[Nonviolenza] Telegrammi. 4061



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4061 del primo aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Nonviolenti di tutti i Paesi, unitevi! Contro il peggior crimine dell’umanita'
2. Paolo Di Paolo: Laura Conti, la partigiana della natura
3. Alcuni riferimenti utili
4. Umberto Santino: Un dialogo con Giovanni Falcone
5. Umberto Santino: La mafia di Falcone e quella di oggi
6. Due raccolte di racconti di Omero Dellistorti: "Il cugino di Mazzini" e "Due dure storie"
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
 
1. L'ORA. MAO VALPIANA: NONVIOLENTI DI TUTTI I PAESI UNITEVI! CONTRO IL PEGGIOR CRIMINE DELL'UMANITA'
[Dal sito di "Azione nonviolenta" (www.azionenonviolenta.it) riprendiamo l'editoriale di Mao Valpiana che apre il n. 1/2021 dedicato al centenario della War Resisters’ International (l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra).
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' stato fondamentale ideatore, animatore e portavoce dell'"Arena di pace e disarmo" del 25 aprile 2014 e coordina la campagna "Un'altra Difesa e' possibile". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]
 
La dimensione internazionale della nonviolenza si intreccia, per noi del Movimento Nonviolento (MN), con la vita della War Resisters' International (WRI). Quando il MN nasce, con la Marcia Perugia-Assisi del 1961, la WRI ha gia' 40 anni di attivita' sulle spalle. Aldo Capitini ha molte relazioni oltralpe, e' conosciuto e stimato all'estero, e lega in modo decisivo il MN, la cui identita' e' nell'opposizione integrale alla guerra, all'Internazionale dei Resistenti alla Guerra. Un filo si allunga da Perugia a Londra, e il MN diviene ben presto la sezione italiana della WRI. C'erano stati dei precedenti.
Nonostante il fascismo avesse significato l'esaltazione del militarismo, l'abolizione della libera informazione, la chiusura delle associazioni di opposizione e la condanna del pacifismo nella "Dottrina del fascismo", non si deve pensare che i pochi pacifisti integrali rimasti non tentassero di uscire dal proprio isolamento. Il pastore evangelico battista Vincenzo Melodia, siciliano, pacifista e socialista, sempre fieramente oppositore del fascismo, fu l'unico italiano a partecipare alla prima triennale WRI a Hoddesdon, in Inghilterra, nel 1925, e alla terza a Lyon, in Francia, nel 1931 (la regia prefettura di Firenze intercetto' un tentativo da parte della WRI di far partecipare una delegazione italiana alla Triennale del 1928 a Sonntagsberg nei pressi di Vienna); Melodia partecipo' ad altri incontri internazionali pacifisti a Cambridge nel luglio 1936 ed a Filzbach, in Svizzera, nell'aprile 1937. Per sfuggire all'arresto espatrio' poi negli Stati Uniti, mentre i figli Giovanni e Davide proseguiranno l'attivita' antifascista, mantenendo i contatti internazionali con WRI.
Se Piero Martinetti e' l'esempio di voce pacifista piu' autorevole sul piano accademico, non bisogna dimenticare che Giovanni Pioli pago' con la destituzione dall'insegnamento e l'arresto la sua opposizione pubblica alle guerre fasciste. Maria Montessori gia' nel 1931 incontro' Gandhi a Londra e a Roma e nel 1933 fece uscire il suo libro La pace e l'educazione; poi, lasciata l'Italia fascista, dal 1939 al 1944 fu in India, dove elaboro' ed espose il metodo educativo cosmico. Anche don Luigi Sturzo, nella sua attivita' antifascista, ebbe una stretta collaborazione con la WRI, tanto che nel 1930 il presidente Runhman Brown invitava il sacerdote a partecipare a un convegno come delegato WRI. Nell'Italia del dopoguerra e' soprattutto l'intellettuale pacifista tolstoiano Edmondo Marcucci, con Aldo Capitini, a tenere i rapporti con la WRI e a partecipare nel 1954 alla Triennale di Parigi.
Alla Triennale del 1961, che si svolge in India, a Gandhigram, partecipa Danilo Dolci che viene eletto membro del Comitato Internazionale WRI. Dolci offre ospitalita' in Italia per il Consiglio che si sarebbe dovuto tenere nello stesso anno. Cosi', dal 16 al 22 luglio 1961, si tiene a Partinico, in Sicilia, il Consiglio annuale della WRI. Nonostante la vicinanza alla data della Marcia Perugia-Assisi e al carico organizzativo, Capitini segue con interesse e consiglia a Dolci, che accetta volentieri, di affidare a Pietro Pinna la responsabilita' organizzativa dell'evento e svolge anche una relazione su "Politica e nonviolenza" su appunti di Capitini.
"Non-Violence and Politics" e' il titolo della dodicesima triennale WRI che si svolge a Roma nel 1966, organizzata da Capitini e Pinna. Nell'occasione viene formato un Comitato d'Onore per accogliere l'evento; ne fanno parte, tra gli altri: Ernesto Balducci, Lelio Basso, Norberto Bobbio, Lamberto Borghi, Adriano Buzzati Traverso, Maria Comberti, Giuseppe Dessi', Enzo Enriques Agnoletti, Franco Fornari, Sandro Galante Garrone, Giorgio La Pira, Maria Remiddi, Bruno Segre, Ignazio Silone, Tullio Vinay.
