[Nonviolenza] Telegrammi. 4050



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4050 del 21 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Sommario di questo numero:
1. Danilo Dolci ricorda Aldo Capitini
2. Angelica Zazzeri: Cristina Trivulzio di Belgiojoso
3. Alcuni riferimenti utili
4. Omero Dellistorti: Sombrero
5. Una raccolta di racconti di Omero Dellistorti: Il cugino di Mazzini
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
 
1. MAESTRI. DANILO DOLCI RICORDA ALDO CAPITINI
[Nuovamente riproponiamo questa poesia, del ciclo "Sopra questo frammento di galassia", che abbiamo estratto da Danilo Dolci, Poema umano, Einaudi, Torino 1974 (nuova edizione aumentata), pp. 187-188. Ne esistono altre versioni, poiche' come e' noto Danilo Dolci nel suo costante maieutico ricercare frequentemente ripensava e riscriveva i suoi testi (cfr., ad esempio, la versione sensibilmente piu' breve in Idem, Creatura di creature. Poesie 1949-1978, Feltrinelli, Milano 1979, p. 92).
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) il 28 giugno 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso il 30 dicembre 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Recente e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo nuovo, 2006.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Tra le opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra]
 
Ne sento il vuoto.
Era morto un bimbo, di fame:
recline sulle braccia della madre gialla,
il latte trovato in farmacia scivolava sulle labbruzze
inerti - era tardi.
Terribilmente semplici avevamo deciso
di metterci al posto del piccolo, uno dopo l'altro,
fin che non si apriva lo spiraglio del lavoro
per tutti: nella stanza terrana del vallone
tra la gente stupita (curiosavano i piccoli
il prete era sparito,
il medico e i notabili tentavano velare
con la parola intossicazione
per continuare a parassitare tranquilli il paese,
i giovani meditavano,
mi piangevano i vecchi - perche', tu? -,
sentivo, sotto, un pozzo senza fondo)
dopo giorni la postina e' venuta
con una lettera, di uno sconosciuto,
firmata Aldo Capitini.
 
Poi l'ho incontrato, in alto nella torre
del Comune a Perugia,
la dimora del padre campanaro:
era impacciato a camminare
ma enormemente libero e attivo,
concentrato ma aperto alla vita di tutti,
non ammazzava una mosca
ma era veramente un rivoluzionario,
miope ma profeta.
 
2. MAESTRE. ANGELICA ZAZZERI: CRISTINA TRIVULZIO DI BELGIOJOSO
[Dal Dizionario biografico degli italiani (2020), nel sito www.treccani.it]
 
Cristina Trivulzio nacque il 28 giugno 1808 a Milano, dal marchese Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini, dama d'onore della viceregina Amalia di Beauharnais.
Quando aveva quattro anni il padre mori' e la madre si sposo' in seconde nozze con il marchese Alessandro Visconti d'Aragona. Da questa seconda unione nacquero Alberto, Teresa, Virginia e Giulia. Cristina ricevette l'istruzione riservata alle giovani aristocratiche e crebbe in un ambiente ricco di idee liberali e nazionalpatriottiche. All'eta' di tredici anni il suo patrigno fu arrestato per il presunto coinvolgimento nei moti del 1820-21, mentre la sua maestra di disegno, Ernesta Bisi, alla quale rimase legata per tutta la vita, era vicina agli ambienti della carboneria. Nel 1824 sposo' il principe Emilio Barbiano di Belgiojoso d'Este, contravvenendo alle resistenze opposte dalla famiglia che avrebbe preferito si unisse al cugino Giorgio Trivulzio. Il matrimonio fu infelice a causa delle continue infedelta' di Emilio e della sua dissipatezza. Gia' nel 1828 i due si separarono consensualmente e Cristina accetto' di estinguere i debiti del marito.
L'evento suscito' scandalo e pettegolezzi e la principessa attraverso' un periodo difficile, dal quale si riprese grazie alla sua passione politica e all'impegno per la causa patriottica.
