[Nonviolenza] Telegrammi. 4092



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4092 del 2 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Corto comizio di un vecchio barbogio in questo primo maggio del 2021
2. Antonietta Centofanti
3. Maria Grazia Giannichedda: Franca Ongaro Basaglia
4. Alcuni riferimenti utili
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. l'ORA. BENITO D'IPPOLITO: CORTO COMIZIO DI UN VECCHIO BARBOGIO IN QUESTO PRIMO MAGGIO DEL 2021

"Quando scese la sera del primo giorno di battaglia, avvenne che in molti luoghi di Parigi, indipendentemente e nello stesso tempo, si sparasse contro gli orologi delle torri"
(Walter Benjamin, nella n. 15 delle Tesi di filosofia della storia, in Angelus novus, Torino 1961)

"E' la figura del sogno di una cosa
della societa' avvenire ancora possibile e ancora necessaria
in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita'
ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni
in cui salvare le vita sia il primo dovere
in cui tutto il bene e tutti i beni siano condivisi
fra tutte le persone.

Dell'internazionale futura umanita'
e' la profezia l'attesa il simbolo
razionale vigile operosa

e l'appello alla lotta qui e adesso
per far cessare tutte le uccisioni tutte le stragi tutte le guerre
per abolire ogni schiavitu'
per recare soccorso a tutte le vittime
per la liberazione comune
di tutte le oppresse di tutti gli oppressi
e la comune salvezza dell'umanita' intera"

(Marcolfo Strazzaroli, Il primo maggio nostro, in Idem, Senza ride e senza piagne, Mazzocchio 1984)

I.

C'e' la peste e c'e' l'altra peste.
E non ci sarebbe la prima se non ci fosse la seconda.

C'e' il massacro e c'e' l'altro massacro.
E non ci sarebbe l'uno se non ci fosse l'altro.

C'e' il mondo e c'e' l'umanita' nel mondo.
E non soffrirebbe tanto l'umanita' nel mondo se non ci fosse la violenza degli sfruttatori che tutte e tutti ci opprimono, derubano, violentano, uccidono.

C'e' il bene comune e c'e' chi con la sua rapina ce ne priva, chi con la sua rapina ci affama e tortura, chi con la sua rapina distrugge quest'unico mondo vivente che e' l'unica casa comune dell'umanita'.
C'e' la possibilita' di essere tutte e tutti fraterni e sororali, c'e' la possibilita' di essere tutte e tutti sobriamente felici, c'e' la possibilita' di avere tutte e tutti giustizia e liberta', e c'e' chi ci nega la vita, la dignita', i diritti, c'e' chi ci sottrae ogni gioia e ci nega la nostra stessa qualita' di persone.

C'e' l'oppressione, il dolore, la morte.
E c'e' la lotta affinche' l'umanita' divenga finalmente umana, la lotta per salvare tutte le vite, la lotta nonviolenta contro tutte le violenze.
La lotta cui ci chiamano Francesco d'Assisi e Rosa Luxemburg, la prima Internazionale, Tolstoj e Gandhi, la Resistenza e il femminismo, Simone Weil e Virginia Woolf, Hannah Arendt e Nelson Mandela, Franco e Franca Ongaro Basaglia, le donne di "Erinna" che lottano contro la violenza in questa nostra terra di Viterbo.
E il nostro compagno Alfio Pannega, proletario e comunista, libertario e amico della nonviolenza, il nostro compagno Alfio Pannega che seppellimmo il primo maggio di undici anni fa.

*

II.

Il primo maggio non e' pasquetta, non e' ferragosto, non e' il giorno della finale della coppa dei campioni.
Il primo maggio e' il giorno del ricordo delle vittime.
Delle vittime della violenza degli sfruttatori, dei rapinatori, degli schiavisti, degli stupratori, dei comandanti delle bande armate, di tutte le dittature, del comitato d'affari delle classi dominanti, del disordine costituito, dei vampiri che governano il mondo.

Il primo maggio non e' la gastronomia e la musicarella di sottofondo, non e' la sfilata di moda di chi abita dentro le televisioni, non e' l'abbraccio peloso del gigantesco borsaiolo vestito da gaga', non e' l'elemosinetta che ti fa col braccino corto e torto e la faccia schifata che pare un organetto chi ogni giorno t'azzanna e ti strappa un pezzo della tua carne e della tua anima, ti sbrana brano a brano la tua sola vita, ti trasforma in tronco che geme.
Il primo maggio e' il giorno del ricordo delle vittime, e quindi il giorno del ricordo della lotta necessaria affinche' non ci siano piu' vittime.
E affinche' non ci siano piu' vittime questo occorre: la condivisione di tutto il bene e di tutti i beni fra tutte le persone, cosicche' nessuno piu' debba avere fame, nessuno piu' debba avere paura, nessuno piu' debba piegarsi o rompersi, nessuno piu' sia umiliato e offeso, veduto e comprato come un sacco di nervi e di niente, spremuto e succhiato fino al midollo, schiacciato e ridotto a poltiglia, attossicato e infine schiantato, fatto fumo e cenere. No, nessuno piu' debba subire tutto questo, ma ogni persona abbia una vita degna, una vita degna e solidale, una vita degna e generosa.

