[Nonviolenza] Telegrammi. 4110



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4110 del 20 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. All'ascolto di due poetesse per la pace
2. Jean-Marie Muller: La nonviolenza come esigenza filosofica (parte seconda e conclusiva)
3. Segnalazioni librarie
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. ALL'ASCOLTO DI DUE POETESSE PER LA PACE

La mattina di mercoledi' 19 maggio 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", si e' svolto un incontro di lettura e commento di alcuni testi di due poetesse per la pace: Ingeborg Bachmann e Wislawa Szymborska.
In calce riproduciamo i testi letti e commentati.
*
Anche nel ricordo di Ingeborg Bachmann e di Wislawa Szymborska chiediamo l'impegno di ogni persona di volonta' buona affinche' cessino tutte le uccisioni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Anche nel ricordo di Ingeborg Bachmann e di Wislawa Szymborska ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
* * *
Allegato primo: Alcune poesie di Ingeborg Bachmann
[I seguenti testi - gia' piu' volte ripubblicati nel nostro notiziario - sono estratti da Ingeborg Bachmann, Poesie, Guanda, Parma 1978, Tea, Milano 1996 (traduzioni di Maria Teresa Mandalari) e da Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999 (traduzioni di Luigi Reitani).
Ingeborg Bachmann, scrittrice e poetessa austriaca (Klagenfurt 1926 - Roma 1973) di straordinaria bellezza e profondita', maestra di pace e di verita'. Tra le opere di Ingeborg Bachmann: versi: Il tempo dilazionato; Invocazione all'Orsa Maggiore; Poesie. Racconti: Il trentesimo anno; Tre sentieri per il lago. Romanzi: Malina. Saggi: L'elaborazione critica della filosofia esistenzialista in Martin Heidegger; Ludwig Wittgenstein; Cio' che ho visto e udito a Roma; I passeggeri ciechi; Bizzarria della musica; Musica e poesia; La verita' e' accessibile all'uomo; Il luogo delle donne. Radiodrammi: Un affare di sogni; Le cicale; Il buon Dio di Manhattan. Saggi radiofonici: L'uomo senza qualita'; Il dicibile e l'indicibile. La filosofia di Ludwig Wittgenstein; La sventura e l'amore di Dio. Il cammino di Simone Weil; Il mondo di Marcel Proust. Sguardi in un pandemonio. Libretti: L'idiota; Il principe di Homburg; Il giovane Lord. Discorsi: Luogo eventuale; Letteratura come utopia. Prose liriche: Lettere a Felician. Opere complete: Werke, 4 voll., Piper, Muenchen-Zuerich. Interviste e colloqui: Interview und Gespraeche, Piper, Muenchen-Zuerich. In edizione italiana cfr. almeno: Poesie, Guanda, 1987, Tea, Milano 1996; Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999; Il dicibile e l'indicibile. Saggi radiofonici, Adelphi, Milano 1998; Il buon Dio di Manhattan, Adelphi, Milano 1991; Il trentesimo anno, Adelphi, Milano 1985, Feltrinelli, Milano 1999; Tre sentieri per il lago, Adelphi, Milano 1980, Bompiani, Milano 1989; Malina, Adelphi, Milano 1973; Il caso Franza, Adelphi, Milano 1988; La ricezione critica della filosofia di Martin Heidegger, Guida, Napoli 1992; In cerca di frasi vere, Laterza, Roma-Bari 1989; Letteratura come utopia. Lezioni di Francoforte, Adelphi, Milano 1993. Su Ingeborg Bachmann un'ampia bibliografia di base e' nell'apparato critico dell'edizione italiana di Invocazione all'Orsa Maggiore, cit.]

Il tempo dilazionato

S'avanzano giorni piu' duri.
Il tempo dilazionato e revocabile
gia' appare all'orizzonte.
Presto dovrai allacciare le scarpe
e ricacciare i cani ai cascinali:
le viscere dei pesci nel vento
si sono fatte fredde.
Brucia a stento la luce dei lupini.
Lo sguardo tuo la nebbia esplora:
il tempo dilazionato e revocabile
gia' appare all'orizzonte.

Laggiu' l'amata ti sprofonda nella sabbia,
che le sale ai capelli tesi al vento,
le tronca la parola,
le comanda di tacere
la trova mortale
e proclive all'addio
dopo ogni amplesso.

