[Nonviolenza] Telegrammi. 4097



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4097 del 7 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Per Maria Montessori nell'anniversario della scomparsa
2. "Amore, dolore, violenza e disperazione nell'opera giornalistica e letteraria di Dino Buzzati". Un incontro di studio a Viterbo con Paolo Arena
3. Roberto Mancini: La nonviolenza, respiro e risveglio della vita umana
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. PER MARIA MONTESSORI NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Il 6 maggio 1952 moriva Maria Montessori, l'illustre pedagogista che un cospicuo contributo ha dato all'educazione nonviolenta e alla cultura della pace.
Tre ci sembrano essere le cose piu' rilevanti della sua azione:
- il rispetto sollecito e accudente dell'altra persona considerata sempre come persona dotata di dignita' e diritti;
- la persuasione che educare e' sempre educare alla pace e alla solidarieta';
- la coscienza che tutte le persone sono responsabili del mondo.
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Una minima notizia su Maria Montessori
Maria Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 - Noordwijk, 6 maggio 1952), medica, illustre pedagogista, amica della nonviolenza, in opposizione al fascismo abbandono' l'Italia nel 1936; e' ancor oggi una delle figure piu' vive dell'impegno per i diritti dei bambini, per l'educazione alla pace, per la scelta teorica e pratica della nonviolenza che sola puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe. Tra le opere di Maria Montessori segnaliamo almeno Il metodo della pedagogia scientifica (poi col titolo: La scoperta del bambino), 1909; L'autoeducazione nelle scuole elementari, 1916; il Manuale di pedagogia scientifica, 1930; Il segreto dell'infanzia, 1950; La mente del bambino, 1952; un'utile antologia (autorizzata dalla Montessori, e curata da M. L. Leccese) e' Educazione alla liberta', Laterza, Bari 1950; cfr. anche Educazione e pace, Garzanti, Milano 1970. Opere su Maria Montessori: segnaliamo almeno F. De Bartolomeis, Maria Montessori e la pedagogia scientifica, La Nuova Italia, Firenze 1953; A. Leonarduzzi, Maria Montessori. Il pensiero e l'opera, Paideia, Brescia 1967; A. Scocchera, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito, La Nuova Italia, Firenze 1990; Grazia Honegger Fresco, Maria Montessori, una storia attuale, L'Ancora del Mediterraneo, 2007. Siti: www.montessori.edu, www.montessori.it Un'ampia bibliografia di e su Maria Montessori e' nel n. 899 de "La nonviolenza e' in cammino".
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E' ovvio che vi siano aspetti della sua vicenda pubblica, del suo pensiero e della sua opera, che possono essere discussi: e' cosi' per ogni persona senza eccezioni; ma quel che conta e' il senso profondo e costante del suo riflettere e del suo agire, ed esso sempre e' informato al dovere di promuovere il bene comune, la liberazione di tutte e tutti, la solidarieta' che nessuno esclude, la responsabilita' e la condivisione del bene e dei beni, l'amore universale cosciente e accudente.
Ed e' per noi di scarso interesse attardarsi a misurare quanto nel suo metodo vi sia di originale e quanto di acquisito da altri: nell'impresa della conoscenza, nell'opera dell'umanizzazione, tutte e tutti siamo sempre nani sulle spalle di giganti - per usare di quest'antica metafora che evidenzia come la civilta' umana sia un cammino unitario in cui tutte e tutti riceviamo doni immensi da tutte le persone e le culture che ci hanno preceduto, e tutte e tutti abbiamo il dovere di recare il nostro contributo a beneficio delle altre persone presenti e avvenire.
In questi anni in cui - e' un cruccio di tutti noi vecchi - ci sembra che la societa' imbarbarisca sempre di piu', e' ben necessario, a contrastare il fascismo che torna, un piu' intenso e globale impegno educativo, che formi alla comprensione autentica, alla capacita' critica, alla responsabilita' e alla benevolenza sia chi e' nell'eta' evolutiva sia - ed anzi forse ancor piu' - gli adulti: il ricordo di Maria Montessori, il suo lascito di pensiero e azione, costituiscono una risorsa preziosa, possono molto aiutarci in questo ineludibile, non postergabile compito.
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Anche nel ricordo di Maria Montessori ripetiamo che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Anche nel ricordo di Maria Montessori ripetiamo che occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Anche nel ricordo di Maria Montessori ripetiamo che siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera di cui siamo insieme parte e custodi.
Anche nel ricordo di Maria Montessori ripetiamo che salvare le vite e' il primo dovere.
E qui e adesso ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Anche nel ricordo di Maria Montessori la nonviolenza e' in cammino.
Anche nel ricordo di Maria Montessori sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
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Alleghiamo in calce tre minime descrizioni della nonviolenza, che ci sembrano coerenti col piu’ vivo e frugifero lascito montessoriano.

Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo

Viterbo, 6 maggio 2021

Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it

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Allegato. Tre minime descrizioni della nonviolenza

I. La nonviolenza non indossa il frac

La nonviolenza non la trovi al ristorante.
Non la incontri al circolo dei nobili.
Non frequenta la scuola di buone maniere.
E' sempre fuori dall'inquadratura delle telecamere delle televisioni.
La nonviolenza non fa spettacolo.
La nonviolenza non vende consolazioni.
La nonviolenza non guarda la partita.

E' nel conflitto che la nonviolenza agisce.
Dove vi e' chi soffre, li' interviene la nonviolenza.
Dove vi e' ingiustizia, li' interviene la nonviolenza.
Non la trovi nei salotti e nelle aule.
Non la trovi tra chi veste buoni panni.
Non la trovi dove e' lustra l'epidermide e non brontola giammai lo stomaco.
La nonviolenza e' dove c'e' la lotta per far cessare tutte le violenze.
La nonviolenza e' l'umanita' in cammino per abolire ogni sopraffazione.

Non siede nel consiglio di amministrazione.
Non si abbuffa coi signori eccellentissimi.
Non ha l'automobile, non ha gli occhiali da sole, non ha il costume da bagno.
Condivide la sorte delle oppresse e degli oppressi.
Quando vince rinuncia a ogni potere.
Non esiste nella solitudine.
Sempre pensa alla liberta' del prossimo, sempre pensa al riscatto del vinto,
sempre pensa ad abbattere i regimi e di poi a riconciliare gli animi.
Sa che il male e' nella ricchezza, sa che il bene e' la condivisione;
sa che si puo' e si deve liberare ogni persona e quindi questo vuole:
la liberta' di tutte, la giustizia, la misericordia.

La nonviolenza e' l'antibarbarie.
La nonviolenza e' il riconoscimento della dignita' di ogni essere vivente.
La nonviolenza e' questa compassione: sentire insieme, voler essere insieme,
dialogo infinito, colloquio corale, miracolo dell'incontro e della nascita;
l'intera umanita' unita contro il male e la morte;
si', se possiamo dirlo in un soffio e in un sorriso: tutti per uno, uno per tutti.
La nonviolenza e' la lotta che salva.

Ha volto e voce di donna, sa mettere al mondo il mondo,
il suo tocco risana le ferite, i suoi gesti sono limpida acqua, i suoi atti recano luce;
sempre lotta per la verita' ed il bene, usa solo mezzi coerenti
con il fine della verita' e del bene.
Sa che il mondo e' gremito di persone, cosi' fragili, smarrite e sofferenti.
Sa che la sua lotta deve esser la piu' ferma; e deve essere la piu' delicata.

Quando la plebe all'opra china si rialza: li' e' la nonviolenza.
Quando lo schiavo dice adesso basta, li' e' la nonviolenza.
Quando le oppresse e gli oppressi cominciano a lottare
per un'umanita' di persone tutte libere ed eguali in diritti,
li', li' e' la nonviolenza.
Quando ti svegli ed entri nella lotta, la nonviolenza gia' ti viene incontro.

La nonviolenza e' una buona cosa.
E' questa buona cosa che fai tu quando fai la cosa giusta e necessaria.

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II. Breve litania della nonviolenza

La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.

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III. Della nonviolenza dispiegata al sole ad asciugare

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.

2. INCONTRI. "AMORE, DOLORE, VIOLENZA E DISPERAZIONE NELL'OPERA GIORNALISTICA E LETTERARIA DI DINo BUZZATI". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO CON PAOLO ARENA

La sera di giovedi' 6 maggio 2021 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio sul tema: "Amore, dolore, violenza e disperazione nell'opera giornalistica e letteraria di Dino Buzzati".
L'incontro si e' svolto nel piu' assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dall'ultimo Dpcm per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una minima notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

