[Nonviolenza] Telegrammi. 4088



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4088 del 28 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Un colpo di fucile nottetempo lungo una strada nel foggiano
2. Ferruccio Capelli ricorda Nicoletta Chizzoli
3. Licia Paglione ricorda Elena Pulcini
4. Rileggere Gramsci (2020)
5. Tolmino Baldassari
6. Adriano Bausola
7. James Cone
8. Fernanda de' Maffei
9. Bruno Gombi
10. Percy Heath
11. Ekaterina Maksimova
12. Karol Modzelewski
13. Antimo Negri
14. Alejandro Planchart
15. Enio Sardelli
16. Michel Spanneut
17. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
18. Alcuni riferimenti utili
19. Segnalazioni librarie
20. La "Carta" del Movimento Nonviolento
21. Per saperne di piu'

1. L'ORA. UN COLPO DI FUCILE NOTTETEMPO LUNGO UNA STRADA NEL FOGGIANO

E' accaduto lungo una strada nel foggiano: da un fuoristrada in corsa con un fucile hanno sparato a un'auto su cui erano alcuni migranti ferendo al volto uno di loro, fortunatamente sopravvissuto; i migranti abbandonano l'auto e fuggono nei campi, il fuoristrada degli aggressori scompare nella notte.
Non e' l'America del Ku Klux Klan o il Sudafrica dell'apartheid, e' l'Italia del 2021.
So solo quello che leggo sulla stampa, ed ovviamente sara' l'autorita' giudiziaria a fare piena luce. Ma questo episodio mi sembra confermare e rendere ancor piu' evidenti - di una evidenza folgorante, incandescente - cose che come molte altre persone di volonta' buona anch'io penso e dico e grido da molti anni.
E quello che so e che dico e' che in Italia e' venuto costituendosi un regime razzista e schiavista. Un regime di apartheid. Un regime che e' un crimine contro l'umanita'. Un regime che e' una vergogna e un orrore per il mondo.
*
Lo ripeto: in Italia e' venuto costituendosi un regime razzista e schiavista. Un regime di apartheid.
E' un regime in flagrante contrapposizione a quanto sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana. E' un regime in totale contrasto con la democrazia e la civile convivenza. E' un regime barbaro, criminale, assassino.
In questo regime l'economia schiavista e i poteri mafiosi opprimono - e non di rado sopprimono - innumerevoli esseri umani con la complicita' effettuale dei governi succedutisi da decenni ad oggi.
In questo regime si consente e si favoreggia la strage degli innocenti nel Mediterraneo.
In questo regime si consente e si favoreggia ogni rapina ed ogni vessazione ed ogni tortura - fino alla morte - sulle persone piu' povere, piu' sfruttate, piu' denegate nei loro fondamentalissimi diritti umani: ne sono vittima milioni di persone.
*
E' l'orrore razzista, fascista e mafioso che dilaga.
Con la connivenza piena di un ceto politico che non vede neppure che oltre un decimo della reale popolazione italiana e' privato della dignita' e dei diritti che la Costituzione alla base del nostro ordinamento giuridico riconosce a tutti gli esseri umani.
Con la complicita' della quasi totalita' della popolazione nativa che non insorge nonviolentemente per rivendicare giustizia e liberta' per tutte le persone che vivono in Italia, che non insorge nonviolentemente per rivendicare il diritto alla vita per tutti gli esseri umani.
*
Ripeto ancora una volta parole che ripeto da anni.
1. occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro;
2. occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia;
3. occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi al razzismo, alla mafia, al fascismo che torna.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Siamo una sola umanita' in un unico mondo vivente.
Chi nega l'umanita' di un essere umano, nega l'umanita' dell'umanita' intera.

2. LUTTI. FERRUCCIO CAPELLI RICORDA NICOLETTA CHIZZOLI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo questo ricordo]