Non ti guardare intorno.
Allacciati le scarpe.
Rimanda indietro i cani.
Getta in mare i pesci.
Spengi i lupini!

S'avanzano giorni piu' duri.

*

Tutti i giorni

La guerra non viene piu' dichiarata,
ma proseguita. L'inaudito
e' divenuto quotidiano. L'eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
e' trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi e' la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.

Viene conferita
quando non accade piu' nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico e' divenuto invisibile
e l'ombra d'eterno riarmo
ricopre il cielo.

Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all'amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l'inosservanza
di tutti gli ordini.

*

Nella bufera di rose

Ovunque ci volgiamo nella bufera di rose,
la notte e' illuminata di spine, e il rombo
del fogliame, cosi' lieve poc'anzi tra i cespugli,
ora ci segue alle calcagna.

*

Discorso ed epilogo

Non varcare le nostre labbra,
parola che semini il drago.
E' vero, l'aria e' soffocante,
la luce schiuma di acidi e fermenti,
sulla palude nereggia un velo di zanzare.

Ama le bicchierate la cicuta.
E' in mostra una pelle di gatto:
la serpe s'avventa soffiando,
lo scorpione inizia la danza.

Non raggiungere le nostre orecchie,
fama dell'altrui colpa:
parola, muori nella palude
da cui la pozzanghera sgorga.

Parola, stai al nostro fianco
tenera di pazienza
e d'impazienza. Bisogna
che questa semina abbia fine!

Non domera' la bestia colui che ne imita il verso.
Chi rivela segreti d'alcova, rinunzia per sempre all'amore.
La parola bastarda serve al frizzo per immolare uno stolto.

Chi ti richiede un giudizio su questo straniero?
Se non richiesto lo formuli, prosegui tu il suo cammino
da una nottata all'altra con le sue piaghe ai piedi: va'! e non ritornare.

Parola, sii nostra,
libera, chiara, bella.
Certo, dovra' avere fine
ogni cautela.

(Il gambero si ritrae,
la talpa dorme troppo,
l'acqua dolce dissolve
la calce, che pietre ha filato).

Vieni, benevolenza fatta di voci e d'aliti,
questa bocca fortifica
quando la sua fralezza
si inorridisce e inceppa.

Vieni e non ti negare,
poiche' in conflitto siamo con tanto male.
Prima che sangue di drago protegga l'avversario
questa mano cadra' dentro il fuoco.
O mia parola, salvami!

*

Prender paese

Nella terra del pascolo giunsi
quand'era gia' notte,
fiutando le cicatrici nei prati
e il vento, prima che si levasse.
L'amore piu' non pascolava,
le campane erano spente
e i cespugli affranti.

Un corno piantato nel terreno,
ostinato dalla guidaiola,
confitto nel buio.

Dalla terra lo presi,
al cielo lo levai
con piena forza.

Per colmare
questo paese con suoni
soffiai nel corno,
volendo nel vento incombente
e tra steli increspati
vivere di ogni origine!

*

Colle di cocci

Giardini in amplessi col gelo -
il pane bruciato nei forni -
fiabesco il serto di messi
e' miccia tra le tue mani.

Taci! Conserva i tuoi stracci,
le frasi, sgomente di lacrime,
ai piedi del colle di cocci
che i solchi sempre succinge.

Se tutte le brocche s'infrangono,
che resta nella brocca del pianto?
Giu' in basso crepe roventi
e lingue guizzanti di fuoco.

Si creano ancora vapori
tra clamori di acqua e di fuoco.
O scala di nubi, di frasi,
affidata al monte dei cocci!

*

Ombre rose ombre

Sotto un cielo straniero
ombre rose
ombre
su una terra straniera
tra rose e ombre
in un'acqua straniera
la mia ombra

*

Dai Canti lungo la fuga

XV.

L'amore ha un trionfo e la morte ne ha uno,
il tempo e il tempo che segue.
Noi non ne abbiamo.

Solo tramontare intorno a noi di stelle. Riflesso e silenzio.
Ma il canto sulla polvere dopo,
alto si levera' su di noi.