Dopo la morte di Capitini, avvenuta nel 1968, e' Pietro Pinna, con Alberto L'Abate e Davide Melodia, a proseguire ed intensificare i rapporti con la WRI, per offrire una ribalta internazionale alla campagna italiana per ottenere la legge sull'obiezione di coscienza. Nel 1972, con il gruppo giovanile di Verona, inizio a partecipare alla vita del MN e dunque anche alle sue attivita' internazionali, a partire dalle marce antimilitariste. Sono frequenti i viaggi a Bruxelles (rigorosamente in treno notturno, non si parlava ne' di auto ne' di aerei) per frequentare la sede della WRI nella Maison de la Paix in rue Van Elewyck 35 (stabilita nella capitale belga per essere al centro delle istituzioni europee e del quartier generale della Nato/Otan). E' li' che conosco Myrtle Solomon, piccola donna effervescente, piena di energia e salda guida dell'Internazionale, che mi accoglie con grande calore. In pochi anni vengo travolto in un crescendo di attivita' transnazionali, fino a diventare il rappresentante per l'Italia in seno alla WRI e membro dell'International Council.
Partecipo alla Triennale del 1978 a Sønderborg in Danimarca; la delegazione italiana e' nutrita, oltre a Pietro Pinna vi e' anche la famiglia L'Abate al completo, Davide Melodia, Francesco Rutelli, Marco Pannella; noi siamo in quattro giovani da Verona (allora avevo 28 anni) e diventiamo i beniamini del congresso poiche' la sera prepariamo gli spaghetti al pomodoro per tutti e facciamo spettacoli di clownerie nonviolenta.
Tre anni dopo tocca a noi organizzare una Triennale in Italia, a Perugia nel luglio del 1982. Lo sforzo organizzativo e' notevole, ma viene ripagato dall'apprezzata ospitalita' da parte di tutti gli stranieri e la nonviolenza italiana, gia' al centro dell'attenzione internazionale per la lotta contro i missili nucleari a Comiso, cresce ulteriormente. Antimilitarismo, disarmo, nonviolenza, dopo alcuni anni di sbandamento ideologico, tornano ad essere il cuore pulsante dell'Internazionale. Myrtle Solomon viene riconfermata alla presidenza. In quell'occasione conosco e apprezzo, e diventiamo amici, i due rappresentanti indiani, Narayan Desai e Devi Prasad, decisivi nel mantenere saldo il legame tra l'azione e il pensiero nonviolento, in particolare nella tradizione gandhiana.
Nel 1987 partecipo al Seminario organizzato dalla WRI al Parlamento Europeo su "Il rifiuto di preparazione della guerra: non collaborazione e obiezione di coscienza". Al termine facciamo una manifestazione davanti alla Nato e una delegazione di obiettori, della quale faccio parte, viene ricevuta per consegnare un messaggio a favore del disarmo atomico. Nel 1989 sono a Zuerich, in Svizzera, per il Consiglio WRI. Presidente WRI e' Narayan Desai. Sono gli anni di una forte campagna mondiale contro le spese per il riarmo e dunque per l'obiezione fiscale antimilitarista e Peace Tax. Nel luglio 1991 partecipo alla mia terza Triennale a La Marlagne, presso Namur, in Belgio, nella quale grande attenzione e' stata dedicata alla nascente crisi jugoslava e si sono messe le basi per la Carovana di pace Trieste-Belgrado. Nel luglio del 1993, per cinque giorni, ospitiamo a Verona il Consiglio WRI. In quell'occasione faccio una lunga intervista a Narayan Desai (su Azione nonviolenta, settembre-ottobre 1993: "Il filo rosso della nonviolenza da Gandhi alla WRI").
Nel settembre del 1998 rappresento il MN, insieme ad Angela Dogliotti Marasso, alla Triennale di Porec, in Croazia: grande attenzione ancora al Balkan Peace Team e alla questione delle donne.
E' la mia quarta (e ultima, per ora) Triennale WRI. Mi considero fortunato e privilegiato per le belle ed arricchenti conoscenze di amici della nonviolenza di ogni parte del mondo di cui ho potuto godere. La War Resisters' International e', per me, un patrimonio mondiale dell'umanita'.
Questo numero di Azione nonviolenta e' dedicato ai suoi primi 100 anni di vita.
 
2. MAESTRE. PAOLO DI PAOLO: LAURA CONTI, LA PARTIGIANA DELLA NATURA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo orginariamente apparso su "La Repubblica" il 20 marzo 2021.