3. MAESTRI. ROBERTO MANCINI: LA NONVIOLENZA, RESPIRO E RISVEGLIO DELLA VITA UMANA
[Da Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa 2004 (traduzione italiana di Enrico Peyretti dell'edizione originale Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Desclee de Brouwer, Paris 1995), riprendiamo la prefazione di Roberto Mancini: "La nonviolenza, respiro e risveglio della vita umana" (pp. 11-20).
Roberto Mancini, nato a Macerata nel 1958, docente di filosofia teoretica e di ermeneutica filosofica presso la facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Macerata, ha dato rilevanti contributi alla riflessione nonviolenta. Dal sito www.manciniroberto.it riprendiamo la sguente scheda: "Roberto Mancini si laurea in Filosofia nel 1981 all'Universita' di Macerata. Si specializza in Filosofia nel 1983 all'Universita' di Urbino. Consegue il dottorato di ricerca nel 1986 presso l'Universita' di Perugia, svolgendo le sue ricerche anche presso la Goethe-Universitaet di Frankfurt am Main sotto la guida del prof. Karl-Otto Apel. E' professore ordinario di Filosofia Teoretica presso l'Universita' di Macerata dove ha ricoperto e ricopre diversi incarichi. Ha insegnato Culture della sostenibilita' presso l'Accademia di Architettura dell'Universita' della Svizzera Italiana a Mendrisio. E' stato membro del Direttivo dell'Universita' per la Pace delle Marche, per la quale e' responsabile della Scuola di Altra Economia. Collabora stabilmente con le riviste "Servitium", "Ermeneutica Letteraria" e "Altreconomia". Dirige la collana "Orizzonte Filosofico" e la collana "Tessiture di laicita'" presso Cittadella Editrice di Assisi. Collabora da anni con il "Centro Volontari per il Mondo" di Ancona, con il Coordinamento Nazionale delle Comunita' di Accoglienza (CNCA) e con la Comunita' di Bose. Nel 2009 ha ricevuto il premio "Zamenhof – Voci della pace" dall'Associazione Italiana per l'Esperanto e dalla Regione Marche. Dal 2012 svolge i seminari di "Officina del pensiero critico" presso il Master EMBA dell'Universita' Luiss "Guido Carli" di Roma". Tra le opere di Roberto Mancini: L'uomo quotidiano. Il problema della quotidianita' nella filosofia marxista contemporanea, Marietti, Casale Monferrato 1985; Linguaggio e etica. La semiotica trascendentale di Karl Otto Apel, Marietti, Casale Monferrato 1988; Comunicazione come ecumene. Il significato antropologico e teologico dell'etica comunicativa, Queriniana, Brescia 1991; L'ascolto come radice. Teoria dialogica della verita', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995; Esistenza e gratuita'. Antropologia della condivisione, Cittadella Editrice, Assisi 1996; Etiche della mondialita'. La nascita di una coscienza planetaria, Cittadella Editrice, Assisi 1997 (in collaborazione con altri); Il dono del senso. Filosofia come ermeneutica, Cittadella Editrice, Assisi 1999; Il silenzio, via verso la vita. (Il codice nascosto. Silenzio e verita'), Edizioni Qiqajon, Magnago 2002; Senso e futuro della politica. Dalla globalizzazione a un mondo comune, Cittadella Editrice, Assisi 2002; L'uomo e la comunita', Qiqajon, Magnago 2004; Il senso del tempo e il suo mistero, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Esistere nascendo. La filosofia maieutica di Maria Zambrano, Citta' Aperta, 2007; Desiderare il futuro. Fede cristiana e unita' della speranza umana, Pazzini, 2008; L'umanita' promessa. Vivere il cristianesimo nell'eta' della globalizzazione, Qiqajon, Magnago 2009; con  Fabiola Falappa, Carla Canullo, Per una antropologia della creaturalita', Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2009; La laicita' come metodo. Ragioni e modi per vivere insieme, Cittadella, Assisi 2009; L'ascolto come radice, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009; Sperare con tutti, Qiqajon, Magnago 2010; Il servizio dell'interpretazione. Modelli di ermeneutica nel pensiero contemporaneo, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2010; Per un'altra politica, Cittadella, Assisi 2010; Idee eretiche. Trentatre' percorsi verso un'economia delle relazioni, della cura e del bene comune, Altreconomia, Milano 2010; Trasformare l'economia, Angeli, Milano 2014; La nonviolenza della fede. Umanita' del cristianesimo e misericordia di Dio, Queriniana, Brescia 2015; Ripensare la sostenibilita'. Le conseguenze economiche della democrazia, Franco Angeli – Mendrisio Academy Press, Milano–Mendrisio 2015; La rivolta delle risorse umane. Appunti di viaggio verso un'altra societa', Pazzini editore, Rimini 2016; Il senso della misericordia, Edizioni della Fraternita' di Romena, 2016; Esperimenti con la liberta'. Coscienza di se' e trasformazione dell'esistenza, Franco Angeli, Milano 2017; La fragilita' dello Spirito. Leggere Hegel per comprendere il mondo globale, Franco Angeli, Milano 2019; Utopia. Dall'ideologia del cambiamento all'esperienza della liberazione, Gabrielli Editori, Verona 2019; Filosofia della salvezza. Percorsi di liberazione dal sistema di autodistruzione, Edzioni dell'Universita' di Macerata, 2019. Si veda anche l'intervista apparsa in "Coi piedi per terra" n. 402 e quella nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 420.
Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005; Desarmer les dieux. Le christianisme et l'slam face a' la non-violence, Editions du Relie', Gordes 2009.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' stato membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