* * *
Allegato secondo. Alcune poesie di Wislawa Szymborska
[Riproponiamo ancora una volta alcune poesie di Wislawa Szymborska estratte da Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi, Milano 2009, a cura di Pietro Marchesani.
Wislawa Szymborska, poetessa, premio Nobel per la letteratura 1996, e' nata a Bnin, in Polonia, il 2 luglio 1923 ed e' deceduta a Cracovia il primo febbraio 2012; ha studiato lettere e sociologia a Cracovia; dal 1953 al 1981 collaboro' alla rivista "Vita letteraria", nel 1980, sotto lo pseudonimo di Stancykowna, alle riviste "Arka" e "Kultura"; oltre al Nobel ha ricevuto per la sua opera poetica altri importanti riconoscimenti: nel 1954 il Premio per la letteratura Citta' di Cracovia, nel 1963 il Premio del ministero della cultura polacco, nel 1991 il Premio Goethe, nel 1995 il Premio Herder e la Laurea ad honorem dell'Universita' di Poznan "Adam Mickiewicz", nel 1996 il Premio "Pen - Book of the Month Club Translation Prize". Tra le opere di Wislawa Szymborska in edizione italiana: La fiera dei miracoli, Scheiwiller, Milano 1994; Gente sul ponte, Scheiwiller, Milano 1996; La fine e l'inizio, Scheiwiller, Milano 1997; Trittico: tre poesie di Wislawa Szymborska, tre collage di Alina Kaczylska, Scheiwiller, Milano 1997; 25 poesie, Mondadori, Milano 1998; Vista con granello di sabbia, Adelphi, Milano 1998; Taccuino d'Amore, Scheiwiller, Milano 2002; Discorso all'Ufficio oggetti smarriti, Adelphi, Milano 2004; La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi, Milano 2009]

Vietnam

Donna, come ti chiami? - Non lo so.
Quando sei nata, da dove vieni? - Non lo so.
Perche' ti sei scavata una tana sottoterra? - Non lo so.
Da quando ti nascondi qui? - Non lo so.
Perche' mi hai morso la mano? - Non lo so.
Sai che non ti faremo del male? - Non lo so.
Da che parte stai? - Non lo so.
Ora c'e' la guerra, devi scegliere. - Non lo so.
Il tuo villaggio esiste ancora? - Non lo so.
Questi sono i tuoi figli? - Si'.

*

Discorso all'Ufficio oggetti smarriti

Ho perso qualche dea per via dal Sud al Nord,
e anche molti dei per via dall'Est all'Ovest.
Mi si e' spenta per sempre qualche stella, svanita.
Mi e' sprofondata nel mare un'isola, e un'altra.
Non so neanche dove mai ho lasciato gli artigli,
chi gira nella mia pelliccia, chi abita il mio guscio.
Mi morirono i fratelli quando strisciai a riva
e solo un ossicino festeggia in me la ricorrenza.
Non stavo nella pelle, sprecavo vertebre e gambe,
me ne uscivo di senno piu' e piu' volte.
Da tempo ho chiuso su tutto cio' il mio terzo occhio,
ci ho messo una pinna sopra, ho scrollato le fronde.

Perduto, smarrito, ai quattro venti se n'e' volato.
Mi stupisco io stessa del poco di me che e' restato:
una persona singola per ora di genere umano,
che ha perso solo ieri l'ombrello sul treno.

*

Sulla morte senza esagerare

Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessiture, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.

Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.

Non sa fare neppure cio'
che attiene al suo mestiere:
ne' scavare una fossa,
ne' mettere insieme una bara,
ne' rassettare il disordine che lascia.

Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo ne' abilita'.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.

Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!

A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Piu' d'un bruco
la batte in velocita'.

Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo ingrato lavoro.

La cattiva volonta' non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
e', almeno finora, insufficiente.

I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.

Chi ne afferma l'onnipotenza,
e' lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non e'.

Non c'e' vita
che almeno per un attimo
non sia stata immortale.

La morte
e' sempre in ritardo di quell'attimo.

Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno puo' sottrarre
il tempo raggiunto.

*

La fine e l'inizio

Dopo ogni guerra
c'e' chi deve ripulire.
In fondo un po' d'ordine
da solo non si fa.

C'e' chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.

C'e' chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.

C'e' chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c'e' chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.

Non e' fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono gia' partite
per un'altra guerra.

Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.

C'e' chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com'era.
C'e' chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto li' si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po' noioso.

C'e' chi talvolta
dissotterrera' da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasportera' sul mucchio dei rifiuti.

Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.

Sull'erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c'e' chi deve starsene disteso
con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.

*

L'odio

Guardate com'e' sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l'odio.
Con quanta facilita' supera gli ostacoli.
Come gli e' facile avventarsi, agguantare.