Paolo Di Paolo e' scrittore e collaboratore di periodici. Tra le opere di Paolo Di Paolo: a) romanzi: Raccontami la notte in cui sono nato, Perrone, Roma 2008, Feltrinelli, Milano 2014; Dove eravate tutti, Feltrinelli, Milano 2011; Mandami tanta vita, Feltrinelli, Milano 2013; Una storia quasi solo d'amore, Feltrinelli, Milano 2016; Lontano dagli occhi, Feltrinelli, Milano 2019; b) saggi?: Ogni viaggio e' un romanzo. Libri, partenza, arrivi. 19 incontri con scrittori, Laterza, Roma-Bari 2007; Tutte le speranze. Indro Montanelli raccontato da chi non c'era, Rizzoli, Milano 2014; Tempo senza scelte, Einaudi, Torino 2016; Vite che sono la tua. Il bello dei romanzi in 27 storie, Laterza, Roma-Bari 2017; Svegliarsi negli anni Venti, Mondadori, Milano 2020; c) libri per ragazzi: La mucca volante, Bompiani, Milano 2014; Giacomo il signor bambino, Rrose Selavy, 2015; Adattamento della Divina Commedia, La Nuova Frontiera Junior, 2015; Papa' Gugol, Bompiani, Milano 2017; d) teatro: Istruzioni per non morire in pace, 2016; La classe operaia va in paradiso, drammaturgia per spettacolo teatrale, 2018; Wet market. La fiera della (nostra) sopravvivenza, 2020.
Laura Conti, nata a Udine il 31 marzo 1921, partigiana, deportata e sopravvissuta al lager. Medico, parlamentare, rappresentante autorevole dell'ambientalismo scientifico e del movimento ecologista. E' scomparsa il 25 maggio 1993. Tra le opere di Laura Conti: Assistenza e previdenza sociale, Feltrinelli, Milano 1958; Cecilia e le streghe, Einaudi, Torino 1963; La condizione sperimentale, Mondadori, Milano 1965; Sesso e educazione, Editori Riuniti, Roma 1971, 1975; Le frontiere della vita, Mondadori, Milano 1972; Il dominio sulla materia, Mondadori, Milano 1973; Che cos'e' l'ecologia, Mazzotta, Milano 1977, 1981; Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano 1978; Una lepre con la faccia di bambina, Editori Riuniti, Roma 1978; Il tormento e lo scudo, Mazzotta, Milano 1981; Imparare la salute, Zanichelli, Bologna 1983; Questo pianeta, Editori Riuniti, Roma 1983; Terra a rendere, Ediesse, Roma 1986; Ambiente terra, Mondadori, Milano 1988; Discorso sulla caccia, Editori Riuniti, Roma 1992.
Tra le opere su Laura Conti: un breve profilo e' nel libro di Andrea Poggio, Ambientalismo, Bibliografica, Milano 1996; Barbara Bonomi Romagnoli, Marina Turi, Laura non c'e'. Dialoghi possibili con Laura Conti, Fandango, Roma 2021; Valeria Fieramonte, La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura a servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne, 2021. Presso l'Ecoistituto del Veneto e' istituito un Premio ecologia "Laura Conti" a persone autrici di tesi di laurea impegnate concretamente per un futuro sostenibile.]
 
Confesso che e' stata una scoperta. Il suo romanzo Una lepre con la faccia di bambina, appena ripubblicato da Fandango, racconta – come una distopia dal vero – il disastro di Seveso. Era il 10 luglio 1976, e la nube di diossina sprigionata dal reattore di un'industria chimica segno' la vita (la salute) di centinaia di persone. Per raccontare la vicenda, un paio di anni dopo l'evento, Laura Conti, che di li' a poco sarebbe stata fra i fondatori di Legambiente, si mette nei panni di un ragazzino brianzolo. Marco, "in cerca delle verita' del mondo e in cerca delle verita' del proprio corpo", prova a vedere chiaro in quella nube tossica, e a distinguere i fatti dalle bugie. In fondo, dice Conti, e' la vecchia storia del giovane che si perde nel bosco e deve trovare la strada. Una fiaba piu' che vera, in cui i polli e i conigli muoiono, i gatti barcollano e respirano a fatica, e forse e' colpa della "nuvola velenosa", ma c'e' chi non ci crede.
E' una assolata, interminabile estate italiana degli anni Settanta. I calzoncini corti, i fumetti, le scarpe da calcio, l'afa, le mosche. Pero' quelle bestie morte e i pomodori avvelenati ne infiltrano la spensieratezza, un mistero tutt'altro che buffo, ma cupo e inquietante. I genitori si sono decisi a spedire Marco a Rapallo dalla zia Irma; meglio essere prudenti. Ma zia Irma fa finta di niente: "Come se il veleno era una cosa indecente, che non si poteva parlarne davanti ai ragazzi". Ma Marco insiste, fa domande, vuole sapere, vuole capire. Tende le orecchie quando la televisione parla delle famiglie con i bambini all'ospedale, della diossina che va dappertutto, delle assistenti sanitarie con le borse piene di carte che domandano alla gente se ha prurito, macchie sulla pelle. E' stufo di sentirsi trattare da bambino, sente che le verita' pubbliche e le verita' private non coincidono. D'altra parte, nella sua introduzione, Laura Conti insiste su come la comunita' colpita abbia reagito in modo irrazionale: "Negò tutto. Nego' che ci fosse diossina. Nego' che la diossina fosse uscita dal reattore dell'Icmesa. Nego' che la diossina fosse tossica".