Il primo maggio non e' il quarto d'ora a chi le spara piu' grosse che tanto poi il carnevaletto finisce e c'e' il ritorno all'ordine, all'ordine ariano del passo dell'oca, delle navi negriere, delle schiene spezzate nei campi di cotone e di battaglia, dei gulag e dei lager, di Auschwitz e d'Hiroshima; non e' la lacrimuccia del coccodrillo mentre digerisce, la pagnottella senza la lima dentro, il trombone sfiatato sul palco delle autorita' che per un paio d'ore interrompono la gozzoviglia e fanno mostra di essere contrite per poi darsi alle pazze risate e riprendere la caccia grossa ai poveri cristi, la sistematica grassazione e il sistematico massacro che chiamano migliore dei mondi possibili e che per noi e' solo l'inferno piu' nero.
Il primo maggio e' il giorno in cui una volta all'anno le oppresse e gli oppressi ci guardiamo in faccia, ci diciamo parole di dolore e di conforto, ci organizziamo per fare cessare finalmente l'orrore.
E' il giorno in cui ci diciamo che non puo' bastarci vivere da esseri umani un solo giorno all'anno mentre per tutti gli altri giorni siamo trattati da servi, da bestie da soma, da sabbia e letame; non puo' bastarci vivere da esseri umani un solo giorno all'anno mentre per tutti gli altri giorni i ricchi, i potenti, i padroni mangiano le nostre carni e bevono il nostro sangue, divorano e defecano il mondo, ci tolgono il respiro e la luce degli occhi, continuano ad avvelenare e distruggere ed inabissare quest'unica casa, quest'unica nave, quest'unica storia comune che tutte e tutti abitiamo, ci spogliano di tutto e ci precipitano nello sheol.

*

III.

Per la comune salvezza dell'umanita' ancora troppi crimini sono da abolire, e quindi adoperiamoci adesso mane e sera, ogni giorno, giorno dopo giorno, per abolirli tutti.
Abolirli tutti questi troppi crimini che per essere talora cosi' antichi sembrano quasi ormai venerande istituzioni e sono invece solo la traccia e la gabbia dell'infamia, la struttura e il sistema dell'orrore.
Occorre abolire il maschilismo, occorre abolire il razzismo e la schiavitu', occorre abolire la guerra, gli eserciti, le armi, occorre abolire la privata rapina che priva i quattro quinti dell'umanita' di ogni bene che deve essere comune, che condanna i quattro quinti dell'umanita' a vivere da morti e a morire senza aver avuto un solo giorno di bene, una sola ora di felicita'.
Occorre abolire la mafia vestita di velluto a coste e quella che ostenta le corone, occorre abolire il fascismo comunque si travesta, occorre abolire l'organizzazione mondiale degli affamatori.
Ed abolendo tutti questi guai allora si' che ad ogni persona potra' essere garantito cio' di cui ha bisogno, allora si' che tutte e tutti potranno vivere una vita degna, allora si' che si realizzera' il programma della Resistenza antifascista cosi' come e' scritto nella Costituzione repubblicana del nostro paese.

Diciamolo una volta ancora quello che ripetiamo ogni giorno, diciamolo anche in questo giorno in cui per impedirci di parlare, i padroni e i loro grisi organizzano i teatrini televisivi, portano a domicilio le pizze condite con mozzarella e sangue umano, ci esortano a fidarci del boia che sa il suo mestiere e il suo mestiere sappiamo quale sia.
Diciamolo una volta ancora che dobbiamo insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro la strage degli innocenti nel Mediterraneo, le mafie schiaviste e i governi europei che questa strage impongono.
Diciamolo una volta ancora che dobbiamo insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro l'apartheid e la schiavitu' in Italia e in Europa.
Diciamolo una volta ancora che dobbiamo insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro i governi dell'ecatombe che da oltre un anno non hanno saputo non hanno voluto contrastare l'epidemia perche' la festa deve continuare e chi muore muore che gliene frega a loro tanto a morire siamo noi poveracci noi malandati noi malaticci noi pezze da piedi.

E diciamolo ancora una volta che occorre opporsi con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, alle piu' gravi violenze che qui e adesso l'umanita' subisce.
Che occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Che occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. E quindi che qui ed ora occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro; e quindi che qui ed ora occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia; e quindi che qui ed ora occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e quindi che qui ed ora occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Che occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. E quindi che qui ed ora occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera; e quindi che qui ed ora occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere; e quindi che qui ed ora occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Che occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.

Diciamolo una volta ancora che salvare le vite e' il primo dovere.
In questo primo maggio di addolorata memoria e di lotta senza illusioni, diciamo la nostra verita' di esseri umani tutti esposti alla sofferenza e alla paura, tutti esposti al male e alla morte, e quindi tutti chiamati alla solidarieta' che nessuna persona abbandoni, tutti chiamati a mettere in comune tutto il bene e tutti i beni, tutti chiamati a prenderci cura di quest'unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
In questo primo maggio diciamoci ancora che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'. Diciamoci ancora che occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Diciamoci ancora che tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti e che chi sfrutta, rapina e devasta condanna le altre persone alla sofferenza, alla schiavitu' e alla morte.
Siamo una sola umanita'.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta comune per la comune liberazione, per la salvezza comune dell'umanita' intera, per la salvaguardia del mondo vivente.
Questo e' il nostro primo maggio.

*

IV.

