifica di Luigi Firpo si veda A.E. Baldini, F. Barcia, Bibliografia degli scritti di Luigi Firpo (1931-1989), in Studi politici in onore di Luigi Firpo, a cura di S. Rota Ghibaudi, F. Barcia, IV vol., Milano 1990, pp. 563-789.
Tra gli scritti si vedano:
Il Campanella astrologo e i suoi persecutori romani, "Rivista di filosofia", 1939, 30, pp. 200-15.
Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, Torino 1940.
Ricerche campanelliane, Firenze 1947.
L'utopia politica nella Controriforma, in Contributi alla storia del Concilio di Trento e della Controriforma, "Quaderni di 'Belfagor'", 1948, 1, pp. 78-108.
Il processo di Giordano Bruno, "Quaderni della Rivista storica italiana", 1949, 1; nuova ed. a cura di D. Quaglioni, Roma 1993.
Filosofia italiana e controriforma, "Rivista di filosofia", 1950, 41, pp. 150-73 e 390-401, e 1951, 42, pp. 30-47.
La satira politica in forma di ragguaglio di Parnaso, "Atti della Accademia delle scienze di Torino", Classe di scienze morali, storiche e filologiche, 1952-1953, 87, t. 2, pp. 197-294, e 1953-1954, 88, t. 2, pp. 48-83.
Cinquant'anni di studi sul Campanella (1901-1951), "Rinascimento", 1955, 6, pp. 209-348.
Gli scritti di Francesco Pucci, "Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino", serie III, t. 4, parte II, 1957, pp. 195-368.
Lo Stato ideale della Controriforma. Ludovico Agostini, Bari 1957.
La Chiesa italiana di Londra nel Cinquecento e i suoi rapporti con Ginevra, in Ginevra e l'Italia, raccolta di studi promossa dalla facolta' valdese di Teologia di Roma, Firenze 1959, pp. 307-412.
Appunti e testi per la storia dell'antimachiavellismo. Corso di storia delle dottrine politiche, Torino [1961].
L'iconografia di Tommaso Campanella, Firenze 1964.
Le origini dell'antimachiavellismo, in Machiavellismo e antimachiavellici nel Cinquecento, "Il pensiero politico", 1969, 2, pp. 337-67 (ora in Scritti sul pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, Torino 2005, pp. 25-56).
La Facolta' di Scienze politiche. Cronaca di una battaglia, "Annuario delle facolta' di Scienze politiche", 1974, pp. 9-58.
Studi sull'Utopia, raccolti da L. Firpo, "Il pensiero politico", 1976, 9, 2-3, pp. 181-536.
Luigi Einaudi bibliofilo, in D. Franceschi Spinazzola, Catalogo della Biblioteca di Luigi Einaudi. Opere economiche e politiche dei secoli XVI-XIX, Torino 1981, pp. XVII-XX.
Cattivi pensieri, Milano 1983 (raccoglie testi dal 1976 al 1982).
Cattivi pensieri, premessa di L. Salvetti Firpo, postfazione di S. Ricci, Roma 1999 (raccoglie testi dal 1982 al 1989).
Gente di Piemonte, Milano 1983.
L'utopia nell'eta' della Controriforma. Appunti e testi, Torino 1983.
Il supplizio di Tommaso Campanella. Narrazioni. Documenti. Verbali delle torture, Roma 1985.
L'utopismo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, III vol., Umanesimo e Rinascimento, Torino 1987, pp. 811-88.
Ritratti di Antenati, premessa di F. Venturi, Torino 1989.
I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, Roma 1998.
Scritti sul pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, Torino 2005.
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Bibliografia
L. Bulferetti, Testimonianza, in Atti del convegno Piemonte e letteratura nel '900, Alessandria 1980, pp. 661-68.
N. Bobbio, Luigi Firpo ricordato nel primo anniversario della morte, in "Il pensiero politico", 1990a, 23, pp. 3-18.
N. Bobbio, Firpo in Utopia, in L. Firpo, L'utopismo del Rinascimento e l'eta' nuova, Alpignano 1990b, pp. 63-91.
G. Spini, Ricordo di Luigi Firpo, "Rivista storica italiana", 1990, 102, pp. 195-203.
Studi in onore e memoria di Luigi Firpo, Lunigiana 1990 (in partic. A.E. Baldini, Luigi Firpo e la Lunigiana. Un ricordo, pp. 7-9; C. Vasoli, Luigi Firpo: lo storico e il maestro, pp. 21-28).