Non e' come gli altri sentimenti.
Insieme piu' vecchio e piu' giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non e' mai un sonno eterno.
L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

Religione o non religione -
purche' ci si inginocchi per il via.
Patria o no -
purche' si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all'inizio.
Poi corre tutto solo.
L'odio. L'odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.

Oh, quegli altri sentimenti -
malaticci e fiacchi.
Da quando la fratellanza
puo' contare sulle folle?
La compassione e' mai
giunta prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?

Diciamoci la verita':
sa creare bellezza.
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
Innegabile e' il pathos delle rovine
e l'umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.

E' un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio,
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.

In ogni istante e' pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare, aspettera'.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro
- lui solo.

*

La veglia

La veglia non svanisce
come svaniscono i sogni.
Nessun brusio, nessun campanello
la scaccia,
nessun grido ne' fracasso
puo' strapparci da essa.

Torbide e ambigue
sono le immagini nei sogni,
il che puo' spiegarsi
in molti modi.
La veglia significa la veglia
ed e' un enigma maggiore.

Per i sogni ci sono chiavi.
La veglia si apre da sola
e non si lascia sbarrare.
Da essa si spargono
diplomi e stelle,
cadono giu' farfalle
e anime di vecchi ferri da stiro,
berretti senza teste
e cocci di nuvole.
Ne viene fuori un rebus
irrisolvibile.

Senza di noi non ci sarebbero sogni.
Quello senza cui non ci sarebbe veglia
e' ancora sconosciuto,
ma il prodotto della sua insonnia
si comunica a chiunque
si risvegli.

Non i sogni sono folli,
folle e' la veglia,
non fosse che per l'ostinazione
con cui si aggrappa
al corso degli eventi.

Nei sogni vive ancora
chi ci e' morto da poco,
vi gode perfino di buona salute
e ritrovata giovinezza.
La veglia depone davanti a noi
il suo corpo senza vita.
La veglia non arretra d'un passo.

La fugacita' dei sogni fa si'
che la memoria se li scrolli di dosso facilmente.
La veglia non deve temere l'oblio.
E' un osso duro.
Ci sta sul groppone,
ci pesa sul cuore,
sbarra il passo.

Non le si puo' sfuggire,
perche' ci accompagna in ogni fuga.
E non c'e' stazione
lungo il nostro viaggio
dove non ci aspetti.

*

Le tre parole piu' strane

Quando pronuncio la parola Futuro,
la prima sillaba gia' va nel passato.

Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla.

*

Contributo alla statistica

Su cento persone:

che ne sanno sempre piu' degli altri
- cinquantadue;

insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purche' la cosa non duri molto
- ben quarantanove;

buoni sempre,
perche' non sanno fare altrimenti
- quattro, be', forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;

dotati per la felicita'
- al massimo poco piu' di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro piu' della meta';

crudeli,
se costretti dalle circostanze
- e' meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
- non molti di piu'
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatre'
prima o poi;

degni di compassione
- novantanove;

mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.

*

Fotografia dell'11 settembre

Sono saltati giu' dai piani in fiamme -
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.

La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra verso la terra.

Ognuno e' ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.

C'e' abbastanza tempo
perche' si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
gli spiccioli, le chiavi.

Restano ancora nella sfera dell'aria,
nell'ambito di luoghi
che si sono appena aperti.

Solo due cose posso fare per loro -
descrivere quel volo
e non aggiungere l'ultima frase.

*

Tutto

Tutto -
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece e' soltanto
un brandello di bufera.

*

Esempio

Una bufera
di notte ha strappato tutte le foglie dell'albero
tranne una fogliolina,
lasciata
a dondolarsi in un a solo sul ramo nudo.

Con questo esempio
la Violenza dimostra
che certo -
a volte le piace scherzare un po'.

*

Vermeer

Finche' quella donna del Rijksmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.