Una lepre con la faccia di bambina e' il romanzo – lucido e appassionato – di una grande attivista. Che conosceva il potere della narrativa: in Cecilia e le streghe, con cui debutto' nel '63 e vinse un riconoscimento nella cui giuria c'erano Vittorini e Soldati, il Premio Pozzale, sviluppa una sorta di noir sentimentale ispirato a un episodio della sua vita di medico. Udinese di nascita – oggi avrebbe cento anni – ma milanese fin da bambina, partigiana (fu deportata nel lager di Bolzano), comunista impegnata nell'amministrazione pubblica, parlamentare attenta ai diritti e all'ambiente, Conti ha vissuto un'esistenza coraggiosa e appassionata. Ne ricostruisce, in modo eccentrico, la parabola un piccolo libro dal titolo Laura non c'e' (Fandango). Le autrici, Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, proseguono il dialogo con Laura, in sua assenza. Le raccontano dell'oggi, e lei, dal suo altrove, sembra consapevole di essere "caduta nel dimenticatoio". Ma le sue parole arrivano nette e vitali, audaci anche nelle contraddizioni. E cosi' la sua testimonianza: gli anni dei collettivi, dei dibattiti, il sodalizio intellettuale con compagne e compagni. Ma anche la solitudine quando prese posizione sulla caccia, in chiave non abolizionista; o quando insisteva sulla necessita' di politiche ambientali ed ecologiste in un'Italia poco sensibile alla questione. La scelta ecologica, dice, e' una scelta d'amore, amore per il sistema vivente: "Ho iniziato a studiare e trattare le scienze biologiche e l'ecologia quando le questioni ambientali non erano presenti nelle agende politiche istituzionali. Quando non si era ancora abituati a parlare di sostenibilita' ambientale e sociale delle scelte economiche e industriali. Quando parlavo della relazione primaria fra politica e ricerca tecnologica e scientifica, strabuzzavano gli occhi, perche' in pochi allora avevamo questo approccio. A me, che ero donna e comunista, mi trattavano come una bizzarra affabulatrice e una eccentrica visionaria".
Affabulatrice e visionaria. In fondo, un modo diverso per dire cos'e' l'essere politici. Alla sua morte, il 25 maggio del 1993, su queste colonne fu messo l'accento sulla battaglia anti-nucleare. Nella dichiarazione di voto che fece alla Camera nell'agosto del 1987 a favore del referendum contro le centrali nucleari parlo' a nome degli ambientalisti. Che – disse, con toni da vera narratrice – "si sono sempre sentiti dire che, se non si costruissero altre centrali nucleari, dovremmo passare le serate d'inverno nel calore animale delle stalle, a lume di candela, raccontandoci a voce le storie dei reali di Francia". La lezione di Chernobyl, il rifiuto del cinismo, la lungimiranza, la coscienza del limite. In un articolo scritto per l'Unita' in quello stesso anno, dal titolo eloquente "Sempre piu' radioattivi", spiegava con il nitore della divulgatrice d'eccezione i rischi della contaminazione nella catena alimentare. E qualche anno dopo, allargando la prospettiva, metteva in guardia dal rischio che comporta "continuarsi a muovere nell'ideologia della crescita continua, e del continuo aumento della produttivita' del lavoro, ottenuta sempre a prezzo dell'accelerazione del degrado entropico, e di una crescente patologia dei rapporti interumani". Titolo? "Anche la ricchezza della natura ha un limite". Come quel ragazzino brianzolo a cui dava voce nel romanzo del '78, Laura Conti non smetteva di farsi domande, di cercare la strada giusta nel bosco delle verita' di comodo, delle verita' parziali e contraddittorie. E soprattutto – come il suo personaggio – non fingeva mai di non sapere.
 
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: UN DIALOGO CON GIOVANNI FALCONE
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo estratto dal libro di M. Bartoccelli, C. Mirto, A. Pomar (a cura di), Magistrati in Sicilia, Ila Palma, Palermo 1992.
Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del "Centro Impastato" di Palermo, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Il sito del Centro Impastato e' www.centroimpastato.com
Giovanni Falcone, nato a Palermo nel 1939, magistrato, tra i massimi protagonisti della lotta contro la mafia; muore assassinato dalla mafia nel 1992. Opere di Giovanni Falcone: Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Firenze 1994; Cose di Cosa Nostra, Rizzoli, Milano 1991. Falcone e' stato tra gli autori dell'atto d'accusa alla base del grande processo noto come "maxiprocesso" alla mafia, una sintesi di quella decisiva sentenza-ordinanza del pool antimafia di Palermo e' stata pubblicata a cura di Corrado Stajano con il titolo Mafia: l'atto d'accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti, Roma 1986; cfr. anche la raccolta di interventi pubblici di Falcone e Borsellino, Magistrati in Sicilia, Ila Palma, Palermo. Opere su Giovanni Falcone: tra le opere principali si veda il volume di Lucio Galluzzo, Franco Nicastro, Vincenzo Vasile, Obiettivo Falcone, Pironti, Napoli; a cura di AA. VV., Falcone vive, Flaccovio, Palermo; Francesco La Licata, Storia di Giovanni Falcone, Rizzoli, Milano 1993; Giommaria Monti, Falcone e Borsellino, Editori Riuniti, Roma 1996. Ovviamente utili anche i libri di Pino Arlacchi, Giuseppe Ayala, Antonino Caponnetto, Giuseppe Di Lello, Alfredo Galasso, Luca Rossi, e quello di Umberto Lucentini su Paolo Borsellino. E naturalmente anche i lavori - fondamentali - di Umberto Santino, il noto volume di Saverio Lodato, e numerosi altri testi]
 
Su iniziativa del Centro studi giuridici e sociali "Cesare Terranova", il 21 febbraio 1992, nell'Aula Magna della facolta' di Giurisprudenza di Palermo, e' stato presentato il libro Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, frutto di una ricerca svolta dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", condotta da Giorgio Chinnici e Umberto Santino, con la collaborazione di Ugo Adragna e Giovanni La Fiura.