Ho conosciuto Nicoletta tanto tempo, quando entrambi facevamo parte di quella grande comunita' politica e umana che era il PCI. Nicoletta era allora militante appassionata della sua sezione, una bella sezione della periferia milanese, la Martiri Giambellino. In quella comunita' ci si incontrava, ci si conosceva, ci si rispettava l'un l'altro nella convinzione che vi fossero valori, idealita', finalita' comuni.
Con la fine di quell'esperienza politica le occasioni di incontro si erano diradate, fino a quando, al passaggio di secolo, ho iniziato a dirigere la Casa della Cultura. Da subito, dai primi incontri che ebbi occasione di organizzare, Nicoletta era presente, attenta e pronta ad intervenire con passione e acutezza. Quando, ormai tanti anni fa, decidemmo di avviare l'operazione culturale piu' difficile e impegnativa, la Scuola di cultura politica, fu naturale per me pensare a Nicoletta come possibile interlocutrice e collaboratrice. Mai intuizione fu piu' felice.
Da allora per tredici anni Nicoletta e' stata l'anima organizzativa di questa straordinaria esperienza. Attenta, precisa fino alla meticolosita', ha preso sulle sue spalle tutto l'onere relazionale dei contatti con i relatori e con i corsisti: un lavoro enorme condotto con intelligenza, generosita' e dedizione. In tredici anni mai una sbavatura, mai una tensione, mai un'incertezza. I problemi, quando insorgevano, erano sempre affrontati e risolti con sicurezza e con garbo. Era diventata il naturale referente dei tanti studiosi che hanno animato le nostre lezioni e delle centinaia e centinaia di corsisti che si sono succeduti.
Mai una volta, in tredici anni, ha manifestato disagio per un impegno davvero oneroso, tanto piu' se si pensa che il tutto era svolto sempre e solo come volontaria. A me e' sempre parso persino incredibile che trovasse le energie per continuare l'impegno anche al Naga, l'associazione di assistenza agli immigrati. Casa della Cultura e Naga erano negli ultimi anni da quando aveva lasciato la sua attivita' professionale di traduttrice e interprete, il centro della sua attivita'. Spesso mi parlava della sua passione per le lingue, per il tedesco soprattutto, una passione, peraltro, che e' risultata preziosissima anche nei contatti con gli studiosi stranieri che invitava e portava alla nostra scuola.
Nicoletta era una donna viva, intelligente, colta, dai mille interessi. Ma in questi giorni in cui ho riannodato i ricordi su di lei, a me si sono fissate nella mente soprattutto due cose.
La sua gentilezza squisita: sempre pacata e sorridente. Mai una parola fuori posto. Mai un'uscita scomposta e aggressiva. Tutti, in questi giorni, parlando di lei, mi hanno ricordato questo suo tratto distintivo, inconfondibile: la sua attenzione delicata e partecipe verso ogni singola persona. Anche a me risuoneranno sempre nelle orecchie le sue parole scandite con un tono attento e gentile.
Ma c'e' qualcosa di piu'. Quando ci si impegna con tanta generosita' e disinteresse nella vita pubblica vuol dire che si e' animata da valori molto forti. Ecco: in questi giorni io ho messo a fuoco ulteriormente l'integrita' della sua passione civile e umana, il tessuto di valori che la sorreggevano, un'idealita' che anche in questi anni difficili non si e' lasciata piegare e svilire da uno spettacolo pubblico non sempre edificante. Vi era, in questa donna dai tratti e dalla parola così gentile, un nocciolo duro di convinzioni profondissime: penso che il miglior omaggio che possiamo rendere a Nicoletta sia quello di dire che quelle idee e quei valori sono anche i nostri e, per quanto le nostre forze ce lo consentono, continueremo a fare il possibile per continuarli e per farli vivere.
Nicoletta si era profondamente legata alla Casa della Cultura. Vorrei qui dire che questo suo legame era profondamente ricambiato. Parlo qui a nome di tutta la Casa della Cultura, del suo presidente, degli studiosi che la animano e la compongono, di tutte le collaboratrici e collaboratori: a Nicoletta abbiamo voluto bene e faremo quanto possibile per fare vivere la sua memoria.
Ci stringiamo tutti quanti, con un abbraccio profondo, alla sorella Franca che le e' stata sempre vicinissima, anche in questi ultimi difficilissimi giorni. Cara Nicoletta, riposa in pace.

3. LUTTI. LICIA PAGLIONE RICORDA ELENA PULCINI
[Dal sito www.cittanuova.it riprendiamo il seguente ricordo li' apparso col titolo "Elea Pulcini e la scoperta della vulnerabilita'" e il sommario "Scomparsa la filosofa che invitava a riconoscerci pienamente umani solo essendo 'con' l'altro. Siamo carenti e imperfetti, quindi bisognosi dell'altro e della relazione con lui. Le dimensioni fondative di senso e di identita'"]