Nel novembre dello stesso anno ottenne un passaporto per lasciare Milano e inizio' a viaggiare. Si reco' a Genova e si avvicino' alla marchesa Teresa Doria e a Bianca Milesi Moyon, gia' nota alla polizia per le sue attivita' cospirative tra le Giardiniere. Nel 1829 si sposto' tra Livorno, Roma, Napoli, Firenze e Lucca, strinse rapporti con Ortensia di Beauharnais, conobbe il principe Napoleone Luigi Bonaparte e Niccolo' Tommaseo, e frequento' il circolo di Giovan Pietro Vieusseux. I suoi continui spostamenti le assicuravano i contatti con le reti cospirative ed erano formalmente giustificati dalla sua salute cagionevole. Cristina soffriva infatti di periodici attacchi di epilessia, una malattia che la debilito' per tutta la vita e che le richiedeva frequenti visite mediche e cambiamenti di clima. Purtuttavia i suoi viaggi e le sue frequentazioni attirarono ben presto i sospetti e la principessa divenne una delle principali indiziate seguite dal funzionario austriaco Carlo Giusto de Torresani Lanzfeld, direttore della polizia di Milano. Nell'estate del 1830 si reco' a Ginevra, poi a Lugano, una delle mete privilegiate di esuli e patrioti. La polizia le intimo' il rientro a Milano, che riusci' ad aggirare grazie al passaporto e alla cittadinanza della Repubblica liberale del Ticino. Falli' anche un secondo tentativo di arresto, compiuto nel novembre, al suo rientro a Genova. Consapevole dei rischi che ormai correva, decise di riparare in Francia e il 17 novembre fuggi'. Raggiunse Nizza e prosegui' per Carqueiranne, dove conobbe lo storico Augustin Thierry, che divento' uno dei suoi amici piu' fidati. Confrontandosi con lui approfondi' la filosofia di Giambattista Vico e si appassiono' alle teorie di Henri de Saint-Simon.
Allo scoppio dei moti di Modena si trovava a Marsiglia e mise a disposizione le sue risorse per sostenere gli esuli che partivano per andare a combattere. La sua situazione finanziaria si fece sempre piu' grave: il 19 aprile 1831 le autorita' austriache le intimarono con un decreto di rientrare a Milano entro tre mesi, pena la morte civile, la confisca delle proprieta' e il blocco delle fonti di reddito. Decise di non consegnarsi, affitto' invece un'umile mansarda nei sobborghi di Parigi e si reco' da François Mignet, direttore degli archivi del ministero degli Affari esteri, con una lettera di presentazione di Thierry. Mignet la introdusse nella societa' parigina e nel suo entourage, presentandole Adolphe Thiers e il generale di La Fayette, che fu uno dei suoi piu' grandi benefattori.
Nei primi anni a Parigi frequento' il famoso salotto di madame Juliette Recamier, partecipo' con passione alle riunioni dei gruppi sansimoniani, segui' alcune lezioni alla Sorbona e all'Institut de France e lesse i classici della storiografia italiana e francese. Si interesso' anche a questioni di carattere sociale e religioso trovando un valido interlocutore nell'abate Pierre-Louis Coeur, con il quale discusse del complesso rapporto tra Chiesa e potere. Forte delle sue nuove reti, Cristina si impegno' con rinnovato fervore per la causa italiana: fece pressioni per liberare i patrioti imprigionati ad Ancona e sostenne il Comitato di aiuto per gli emigranti italiani presieduto da Charles Lasteyrie du Saillant. Intanto si guadagnava da vivere dipingendo e collaborando con il Constitutionnel alla redazione di articoli che riguardavano le vicende italiane. Il suo tenore di vita miglioro' sensibilmente grazie agli aiuti finanziari ricevuti dalla madre e nel 1835 entro' di nuovo in possesso dei suoi beni. Si trasferi' quindi in una villa in rue d'Anjou, dove apri' un salotto attirando personaggi di primo piano del panorama politico e culturale, come Heinrich Heine, Honore' de Balzac, Frederic Chopin, George Sand, Vincenzo Bellini, Camillo Benso di Cavour, Giuseppe Ferrari, Terenzio Mamiani, Giuseppe Massari, Pellegrino Rossi. La sua singolare vicenda le guadagno' il ruolo di ambasciatrice del movimento nazionale italiano in Francia, anche se una parte degli immigrati italiani non nutriva particolari simpatie nei suoi confronti. In quegli anni non solo Cristina criticava la politica di Giuseppe Mazzini, ma la sua personalita' dirompente e affascinante la pose al centro di numerosi pettegolezzi. Era giovane, era bella, indipendente e aveva molti ammiratori: suscito' cosi' le invidie delle nobildonne e le vennero attribuite numerose avventure sentimentali, anche se l'unico uomo importante in questo periodo della sua vita fu Mignet. Alcuni storici (tra cui Beth Archer Brombert) hanno attribuito proprio a lui la paternita' della sua unica figlia, Maria, nata il 23 dicembre 1838. La principessa affermo' sempre che il padre legittimo era il suo ex marito, ma sappiamo che i due si videro sporadicamente ed Emilio rifiuto' di riconoscere la bambina. Dopo vari e infruttuosi confronti tra i due, la questione fu portata al tribunale di Milano, che nel dicembre del 1860 attribui' la paternita' a Emilio, morto due anni prima di sifilide.