2. MAESTRI. JEAN-MARIE MULLER: LA NONVIOLENZA COME ESIGENZA FILOSOFICA (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995), riprendiamo il capitolo terzo: "La nonviolenza come esigenza filosofica" (pp. 67-89). Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti per averci messo a disposizione la sua traduzione e la casa editrice Plus - Pisa University Press per il suo consenso.
Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005; Desarmer les dieux. Le christianisme et l'slam face a' la non-violence, Editions du Relie', Gordes 2009.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' stato membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.
Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il 12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania, Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, piu' tardi, Gueroult. L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si puo' legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici. Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia' cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg. L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel. L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal 1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole dell'Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani, maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva importanza. Tra le opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina); Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it. parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo); Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr. it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee (tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo stampata col titolo Ethique et infini. Tra le opere su Emmanuel Levinas: Per la bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino, La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas, ermeneutica e separazione, Citta' Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas. Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas, Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, Edb, Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg & Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo' non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; Francois Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003]

Emmanuel Levinas: l'umanesimo dell'altro uomo
Emmanuel Levinas contesta il primato dato all'ontologia nella tradizione filosofica occidentale. L'ontologia intende l'esistenza come una persistenza nell'essere: "Essere e' lo sforzo di essere, il fatto di perseverare nel proprio essere" (31). L'essere si accontentata allora di una ri-flessione sull'esistenza che diventa un ripiegamento su di se', un egoismo. L'essere non si preoccupa che di soddisfare i suoi bisogni, cerca di affermarsi nella possessione e nel dominio. "In tutto il mio lavoro - afferma Emmanuel Levinas - c'e' come una svalutazione della nozione di essere che, nella sua ostinazione ad essere, nasconde violenza e male, ego ed egoismo" (32).
La liberta' dell'uomo che non si cura che di se stesso si smarrisce nell'arbitrario: tutto gli e' permesso, anche l'omicidio. Una tale concezione dell'esistenza mantiene l'essere in una compiacenza di se' e in un disconoscimento dell'altro. L'ontologia cosi' concepita e' una filosofia della potenza, della dominazione, della conquista, della violenza e della guerra. Se la sola cura dell'uomo e' di conservarsi nell'essere, egli si oppone inevitabilmente all'altro uomo che compare in faccia a lui come un avversario. Per Emmanuel Levinas, "essere o non essere, non e' probabilmente la questione giusta" (33). Poiche' "l'essere non e' mai - contrariamente a cio' che dicono tante tradizioni rassicuranti - la propria ragion d'essere" (34).
L'incontro dell'altro uomo interrompe la solitudine e l'egoismo dell'uomo; il riconoscimento dell'altro uomo e' l'avvenimento decisivo che segna l'inizio dell'esistenza umana dell'uomo. Avvicinandomi, l'altro uomo sollecita la mia assistenza (dal latino ad-sistere: tenersi presso a qualcuno) e mi rivolge una domanda: con cio', egli disturba la mia tranquillita', mette in questione la mia liberta' e sregola la mia buona coscienza.
L'incontro dell'altro uomo mi fa scoprire il suo volto, perche' "il volto e' l'identita' stessa di un essere" (35). Attraverso il volto dell'altro uomo appare nello stesso momento la vulnerabilita' dell'essere e la sua trascendenza: la sua vulnerabilita', perche' "il volto nella sua nudita' di volto mi presenta il denudamento del povero e dello straniero" (36); la sua trascendenza, perche' "l'Infinito mi viene all'idea nella significanza del volto" (37) e "l'idea dell'Infinito designa una altezza e una nobilta', una trascendenza" (38).