A.E. Baldini, Firpo Luigi, in Enciclopedia Italiana. Appendice V, Istituto della Enciclopedia Italiana, II vol., Roma 1992, ad vocem.
G.M. Bravo, Luigi Firpo, "Belfagor", 1992, 47, pp. 295-312.
Botero e la ragion di Stato, Atti del Convegno in memoria di Luigi Firpo, Torino (8-10 marzo 1990), Firenze 1992 (in partic. M. Isnardi Parente, Il Botero di Luigi Firpo, pp. 473-84; C. Dionisotti, Chiusura del Convegno, pp. 497-500).
G.M. Bravo, Le scienze e le discipline politiche all'Universita' di Torino, "Il pensiero politico", 1994, 27, pp. 60-71.
A. D'Orsi, Guida alla storia del pensiero politico, Firenze 1995, pp. 259-64.
A.E. Baldini, Luigi Firpo e Campanella: cinquant'anni di ricerche e di pubblicazioni, "Bruniana e Campanelliana", 1996, 2, pp. 324-58 (ora nel volumetto dallo stesso titolo, Pisa-Roma 2000).
D. Quaglioni, Il Bruno di Luigi Firpo, in Giordano Bruno. Note filologiche e storiografiche, Prima Giornata Luigi Firpo (3 marzo 1994), Firenze 1996, pp. 37-55.
G. Spini, Luigi Firpo e la riforma italiana del Cinquecento, in L. Firpo, Scritti sulla Riforma in Italia, Napoli 1996, pp. 7-11.
N. Bobbio, Luigi Firpo e la sua Fondazione, "Nuova antologia", ott.-dic. 1997, fasc. 2204, pp. 36-38.
N. Bobbio, Postfazione, in T. Campanella, La Citta' del Sole, a cura di L. Firpo, nuova ed. a cura di G. Ernst, L. Salvetti Firpo, Roma-Bari 1997, pp. 105-109.
A. Romano, Firpo Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, XLVIII vol., Roma 1997, ad vocem.
Una eredita' intellettuale. Maestri e allievi della Facolta' di scienze politiche di Torino, a cura di G.M. Bravo, L. Sciolla, Firenze 1997 (in partic. S. Rota Ghibaudi, Luigi Firpo (1915-1989), pp. 133-45; T. Gregory, Luigi Firpo, pp. 289-94).
E. Canone, Premessa e Avvertenza, in L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, Roma 1998, pp. VII-XIV e XV-XVI.
C. Vasoli, C. Gilly, G. Spini, Luigi Firpo e i "riformatori" italiani. A proposito di una recente raccolta di saggi sulla Riforma in Italia, "Il pensiero politico", 1998, 31, pp. 89-98.
A.E. Baldini, Firpo Luigi, in Enciclopedia del pensiero politico, diretta da R. Esposito, C. Galli, Roma-Bari 2000, pp. 247-48.
A.E. Baldini, Luigi Firpo. Profil bio-bibliographique, "Cites: philosophie, politique, histoire", 2000, 2, pp. 231-34.
A.E. Baldini, Il Defensor pacis tra Luigi Firpo, Felice Battaglia e Cesare Vasoli, "Il pensiero politico", 2004, 37, pp. 100-107.
Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul pensiero politico, Catalogo del fondo antico, a cura di C. Stango, A. De Pasquale, 3 voll., Firenze 2005-2010.
A.E. Baldini, Il Machiavelli di Firpo, in Machiavelli nella storiografia e nel pensiero politico del XX secolo, Atti del convegno, Milano (16-17 maggio 2003), a cura di L.M. Bassani, C. Vivanti, Milano 2006, pp. 139-66.
A.E. Baldini, Bobbio, Firpo e una rivista mai nata (1941-1944). Un'amicizia a prova di intrighi accademici, in De amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini, M. Tesoro, Milano 2007, pp. 621-35.

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Giuseppe Gozzini, Non complice. Storia di un obiettore, Edizioni dell'Asino, Roma 2014, pp. 256.
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Maestre
- Vandana Shiva, India spezzata. Diversita' e democrazia sotto attacco, Il Saggiatore, Milano 2008, 2011, pp. 178, euro 8,50.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4122 del primo giugno 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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