Gli anni Trenta furono intensi anche dal punto di vista intellettuale. A partire dal 1835 lavoro' a un'opera sulla storia della Chiesa, edita nel 1842 con il titolo Essai sur la formation du dogme catholique. Il volume ricostruiva la genesi dei dogmi religiosi, analizzandoli come fatti storici definiti di volta in volta da diatribe interne al cristianesimo. La scelta del soggetto le era stata suggerita da una curiosita' scientifica e dalla riscoperta di uno spiritualismo interiore che la sollecitava a riflettere con distacco critico sulla societa'. Fu questo spirito alla base dell'esperimento socioeconomico che mise in atto nella sua tenuta di Locate, dove fece ritorno nel 1839. Ispirandosi al modello del falansterio fourierista, Cristina rielaboro' in chiave personale le teorie sansimoniane per migliorare le condizioni di vita dei contadini. Costrui' uno scaldatoio pubblico nel suo palazzo, assicuro' assistenza agli ammalati e ipotizzo' nuove forme di gestione della proprieta' basate sull'associazione e sulla cooperazione. Benche' non mancassero le critiche, la fondazione di un asilo infantile, di un ospizio per gli orfani e di scuole elementari le conquistarono i plausi di Ferrante Aporti.
Man mano che le sue idee si concretizzavano, si persuase che il miglioramento sociale e politico fosse imprescindibile dal progresso morale ed economico. La conoscenza di Victor Considerant, segretario di Charles Fourier, rafforzo' queste sue convinzioni, che riaffiorarono anche nell'impegno letterario degli anni seguenti. Nel 1844 pubblico' l'introduzione alla Science nouvelle, traduzione francese dell'opera di Vico, in cui affermo' risolutamente la necessita' di studiare il passato con distacco critico. Condanno' ogni tendenza a mitizzare i modelli dell'antichita' e si dichiaro' favorevole alla repubblica democratica per i principi di trasparenza, partecipazione e inclusione su cui si fondava. Un anno piu' tardi inizio' a lavorare a un libro sulla storia lombarda e intraprese l'attivita' giornalistica. Sostenne finanziariamente il giornale politico parigino la Gazzetta italiana, collaboro' con Il Nazionale e nel 1846 fondo' e diresse personalmente l'Ausonio, una rivista di letteratura, arte e storia che usci' dal primo marzo. Anche se cambio' piu' volte formato e periodicita', il giornale mantenne l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica alla causa nazionale italiana, promuovendo il progresso civile e politico, la fratellanza e l'educazione. Tra le firme piu' note la testata vantava quelle di Cesare Balbo, Ruggiero Bonghi, Angelo Brofferio, Gino Capponi, Alessandro Manzoni, Massimo D'Azeglio e Terenzio Mamiani.
Uno dei collaboratori piu' preziosi della principessa fu Gaetano Stelzi, suo segretario personale. Gaetano era figlio di Teresa Regondi e di Gioachino, uno dei contabili della tenuta Trivulzio a Locate. Laureato in legge, molto meticoloso e dotato di un'ottima erudizione, Cristina lo aveva scelto come precettore della figlia Maria. In breve tempo riusci' a conquistarsi la sua fiducia, divenendone confidente e stretto collaboratore, fino ad affiancarla nel lavoro preparatorio per una storia dei municipi lombardi che era interessata a scrivere. Per lei, Gaetano consulto' libri e fonti dalla biblioteca di casa, selezionando con cura il materiale piu' utile. Il suo aiuto si rivelo' cosi' prezioso che da allora Cristina lo volle con se' in ogni impresa giornalistica. Dapprima come collaboratore alla Gazzetta italiana, poi nel comitato direttivo del Nazionale, infine all'Ausonio, dove si occupo' delle mansioni redazionali e segui' ogni fase della stampa. Gaetano era sconosciuto alla polizia e cio' gli assicurava un grande vantaggio, permettendogli di viaggiare indisturbato in tutta la penisola, intessendo contatti e reti, raccogliendo informazioni e guadagnando importanti collaborazioni alle testate della principessa. Grazie alla sua mediazione, Cristina prese contatto con Luciano Scarabelli, Francesco Manfredini, Gioacchino Pompili e Giuseppe Montanelli. Stelzi fu con lei in ogni trasferta: l'ultima volta le fu accanto a Milano, dove mori' di tisi il 16 giugno 1848, mentre ancora non si erano spenti gli echi dei tumultuosi avvenimenti legati allo scoppio delle Cinque giornate. Per espressa volonta' di Cristina la sua salma fu trasportata nella villa Trivulzio di Locate e tumulata in una tomba all'interno del parco. Il ritrovamento casuale del corpo da parte dalle autorita' austriache, unito al fatto che per un disguido il decesso di Gaetano non era stato immediatamente registrato, alimento' fantasiose leggende su cadaveri imbalsamati e presunti amori segreti.