Queste parole volli scrivere una mattina cominciata col sole e finita nel buio.
Queste parole volli scrivere per ricordare a me stesso da dove vengo e dove vado.
Queste parole volli scrivere per le persone mie amiche che sono morte ma che fino all'ultimo hanno condiviso il pane, hanno sperato ed hanno lottato perche' l'umanita' fosse libera e solidale, con l'intera loro vita dimostrandone la concreta possibilita'.
Queste parole sono un commento a quell'antico canto che chiama tutte le oppresse e tutti gli oppressi a quel fine ideale che e' l'internazionale futura umanita': la societa' libera e giusta in cui ogni essere umano sia un aiuto per ogni altro essere umano.
Sii tu a proseguire la lotta di Giacomo Leopardi, di Piero Gobetti, di Antonio Gramsci, di Ginetta Sagan, di Germaine Tillion, di Luce Fabbri, della Rosa rossa e della Rosa bianca.
La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' il cammino. Il fascismo puo' essere sconfitto. L'umanita' puo' essere libera.
Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

2. LUTTI. ANTONIETTA CENTOFANTI

E' deceduta Antonietta Centofanti, portavoce del comitato dei familiari delle vittime del terremoto in Abruzzo, strenuamente impegnata per ottenere verita' e giustizia.
Con gratitudine la ricordiamo.

3. MAESTRE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA: FRANCA ONGARO BASAGLIA
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2016), disponibile nel sito www.treccani.it, riproponiamo la seguente voce]