Questo libro di Jean-Marie Muller giunge ora al pubblico italiano grazie alla traduzione competente e amorevole di Enrico Peyretti, il quale ha saputo riconoscere per primo il valore e l'utilita' della riflessione mulleriana per la cultura del nostro paese. Un paese in cui le grandi tradizioni popolari, compresa la loro espressione politica, sono rimaste sino a oggi in gran parte estranee alla filosofia della nonviolenza. La cultura cattolica, quella comunista, quella socialista e quella laica, per richiamare le fonti della stessa Costituzione della Repubblica, non si sono spinte quasi mai, soprattutto nelle loro versioni canoniche e piu' diffuse, a pensare la nonviolenza come principio della vita personale e sociale e come metodo dell'agire politico. Cosi' una figura come quella di Aldo Capitini, nel suo tentativo di seguire fino in fondo la via della teoria e della prassi della nonviolenza in Italia, e' rimasta apolide, unica, quasi incomprensibile secondo i parametri abituali della cultura del nostro paese. Chiunque abbia cercato o cerchi attualmente di far maturare una svolta nonviolenta all'interno della propria tradizione ha dovuto e deve fare i conti con resistenze fortissime, come accade oggi, ad esempio, nel Partito della Rifondazione Comunista o come accade di norma a quanti hanno percorso questa strada nella Chiesa cattolica. E chi facesse qualcosa di analogo nel contesto delle altre forze politiche, in tutto l'arco del loro schieramento, sarebbe guardato come un ingenuo, un irresponsabile, oppure un furbo che punta in realta' a qualcosa d'altro.
L'aspetto ironico della cosa sta nel fatto che proprio le tradizioni che, nella loro elaborazione concettuale, sono rimaste impermeabili al principio nonviolenza poi, nel modo di agire e talora anche di cooperare, l'hanno in certo misura praticato, consentendo all'Italia del secondo dopoguerra di vivere, nonostante molti limiti e contraddizioni, una sua forma di democrazia. E' l'esempio di come sia possibile anche in positivo - non solo in negativo, quando si commette un crimine in "buonafede" - non sapere veramente che cosa si fa, in questo caso senza rendersi conto in modo sistematico e definitivo di quanto la tessitura di una convivenza pacifica abbia il valore inestimabile di autentico principio del modo umano di stare al mondo. Proprio in tal senso Peyretti, nel tradurre il titolo originale del libro Le principe de non-violence, l'ha giustamente reso con Il principio nonviolenza: per sottolineare che qui non si tratta del principio di una realta' particolare chiamata nonviolenza, dunque di uno tra molti principi possibili, poiche' invece e' in gioco l'unico vero principio legittimo, umano, creativo e ragionevole della vita comune.
Il testo di Muller ha molto poco del trattato metafisico in senso tradizionale o comunque dell'opera di filosofia in quanto disciplina altamente specialistica. E' anzi un testo piuttosto diretto, pratico, di accessibile livello argomentativo e quindi opportunamente rivolto a un pubblico molto ampio. Proprio per questo esso non ha bisogno di un'introduzione che faciliti l'approccio alla sua comprensione. Per parte mia, nell'introdurne la lettura, desidero semmai metterne in luce l'implicazione metafisica di fondo, che rischia di rimanere in ombra poiche' l'autore, intento a seguire il filo della "ragionevolezza media" per il suo argomentare, non ne scandaglia specificamente lo strato piu' profondo. Questo fatto, che soprattutto a chi studia filosofia potra' sembrare un limite del testo, non comporta pero' lo scadere nella superficialita' sia perche' la riflessione mulleriana mantiene sempre la sua consistenza critica, sia perche' essa si muove su un piano intermedio tra approccio politico immediato e alta elaborazione teoretica senza mai rompere il filo delle implicazioni piu' metafisiche sottese al suo discorso. E' anche vero, d'altra parte, che piu' una riflessione si fa apertamente e intenzionalmente metafisica e piu' allontana da se' molti interlocutori con i quali invece puo' trovare effettivo consenso. Un consenso che consegue piu' facilmente se cerca una convergenza antropologica, etica e politica, preservando la legittimita' di un ventaglio di ipotesi diverse dal punto di vista delle visioni del mondo piu' generali. Percio' il lavoro di Muller puo' raggiungere meglio un vasto pubblico senza rinunciare a fare una proposta nitida e impegnativa, nella quale sono comunque indicate anche alcune coordinate teoretiche essenziali.