Il 1848 fu un anno importante per il movimento nazionalpatriottico, e la vide attivissima nei principali teatri di guerra. Gia' dalla primavera del 1846 Cristina aveva ripreso a spostarsi tra Parigi e Milano. Tocco' anche Firenze e Roma, dove tenne comizi presso club e caffe'. Risale ad allora un suo studio sulla Lombardia intitolato Etude sur l'histoire de la Lombardie dans les trente dernieres annees ou les causes du defaut d'energie chez les Lombards (1846) e l'incontro con Luigi Napoleone e Carlo Alberto, che sperava di convertire alla causa italiana. Alla notizia dello scoppio dell'insurrezione delle Cinque giornate si trovava a Napoli. Noleggio' un piroscafo e parti' per Genova alla volta di Milano, imbarcando sul Virgilio duecento volontari pronti a schierarsi a fianco degli insorti. Nel maggio, in una Milano solo temporaneamente liberata dagli austriaci, fondo' la Societa' dell'Unita' d'Italia, che raccoglieva sottoscrizioni per equipaggiare i soldati.
Gli avvenimenti di quei mesi furono descritti e commentati sulle pagine del Crociato, la sua nuova testata, nata come supplemento dell'Ausonio e pubblicata per quattro mesi a partire dal 18 marzo. L'orientamento del giornale rispecchiava quello della sua fondatrice: era monarchico e attribuiva a Casa Savoia il ruolo di guida dell'Unita'. Le posizioni politiche di Cristina erano in quel tempo piuttosto complesse: sebbene continuasse a identificare nella repubblica la perfetta forma di governo, riteneva che la monarchia e l'esercito sabaudo fossero lo strumento migliore per conquistare l'indipendenza. Animata da queste convinzioni, il 13 aprile scrisse una lettera a Carlo Alberto in cui chiese l'appoggio per creare un partito che avrebbe riunito la classe media sotto la bandiera dell'unificazione della Lombardia con il Piemonte. I suoi progetti furono pero' travolti dal precipitare degli eventi e ai primi di agosto rientro' a Parigi, dove accetto' di collaborare con la Revue des deux mondes, curando una serie di quattro articoli sulla storia delle rivoluzioni d'Italia per confutare le falsita' della stampa filoaustriaca. Proprio gli eventi del 1848 la convinsero a prendere le distanze da Casa Savoia e ad avvicinarsi alle posizioni democratiche e mazziniane. Un anno piu' tardi la troviamo a fianco di Mazzini nella Repubblica Romana, dove si adopero' per soccorrere i feriti. Lavoro' con Enrichetta di Lorenzo, Giulia Paulucci, padre Alessandro Gavazzi e Margaret Fuller e fu nominata direttrice generale delle ambulanze militari. La situazione era cosi' critica che l'intero comitato sottoscrisse un appello Alle donne romane per reclutare nuove infermiere.
Con la caduta della Repubblica, Cristina fu accusata di alto tradimento e i suoi beni vennero sequestrati. Abbandonata Roma si diresse a Malta, meta comune a molti esuli, ma trovo' l'isola inospitale e poco vivace. Decise quindi di proseguire il suo viaggio prima in direzione di Atene, attratta dal luogo e dalla storia della citta', e poi verso Costantinopoli, dove sperava di avere una maggiore liberta' d'azione per dare sostegno agli esuli italiani. In Asia Minore acquisto' alcuni terreni nella valle di Ciaq Maq Oglu' e organizzo' un'azienda agricola. Visito' la Siria e la Palestina, raggiunse Gerusalemme, Alessandretta, Ankara, Damasco e Aleppo. In quei viaggi fu colpita soprattutto dalle condizioni di vita delle donne e dall'harem, che descrisse come un luogo sporco e opprimente, molto diverso dal rifugio lussurioso immaginato dagli occidentali. Questi aspetti riemersero in alcuni racconti poi pubblicati sulla Revue des deux mondes e nelle opere ispirate al suo esilio Souvenirs dans l'exil (1850) e Asie Mineure et Syrie, souvenirs de voyage (1858). Intanto Cristina coltivava ancora la sua passione per la storia scrivendo un'opera sull'epoca romana rivolta ai bambini, Premieres notions d'histoire a' l'usage de l'enfance. Histoire romaine (1850).