Franca Ongaro Basaglia nacque a Venezia il 5 settembre 1928, seconda di quattro figli: Alberto, il maggiore, Cecilia e Luisa. La madre, Carolina Trevisan, faceva la casalinga, il padre Agostino, che lavorava a Murano nell'amministrazione delle fabbriche di perle di vetro, mori' nel 1945, quando Franca faceva l'ultimo anno al liceo classico Foscarini. Dovette, dunque, rinunciare all'universita' e ando' a lavorare come segretaria in una societa' di impianti elettrici, la Sade. Sempre in quell'anno, Franca Ongaro conobbe Franco Basaglia, che aveva 21 anni, studiava medicina a Padova ed era diventato amico di suo fratello Alberto nei mesi passati in carcere, accusati entrambi di attivita' antifascista.
*
Alla radice
Franca Ongaro e Franco Basaglia si sposarono nel 1953 e nel giro di pochi anni ebbero due figli, Enrico nel 1954 e l'anno successivo Alberta. Vivevano tra Venezia e Padova: Basaglia lavorava come assistente nella clinica neuropsichiatrica dell'universita' di Padova, Franca si occupava dei figli, coltivava la passione per la letteratura e seguiva il percorso di suo marito nella filosofia e nella psichiatria fenomenologica. Erano interessi non facili da coltivare in una clinica il cui cattedratico, Giovanni Battista Belloni, seguiva l'organicismo dominante nella psichiatria italiana dell'epoca. Erano anche interessi inusuali, condivisi con gli amici piu' vicini: il regalo dei testimoni di nozze Hrayr e Giuliana Terzian erano state le opere complete di Jean-Paul Sartre in francese. L'immagine di Franca Ongaro e Franco Basaglia in quegli anni era quella di una giovane coppia borghese che cercava di andare oltre le regole – si erano sposati in chiesa, ad esempio, ma non avevano battezzato i figli, con grande disappunto della madre di Franca – e oltre i ruoli codificati: Ongaro scrisse piu' tardi pagine molto acute sulle difficolta' del rapporto privato uomo-donna in quella fase di mutamenti sociali ancora sottotraccia, e sul rischio, per la donna, di ritrovarsi "relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari" (Confessione sbagliata, 1968, in F. Ongaro, Una voce. Riflessioni sulla donna, Milano 1982, p. 133). Intanto scriveva racconti per bambini, alcuni pubblicati dal Corriere dei Piccoli a cui collaboravano suo fratello Alberto, giornalista e piu' tardi scrittore, e l'amico Hugo Pratt. Per il Corriere Franca scrisse anche una riduzione del romanzo di Louisa May Alcott Piccole donne e i testi di Le avventure di Ulisse, una versione dell'Odissea disegnata da Hugo Pratt, che usci' a puntate tra il 1963 e il 1964, quando la vita e gli interessi di Franca Ongaro erano ormai profondamente cambiati. Nel 1961, infatti, era entrata anche lei, per la prima volta, in un ospedale psichiatrico poiche' Franco Basaglia era diventato direttore di quello di Gorizia. L'impatto con quel luogo rappresento' per entrambi un punto di non ritorno. Basaglia ricordo' molte volte come per lui era stato forte, reale, nei primi mesi a Gorizia, l'impulso di andare via, con il solo sostegno di sua moglie, che maturava e condivideva con lui la scelta di restare e di accettare la sfida rappresentata dal manicomio.
Ongaro si impegno' da subito, come volontaria, nel lavoro di trasformazione: lavorava nei reparti e partecipava alle assemblee generali diventando in breve parte integrante dell'equipe che si allargava, comincio' a studiare sociologia, miglioro' il suo inglese e ando' per alcune settimane a Digleton, in Scozia, nell'ospedale psichiatrico diretto da Maxwell Jones, che conduceva il primo esperimento di gestione di un intero ospedale in forma di comunita' terapeutica. Anche la vita familiare si trasformo', continuamente attraversata dalle discussioni sul lavoro in manicomio, dalle persone che arrivavano a Gorizia e ne restavano colpite, dagli stessi ricoverati con cui anche i bambini avevano a che fare. Dal 1961 al 1968 Ongaro partecipo' al lavoro in ospedale psichiatrico mentre studiava e scriveva, ma quando Basaglia si dimise da Gorizia, lei non lo segui' a Parma e a Trieste. Dal 1969 rimase a vivere nella casa di Venezia con i figli adolescenti e da quel momento fece soprattutto lavoro di studio e di scrittura. Il rapporto coniugale si era fatto piu' teso, difficile: Ongaro vi accenno' in un testo, Congedo (in Una voce, cit., pp. 147-149 ), scritto subito dopo la morte di suo marito. Tuttavia, resto' sempre molto forte, sostanziale tra i due la condivisione di idee, ricerche, progetti politico-culturali. Negli anni Settanta, nella casa di Venezia dove Basaglia tornava quasi ogni fine settimana presero corpo molte iniziative a cui Ongaro partecipo' da protagonista: fu tra i fondatori dell'associazione Psichiatria Democratica e del Reseau internazionale di psichiatria alternativa, collaboro' all'impostazione del programma Epidemiologia e prevenzione delle malattie mentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), diresse tra il 1972 e il 1977 il Centro internazionale di studi e ricerche Critica delle istituzioni che ebbe sede a Venezia e realizzo' il volume collettivo Crimini di pace (a cura di F. Basaglia - F. Ongaro, Torino 1973). I numerosi scritti di quegli anni a doppia firma nacquero mentre si sviluppavano queste e altre iniziative e cresceva a Trieste il lavoro di "de-istituzionalizzazione", per usare un concetto dell'epoca. Tutto questo alimentava le lunghe discussioni tra loro, nelle quali venivano coinvolti anche i collaboratori. Quando si era formata una massa critica di idee e argomenti, Ongaro si chiudeva per settimane nel suo studio con la macchina da scrivere e con i fogli su cui Basaglia aveva tracciato appunti da decifrare, poi si facevano altre discussioni sui testi in progress sino alla versione definitiva. Risulta quindi impossibile, oltre che sterile, cercare di distinguere i contributi dell'uno e dell'altra ai libri e saggi pensati e firmati insieme, seppure scritti soprattutto da Ongaro, tra il 1968 e il 1978. Come sarebbe impossibile, e anche fuorviante, leggere quei testi come indipendenti dal lavoro di trasformazione dell'istituzione psichiatrica che Basaglia e il suo gruppo portavano avanti a Trieste e dal movimento che si sviluppava in Italia e non solo.
