[Nonviolenza] Telegrammi. 3901



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3901 del 23 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. "Fratelli tutti". Un incontro di studio a Viterbo
2. Contro la guerra, la nonviolenza (parte seconda e conclusiva)
3. Vandana Shiva: Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. "FRATELLI TUTTI". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO

Giovedi' 22 ottobre 2020 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera", nel rigoroso rispetto delle misure di sicurezza con l'uso degli adeguati strumenti di protezione personale e con l'opportuno distanziamento interpersonale, si e' svolto un incontro di studio e di riflessione sulla recente enciclica di papa Bergoglio "Fratelli tutti".
Nel corso dell'incontro, coordinato dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese, dopo una presentazione complessiva dell'enciclica sono stati letti e commentati alcuni brani.
Nel presentare l'intero documento e nel commentare alcuni brani dell'enciclica si sono istituiti confronti utili all'approfondimento non solo con i testi piu' noti delle teologie femministe, della speranza e della liberazione (cristiane e non solo), non solo con le opere piu' vive e aggettanti del dialogo interreligioso ed interculturale, ma anche con vari testi classici delle tradizioni socialista e libertaria, femminista ed ecologista, antifascista ed antirazzista, pacifista e nonviolenta, valorizzando del resto le esplicite indicazioni e i chiarissimi richiami contenuti nel documento del papa, che si conclude peraltro con un dichiarato riferimento anche a "Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e molti altri" (par. 286).
Il testo integrale dell'enciclica, come e' noto, e' disponibile nella rete telematica nel sito www.vatican.va
*
Opporsi alla violenza con la scelta della nonviolenza.
Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni.
Opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni.
Opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Difendere la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Difendere quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera, quest'unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

2. REPETITA IUVANT. CONTRO LA GUERRA, LA NONVIOLENZA (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Ripubblichiamo ancora una volta ampia parte di un testo gia' diffuso nel 2001 (e gia' ripresentato piu' volte sul nostro notiziario), nato dalla rifusione di materiali precedenti e parzialmente apparso in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace, Asterios, Trieste 2001]

Cosa e' la nonviolenza: questioni terminologiche preliminari
1. Il termine
Il termine "nonviolenza" e' la traduzione italiana del concetto coniato da Gandhi per definire la sua proposta ed azione di lotta; Gandhi utilizza due termini: ahimsa, che potremmo tradurre come "non violenza", o anche "assoluto contrario della violenza", "radicale opposizione alla violenza", ed anche "in-nocenza", "assoluto rifiuto di fare del male"; e satyagraha, che potremmo tradurre come "forza della verita'", "attaccamento, adesione alla verita'", "ma anche "forza coesiva della verita'"; non solo: la radice indoeuropea "sat" designando non solo il vero, ma l'essere, il bene, il divino come infinitamente vero e buono, il termine coniato da Gandhi significa altresi' "prossimita' al bene", "contatto con l'essere", "unita' con il e nel giusto e verace", "coessenzialita'": insomma i termini gandhiani ahimsa e satyagraha definiscono un campo semantico ad un tempo molto preciso, molto profondo ed insieme molto ampio. Il termine italiano nonviolenza li traduce entrambi unificandoli; la sua peculiare forma grafica (scrivere cioe' "nonviolenza" tutto attaccato e non separando "non" e "violenza") e' stata proposta da Aldo Capitini, il maggior pensatore e promotore della nonviolenza in Italia, per sottolineare la positivita' ed originalita' del concetto.
Il termine "nonviolenza" e' quindi recente, risale a Gandhi ed e' del tutto novecentesco.
2. Il concetto
Ci si e' posti spesso il problema se sia recente anche il concetto cui il termine si riferisce. Come e' noto una diffusa antologia di scritti gandhiani edita per le cure dell'Unesco si intitola Antiche come le montagne, e fa riferimento ad una celebre frase gandhiana in cui la nonviolenza e' definita appunto "antica come le montagne".