Prima di accennare alla fisionomia del percorso lungo il quale egli conduce lettrici e lettori, mi pare di poter riassumere il suo messaggio in un semplice invito. Se infatti il libro potesse parlare, come una persona viva, a chi si accinge a leggerlo, forse si udrebbe questo suggerimento pacato e fondamentale: "respira". Un invito a respirare. Infatti la logica e lo schema comportamentale che, come fosse ovvio, stringono alleanza con la violenza ci tolgono respiro, soffocano le energie migliori, la dignita', la liberta', il futuro delle persone e dell'umanita' intera.
Adattarsi a vivere entro la tetra legge della violenza, facendo attenzione a chiamarla con nomi meno sgradevoli (difesa, sicurezza, giustizia, guerra legittima e umanitaria, lotta al terrorismo, competizione economica, mercato globale e cosi' via), significa sopravvivere senza respirare veramente. Nella sua portata esistenziale, "respirare" vuol dire poter essere se stessi nell'essere insieme agli altri, poter assumere la propria dignita' scoprendola nel contempo come legame originario con tutti e con il mondo, poter vivere senza ricorso a mezzi distruttivi. Forse e' in questo senso specifico che si puo' riprendere l'indicazione di Albert Camus, per il quale respirare e' gia' un giudizio di valore, e' scegliere la vita. Agostino ha parlato del tempo come distensio animi. Ma il tempo, per noi, e' la condizione, la durata, il rinnovarsi appunto della vita. Il respiro cui alludo e' allora la distensio vitae di chi non e' piu' costretto ne' a dominare, ne' a essere dominato. E' il respiro della liberta', oggi completamente misconosciuta e rovesciata nella "liberta'" di rapinare, di abbandonare, di ignorare gli altri. La vita umana e quella del mondo stesso hanno bisogno della nonviolenza come i polmoni dell'aria.
Naturalmente, proprio per il retaggio delle nostre culture di violenza, per l'abitudine a oscurare anche le rivelazioni piu' luminose di quella vocazione, destinazione e verita' radicale che per noi e' la pace, un simile invito rimane impercettibile alla cultura corrente sia nelle sue elaborazioni piu' raffinate, sia al livello delle rappresentazioni ordinarie della quotidianita'. Gli "intellettuali" e la "gente", per usare due categorie sgradevoli ma ben conosciute nel linguaggio piu' diffuso, sono spesso accomunati dalla stessa estraneita' al messaggio della nonviolenza. Perche' la logica violenta che ha non solo inquinato, ma spesso strutturato le tradizioni dei popoli e le diverse visioni del mondo - secondo quello che Rene' Girard ha chiamato uno schema transculturale capace di superare i confini delle opposizioni religioso-non religioso, occidentale-orientale, antico-moderno - rinserra il nostro orizzonte percettivo e riflessivo entro un quadrilatero di barriere difficili da abbattere. Ecco i quattro sbarramenti in forma di proposizioni fondamentali che segnano i confini del senso della questione per il pensiero comune: 1. e' ovvio che la nonviolenza sia desiderabile in teoria; 2. e' ovvio che pero' non sia praticabile; 3. e' ovvio che in teoria la violenza sia da condannare; 4. e' ovvio che pero' la violenza sia da praticare nella realta'.
Consegnandosi a questa sequenza "in teoria – pero'", il pensiero crede di essere vigile, attento alla concretezza del reale, giacche' sente di poter distinguere al tempo stesso bene e male, realta' e irrealta'. In verita', cosi' facendo, il pensiero si lascia accecare, annegando nell'apparente ovvieta'. Adattarsi a pensare e a organizzare la propria sopravvivenza entro questo quadrilatero di illusorie ovvieta' significa tentare, in modo inconscio o parzialmente consapevole, di venire a patti con la morte e con il male, di cui la morte stessa e' il paradigma essenziale.
La violenza, per lo piu' creduta frutto di passioni irrazionali o di una natura malvagia che ci destina sin dall'inizio alla ferocia agita e subita, esprime e alimenta una Weltanschauung profondamente radicata nell'animo umano, in strati piu' viscerali e originari di quelli delle filosofie di vita (religiose, atee, variamente metafisiche) che assumiamo consapevolmente. Tale Weltanschauung e' data da un sentire-e-pensare secondo la morte, dove questa e' identificata come la destinazione e la verita' ultima della vita. La tesi di Girard secondo cui la violenza e' il sacro nelle societa' umane, ossia la potenza suprema che definisce, sconvolge e ricrea l'ordine sociale, e' vera sul piano sociologico, ma va poi integrata e chiarita, sul piano metafisico, dalla tesi per cui la morte e' il sacro. Per questo gli uomini credono di poter vivere solo se la esorcizzano, la allontanano da se stessi trasferendola sugli altri, la addomesticano al volere di una divinita' che dispensa come vuole la vita e la morte stessa.