Ongaro persegui' sempre e difese questo legame tra il suo lavoro teorico e i contesti in cui si giocavano le questioni su cui lei studiava e scriveva. Anche dopo la morte di Basaglia si mantenne costantemente in contatto con i servizi pubblici e con i movimenti sociali, lavoro' alla formazione degli operatori, sostenne le associazioni di familiari e utenti, frequento' instancabilmente convegni, dibattiti, incontri, prima e dopo i quasi dieci anni come senatore dal 1983 al 1992.
Questi due aspetti, il lavoro teorico e l'impegno culturale e politico, nella professione e nella vita di Franca Ongaro si integrarono sempre perche' nascevano dalla stessa ispirazione, avevano la stessa origine e radicalita'.
Negli ultimi anni, lei usava spesso questo concetto: radicalita'. Era convinta che per capire la riforma psichiatrica e valutare i cambiamenti avvenuti nella psichiatria e non solo, si dovesse essere radicali, si dovesse cioe' tornare alla radice delle questioni, che poi sta nella concreta condizione degli umani, nei loro corpi ed esperienze, nelle diversita' e disuguaglianze da cui sono segnati. "E' necessario un cambio radicale dei corpi professionali e dei fondamenti culturali delle diverse discipline" concludeva in quello che fu il suo ultimo saggio, la lezione per la laurea ad honorem in Scienze politiche all'universita' di Sassari il 27 aprile del 2001. "Le discipline, che agiscono essenzialmente su parti separate dei corpi, dovrebbero invece misurarsi con i bisogni di cui questi corpi sono intrisi", e dovrebbero "porsi il problema prioritario della disuguaglianza e del conflitto che essa produce come radice con cui confrontarsi". Quel confronto per Franca Ongaro era iniziato a Gorizia, davanti ai corpi offesi dal manicomio, e si potrebbe dire gran parte del suo lavoro e' stato dedicato a capire, spiegare e combattere cio' che allora aveva visto.
*
Corpo e istituzione
Nelle prime pagine di un suo libro per ragazzi pubblicato nel 1982, Manicomio, perche'? (Milano 1982; II ed. Roma 1991), Ongaro ricorda "le prime immagini del manicomio". Esse rivelano una cultura comune al gruppo di Gorizia ma che caratterizzo' lei in modo speciale. Dimostrano dimestichezza con i meccanismi istituzionali, abilita' nel cogliere e decodificare i rapporti di potere attraverso i dettagli e i riti del quotidiano, capacita' di leggere il linguaggio dei corpi, degli oggetti, degli spazi. Questa cultura si coglie nel contributo, il primo che Ongaro firmo' individualmente, al volume che presentava il lavoro di Gorizia e che usci' nel 1967 con un titolo esplicitamente sartiano, Che cos'e' la psichiatria? (a cura di F. Basaglia, II ed. Parma 1967; III ed.Torino 1969; IV ed. Milano 1997). A quel libro, che nella prima edizione aveva in copertina un autoritratto di Hugo Pratt in divisa da internato, Ongaro partecipo' con un saggio che commentava La carriera morale del malato di mente, un capitolo del libro Asylums del sociologo americano Erving Goffman che lei stava traducendo e che usci' l'anno seguente con un'introduzione di Basaglia e Ongaro (Torino 1968 e 2003). Asylums fu la prima opera di Goffman pubblicata in Italia. Del sociologo americano Ongaro tradusse anche Il comportamento in pubblico (Torino 1971) firmando con Basaglia la prefazione.
Nel frattempo, partecipava all'elaborazione di L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico (a cura di F. Basaglia, Torino 1968; II ed. Milano 1998). Nel suo contributo – Rovesciamento istituzionale e finalita' comune (pp. 323-335) – si riconoscono alcuni dei temi che Ongaro sviluppo' negli anni successivi: il nesso tra liberta' e responsabilita', la vitalita' e l'inevitabilita' del conflitto. "Mettere in questione i ruoli istituzionali induce una problematizzazione della situazione, una messa in crisi generale e individuale insieme" nella quale si oscilla continuamente "tra il bisogno di un'autorita' che elimini o diminuisca l'ansia prodotta dalla dimensione in cui l'intera istituzione tende a muoversi, la responsabilizzazione, e il bisogno di conquistare una liberta' che pero' passa inevitabilmente attraverso la conquista della propria responsabilita'. Questo vale per i malati e vale per i medici". La prospettiva non puo' essere una semplice "democratizzazione di rapporti, che rischierebbe di essere fine a sé stessa" riproponendo un gioco fisso di ruoli. La prospettiva e' la continua ricerca di "andare oltre la suddivisione dei ruoli", "in un movimento dialettico che non presume di risolvere i conflitti ma di affrontarli a un altro livello" (pp. 333-34).
*
Trasformare le istituzioni e la cultura sulla follia
Tra i molti lavori scritti o curati da Ongaro e Basaglia negli anni Settanta, su due e' necessario soffermarsi perche' rappresentano temi rimasti centrali nell'opera di lei.