Ahinoi, qui mettiamo in discussione questa autorevole opinione, ed en passant contesteremo anche la fattura di questo celebre libro come di molte altre antologie gandhiane. E cominciamo da questa seconda opposizione: spesso si pubblicano raccolte di scritti gandhiani riducendo i suoi ragionamenti in "pillole", in frasi celebri astratte dal contesto. Ma Gandhi non e' stato uno scrittore sistematico, un accademico, un trattatista, bensi' un militante; e la sua scrittura e' quasi esclusivamente giornalistica ed epistolare, sempre mirata alla concreta lotta da condurre in quel preciso momento ed in quella precisa situazione; e stando cosi' le cose non e' infrequente che Gandhi torni autocriticamente sulle sue precedenti opinioni per modificarle; cosi' come e' assolutamente ovvio che in momenti e situazioni diverse egli si esprima in modo diverso e vi siano quindi testi gandhiani che estrapolati dal contesto e posti l'uno di fronte all'altro possono sostenere due tesi perfettamente opposte. Da cio' deduciamo la necessita' di evitare la pubblicazione di "pillole" gandhiane, per quanto brillanti ed acuminate possano essere singole frasi ridotte ad aforismi, e proponiamo invece che si pubblichi (e quindi si legga) Gandhi in edizioni che diano conto del contesto in cui i singoli testi proposti alla riflessione concretamente si inseriscono (da questo punto di vista non si lodera' mai abbastanza per il suo rigore e la sua lealta' la fondamentale antologia di scritti gandhiani curata da Giuliano Pontara per Einaudi: Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, piu' volte ristampata).
Peraltro del carattere sperimentale, aperto, contestuale e concreto della sua proposta teorico-pratica Gandhi era pienamente consapevole, al punto da intitolare la sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la verita' (in traduzione italiana disponibile oggi col titolo stabilito dagli editori La mia vita per la liberta', Newton Compton, Roma), ripetutamente sottolineandovi come la sua ricerca, le sue esperienze e riflessioni, lo portassero ad un atteggiamento non dogmatico e ad una concezione costitutivamente aperta, sperimentale, dialettica, creativa della nonviolenza.
Detto questo, passiamo alla prima questione proposta: il concetto di nonviolenza e' antico o recente? Noi propendiamo per la seguente risposta: il concetto di nonviolenza e' recente, e risale a Gandhi; la prassi della nonviolenza e' invece effettivamente antica ed ha molte manifestazioni nel corso della storia dell'umanita'.
3. La prassi
Vi sono nel passato prenovecentesco innumerevoli episodi di riflessione e prassi nonviolente, ma in essi raramente la nonviolenza si presenta come un concetto autonomo e fondativo dell'azione; piu' spesso e' implicato da motivazioni o da finalita' che restano altre.
Facciamo alcuni esempi: sono sicuramente altissime figure di nonviolenti alcuni fondatori e rappresentanti di religioni: ma in queste personalita', nella loro predicazione, nelle loro esperienze, non era centrale l'idea di un'azione riformatrice etico-politico-sociale nonviolenta; centrale e' una posizione e proposta religiosa e trascendente.
Orbene, si potrebbe obiettare che anche in Gandhi la prospettiva religiosa e' centrale; cio' e' vero, ma e' non meno vero che la proposta della nonviolenza non si configura come parte speciale di un progetto religioso da assumere tout court, ma come teoria-prassi dotata di una sua autonomia e di una sua capacita' persuasiva anche rispetto a persone che non ne condividono i fondamenti religiosi. Ed in effetti e' possibile aderire alla teoria-prassi nonviolenta senza aderire ad una posizione religiosa.
Ancora: nel corso della storia molti movimenti sociali hanno fatto uso di tecniche di lotta nonviolente; hanno proposto e praticato programmi sociali e politici nonviolenti; hanno adottato etiche personali e collettive nonviolente; basti pensare a tante esperienze del cristianesimo (il cui ruolo storico nell'abbattimento del sistema schiavistico antico e dell'ideologia ad esso inerente e' indiscutibile), con punte rilevantissime - un solo esempio: Francesco d'Assisi -; dell'umanesimo - anche qui un solo esempio: l'irenismo erasmiano -; dell'illuminismo; del socialismo in molte delle sue concrete vicende di pensiero e di lotta; delle tradizioni che oggi definiremmo "ecologiste" - includendo in esse anche culture tradizionali comunitarie distrutte dalla furia colonialista -. Tuttavia una compiuta (ancorche' aperta e felicemente inconcludibile) teorizzazione della nonviolenza ed una pratica politico-sociale centrata su di essa e' un fatto dell'ultimo secolo.