Per la medesima ragione anche le religioni, una volta messa a tacere la loro componente creativa e profetica, affermano un nesso strettissimo tra il dio e la morte. La morte come pena, come sacrificio espiatorio, come destinazione eterna dei dannati, come espressione della volonta' divina, come danno da infliggere agli infedeli. Percio', anche nelle religioni in cui l'uomo e' presentato come figlio di Dio, i fedeli, in maniera sorprendentemente incongruente, si comportano per lo piu' come schiavi che supplicano il Padre di avere un occhio di riguardo e di non distruggerli. Come schiavi, oppure come mercanti furbi che, grazie ai loro lungimiranti sacrifici, puntano a meritare la vita come premio per i buoni servigi resi.
A questo punto e' necessario riprendere il tema del nesso, sopra appena sfiorato, di morte e male. La prima puo' essere riguardata anzitutto come il modello esplicativo per capire che cosa sia il secondo, giacche' gli esseri viventi vedono normalmente nella morte un male assoluto, che puo' divenire relativo solo in condizioni estreme, come ad esempio nella scelta tra sopravvivere o dare la vita perche' viva un'altra persona. Inoltre, la morte e' stata considerata come effetto del male, che infatti la produce nelle forme peculiari dell'omicidio, del genocidio e della guerra. Piu' radicalmente, pero', questi significati del rapporto tra morte e male vanno intesi alla luce della definizione dell'essenza del male stesso.
Lungi dall'essere un mistero insondabile, mistero che riguarda semmai la liberta' e i suoi dinamismi, l'essenza del male e' conoscibile ed evidente. Il male e' distruzione: di vite, di relazioni, di valori, di futuro, di verita'. Dove c'e' il male e' all'opera una distruttivita' ostile alla vita e al mondo. Il male, detto con una categoria teologico-metafisica, e' anticreazione, annientamento, nullificazione. La violenza, in quest'ottica, e' l'espressione conseguente e operativa del male. Essa, appunto, "viola" nel senso che offende, ferisce, colpisce un fine, come sottolinea Muller; arreca distruzione a cio' che e' vivo, dotato di valore e di apertura al futuro.
Se l'alternativa tra morte, male, violenza, da un lato, e nonviolenza, dall'altro, cosi' e' gia' prefigurata, nondimeno e' opportuno chiedersi ancora: perche' questa intuizione metafisica della potenza sovrana della morte e' decisiva per l'alternativa tra violenza e nonviolenza? Perche' essa e' alla base di quella razionalita' vittimaria secondo cui e' necessario, naturale, giusto, efficace, produttivo e persino sacro dare la morte, fare vittime o comunque metterle in conto come un dato inevitabile. Le nostre istituzioni, le politiche, le economie, le ideologie, le religioni, i sistemi educativi, le gerarchie sociali, la stessa grammatica dei sentimenti e delle relazioni interpersonali sono infatti, in molti casi, percorse da questa razionalita' vittimaria che porta a diffondere la "morte" nelle sue molte forme possibili: eliminazione fisica, morte civile, abbandono, esclusione, discriminazione, persecuzione, giudizio morale, colonizzazione religiosa, dominio culturale o economico, fame, sottosviluppo, castrazione della personalita'.
Le molte culture del mondo, pur avendo in misura differenziata nuclei creativi e vitali, sono tendenzialmente e in buona parte immerse in questa razionalita' vittimaria. E' su questo crinale che il libro di Muller viene a portare il suo invito al respiro e al risveglio. In tal senso, sebbene il testo sia scritto in forma piana, senza asperita' concettuali che scoraggino quanti per formazione sono distanti dall'indagine teoretica, e benche', come ho detto, non sia propriamente un libro di filosofia teoretica, le coordinate di fondo del suo discorso restano in un certo senso metafisiche. Perche' e' l'esistenza umana a essere metafisica: richiedendo il confronto con le ragioni della vita e con l'eventualita' inaggirabile della morte; esigendo un senso e una verita' per cui valga la pena di vivere; aprendo al futuro e spingendoci a chiedere quale sia la nostra origine e la fonte della nostra misteriosa dignita'. Muller mostra con grande semplicita' come e perche' la nonviolenza sia il principio di scoperta e di assunzione di queste correnti fondamentali del cammino umano.