Relatori: Giovanni Falcone, direttore generale Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia, Alfonso Giordano, presidente di sezione della Corte d'Appello di Palermo, giudice del maxiprocesso, Aldo Rizzo, presidente del Centro "Cesare Terranova", Libertino Russo, consigliere della Corte d'Appello di Palermo e Giovanni Tranchina, ordinario di Procedura penale all'Universita' di Palermo.
Qui pubblichiamo gli interventi di Giovanni Falcone e Umberto Santino.
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Giovanni Falcone
Tutte le volte che si presenta, o si partecipa alla presentazione di un libro, in materia come quella di cui ci stiamo occupando, si corre il rischio, anziche' di parlare del libro, di parlare di diversi problemi, che poi hanno ben poco a che vedere con l'impianto complessivo del libro, la valutazione delle tesi che emergono dal libro, la discussione sui vari problemi sollevati dal libro stesso. Come al solito, anche stasera, si parla delle polemiche piu' o meno contingenti a livello nazionale e la materia trattata dal libro e' passata praticamente, non dico in secondo ordine, ma comunque e' stata un po' messa da parte.
Io vorrei anzitutto rimediare a questa omissione e vorrei ricordare un detto di un autorevole collega: "Quando i problemi sono caldi, la mente deve essere particolarmente fredda".
Una materia incandescente come quella trattata dal libro presuppone un atteggiamento mentale di particolare calma, di particolare tranquillita'.
Bisogna sfuggire alla tentazione di lasciarsi prendere dalla passionalita', dall'emozione, nonostante il fatto che quasi tutti quelli che siamo seduti dietro questo tavolo abbiamo partecipato in prima persona a queste vicende. Io in particolare ho visto morire nel corso dell'istruttoria di questo processo alcuni fra i miei amici piu' cari.
Se cosi' e', vorrei partire da quanto annotato nel saggio, e cioe' i dati statistici, importantissimi, che danno esatta la dimensione della crisi della giustizia.
E' inutile nasconderci dietro un dito, sono questi i dati con cui ci dobbiamo confrontare e che impongono rimedi adeguati ed immediati. I dati sono che di fronte a una criminalita' violenta che indubbiamente e' scesa e di molto – dai 19,2 omicidi per centomila abitanti del 1880 si e' passati ai circa tre omicidi del periodo attuale, quindi a livello nazionale abbiamo una media del tre per centomila che e' abbastanza in linea con la media degli altri paesi europei, e di molto inferiore, per esempio, agli Stati Uniti d'America –; nonostante questo nelle regioni ad alta densita' mafiosa il tasso di criminalita', quindi di omicidi, e' praticamente allo stesso livello di prima, e' sceso di molto poco. Abbiamo in Calabria un quoziente di undici omicidi per centomila abitanti, quindi quattro volte superiore alla media nazionale. La Sicilia ha otto omicidi per centomila abitanti, la Campania sette omicidi. Di fronte a questo dato impressionante l'efficienza del sistema e' veramente miserevole. Noi abbiamo – e sono i dati, se non sbaglio, che riguardano il periodo dal '52 all'83 – di fronte a quasi 34 milioni di delitti, poco piu' di due milioni e seicentomila condannati, cioe' abbiamo una media di 7,81 condannati per ogni cento delitti.
Per gli omicidi il tasso di impunita' supera l'ottanta per cento dei casi, e inoltre, una buona meta' di coloro che sono condannati in primo grado, alla fine ottengono una sentenza liberatoria. Recentemente al Ministero abbiamo compiuto, nelle principali citta' italiane, un monitoraggio sull'attivita' delle procure circondariali e abbiamo accertato che nei processi contro noti – attenzione, contro noti, sbaglio a dire processi, negli affari contro noti, non contro ignoti – il sessantacinque per cento dei casi si conclude con una richiesta di archiviazione. Il che significa che per due terzi il lavoro investigativo gira a vuoto.
Questi sono i dati. In questo panorama abbiamo una vicenda come quella del maxiprocesso palermitano che a mio avviso ha un grave torto, quello di essere stato abbondantemente al di fuori del cliche' ordinario per i processi alla mafia. Cosi' come di fronte ai toni trionfalistici all'inizio del maxiprocesso ammonivamo: attenzione, questo e' soltanto l'inizio di una seria attivita' di contrasto, per carita' non parliamo di lotta contro la mafia; allo stesso modo adesso dico: attenzione, non sottovalutiamo il risultato di questo maxiprocesso, perche' altrimenti si continuera' a percorrere altre strade che hanno dato esito totalmente fallimentare.