Il primo e' Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin (a cura di F. Basaglia - F. Ongaro, Torino 1969; II ed. Trieste 2009). Uscito un anno dopo L'istituzione negata e qualche mese dopo il documentario di Sergio Zavoli su Gorizia, I giardini di Abele (RAI, TV7, autunno 1968), Morire di classe divenne uno strumento centrale della campagna per la trasformazione della cultura sulla follia e per la riforma della legge psichiatrica. I fotografi, invitati o meno, entrarono negli ospedali psichiatrici, come pure la televisione mentre i grandi quotidiani nazionali prima e quelli locali poi iniziarono vere e proprie campagne di informazione su questi istituti. Certo, gli anni Settanta furono caratterizzati da una mobilizzazione sociale eccezionale, che avveniva anche in altri Paesi europei, dove pero' i gruppi che in psichiatria cercavano strade nuove rimanevano piuttosto chiusi nelle loro esperienze elitarie, fondamentalmente scettici sulla possibilita' di introdurre elementi critici nel senso comune. Il movimento italiano invece si sviluppo' nei manicomi pubblici, costrui' i nuovi servizi in un rapporto magari conflittuale ma forte con le comunita' locali, cerco' di entrare nei processi di formazione del senso comune. L'idea di fondo era che i meccanismi di esclusione avrebbero potuto essere messi in questione solo se il problema del manicomio fosse uscito dall'ambito degli specialisti, che andavano pressati dall'esterno, costretti da domande nuove a diventare diversi, a fare una "psichiatria democratica". Ongaro era convinta che questa fosse una questione cruciale. Scrisse Manicomio, perche'? nel 1982, in tempi molto difficili per la riforma psichiatrica, con la morte improvvisa di Basaglia, i problemi della sanita' in transizione, il movimento dei familiari che sembrava voler tornare al manicomio. Cerco' con questo libro la comunicazione con l'opinione pubblica e in particolare con le famiglie delle persone con disturbi mentali: nel corso degli anni Novanta, Manicomio, perche'?, fu riedito molte volte dal Centro Franco Basaglia di Roma che lo diffuse nel circuito delle associazioni di familiari e utenti che Ongaro frequento' e sostenne fin dal loro nascere.
Il secondo libro da richiamare e' Crimini di pace, che coinvolse intellettuali come Michel Foucault, Robert Castel, Noam Chomsky, Roland Laing, Erving Goffman in una discussione sul "ruolo degli intellettuali e dei tecnici come addetti all'oppressione", come diceva il sottotitolo. Ongaro era molto legata al lungo saggio introduttivo, che volle includere in quello che fu il suo ultimo lavoro, l'antologia L'utopia della realta' (2005, pp. 208-74). Il saggio ricostruisce l'origine e i passaggi del percorso di Basaglia e di Ongaro, partito dalle "speranze del dopoguerra di poter costruire un mondo diverso da quello contro cui si era lottato". Speranze rapidamente deluse: "nel momento in cui ci si accingeva a costruire qualcosa che tenesse conto dei bisogni e dei diritti di tutti i cittadini, ci si scontrava con la realta' della lotta di classe e con la conferma della divisione del lavoro che manteneva intatti i ruoli e le regole del gioco. [...] In questo gioco ambiguo, dove la distanza tra cio' che si e' e cio' che si vuole essere e' anche subordinata all'impossibilita' di agire e di trasformare la realta'", l'intellettuale e il tecnico militante nei partiti di sinistra poteva accettare e nascondere la propria impotenza "prendendo le parti delle classi oppresse" ma portando avanti, nello stesso tempo, "una vita professionale o intellettuale totalmente aderente ai valori e alle ideologie dominanti trasmessi sotto i crismi dell'oggettivita' della scienza. [...] Dopo anni di polemiche sull'intellettuale impegnato", la consapevolezza di questa condizione comincio' a manifestarsi in quelli che vivevano piu' direttamente lo scontro tra ideologia e pratica, cioe' in quei "tecnici del sapere pratico esecutori materiali delle ideologie e dei crimini di pace". Alcuni di questi "intellettuali di serie C" cominciarono a "mettere in discussione il proprio ruolo e l'ideologia scientifica di cui erano portatori", aprendo una serie di "interrogativi che, nati dallo scontro pratico con la realta'", inducevano "una lenta opera di corrosione delle verita' scientifiche, la messa in discussione del rapporto tra queste e la struttura sociale", e infine la ricerca delle condizioni che possono consentire al tecnico di "uscire dalla sua condizione di alienazione rompendo la condizione di oggettivazione in cui vive l'oppresso" (L'utopia della realta', cit., pp. 208-11).
Negli anni successivi Franca Ongaro continuo' a lavorare su questi temi. Sulla trasformazione delle istituzioni e del ruolo istituzionale, in particolare, torno' con un libro che ebbe vita difficile: Vita e carriera di Mario Tommasini, burocrate proprio scomodo narrate da lui medesimo (Roma 1991). Il libro racconta le invenzioni generose e originali di Tommasini, operaio e partigiano comunista, che aveva conosciuto il manicomio quando era diventato assessore della Provincia di Parma, aveva cercato Basaglia a Gorizia e aveva promosso il suo arrivo come direttore dell'ospedale psichiatrico di Colorno. Ma dopo neppure un anno Basaglia aveva lasciato Parma, valutando che non vi erano le condizioni per realizzare il programma che aveva in mente. Tommasini invece aveva continuato il suo impegno di assessore portando avanti una trasformazione radicale delle politiche sociali della citta' e impegnandosi in prima persona per la riconquista della cittadinanza da parte di coloro che ne erano di fatto esclusi. Ongaro ricostrui' nel libro, attraverso le parole di Tommasini e di molti altri testimoni, il percorso dalla chiusura degli istituti per minori e per anziani alla creazione della rete di cooperative sociali, con il coinvolgimento di buona parte della citta', ma con conflitti ricorrenti con il Partito comunista, che aveva gia' cambiato nome quando il libro usci' con gli Editori riuniti, che piu' volte ne avevano rinviato la pubblicazione, mentre Tommasini lasciava il partito poco dopo.
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Salute/malattia