Le coordinate metafisiche cui ho ora accennato sono indicate dall'autore nel secondo, nel terzo e nel quarto capitolo. Qui egli evidenzia come l'esistenza personale e quella collettiva siano chiamate a farsi ricerca di una verita' ultima e di un futuro che non coincidono affatto con la morte. Percio', afferma l'autore, l'esigenza di nonviolenza e' anteriore e piu' radicale rispetto alla tendenza che ci spinge verso la violenza. Ma una ricerca simile puo' nascere e svilupparsi soltanto se usciamo dal tragico equivoco alimentato dall'illusione di vincere la morte uccidendo altre vite. In proposito Muller e' giustamente sobrio: nel demistificare l'oscura alleanza con la morte non imbriglia il suo discorso lungo una risposta definitiva riguardo all'alternativa che identificherebbe la verita' positiva della nostra condizione. Non ne formula il nome proprio, non dice e' questo o quel Dio, oppure l'Essere, la Vita, la Natura o altro. Rispetta il mistero e lo spazio di quel nome come si fa con un campo di ricerca aperto e con un dono che eventualmente giungera' in maniera originale a chiunque accetti la nonviolenza come percorso di guarigione e di risveglio.
La parola che ho usato, mistero, non deve fuorviare; non segna la rinuncia a pensare, a cercare, a conoscere. Nel terzo capitolo Muller fa vedere come l'esercizio del pensiero critico e della filosofia cominci con la revoca del consenso alla violenza e alla razionalita' vittimaria. Perche' il contrario della violenza, insieme alla nonviolenza, e', in definitiva, la verita'. Verita' liberatrice, fonte di incontro e di dialogo, fondamento di convivenza e forza che attrae all'umanizzazione. Chi sinceramente cerca la verita' deve impegnarsi ogni giorno a disattivare la violenza che scopre in se' e fuori di se': la nonviolenza e' condizione della relazione tra l'essere umano e il senso. Ed e' condizione di umanita'. Si potrebbe dire che qui si delinea il compito, apparentemente paradossale, di aderire a cio' che ci inerisce. Infatti la dignita' e' si' una realta' originaria di valore inscritta nel nostro essere, ma potremmo anche ignorarla o sfigurarla. Si tratta invece di assumerla, confermarla, inverarla lungo un cammino in cui impariamo a risanare le logiche e gli impulsi distruttivi che possiamo portare in noi o dai quali possiamo essere contagiati, per giungere invece a esistere in modo creativo.
Dopo aver dato conto nel primo capitolo di quante difficolta' si frappongano alla riuscita di questo percorso e dopo aver mostrato, nei capitoli successivi, il valore della nonviolenza come principio, Muller analizzi i suoi principi, ossia le energie specifiche che ne fanno una via, un metodo, un modo concreto di essere, di agire, di cooperare, di convivere. Tra essi egli ricorda: la capacita' di instaurare uno spazio vero di convivenza spezzando la rivalita' mimetica tra gli uomini e interrompendone il contagio; la proprieta' di mantenere in armonia mezzi e fini dotando l'azione di autentica efficacia e di fecondita' storica; l'energia sprigionata dalla non cooperazione a potenze oppressive e regimi dominativi; la rilevanza e la legittimita' della disobbedienza civile; la responsabilita' della testimonianza resa alla verita' prendendo la parola proprio quando questo e' rischioso e comporta la persecuzione; il potere pacifico espresso dal dissenso organizzato; la forza dell'umorismo come fattore di demistificazione critica e anche come elemento di autocoscienza ironica che aiuta a non cadere nello scoramento quanti vogliono percorrere la via della nonviolenza; la facolta' di correlare la giustizia con una forza che non sia violenza.
Nei capitoli dal sesto al decimo, Muller si confronta con le ragioni della Realpolitik e di tutte le teorie che sono solite fare della violenza una necessita' ineludibile della storia e della politica. Lo fa con pazienza e pacatezza pari alla sua capacita' di attrarre la riflessione verso le possibilita' alternative latenti o anche parzialmente manifeste e gia' sperimentate. Per quanto autorevoli siano i fautori della tesi secondo cui la necessita' della violenza e' insuperabile - da Machiavelli a Hegel, da von Clausewitz a Weber -, Muller riesce a mostrare le aporie del loro discorso dischiudendo prospettive ben piu' fertili per il pensiero e per la prassi.
A questa parte del testo seguono due confronti di grande rilievo. Il primo, sviluppato nei capitoli undicesimo e dodicesimo, e' quello con le istanze della ragione, presentate nell'ottica proposta da Eric Weil. Il secondo, affrontato nei due capitoli successivi, e' invece il confronto, ancor piu' diretto, con la verita' come interlocutrice fondamentale dell'esistenza umana. Qui Muller riprende la lezione di Gandhi, spesso ignorata o marginalizzata nel dibattito politico e nell'evoluzione della filosofia europea e americana dopo la seconda guerra mondiale. Mentre l'opinione ovvia nella nostra cultura stabilisce che la democrazia sia  monopolio della tradizione occidentale e che essa possieda un valore universale il quale si realizza effettivamente nella misura in cui tutto il mondo si adegua a usi e costumi dell'Occidente, l'autore mette in luce come proprio a partire dall'esperienza gandhiana sia divenuto chiaro che l'autentica democrazia si da' solo attraverso la pratica sistematica della nonviolenza. Ora, poiche' la democrazia stessa e' uno stile di vita, e non un modello rigido o un mero nucleo di procedure elettorali e parlamentari, Muller richiama infine l'attenzione sul fatto che solo la maturazione di una cultura adeguata puo' fondare davvero una societa' democratica su scala nazionale, macroregionale e mondiale.