Nell'estate del 1853 un incidente segno' gravemente la sua salute: uno dei suoi lavoratori la accoltello' ripetutamente per essersi intromessa nel suo legame d'amore con l'istitutrice di Maria, miss Parker, che lamentava continue violenze da parte dell'uomo. Due anni dopo Cristina rientro' in possesso dei suoi beni in Europa dietro condizione di non pubblicare alcuno scritto di interesse politico e lascio' l'Oriente. Fece quindi ritorno a Parigi, poi fu di nuovo a Locate. Allo scoppio della seconda guerra di indipendenza promosse in Francia una colletta a favore dei Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi e appoggio' Cavour.
Per lei si aprirono altri anni intensi, segnati da coinvolgenti vicende personali, come il matrimonio della figlia Maria con Ludovico Trotti Bentivoglio, nel gennaio del 1861, e da una rinnovata passione politica. La sua adesione al fronte moderato fu ribadita con alcuni articoli che pubblico' sul periodico francese l'Italie e con un'opera encomiastica dedicata a Casa Savoia, l'Histoire de la Maison de Savoie (1860). Inizio' cosi' una nuova fase del suo impegno letterario, sociale e politico. Nel 1866 denuncio' lo stato di soggezione delle donne nelle societa' moderne con un lungo articolo intitolato Della presente condizione delle donne e del loro avvenire apparso sulla Nuova Antologia. Due anni dopo pubblico' Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire, in cui condanno' il localismo come il principale ostacolo alla realizzazione dell'Unita'. Riconobbe quindi a Mazzini il merito di aver diffuso il patriottismo tra il popolo e infine avanzo' una serie di proposte per migliorare il neonato Stato unitario, come la costruzione di scuole popolari statali, di cooperative, di ferrovie e strade, di banche popolari e casse rurali. Nel 1869 con l'opera Sulla moderna politica internazionale auspico' l'avvento di un nuovo panorama mondiale fondato sul diritto, sulla giustizia e sull'equilibrio tra gli Stati.
Il 5 luglio 1871 Cristina mori'. La sua salma fu sepolta a Locate.
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Opere
Oltre a quelle gia' citate nella voce: Essai sur Vico, chez Charle Turati, Milano 1844; La science nouvelle, Vico et ses oeuvres, traduite par M.me C. Belgiojoso, Milano 1844; Ai suoi concittadini. Parole di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Milano 1848; L'Italia e la rivoluzione italiana nel 1848, Lugano 1849; La rivoluzione e la repubblica di Venezia, Palermo 1849; La rivoluzione italiana del 1848, a cura di A. Ghisleri, Milano 1904; La rivoluzione lombarda del 1848, a cura di A. Bandini Buti, Milano 1950.
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Fonti e bibliografia
R. Barbiera, La principessa Belgiojoso, i suoi amici e nemici, il suo tempo. Da memorie mondane inedite o rare e da archivi segreti di Stato, Milano 1902; Id., Passioni del Risorgimento. Nuove pagine sulla principessa Belgiojoso e il suo tempo con documenti inediti e illustrazioni, Milano 1903; H. Remsen Whitehouse, A revolutionary princess: Christina Belgiojoso Trivulzio. Her life and times, 1808-1871, London 1906; A. Thierry, La princesse Belgiojoso. Une heroine romantique, Paris 1926; A. Gasparinetti, Quattro anni di attivita' giornalistica della principessa C. T. di Belgiojoso (1845-48), in Rassegna storica del Risorgimento, XVII (1930), 1, pp. 72-104; A. Malvezzi, La principessa Cristina di Belgiojoso, I-III, Milano 1936-1937; L. Severgnini, La principessa di Belgiojoso. Vita ed opere, Milano 1972; C. N. Gattey, Cristina di Belgiojoso, Firenze 1974; B. A. Brombert, Cristina Belgiojoso, Milano 1981; E. Cazzulani, Cristina di Belgioioso, Lodi 1982; L. Incisa - A. Trivulzio, Cristina di Belgioioso. La principessa romantica, Milano 1984; A. Petacco, La principessa del nord. La misteriosa vita della dama del Risorgimento: Cristina di Belgioioso, Milano 1993; M. Grosso - L. Rotondo, Sempre tornero' a prendere cura del mio paese e a rivedere te. C. T. di Belgiojoso, in E. Doni et al., Donne del Risorgimento, Bologna 1997, pp. 65-94; C. Marrone, C. T. di Belgiojoso's western feminism. The Poetics of a Nineteenth-Century Nomad, in Italian Quarterly, XXXIV (1997), 133-134, pp. 21-32; M. Rossi, C. T. principessa di Belgiojoso. Il pensiero politico, Brescia 2002; P. Brunello, C. T. di Belgiojoso. Patrizia, patriota, donna, in M. Isnenghi - E. Cecchinato, Fare l'Italia: unita' e disunita' nel Risorgimento, Torino, 2008, pp. 281-287; G. Conti Odorisio - C. Giorcelli - G. Monsagrati, Cristina di Belgiojoso. Politica e cultura nell'Europa dell'Ottocento, Napoli 2010; M. Fugazza - K. Rörig, La prima donna d'Italia. C. T. di Belgiojoso tra politica e giornalismo, Milano 2010; G. Proia, Cristina di Belgiojoso. Dal salotto alla politica, Roma 2010; K. Roerig, C. T. di Belgiojoso (1808- 1871). Geschichtsschreibung und Politik im Risorgimento, Koeln 2013; F. Caporuscio, La narrazione dell'Oriente e la svolta letteraria di C. T. Belgiojoso: il testo-laboratorio dei "Souvenir dans l'exil", in Altrelettere, 18 marzo 2015.