Quando organizzava Crimini di pace, Franca Ongaro aveva anche lavorato a un saggio, Il concetto di salute e malattia (con F. Basaglia e M.G. Giannichedda, in F. Basaglia, Scritti, II, Torino 1982, pp. 362-380) in cui si cominciava a dirigere verso la medicina l'approccio critico esercitato sulla psichiatria. All'epoca si era aperto nel mondo della medicina un dibattito ricco di idee ed esperienze innovative, in particolare sui temi del lavoro, dell'ambiente, del corpo e della salute delle donne. Figura chiave era Giulio Maccacaro, che nel 1972 aveva fondato Medicina Democratica e partecipava, tra l'altro, al programma di ricerca Epidemiologia e prevenzione delle malattie mentali guidato dall'Istituto di psicologia del Cnr diretto da Raffaello Misiti. Il progetto era decollato nel 1975 e Ongaro aveva collaborato al disegno della ricerca con Basaglia, Maccacaro e Misiti. Ma il 15 gennaio del 1977 Maccacaro mori' improvvisamente e la sua assenza impoveri' molto la riflessione critica sulla medicina che era appena iniziata. In quel periodo arrivo' dall'editore Einaudi, che aveva avviato una Enciclopedia che voleva essere innovativa, la proposta di scrivere alcune voci, otto relative alla medicina, una dedicata alla donna. Franca Ongaro affronto' questa fatica nuova e di grande respiro sostanzialmente da sola: Basaglia firmo' con lei la voce Follia/delirio e Giorgio Bignami la voce Medicina/medicalizzazione. Le diverse voci uscirono nell'Enciclopedia tra il 1978 e il 1979 e quelle sulla medicina furono poi raccolte nel libro Salute/Malattia. Le parole della medicina (Torino 1982; II ed. aggiornata a cura di M.G. Giannichedda, Merano 2012).
Nelle prime pagine del capitolo Clinica Ongaro esplicita l'orientamento del suo lavoro: non "una ricerca archeologica sull'organizzazione del sapere medico, sui mutamenti della scienza e della malattia" ma il tentativo di "vedere la malattia, oltre che come fenomeno naturale, come prodotto storico-sociale, il cui valore e significato mutano con il mutare di cio' che e' – per l'organizzazione sociale in cui si trova inserito – l'uomo che ne e' il portatore". Cio' che secondo Ongaro "occorre vedere e' in quale misura il mutare del rapporto medicina/malattia risulti legato a cio' che e' l'uomo sano/malato in un dato momento storico, alla sua figura sociale, a cio' che rappresenta nel gruppo di cui e' parte; e a cio' che e', come figura sociale, il medico" (p. 32). Questa chiave di lettura risulta particolarmente attuale in questo inizio di secolo. Il mercato delle tecniche mediche ha infatti prodotto una medicalizzazione della vita di straordinaria portata e pervasivita', che sta facendo trionfare quello che Ongaro defini' nell'introduzione "il mito della salute assoluta, che propone come unica identita' l'uomo sano, efficiente, produttivo" (p. 24) e giovane anche da vecchio. In questo quadro, si rivela una previsione quella che Ongaro indica come conseguenza possibile di una cosi' abnorme censura della malattia e della morte. "Per noi la malattia e' un alienarsi totale, perche' affidarsi come malato al tecnico della salute significa perdere ogni controllo sul proprio corpo, sulla propria vita, quando non comporta perdere cio' che garantisce la sopravvivenza: il lavoro; per noi e' angoscia dell'ignoto perche' il solo detentore dei segreti della vita e' il medico, il cui lessico incomprensibile ci lascia in balia di un corpo sconosciuto e di una vita che non e' mai nostra. Ma, insieme, la malattia resta – nella nostra vita morta – l'unica possibilita' di sopravvivenza soggettiva, di interesse, di cura, di sollecitudine, di rapporto in un'esistenza che ne e' ormai completamente priva" (p. 27).
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Essere donna
Un altro tema e' stato centrale nella ricerca e nell'impegno di Franca Ongaro: il significato dell'essere donna e il rapporto tra i generi. L'inizio era stato emblematico. Aveva scritto "nel '68, quando si parlava di rivoluzione come se ne fossimo alla vigilia, un articolo, un po' sfasato rispetto alla politicita' del momento, sulle difficolta' del rapporto privato uomo-donna". L'articolo, che anticipa un tema-chiave del femminismo, "poneva l'accento sulla coerenza necessaria, in chi tenta di lottare contro ogni tipo di sopraffazione, fra il privato e il pubblico". L'articolo venne pubblicato da Che fare?, una rivista milanese con cui il gruppo di Gorizia collaborava, ma "la redazione evidentemente perplessa di fronte a un testo ambiguo, che tentava di parlare, al di la' della lotta di classe, della politicita' del quotidiano attraverso una storia di subordinazione della donna, si dissocio' con un titolo inequivocabile: Confessione sbagliata" (Una voce, cit., p. 59).
Per alcuni anni Franca non scrisse su questi temi, o meglio scrisse due testi brevi, Grillo parlante (1970) e Il soldato e la spada (1972), che pubblico' solo nel 1982 nell'antologia Una voce, in un capitolo intitolato Monologhi, che si conclude con un testo, Congedo, scritto nel 1980, poco dopo la morte di suo marito. Qui i temi che le sono cari – "l'utopia di un rapporto che per ora si realizza solo nel conflitto, come l'utopia dell'eguaglianza si realizza solo nella lotta per raggiungerla" (p. 147) – si mescolano con un accenno diretto, il solo, al suo rapporto con Basaglia. "Ora che la mia lunga lotta con e contro l'uomo che ho amato si e' conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l'interlocutore svaniva, e io restavo sola, sotto il peso di una verita' che si riduce a un'arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l'altro non la fa anche sua" (p. 148).
Riprese a scrivere sulle donne nel 1977, introducendo i libri di Phyllis Chesler Le donne e la pazzia (Torino 1977) e di Giuliana Morandini E allora mi hanno rinchiusa (Milano 1977). L'anno successivo scrisse la voce Donna per l'Enciclopedia Einaudi e curo' la ripubblicazione del testo di un neurologo tedesco, Paul Julius Moebius, che era uscito nel 1900 ed era stato introdotto in Italia da Ugo Cerletti, l'inventore dell'elettrochoc. Il testo, senza ambivalenze come il suo titolo, L'inferiorita' mentale della donna, "puo' trarre in inganno", avvertiva Franca Ongaro nell'introduzione, "e indurre commenti pesantemente ironici" che possono sottovalutare quanto invece "sia ancora presente nella nostra cultura, seppure mascherato, trasformato, tradotto in linguaggi diversi" l'argomentare positivista di Moebius che "ricorre alla creazione di una natura che, di volta in volta, assume la faccia piu' adeguata all'uso che si vuol farne" (Torino 1978, p. XV).