Per questa ragione il capitolo finale del libro e' dedicato alla possibilita' di una cultura della nonviolenza che prepari, instauri, sviluppi e tuteli la pace. La guerra, dal canto suo, non scoppia per una tempesta di forze emotive, non e' come una rissa occasionale. Al contrario, e' "scientificamente" e lungamente preparata nei cuori, nelle menti, nell'educazione, nella tecnologia e nella scienza, nelle strategie economiche e politiche, finche', un giorno, fattasi matura, esplode nella sua virulenza. Capire questo significa operare finalmente un decisivo cambiamento di prospettiva: dalla solita solfa che, un po' da tutte le parti politiche e ideologiche, fa l'apologia dei casi in cui la violenza e la guerra sono necessarie e persino sacrosante, si passa a una nuova visione. Si cominciano a vedere infatti tutti quei passi che, per tempo e nelle sedi giuste, preparano la pace. La pace come metodo, ossia come prassi e via quotidiana, che approssima la realizzazione della pace come fine. La cattiva risposta della violenza, scrive Muller, cede il posto alla buona domanda della nonviolenza: si apre cosi' lo spazio dell'azione politica come ricerca e allestimento incessante delle condizioni della convivenza nella pace. In una pace, precisa l'autore, che non e' inibizione o assenza di conflitti, perche' semmai e' il risanamento dei conflitti stessi dalla distruttivita', con la liberazione delle possibilita' di vivere la conflittualita' e di attraversarla di volta in volta in modo nonviolento.
Questo nodo e' evidentemente cruciale: come dilatare la giustizia nella societa', risanando le ingiustizie ed eliminando le cause di frustrazione per popoli e continenti interi? Come  trovare canali di espressione dell'aggressivita' umana tali da impedire che essa si trasformi in forza distruttiva e politicamente organizzata? Come correlare e porre in rapporto di reciproca traduzione dialogica le differenze culturali, etniche, ideologiche, religiose, economiche, evitando che si cristallizzino in mondi non piu' comunicanti tra loro che finiscono per rappresentare l'uno una minaccia mortale per l'altro? Nell'ultima parte della sua riflessione l'autore affronta tali questioni illuminando, proprio rispetto a esse, la profonda ragionevolezza e il sano realismo della nonviolenza.
Il discorso mulleriano non risolve certamente tutte le questioni. Non e' un prontuario di risposte preconfezionate alle domande suscitate dall'alternativa storica tra violenza e nonviolenza. Direi piuttosto che il testo serve a percepire la concreta radicalita' di questa alternativa, a non prendere piu' per buone le illusorie e tragiche risposte di chi confida nella violenza e nella sua cultura della morte. E serve a lasciarsi attrarre dall'energia della nonviolenza come da una spinta benefica per cercare soluzioni piu' adeguate alla nostra umanita', al mondo, alla verita' della storia, qualunque sia il suo nome proprio. Si tratta quindi di uno strumento per pensare, per agire socialmente e politicamente con lucidita', per continuare la ricerca senza malafede. E soprattutto per desiderare di tornare a respirare e di risvegliarsi, divenendo, da atomi accecati e irresponsabili di una societa' distruttiva, persone libere, responsabili, creative. Persone divenute veramente umane perche', grazie alla nonviolenza come evento individuale e comunitario di nuova respirazione e di risveglio, hanno finalmente iniziato a vedere gli altri e a vedersi. L'esperienza della nonviolenza, infatti, e' la condizione esistenziale per vedere la realta' della pace, nonostante tutte le contraddizioni apparentemente insormontabili, cosicche' tra essa e la condizione umana s'instauri una reciproca, irreversibile ospitalita'.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Umberto Mugnaini, Dal Risorgimento italiano a Gandhi. Le radici della nonviolenza tra religione e politica attraverso il pensiero di Mazzini, Tolstoj, Gandhi, Capitini e Pioli, Felici Editore, Pisa 2020, pp. 208, euro 15.
*
Riedizioni
- Vittorino Andreoli, Il futuro del mondo. Scritti giovanili, Mondadori, Milano 2019, Rcs, Milano 2021, pp. 544, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4097 del 7 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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