 
3. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI
 
Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com
 
4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SOMBRERO
 
I.
Una delle cose che s'imparano presto e' che nessuno ascolta quel che dici e tutti ti vogliono spiegare il mondo.
Per esempio: "Beato lei che e' fissato con questa nonviolenza, ma il mondo reale non e' mica cosi'". Grazie signore, grazie. Oh, quale profonda verita' m'ha rivelato.
Oppure: "Ma lei crede proprio che l'uomo sia buono per natura, eh? Come diceva quel francese li' che poi neanche era francese ma di Ginevra, che svelto svelto zitto zitto mollava i figliuoli ai Trovatelli e chi s'e' visto s'e' visto, eh?". A me, a me che ho sempre sostenuto che gli esseri umani sono tutte belve e che - come dice il poeta - il mondo e' una lega di birbanti.
O anche: "La pace, la pace, ma dica un po', se venisse uno e di botto cominciasse a fare del male, ma male di brutto, male male, a una persona che le e' cara, suvvia, lei non lo prenderebbe il kalashnikov, eh?, eh?". Pensando che sia la prima volta che lo sento dire e invece saranno dieci miliardi di miliardi di miliardi di volte.
O ancora: "Ma questo, caro signore, e' comunismo, e' comunismo. Belle idee, come no, ma poi quando le metti in pratica che viene fuori? eh, che ne viene fuori? Il gulag ne viene fuori, il gulag, le stragi, le ecatombi. E questa e' storia, storia vissuta, cronaca vera, mica chiacchiere. S'informi, s'informi caro signore". Come se non mi ci addannassi da piu' di cinquant'anni.
Ma voi volevate sapere perche' mi chiamano Sombrero, no? Lo sapevo. Me lo chiedono tutti quelli che si fermano al bar. E' chiaro, il bar si chiama "Il bar del Sombrero", c'e' scritto sull'insegna luminosa, e dietro il bancone ci trovate me, e a chi lo dovete chiedere? E io rispondo sempre che il bar si chiama cosi' perche' io sono il gestore (io dico gestore, non mi piace dire padrone), e a me mi chiamano Sombrero. Allora tutti mi chiedono com'e' che mi chiamo Sombrero. Pure voi, pure voi, tutti. Ma io rispondo volentieri, con i clienti ci vuole la pazienza e le buone maniere, anche con quelli di passaggio che magari capita che passano un'altra volta per questo paese dimenticato da domineddio e che pero' ci ha pure le sue amenita', e allora si ricordano e si fermano. Se uno ci ha un esercizio pubblico le buone maniere sono tutti. Pure i prodotti buoni, si', ma contano di piu' le buone maniere. Intendiamoci: io ci ho pure i prodotti buoni, sentite un po' questo caffe' e poi mi saprete dire. Eh? Il segreto? L'insieme: una buona miscela, una buona macchina, i tempi giusti, la tazzina, il piattino e il cucchiaino lavati bene, la zuccheriera come si deve e lo zucchero candido come le ali degli angeli, il bancone lustro che brilla come nelle pubblicita', e poi il garbo, l'affabilita', il modo di porgere, e il sorriso, e mico solo il sorriso: la mimica facciale, la gestualita', il tono di voce, la battuta giusta, e i tempi, i tempi. E' come fare l'attore, solo che qui e' vita vera.
Ah, gia', anche quel goccetto di spremuta di uve pregiate. E il cioccolatino. Gustatelo piano, fatelo sciogliere da se'. Il tempo giusto, il tempo che ci vuole, e mentre ve lo gustate io vi racconto perche' mi chiamano Sombrero.