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In Senato
Nel 1983 il Partito comunista propose a Franca Ongaro la candidatura come indipendente al Senato, dove fu eletta per due legislature (la IX e la X, complessivamente dal 1983 al 1992) e aderi' al gruppo parlamentare Sinistra indipendente. Furono anni di lavoro intenso: fece parte della Commissione sanita' e si occupo' di temi diversi – trapianti, bisogni e consumi sanitari, disposizioni sul fine vita, tossicodipendenze, carcere, violenza sessuale – ricoprendo un ruolo leader nella battaglia parlamentare per l'applicazione della riforma psichiatrica. Il suo impegno, e certamente il suo successo principale, fu il disegno di legge di attuazione della "legge n. 180", che era stata approvata il 13 maggio del 1978 ed era confluita sei mesi dopo nella legge di riforma sanitaria n. 833, negli articoli 33, 34, 35 sui trattamenti sanitari obbligatori e nell'art. 64 che fissava le "norme transitorie per il graduale superamento degli ospedali psichiatrici". Nella seconda meta' degli anni Ottanta, erano presenti in Parlamento una decina di disegni di legge che tendevano a scardinare in vari modi la riforma psichiatrica. Da parte dei ministri della sanita' che si erano succeduti non era arrivato alcun gesto di governo ne' della riforma sanitaria ne' di quella psichiatrica, le Regioni facevano leggi a volte buone che tuttavia disattendevano, e non si aveva idea di quante e quali fossero le vecchie e nuove istituzioni psichiatriche. A livello locale, tuttavia, amministratori e gruppi di operatori di orientamenti culturali e politici diversi, mettevano in piedi servizi di salute mentale, mentre il gruppo storico di Trieste aveva gia' organizzato l'intero sistema dei servizi di salute mentale. Quella che all'epoca fu chiamata "la 180 bis" o "la 181" nacque in questa situazione, e prese corpo attraverso un lavoro di studio e di consultazione che Ongaro condusse con esperti, operatori, familiari, utenti e che conflui' in parte nel volume Psichiatria, tossicodipendenze, perizia. Ricerche su forme di tutela, diritti, modelli di servizio (a cura di M. G. Giannichedda - F. Ongaro, Milano 1987). Il disegno di legge Ongaro sulla salute mentale fu presentato per la prima volta nel 1987 con le firme di tutta la Sinistra indipendente ma non divenne mai legge, cosa che del resto non si voleva affatto. Riusci' pero' a conseguire l'obiettivo per cui era nato: stimolare interventi di programmazione e finanziamento dei servizi di salute mentale a livello nazionale e regionale. Il primo Progetto obiettivo salute mentale fu infatti messo in opera dal ministro della Sanita' Carlo Donat Cattin nel 1989, due anni dopo il disegno di legge Ongaro, e lo ricalco' in gran parte.
Franca Ongaro mori' nella sua casa di Venezia il 13 gennaio 2005, senza riuscire a vedere pubblicata l'antologia L'utopia della realta', cit., a cui aveva lavorato durante la lunga malattia.
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Fonti e bibliografia
La Fondazione Franca e Franco Basaglia (Venezia, isola di San Servolo) conserva l'Archivio Basaglia che raccoglie libri, documenti, lettere, appunti, dossier, foto, audiovisivi, manifesti che vanno dagli anni Cinquanta al 1992, in parte gia' ordinati da Franca Ongaro stessa. L'inventario e' on line in www.fondazionebasaglia.it
Sulla vita e la cultura della famiglia Basaglia Ongaro negli anni Sessanta si veda A. Basaglia, Le nuvole di Picasso (Milano 2014).
Nei diversi lavori monografici su Franco Basaglia (e nella stessa biografia di Basaglia in questo Dizionario) si menziona in forma generale l'apporto di Ongaro al pensiero di Basaglia e ai suoi scritti. La prima biografia intellettuale di Ongaro e' stata predisposta in occasione del conferimento della laurea ad honorem in Scienze politiche all'universita' di Sassari (M.G. Giannichedda, Presentazione della candidata Franca Ongaro Basaglia, in Fogli di informazione, XXIX (2001), n. 188) ed e' stata successivamente arricchita nel 2012 (M.G. Giannichedda, La voce di Franca Ongaro Basaglia, in F. Ongaro Basaglia, Salute/malattia. Le parole della medicina, II ed., pp- 7-18). Nello stesso volume, alle pp. 265-272, si trova la bibliografia completa delle opere di F. O., consultabile anche in www.fondazionebasaglia.it
John Foot riporta alcune notizie biografiche su Franca Ongaro in La "Repubblica dei matti". Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978, Milano 2014 (pp. 56-59). David Fogarcs in Italy's Margins. Social Exclusion and Nation Formation since 1861 (Cambridge 2014, trad.it. Margini d'Italia. L'esclusione sociale dall'unita' a oggi, Roma-Bari 2015) nel capitolo Manicomi dedica una parte a Donne e follia citando e commentando i lavori di Ongaro sul tema (pp. 244-55 ed. italiana).
Molti dei saggi firmati da F. O. con F. Basaglia si trovano in L'utopia della realta', Torino 2005.

4. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Minimum fax, Roma 2005, pp. 468.
- Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 256.
- Virginia Woolf, Gita al faro, Garzanti, Milano 1934, 1974, pp. XVI + 232.
- Virginia Woolf, Momenti di essere e altri racconti, Rizzoli-Rcs, Milano 1995, pp. 200.
- Virginia Woolf, Ritratti di scrittori, Pratiche, Parma 1995, pp. 332.
- Virginia Woolf, Romanzi, Mondadori, Milano 1998, 2005, pp. XCVI + 1448.
- Virginia Woolf, Saggi, prose, racconti, Mondadori, Milano 1998, 2004, pp. LXXVIII + 1482.
- Virginia Woolf, Tutti i racconti, Newton Compton, Roma 1995, 1997, pp. 256.
- Virginia Woolf, Tutti i romanzi, Newton Compton, Roma , 2 voll. per pp. 928 + 832.
- Virginia Woolf, Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993, pp. 98.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4092 del 2 maggio 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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