Venerdi' scorso si e' concluso, a causa del Covid-19 e all'eta' di 71 anni, il percorso di vita di Elena Pulcini. Nata a L'Aquila, ma da anni fiorentina, dopo un iter accademico che l'aveva portata a perfezionarsi in Francia all'Universita' Paris III – Sorbonne Nouvelle, era diventata dal 1991 professoressa ordinaria di Filosofia sociale presso l'Universita' di Firenze, studiando in modo appassionato e originale i legami sociali, la cura, l'ambiente.
Nonostante termini il suo percorso esistenziale, prosegue la sua influenza "spirituale", racchiusa in una eredita' intellettuale fortemente colorata di tinte etiche, che suggeriscono come ormai non ci sia altra soluzione per l'umanita' se non quella di riconoscersi come un "insieme plurale di esseri singolari", cioe' di trattarci sempre piu' come fratelli.
Il punto focale della sua riflessione, un punto soggettivo e profondo, legato alle nostre passioni empatiche, e' la nostra (in quanto esseri umani) radice comune da riscoprire: la vulnerabilita'. Essa, lungi dall'essere qualcosa di cui vergognarsi e rimuovere, e' secondo la Pulcini da scoprire come una "risorsa" comune su cui innestare, di fronte alle profonde e travolgenti crisi che il mondo globalizzato vive, un "nuovo inizio" fondato sul riconoscimento di essere, in quanto uomini, carenti, imperfetti e quindi bisognosi dell'altro e della relazione con lui, quali dimensioni fondative di senso e di identita'.
"La vulnerabilita' – sosteneva la Pulcini – e' una risorsa che consente al soggetto di tornare a pensarsi in modo relazionale". Una visione questa che puo' rappresentare un invito a continuare su una "terza via", in linea con il pensiero di Marcel Mauss sul dono, legata alla convinzione che la vita umana si realizzi, oltre egoismo e altruismo, in posizione "ibrida" tra i due: non essere per se', ne' essere per l'altro, ma riconoscersi esseri pienamente umani solo nell'essere "con" l'altro, quindi accettare di vivere scoprendo che senza l'altro non siamo.
In questo senso, l'eredita' che questa studiosa lascia rivoluziona alcune nostre categorie: il nostro agire verso l'altro, quando e' pienamente umano, non e' frutto di bonta', ne' strumentale forma di autocompiacimento, ma "passione per l'altro intesa come desiderio di appartenenza, di legame" che tende all'universale, a tutti gli uomini ma ancora oltre, fino ad abbracciare il mondo intero (umano e naturale).
Oltrepassando la "follia narcisistica" dell'era dell'Antropocene che porta l'uomo ad agire come se non ci fosse nulla al di fuori di lui, siamo chiamati a prenderci cura, diventando degli "io globali", come la Pulcini propone di chiamarci se saremo uomini e donne all'altezza delle sfide di oggi.
A Elena Pulcini allora un saluto grato, immerso nella consapevolezza di essere con lei in un debito di gratitudine, cioe' in un rapporto che il sociologo G. Simmel direbbe "infinitizzato" perche' marchiato da un dono ricevuto che non potra' mai essere totalmente ricambiato.

4. REPETITA IUVANT. RILEGGERE GRAMSCI (2020)

Il 27 aprile 1937 cessava di vivere Antonio Gramsci.
Sa poco di questo paese, e del nostro tempo, e di tanta parte del cuore degli esseri umani e del mondo, chi non ha letto i suoi scritti, ed almeno le lettere dal carcere e del carcere i quaderni.
Per me e per chi fu giovane con me soprattutto la lettura dei Quaderni (dapprima nell'edizione "tematica" curata da Felice Platone in sei volumi, poi di nuovo anni dopo in quella critica curata da Valentino Gerratana) fu una di quelle esperienze che ci rivelo' a noi stessi.
Nel secondo Novecento la sinistra italiana - quella degna di questo nome - fu tutta gramsciana; e tutta la cultura di questo paese, di qualsivoglia orientamento, nel lascito gramsciano trovo' ragioni profonde e feconde di riflessione ed esame, e ineludibile un appello all'impegno intellettuale, morale, civile, all'impegno contro la menzogna e contro l'ingiustizia, contro la violenza e la vilta', contro l'indifferenza e la rassegnazione.
Da molti errori la lettura di Gramsci ci mise al riparo negli anni in cui anche tra i giovani piu' generosi molto si presumeva e molto si delirava. E chi scrive queste righe anche leggendo Gramsci (e Rosa Luxemburg e Simone Weil e Hannah Arendt e Virginia Woolf) colse la necessita' che il movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione del'umanita' doveva fare una scelta necessaria affinche' la sua lotta potesse vincere: la scelta della nonviolenza; la scelta della nonviolenza, che implica anche la coerenza tra i mezzi e i fini, la continuita' tra personale e politico, l'impegno a seguire gli antichi e attuali brocardi "Neminem laede, immo omnes quantum potes juva" e "In dubio contra projectum", il principio responsabilita' di Jonas collegato dialetticamente al principio speranza di Bloch e al principio disperazione di Anders, alla vita activa di Hannah Arendt. In anni di fosca militarizzazione del pensiero e di ebbra - e stolta e tracotante e orribile - dissipazione delle esistenze la lettura di Gramsci e l'esempio del femminismo ci fornirono decisive chiavi d'interpretazione del disordine costituito ed efficaci guide alla prassi necessaria ad inverare la dignita' umana di tutti gli esseri umani; ci persuasero della necessita' della nonviolenza.
Per quel poco che seguo gli svolgimenti della fortuna e della critica dell'opera gramsciana mi avvedo che anche la sorte del lascito intellettuale, morale e civile del pensatore e militante che il fascismo' assassino' riflette le alterne vicende di quest'ultimo mezzo secolo; Gramsci e' ormai un classico e subisce il destino di tutti i classici: un distanziamento, una percezione e una ricezione assai diversa da quella che ha lasciato in me la sua impronta. I Quaderni sono adesso disponibili anche nella rete telematica, ma non so se vengano letti piu' o meno di quando ci si passava di mano in mano gli stropicciati volumi einaudiani o degli Editori Riuniti.
Quel che so e' che per me Gramsci e' ancora un appello alla lotta.
Alla lotta contro il fascismo, contro tutte le ingiustizie, contro tutte le violenze.
Alla lotta per far cessare lo spietato insostenibile sfruttamento, la spietata insostenibile rapina, che schiavizza gli esseri umani e desertifica il mondo vivente.
Alla lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la liberazione dell'umanita' intera, per la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e di tutti i beni.
In questo giorno anniversario in cui l'epidemia rende impossibili le commemorazioni pubbliche, almeno queste parole volevo dire a me stesso, e alle donne e agli uomini di volonta' buona che condividono il medesimo sentire, lo stesso impegno.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione comune dell'umanita' intera, per la difesa di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita', quest'unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