La scoperta del volto dell'altro uomo nella sua vulnerabilita' e nella sua trascendenza mi fa prendere coscienza nello stesso momento della possibilita' e dell'impossibilita' dell'omicidio; questa presa di coscienza e' l'affermazione della mia coscienza morale. "La relazione al volto, afferma Emmanuel Levinas, e' immediatamente etica. Il volto e' cio' che non si puo' uccidere, o almeno cio' il cui senso consiste nel dire: "non uccidere". L'omicidio, e' vero, e' un fatto banale: si puo' uccidere un altro; l'esigenza etica non e' una necessita' ontologica. La proibizione di uccidere non rende affatto l'omicidio impossibile, anche se l'autorita' della proibizione si mantiene nella buona coscienza del male compiuto - malignita' del male" (39). Nello stesso momento in cui Altri "si offre alla punta della spada o alla palla del revolver", egli oppone alla forza che minaccia di colpirlo "non una forza piu' grande [...], ma la trascendenza stessa del suo essere. [...] Questo infinito, piu' forte dell'omicidio, ci resiste gia' nel suo volto, e' il suo volto, e' l'espressione originale, e' la prima parola: tu non commetterai omicidio" (40). Lo sguardo dell'altro, per la resistenza all'omicidio che esprime, paralizza il mio potere, disarma la mia volonta'. Cosi', "l'idea dell'infinito, lungi dal violare lo spirito, condiziona la nonviolenza stessa, cioe' instaura l'etica" (41). Per Emmanuel Levinas la filosofia non comincia affatto con l'ontologia, ma con l'etica. L'etica non e' una branca della filosofia, ma "la filosofia prima" (42).
L'affermazione essenziale dell'etica e' l'esigenza di nonviolenza, che deve prevalere nella relazione tra un uomo e un altro uomo. "Alla nozione del "non uccidere", afferma Emmanuel Levinas, io do un significato che non e' una semplice proibizione dell'omicidio vero e proprio; essa diventa una definizione o una descrizione fondamentale dell'evento umano dell'essere, che e' un permanente discernimento riguardo all'atto violento e omicida verso l'altro" (43). ""Non uccidere", precisa ancora Levinas, non e' dunque una semplice regola di condotta. Esso appare come il principio del discorso stesso e della vita spirituale" (44).
Io non posso incontrare l'altro senza che, in qualche modo, io entri in conversazione con lui. Incontrare l'altro e' parlargli: "Palare e' nello stesso tempo conoscere l'altro e farsi conoscere da lui. [...] Questo commercio che la parola implica, e' precisamente l'azione senza violenza" (45). Il linguaggio e' l'atto dell'uomo ragionevole, che rinuncia alla violenza per entrare in relazione con l'altro. "Ragione e linguaggio sono esterni alla violenza. L'ordine spirituale consiste in essi! E se la morale deve davvero escludere la violenza, bisogna che un legame profondo colleghi ragione, linguaggio e morale" (46).
Avvicinandomi e venendo incontro a me, l'altro uomo mi interpella e mi sollecita: egli fa appello alla mia responsabilita'. Rispondergli e' rispondere di lui. Scoprendo il volto di altri io divento responsabile di lui. Certo, io potrei distogliermi da lui, ma umanamente non lo posso: "Il volto si impone a me senza che io possa restare sordo al suo appello, ne' dimenticarlo, senza che io possa cessare di essere responsabile della sua miseria" (47). Incontrando l'altro uomo, io divento il suo ob-ligato (dal latino ob-ligare, essere legato); io ho l'obbligo di non lasciarlo solo. Diventando responsabile dell'altro, io accedo alla dignita' di un essere unico e insostituibile: la mia responsabilita' e' una elezione. "Essere io significa, da questo momento, non potersi sottrarre alla responsabilita'. [...] Ma la responsabilita' che vuota l'io della sua indipendenza e del suo egoismo [...] conferma l'unicita' dell'io. E' un fatto che nessuno puo' rispondere al mio posto" (48). Cosi' l'uomo diventa lui stesso, non ri-flettendo su di se', ma diventando responsabile dell'altro: "Si tratta di dire l'identita' stessa dell'io umano a partire dalla responsabilita'" (49). Cio' che fonda e struttura l'umanita' dell'uomo e' la responsabilita' per l'altro uomo. E' questa responsabilita' che da' senso, dignita' e  grandezza all'esistenza umana. Emmanuel Levinas non cessa di sostenere l'inversione, il rovesciamento che sostituisce al per-se' dell'ontologia, il per-l'altro dell'etica.