Io veramente volevo che mi chiamassero Torero. Invece i miei genitori m'avevano messo nome Nepomuceno, che e' un nome cosi' lungo e difficile che da ragazzino mi chiamavano tutti Neno. Perche' Nepomuceno? E' una storia lunga, se vi racconto questa poi non ci ho il tempo di raccontarvi di Sombrero, che secondo me e' piu' interessante. O almeno io ci ho piu' gusto a raccontarla, perche' Nepomuceno e' il nome che mi sono ritrovato senza poterci fare niente, Sombrero e' il risultato della mia lotta col mondo. La lotta col mondo, si', non mi dite che non ve ne siete mai accorti che appena cominci a respirare e pensare subito t'accorgi che il mondo e' un'arena, e chi non combatte perisce. Perisce pure chi combatte, e' chiaro, pero' dura un po' di piu', e se non duri non fai in tempo a pensare, e invece l'essere umano e' vocato a pensare, perche' tutti desiderano la conoscenza, come dice il Filosofo, no? Come quale filosofo? Il Filosofo. Quello, certo, e chi senno'? Lo dice pure il poeta all'inizio del Convivio.
Allora: ero ancora un maschietto pero' volevo avere un nome mio che me l'ero scelto io. Non e' che Neno non mi stava bene, e' che qui al paese tutti ci chiamavamo o Peppe o Neno o Nino, e uno invece vorrebbe averci un nome suo. Pero' che nome? Quelli belli erano gia' tutti presi: Cesare, Ottaviano, Augusto, Enrico Quarto, Carlo Quinto, Filippo il Bello, Ivan il Terribile. Poi un giorno d'estate, che era estate perche' c'era il cinema all'aperto all'Arena Paradiso, fecero un film di spagnoli che facevano la corrida e quello che combatteva contro il toro lo chiamavano Torero. Fu un nome che mi piacque subito. Anche perche' uno che combatte con un toro e' uno tosto, e io volevo essere uno tosto. A cinque anni uno vuole essere tosto. Cosi' pensai come potevo fare per farmi chiamare Torero.
Adesso, non e' facile convincere gli altri a chiamarti come vuoi tu. Perche' tu da te ti puoi pure chiamare Torero, ma se non ti ci chiamano gli altri e' come niente. Cioe', non e' proprio niente, ma quasi. Allora elaborai una strategia. Cominciai a dire ole' ogni cosa che facevo. E quando la gente mi chiedeva perche' dicevo ole' io rispondevo: perche' sono Torero. Poteva funzionare, no?
Invece non funziono'. E non funziono' per una circostanza tattica (l'avete colta la differenza? prima ho detto strategia, adesso ho detto tattica, la sapete la differenza? No? Magari ve la spiego quando ripassate di qui, cosi' ci avete un incentivo a entrere un'altra volta nel bar mio, eh?). Insomma, la circostanza tattica e' che proprio quell'estate viene fuori alla radio 'sta canzone, si', che s'intitolava "Torero", e che diceva che il torero s'era piazzato sulla capa 'sto sombrero. E' una canzone che adesso magari non se la ricorda piu' nessuno, pero' quell'estate la cantavano tutti che la sentivano alla radio. Cosi' fini' che invece di Torero cominciarono a chiamarmi Sombrero. Per sfottere.
Li' per li' a me non mi piaceva per niente. Pero' poi col tempo. Ci avete fatto caso? col tempo si accettano cose che prima uno mai si sarebbe creduto che le avrebbe accettate. E invece.
Lo scontrino, pronti. Grazie, ecco il resto. E, come si dice in questi casi, arrivederci e grazie. Ole'.
*
II.
- Lo hai riconosciuto?
- Chi?
- Come chi? Il barista.
- Il signor Sombrero?
- Il signor Sombrero, si'.
- No.
- No?
- No. Perche', tu lo conosci?
- Lo conosci pure tu se ci pensi un attimo.
- Non mi pare, e' la prima volta che mi fermo a quel bar, anzi: e' la prima volta che mi fermo in quel paese.
- Lascia perdere il bar e il paese. I baffi.
- I baffi che?
- S'e' lasciato crescere 'sti baffi da turco, ma tu prova a immaginarlo senza baffi.
- Senza baffi?
- Senza baffi, si'.
- Non mi dice niente.
- E se ti dico Gippone?
- Gippone?
- Gippone, si'.
- Era lui?
- Si' che era lui.
- E come hai fatto a riconoscerlo?
- L'ho immaginato senza i baffi.
- E lui ci ha riconosciuto?
- E che ne so.
- Se ci riconosceva si faceva riconoscere.
- E perche'?
- Come perche'?
- Eh, perche'?
- Perche' usa, perche' quando ci si rincontra dopo tanti anni...
- Magari non vuol farsi riconoscere, no?
- Neppure da noi?
- Soprattutto da noi.
- Ah, per quello?
- Si', per quello.
- In effetti.
- Infatti.