5. MEMORIA. TOLMINO BALDASSARI

Il 28 aprile 2010 moriva Tolmino Baldassari, poeta e militante del movimento operaio.
Con gratitudine lo ricordiamo.

6. MEMORIA. ADRIANO BAUSOLA

Il 28 aprile 2000 moriva Adriano Bausola, filosofo e storico della filosofia.
Con gratitudine lo ricordiamo.

7. MEMORIA. JAMES CONE

Il 28 aprile 2018 moriva James Cone, teologo dela liberazione.
Con gratitudine lo ricordiamo.

8. MEMORIA. FERNANDA DE' MAFFEI

Il 28 aprile 2011 moriva Fernanda de' Maffei, storica dell'arte.
Con gratitudine la ricordiamo.

9. MEMORIA. BRUNO GOMBI

Il 28 aprile 2001 moriva Bruno Gombi, partigiano e militante del movimento operaio.
Con gratitudine lo ricordiamo.

10. MEMORIA. PERCY HEATH

Il 28 aprile 2005 moriva Percy Heath, musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.

11. MEMORIA. EKATERINA MAKSIMOVA

Il 28 aprile 2009 moriva Ekaterina Maksimova, danzatrice.
Con gratitudine la ricordiamo.

12. MEMORIA. KAROL MODZELEWSKI

Il 28 aprile 2019 moriva Karol Modzelewski, storico, militante, tra i fondatori di Solidarnosc.
Con gratitudine lo ricordiamo.

13. MEMORIA. ANTIMO NEGRI

Il 28 aprile 2005 moriva Antimo Negri, filosofo e storico della filosofia.
Con gratitudine lo ricordiamo.

14. MEMORIA. ALEJANDRO PLANCHART

Il 28 aprile 2019 moriva Alejandro Planchart, musicista e musicologo.
Con gratitudine lo ricordiamo.

15. MEMORIA. ENIO SARDELLI

Il 28 aprile 2008 moriva Enio Sardelli, partigiano e militante del movimento operaio.
Con gratitudine lo ricordiamo.

16. MEMORIA. MICHEL SPANNEUT

Il 28 aprile 2014 moriva Michel Spanneut, teologo, filologo, storico delle religioni e della filosofia.
Con gratitudine lo ricordiamo.

17. TESTI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSIZIONE AL FASCISMO
[Nuovamente riproponiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, n. 1, gennaio 1960, disponibile anche nel sito www.aldocapitini.it e nel sito www.nonviolenti.org
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]

Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
*
Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
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Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
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Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori.
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Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.

18. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

19. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Ketty Peris, Pelle. Proteggere la barriera tra noi e l'ambiente esterno, Rcs, Milano 2021, pp. 140, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riedizioni
- Simone Beta (a cura di), Ulisse. Il viaggio della ragione, Rcs, Milano 2018, 2021, pp. 160 (in supplemento al "Corriere della sera").

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

21. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4088 del 28 aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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