Questa presenza dell'altro uomo ai miei fianchi viene a disturbarmi, a importunarmi; essa mi strappa al mio comodo e mi obbliga ad abbandonare ogni riparo. Incontrando l'altro, io mi espongo a lui, io corro dei rischi, io divento vulnerabile. Tenendomi di fronte all'altro, io mi espongo alle ferite e agli oltraggi: "L'uno si espone all'altro come una pelle si espone a cio' che la ferisce, come una guancia offerta a colui che colpisce" (50). Ma l'uomo deve avere il coraggio di affrontare questi pericoli: "La comunicazione con altri non puo' essere trascendente se non come vita pericolosa, come un bel rischio da correre" (51).
La mia responsabilita' verso l'altro s'impone a me qualunque sia il suo atteggiamento verso di me. La relazione all'altro e' "non simmetrica", perche' "io sono responsabile dell'altro senza attendere il reciproco, dovesse costarmi la vita. Il reciproco e' affare suo" (52). Io non sono mai sciolto verso l'altro ed arrivo sempre in ritardo all'appuntamento che ho con lui. La mia responsabilita' verso altri consiste "nell'andare all'altro senza curarmi del suo movimento verso di me, o, piu' esattamente, nell'avvicinarlo in maniera che, al di la' di tutte le relazioni reciproche che non mancheranno di stabilirsi tra me e il mio prossimo, io abbia sempre compiuto un passo di piu' verso di lui" (53). Emmanuel Levinas non si stanca di citare una frase pronunciata da uno dei personaggi dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, Marcello, il fratello dello starec Zosima: "Ciascuno di noi e' colpevole davanti a tutti, per tutti e per tutto, e io piu' degli altri" (54).
La responsabilita' verso l'altro uomo si esprime essenzialmente nella bonta' verso di lui. E' mediante la bonta' che l'uomo diventa un artigiano di pace: "La pace non puo' dunque identificarsi con la fine dei combattimenti, che finiscono per mancanza di combattenti, per la disfatta degli uni e la vittoria degli altri, cioe' con i cimiteri o gli imperi universali futuri. La pace deve essere la mia pace, in una relazione che parte da un io e va verso l'Altro, nel desiderio e nella bonta', in cui l'io nello stesso tempo si mantiene ed esiste senza egoismo" (55).
Emmanuel Levinas definisce cosi' una nuova ontologia, non piu' fondata sulla conoscenza di se stessi, ma sulla bonta' verso l'altro: essere e' essere-per-altri, cioe' essere buono. Mentre la tradizione filosofica occidentale stabilisce i diritti dell'io di fronte all'altro, la filosofia di Levinas fonda i privilegi dell'altro in rapporto a me. I diritti dell'uomo sono anzitutto i diritti dell'altro uomo: la carita' ben ordinata comincia dall'altro. E' nella bonta' verso l'altro che l'io si afferma e si costruisce come essere umano. La bonta' e' la vera risposta alla sollecitazione del volto dell'altro: "Avventura assoluta, in una imprudenza primordiale, la bonta' e' la trascendenza stessa" (56). Nel movimento della bonta' l'io si disinteressa di se stesso per curarsi innanzitutto dell'altro. La bonta' e' disinteresse: "La bonta' consiste nel porsi nell'essere in modo tale che Altri vi conti piu' di me stesso" (57). In questa prospettiva, Levinas non definisce piu' la filosofia come l'amore della saggezza, ma come "la saggezza dell'amore al servizio dell'amore" (58).
Diventando responsabile dell'altro, io divento responsabile della sua morte: "La paura della morte dell'altro e' certamente alla base della responsabilita' per l'altro" (59). Scoprendo il volto dell'altro, nella sua nudita' e vulnerabilita', io prendo coscienza che egli e' esposto alla morte e mi inquieto per lui. Questa non-indifferenza alla morte dell'altro e' una delle manifestazioni della mia bonta' verso di lui. E "questa inquietudine per la morte dell'altro passa davanti alla preoccupazione per me" (60). Esiste cosi' nell'uomo "la vocazione di un esistere per altri piu' forte che la minaccia della morte" (61). E' questa vocazione che Levinas chiama la vocazione "alla santita'". Dal momento in cui l'uomo teme di piu' la morte dell'altro che la sua propria, egli preferisce morire piuttosto che uccidere. Cosi' l'uomo compie la sua umanita' nel decidersi a "esistere per l'altro, cioe' a mettersi in questione e temere l'omicidio piu' della morte" (62). Assumendo il rischio di morire per non uccidere, l'uomo da' alla sua vita un senso che la morte stessa non puo' sopprimere. La responsabilita' per l'altro, esprimendosi nella bonta', conferisce un senso alla vita che da' un senso alla morte stessa, un "senso che non si misura con l'essere o il non essere, perche', al contrario, l'essere si determina a partire dal senso" (63).