E' la prima volta – come si fa a dimenticare questo dato? – sia pure in un processo con centinaia di imputati, che l'organizzazione mafiosa denominata "Cosa Nostra" viene processata in quanto tale. I suoi membri, i suoi aderenti, vengono processati in quanto appartenenti a questa organizzazione. Ed e' un processo che non si e' concluso con la solita litania, con la solita sequela di assoluzioni per insufficienza di prove – adesso sarebbero tutte con formula piena – ma e' un processo che si e' concluso con ben dodici ergastoli e gli annullamenti in Cassazione sicuramente porteranno ad altri ergastoli. E' una sentenza che ormai ha fissato dei punti fermi, dei punti cardine, che sicuramente si riverbereranno su tante altre vicende processuali, come gia' l'esperienza di questi giorni dimostrera'. E' stata confermata soprattutto, nella maniera piu' autorevole, la bonta' di una ipotesi investigativa, che ha trovato riscontri molto importanti.
Ecco quindi che non mi sentirei di dire che il processo ha fatto un buco nell'acqua, ma Umberto Santino non diceva questo, diceva che il processo ha fatto un buco nell'acqua nella parte riguardante gli omicidi.
Io, e' una opinione mia personale, dissento anche da questo punto di vista. In ogni caso un dato e' certo: questo processo rappresenta il punto piu' alto dell'impegno dello Stato. Il punto piu' alto di un momento in cui vi e' stata una felice sintesi – adesso si direbbe una felice sinergia – di tutte le forze istituzionalmente preposte alla repressione dei fenomeni mafiosi. Ci sono stati impegno dei singoli, lavoro di gruppo, sostegno da parte dei competenti organismi statuali per quanto riguarda le strutture e per quanto riguarda i mezzi materiali.
Ancora una volta sento parlare di scelte: ma un principio come l'obbligatorieta' dell'azione penale e' un punto di forza per tutti, assolutamente intangibile. Se ne deve parlare solo quando fa comodo e non parlarne quando non fa comodo. Di fronte a principi come l'obbligatorieta' dell'azione penale, la connessione dei reati associativi, la conseguenza del maxiprocesso era assolutamente inevitabile. Qui non e' per difendere ne' posizioni mie ne' posizioni di altri, pero' bisogna riconoscere almeno che sarebbe stato un arbitrio frazionare il processo, di fronte a una realta' che era mostruosa e che e' stata riconosciuta come tale, unica ed unitaria, proprio dalla Suprema Corte di Cassazione e da quella Ia Sezione Penale, che non si puo' dire sia stata tenera nei confronti degli errori dei magistrati.
Questo e' un dato di fatto che non si puo' disconoscere. Quando un pentito, fra virgolette – parola che non mi piace affatto insieme a tutto cio' che viene preceduto da "super" –, parla di tante persone, che si fa? Si chiude di fronte a quella famosa obbligatorieta' dell'azione penale, gli si impone di stare zitto, superato un certo numero di imputati o di accuse?
Scusatemi, e quando gli omicidi sono centinaia l'autorita' giudiziaria che cerca di scoprirli fa supplenza, o no? Oppure l'omicidio diventa un fatto politico quando supera un certo numero di vittime?
In realta', anche su questo punto credo che Umberto Santino sia stato frainteso. Ha voluto parlare, se ho capito bene, di supplenza giudiziaria non nel senso che la magistratura si e' assunta compiti non propri – non credo che sia compito estraneo all'attivita' del pubblico ministero il perseguimento dei delitti, soprattutto di crimini cosi' gravi – ma nel senso che ad un certo impegno, ad un impegno straordinario da parte della magistratura in un determinato periodo, non vi e' stato un pari impegno da parte di altri organi statuali.
Questa e' una tesi che meriterebbe approfondimento e che sicuramente ha un fondamento di verita'. Io ricordo ancora quella volta in cui un ministro dell'Interno, proprio qui a Palermo, ebbe a dirci che la mafia non era il problema prioritario dell'ordine pubblico in Italia.
In realta' e' questo il punto che credo finalmente stia entrando in circuito, come suol dirsi: la comprensione, la consapevolezza che problemi come la mafia, come le altre organizzazioni mafiose, non sono questioni emergenziali, ma questioni purtroppo endemiche, questioni con cui ci si dovra' confrontare per lungo tempo nel futuro, e quindi questioni con cui bisognera' fare i conti, attrezzandoci in maniera che non sia episodica ed occasionale.
Insomma, e concludo, il maxiprocesso e' stato il frutto di una felice coincidenza di una stagione d'oro palermitana degli organismi giudiziari e di polizia. Tutto questo non deve essere lasciato al caso, tutto questo non deve essere il frutto della presenza di un soggetto anziche' di un altro. Occorre che vi siano delle strutture che siano in grado di assicurare, indipendentemente dalle persone che rivestono quei posti, un'efficace azione di contrasto.