- E'giusto, e' giusto cosi'. Ma pensa un po', Gippone.
- E gia'.
- Il mondo e' piccolo, eh?
- Piccolo piccolo, quanto manchera'?
- Io dico un altro paio d'ore di strada.
- Bene, se vuoi che ti do' il cambio...
- No, va bene cosi'.
- Bene.
- Gippone.
- Gia', Gippone.
- Ma pensa.
*
III.
Li ho riconosciuti subito, erano Bobbisolo e Penzaperte'. Pero' non erano qui per me, senno' mi sparavano subito. Vanno a fare un'esecuzione da qualche altra parte e erano di strada. Pero' adesso lo sanno che io li ho visti. Il punto e' se mi hanno riconosciuto. Se mi hanno riconosciuto magari di ritorno si fermano per farmi la pelle solo per non lasciare testimoni. Di che, poi, neppure ce lo so, ma domani al primo sguardo sul giornale ce lo so pur'io. E ce lo sanno pure loro che domani al primo sguardo sul giornale ce lo so pur'io. Se m'hanno riconosciuto. Perche' se non m'hanno riconosciuto allora non c'e' problema, ma se m'hanno riconosicuto potrebbe accenderglisi la lampadina e poi bum bum che uno piu' o uno meno.
Dopo tutti questi anni. Bobbisolo e Penzaperte'. Forse era meglio se non facevo tutta quella manfrina, che se m'hanno riconosciuto magari pensano che la facevo apposta per provocarli. E allora.
Gippo', qui devi pensare bene e svelto. E prendere una grave decisione. Intanto, controlla se lo strumento e' efficiente.
*
IV.
- M'e' venuta in mente una cosa, Penzaperte'.
- E sarebbe?
- Gippone. Se ci ha riconosciuto?
- Se ci ha riconosciuto che?
- Se ci ha riconosciuto lo sa che lavoro facciamo.
- Lo sa si'.
- E domani quando legge sul giornale...
- Capisce subito che siamo stati noi.
- E diventa un pericolo.
- Diventa si' un pericolo.
- E quindi.
- E quindi?
- Lo sai.
- Lo so. Ma vale la pena?
- Vale sempre la pena, e tanto e' di strada al ritorno, no?
- Per essere di strada e' di strada.
- E allora.
- E allora.
- Mai una volta che si possa lavorare tranquilli.
- Gia'.
- Magari neppure ci ha riconosciuto.
- Puo' darsi.
- nel qual caso non vale la pena.
- Nel qual caso no.
- Ma se ci ha riconosciuto.
- Nel qual caso si'.
- Sempre rogne, sempre.
- E' un lavoraccio.
- E' un lavoraccio si'.
- Per fortuna che pagano bene.
- Benino, ma ci accontentiamo, no?
- Ci accontentiamo, ci accontentiamo.
*
V.
Se sono passati di qui vanno alla citta' di ***. Non c'e' motivo di passare da qui se uno non deve andare li'. Quindi due ore per arrivarci, diciamo massimo un'ora per il lavoro, e due ore dopo sono di nuovo qui. Sono passati che era mezzanotte, alle quattro, le cinque potrebbero essere qui di ritorno. Brutto orario, proprio al cambio turno. Se ci lascio la Rosalinda da sola, magari fanno male pure a lei che non c'entra niente. Meglio che resto, e col moschetto pronto. Se entrano, sparo subito.
Certo, potrebbero pure non avermi riconosciuto, e magari si fermano solo per prendere un caffe' e fare un goccio d'acqua, ma come fai a saperlo? Se entrano sparo subito. Adelante, Torero.
 
5. NUGAE. UNA RACCOLTA DI RACCONTI DI OMERO DELLISTORTI: IL CUGINO DI MAZZINI
 
Per farne dono alle persone amiche eventualmente interessate abbiamo messo insieme (in formato solo digitale, non cartaceo) una raccolta di racconti di Omero Dellistorti dal titolo "Il cugino di Mazzini ed altre storie".
Sono alcuni dei "racconti crudeli" gia' apparsi a sua firma negli scorsi anni su questo foglio.
Chi volesse riceverla puo' farne richiesta all'indirizzo di posta elettronica centropacevt at gmail.com indicando l'e-mail a cui inviarla.
 
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Ossigeno illegale. Come le mafie approfitteranno dell'emergenza Covid-19 per radicarsi nel territorio italiano, Mondadori, Milano 2020, pp. VI + 150, euro 17.
*
Classici
- Dante Alighieri, Monarchia, Garzanti, Milano 1985, 1999, pp. XXIV + 168.
- Dante Alighieri, Monarchia, Rcs, 1988, 2018, pp. 432.
 
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
8. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4050 del 21 marzo 2021
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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