Ci sembra che le riflessioni di Levinas sulla responsabilita' dell'uomo verso l'altro uomo e sul carattere imperativo del comandamento "tu non uccidere", costituiscano un apporto estremamente prezioso per il fondamento di una filosofia della nonviolenza. Certo, molte affermazioni di Levinas meriterebbero una discussione. E' cosi' difficile condividere il suo pensiero quando egli fissa la relazione di se stessi all'altro in una situazione di intera dissimmetria e di totale non-reciprocita'. Su questo punto Paul Ricouer ha ragione di porre a Levinas questa domanda: "Non occorre forse che la voce dell'Altro che mi dice "tu non uccidere", sia fatta mia al punto di diventare una mia convinzione?" (64). E se, in effetti, io accolgo, riconosco e interiorizzo la voce dell'altro che mi parla attraverso il suo volto, allora si stabilisce con lui una comunicazione, un dialogo e dunque una reciprocita'. Dunque, l'io non rimane in un atteggiamento di pura "passivita'", come pretende Levinas. Ma se conviene forse prendere qualche distanza da alcune delle sue formulazioni, cio', almeno a nostro avviso, non potrebbe arrivare a mettere in questione la verita' delle sue intuizioni. Queste, se noi vogliamo seguirle, ci conducono al cuore della vera filosofia, cioe' di una vera "saggezza d'amore", di una vera saggezza della bonta'. (Avremo presto l'occasione di ritornare a Levinas e di interrogarlo sulla questione dell'azione non violenta, senza che egli possa, secondo noi, darci una risposta soddisfacente).
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Note
31. Emmanuel Levinas, in François Poirie', Emmanuel Levinas, Besançon, Editions La Manufacture, 1992, p. 96.
32. Idem, ibidem, p. 90.
33. Idem, ibidem, p. 140.
34. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, Paris, Le Livre de Poche, 1992, Biblio-Essais, p. 121; trad. ital. a cura di E. Baccarini, Roma, Citta' Nuova 1984.
35. Emmanuel Levinas, Entre nous, Essais sur le penser-a'-l'autre, Paris, Grasset, 1991, p. 46.
36. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, Essai sur l'exteriorite', Paris, Le Livre de Poche 1992, Biblio-Essais, p. 234.
37. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 101.
38. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., 31.
39. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 81.
40. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 217.
41. Idem, ibidem, p. 223.
42. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 71.
43. Emmanuel Levinas, in François Poirie', Emmanuel Levinas, op. cit., p. 100.
44. Emmanuel Levinas, Difficile liberte', Paris, Le Livre de Poche, 1990, Biblio-Essais,  p. 21; tard. ital. parziale a cura di G. Penati, Difficile liberta'. Saggi sul giudaismo, La Scuola, Brescia 1986.
45. Idem, ibidem, p. 20.
46. Idem, ibidem, p. 19.
47. Emmanuel Levinas, Humanisme de l'autre homme,  Paris, Le Livre de Poche, 1994, Biblio-Essais, p. 52-53; trad. ital. Umanesimo dell'altro uomo, a cura di A. Moscato, il melangolo, Genova 1985.
48. Idem, ibidem, pp. 53-54.
49. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 97.
50. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, Paris, Le Livre de Poche 1990, Biblio-Essais, p. 83; trad. ital. Altrimenti che essere o al di la' dell'essenza, a cura di S. Petrosino e M. T. Aiello, Jaca Book, Milano 1983.
51. Idem, ibidem, p. 190.
52. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 94-95.
53. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 134.
54. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, trad. ital. di Pina Maiani, Sansoni, Firenze 1966, p. 415.
55. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 342.
56. Idem, ibidem, p. 341.
57. Idem, ibidem, p. 277.
58. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 253.
59. Emmanuel Levinas, Ethique et Infini, op. cit., p. 117-118.
60. Emmanuel Levinas, Entre nous, op. cit. p. 228.
61. Idem, ibidem, p. 10.
62. Emmanuel Levinas, Totalite' et Infini, op. cit., p. 275.
63. Emmanuel Levinas, Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence, op. cit., p. 205.
64. Paul Ricoeur, Soi-meme comme un autre, op. cit., p. 391.

3. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Laura de Giorgi, Mao Zedong, Rcs, Milano 2021, pp. 160, euro 5,99 (in supplemento a "La gazzetta dello sport").
- Roberto Scevola, Winston Churchill, Rcs, Milano 2021, pp. 160 (in supplemento a "La gazzetta dello sport").
*
Riletture
- Vandana Shiva, Semi del suicidio. I costi umani dell'ingegneria genetica in agricoltura, Odradek, Roma 2009, pp. 200.
*
Riedizioni
- Bronislaw Geremek, La pieta' e la forca. Storia della miseria e della carita' in Europa, Laterza, Roma-Bari 1986, Milano 2020, Rcs, Milano 2021, pp. 276, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4110 del 20 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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