E' questo, credo, il messaggio che viene fuori da questo libro: il grido di allarme nei confronti di una situazione dell'ordine pubblico, che e' largamente deficitaria e che merita di essere quindi affrontata in termini di urgenza e di efficienza.
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Umberto Santino
Brevissimamente: sono contento di questo dibattito. Il libro – e il titolo da questo punto di vista ha una sua enfasi giornalistica – che voleva essere una provocazione ma una provocazione documentata, credo sia servito per generare un dibattito non formale, un dibattito in cui ci sono stati anche dei toni polemici, soltanto che a volte questi toni polemici hanno riguardato equivoci che credo l'intervento di Giovanni Falcone ha chiarito.
Supplenza: io ho usato questo termine non per dire che la magistratura e' andata oltre, si e' arrogata compiti non suoi, ma ho usato questo termine per dire che la magistratura ha fatto per intero, per quello che poteva, il suo dovere. Il libro lo abbiamo dedicato a Terranova, Chinnici, Ciaccio Montalto e a tutti gli altri magistrati che nel compimento del loro dovere si sono scontrati a tal punto da averci rimesso la vita.
Quindi non e' una magistratura che va oltre, una magistratura che non fa quello che dovrebbe, o lo fa in modo non corretto. E' una magistratura che ha operato in quel periodo, anche per le sinergie di cui parlava prima Giovanni Falcone. Poi e' iniziata l'operazione che ha portato allo sgretolamento, cioe' l'operazione che ha portato alla distruzione di quel soggetto che ha generato tutta quella mole, enorme e importantissima, di lavoro che a mio avviso permette di non tornare piu' indietro. Pero' bisogna andare avanti e bisogna vedere come e perche' e' stato sgretolato il pool antimafia, perche' al palazzo di giustizia di Palermo, e non solo al palazzo di giustizia di Palermo, sono successe una serie di cose che hanno portato proprio alla distruzione di quel soggetto che invece doveva essere considerato come un soggetto benemerito, perche' aveva realizzato, appunto, quella mole di lavoro che permetteva finalmente di considerare "Cosa Nostra" nella sua complessita'.
Quindi la supplenza a mio avviso c'e' stata. Nel senso che i magistrati sono stati mandati a volte allo sbaraglio, comunque in avanscoperta e le altre istituzioni dello Stato, che gia' avevano mandato in avanscoperta e allo sbaraglio Dalla Chiesa, via via si tiravano indietro, per operare in modo da distruggere quel soggetto che aveva generato il maxiprocesso. Il secondo punto riguarda il buco nell'acqua. Anche questo credo che Giovanni Falcone abbia chiarito: qui bisogna riflettere sulla obbligatorieta' dell'azione penale, perche' gli omicidi in Italia erano impuniti e in grandissima parte continuano a rimanere tali. Soprattutto per quanto riguarda i mandanti e poi, in particolare, all'interno del fenomeno, per quanto riguarda gli omicidi che hanno una particolare importanza nella strategia mafiosa, cioe' quelli politico-mafiosi, che mirano a portare a compimento il programma di espansione delle organizzazioni mafiose. Lo consideriamo un dato di natura oppure dobbiamo porci questo problema seriamente?
Questo e' il punto di riflessione che questo dibattito a mio avviso deve lasciare. Non e' un interrogativo a cui si risponde facilmente, pero' non credo neppure che sia un problema secondario perche' su questa impunita' si gioca la democrazia in un paese come il nostro. Perche' se uccidere e' lecito – e l'impunita' significa questo, perche' hai la forza non soltanto di eseguire il delitto ma poi di operare tutte le "connessioni" per restare impunito –, tutto questo vuol dire che democrazia, nei posti in cui si commettono omicidi politico-mafiosi che restano quasi certamente impuniti, o non ce n'e' o ce n'e' molto poca.
 
5. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: LA MAFIA DI FALCONE E QUELLA DI OGGI
[Dal sito del "Centro Impastato" di Palermo (www.centroimpastato.com) riprendiamo questo intervento pubblicato originariamente sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" il 24 maggio 2017 con il titolo "La mafia mercatista e le leggi che servono"]
 
Nel pomeriggio del 21 febbraio del 1992 Giovanni Falcone e' a Palermo, nell'aula magna di Giurisprudenza, e partecipa alla presentazione di un volume in cui viene pubblicata una ricerca sui processi per omicidio. Non nasconde la soddisfazione: e' certo che sara' il procuratore nazionale antimafia (ma andra' incontro a nuove delusioni) e proprio in quei giorni la Cassazione ha confermato le condanne del maxiprocesso. Piu' che l'avallo del "teorema Buscetta" e' il riconoscimento della validita' dell'impostazione che ha dato il pool antimafia, con il contributo decisivo di Falcone: la mafia come organizzazione piramidale, verticistica, con le famiglia alla base, i mandamenti, le commissioni provinciali, la cupola e il capo dei capi e la responsabilita' collegiale nei maggiori delitti. Una sorta di repubblica confederale che nel frattempo, con il trionfo dei corleonesi nella guerra di mafia dei primi anni '80, si era trasformata in monarchia assoluta, una dittatura della forza, un totalitarismo della violenza. Ed e' proprio da quel surplus di violenza, e soprattutto di quella rivolta verso l'alto, che era nata la legge antimafia del 1982, dieci giorni dopo l'assassinio del prefetto Dalla Chiesa, della moglie Setti Carraro e dell'agente Russo. Non erano bastati l'assassinio di Mattarella e di La Torre, per avere la reazione dello Stato bisognava colpire il prefetto inviato in Sicilia senza poteri e senza forze adeguate. E la legge antimafia, che sancisce che la mafia e' un reato di per se', ha consentito l'avvio dell'iter che ha portato al processo piu' rilevante nella storia della mafia e dell'antimafia istituzionale.
Ci si chiede oggi, a 30 anni dal maxiprocesso di primo grado e a venticinque dalle stragi del '92, che ne e' della mafia? E' ancora quella fotografata da quel processo o e' mutata? Com'e' noto, la dittatura dei corleonesi e' stata smantellata, per l'effetto boomerang dell'escalation della violenza, con le condanne di capi e gregari che si sono succedute in questi decenni; Provenzano ha dovuto usare il freno nel ricorso agli omicidi e alle stragi e ricucire i rapporti; l'organizzazione ha dei vuoti nelle strutture di base e in quelle di comando. Si parla di mandamenti accorpati, di reggenze affidate alle nuove leve, ma pure di boss che sono usciti dal carcere o si preparano a farlo e vogliono tornare a occupare le postazioni che hanno dovuto lasciare, con le prevedibili frizioni che potrebbero dar vita a nuovi atti di violenza interna.
Sul piano del sistema di rapporti si registrano scollamenti e prese di distanza, con imprenditori che si ribellano al pizzo, ma ci sono professionisti, amministratori, rappresentanti della politica e delle istituzioni che continuano a fare da consoci e condividono strade nuove, o vecchie ammordernate: appalti, supermercati, agroalimentare, energie rinnovabili, centri di accoglienza dei migranti, rifiuti, per riannodare la catena degli affari e dei profitti. E la corruzione, sempre piu' diffusa, e' il terreno su cui intrecciare o rafforzare alleanze e complicita'. Attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro si e' fatta terra bruciata, ma godrebbe ancora di complicita' e coperture. L'arcaica mafia dei pascoli si e' riciclata come accaparratrice dei fondi europei. Sul piano dei grandi traffici, come quello di droghe, sono comparsi nuovi soggetti, meno esposti e meglio posizionati, con maggiori agganci nei circuiti internazionali. E proprio a Palermo, dove si e' esercitata una signoria territoriale pressoche' assoluta, si sono insediati gruppi etnici, tra cui i nigeriani, con cui bisogna relazionarsi. Inchieste recenti parlano di collaborazioni con i nuovi arrivati per il traffico di droga e di possibilita' che si aprirebbero nel traffico di esseri umani.
E' del 1986 un mio saggio sulla mafia finanziaria, che sottolineava come le classificazioni e le periodizzazioni debbano tener conto che i mutamenti vanno a braccetto con la continuita' e le nuove attivita' si innestano sullo zoccolo duro del dominio territoriale, di cui l'estorsione, come la fiscalita' statale, e' emblema del riconoscimento di una sovranita' che va dalle attivita' economiche ai rapporti interpersonali. E sarei dell'avviso che, invece di marcare differenziazioni epocali, il paradigma che coniuga continuita' e innovazione sia ancor oggi valido. Le voci e le immagini catturate dalle intercettazioni sono ben lontane dal lessico manageriale e replicano accenti e posture vernacoli e rionali.
Di fronte al prevalere di dimensioni finanziarie e "mercatiste" si pone il problema di un aggiornamento dell'apparato legislativo? Penso di si', se si tiene conto che la legge del 1982 era ancorata alla "mafia imprenditrice", che una teorizzazione discutibile collocava negli anni '70, mentre a quel tempo si era gia' sviluppata l'accumulazione legata ai traffici internazionali, di cui solo una parte imboccava la strada dell'investimento imprenditoriale, spesso con funzione di riciclaggio. Bastera' il nuovo codice antimafia in discussione? Occorrerebbe una legislazione globalizzata, che vada oltre le frontiere nazionali e le mafie locali. Ci si era messi su questa strada con la convenzione sul crimine transnazionale del 2000, ma bisognerebbe fare un bilancio di cosa si e' fatto e di cosa e' rimasto sulla carta. In ogni caso continua ad essere attuale l'indicazione di Falcone: tallonare il denaro.
 
6. NUGAE. DUE RACCOLTE DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: "IL CUGINO DI MAZZINI" E "DUE DURE STORIE"
 
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) due raccolte di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie" e "Due dure storie. Rieducare gli educatori e Il Delitto della principessa di Ebla".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverle puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarle.
 
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Antonello Bonci, Dipendenze. Lotta all'abuso di alcool e psicofarmaci, Rcs, Milano 2021, pp. 120, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riedizioni
- Lucy e Stephen Hawking, Caccia al tesoro nell'universo, Mondadori, Milano 2009, 2015, La Repubblica - Le Scienze, Roma 2021, pp. 240 (+ un inserto di 32 pp. di illustrazioni), euro 9,90.
 
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
9. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4061 del primo aprile 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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