Poi, naturalmente, in alcune delle figure piu' rilevanti della nonviolenza contemporanea ed autocosciente la radice della riflessione, della scelta e dell'impegno puo' benissimo essere religiosa, cosi' e' in Gandhi, cosi' in Lanza del Vasto, cosi' in Martin Luther King, cosi' anche - in modo a lui peculiare - in Aldo Capitini (che pure interagisce con l'antifascismo politico e la tradizione otto-novecentesca azionista, mazziniana ma anche liberal-socialista come e' noto); ma molte delle persone che hanno aderito ai movimenti di lotta da essi suscitati potevano benissimo non condividere quella radice e pur sentirsi completamente presi da quelle proposte analitiche ed operative, di riflessione e di lotta, ed aderirvi quindi toto corde muovendo da una prospettiva integralmente laica.
Fondamentalmente laica ci pare di poter considerare la proposta di Danilo Dolci, o quella ecofemminista di Vandana Shiva, o l'elaborazione di Gene Sharp, o di Johan Galtung, o di Giuliano Pontara. Ed un rappresentante illustre della nonviolenza come Jean Marie Muller ha pertinentemente argomentato nel senso del riconoscimento dell'autonomia teorica della nonviolenza e della possibilita' di un'adesione ad essa indipendentemente dall'eventuale credo religioso personale; ed analogamente ha argomentato, in una piu' ampia riflessione sull'uomo "planetario" che deve fronteggiare qui e adesso sfide globali terribili e cruciali e costruire una cultura della pace che a tutti chiede un peculiare contributo, uno straordinario sacerdote cattolico come Ernesto Balducci.
Insomma, la prassi nonviolenta e' un fenomeno che ha una lunga tradizione storica; la concettualizzazione della nonviolenza come teoria-prassi specifica risale a Gandhi ed e' quindi fenomeno relativamente recente; la terminologia precisamente corrispondente e' gandhiana, e la sua piu' adeguata traduzione e peculiare trascrizione italiana e' merito particolare di Aldo Capitini.
*
Cosa e' la nonviolenza: alcune definizioni classiche
Venendo alla definizione di cosa la nonviolenza sia, preliminarmente ripetiamo che di essa sono state date definizioni molteplici non solo a seconda dei diversi protagonisti che ne hanno fatto uso e dei diversi autori che ne hanno scritto, ma anche dalla stessa persona, militante e/o studioso, in fasi e contesti diversi della sua riflessione e del suo agire.
Qui proponiamo una nostra definizione sintetica ed aperta: la teoria-prassi della nonviolenza si basa sull'amore-forza della verita', e' lotta contro la violenza condotta in modo rigoroso e radicale, praticando la coerenza tra mezzi e fini; la nonviolenza si caratterizza per un atteggiamento sperimentale e non dogmatico, di apertura e comprensione; la nonviolenza e' agire nelle situazioni di conflitto, e' resistenza concreta e intransigente contro l'oppressione, e' progetto sociale di eguaglianza e di liberazione testimoniato e costruito nell'azione diretta.
Di seguito indichiamo alcuni testi di riferimento presso cui è possibile trovare alcune definizioni classiche di essa date dai più grandi studiosi e militanti della nonviolenza.
1. Alcune definizioni di Gandhi: segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973 e successive edizioni.
2. Alcune definizioni di Aldo Capitini: segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977.
3. Una sintesi di Giuliano Pontara: segnaliamo qui (oltre ai vari suoi volumi - di cui i più recenti sono La personalita' nonviolenta e Guerra, disobbedienza civile, nonviolenza, ambedue presso le Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1996 -, ed alla notevole introduzione a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, cit.) particolarmente le brevi voci Gandhismo e Nonviolenza in Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Utet, Torino, poi in edizione economica Tea, Milano.
4. Una sintesi di Jean Marie Muller: segnaliamo qui particolarmente l'opera di Jean Marie Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975.
5. Una sintesi di Gene Sharp: segnaliamo qui l'opera fondamentale di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997, tre volumi. 6. Una sintesi di Christian Mellon e Jacques Semelin: segnaliamo qui il volumetto di Christian Mellon e Jacques Semelin, La non-violence, P.U.F., Paris 1994.
*
Dodici sguardi sulla nonviolenza
Ci permettiamo di riprodurre qui alcune nostre proposte di definizione, che ovviamente offriamo alla discussione.
1. Rompere la complicita'. Alla base della nonviolenza vi e' la consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla complicita' delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza e' in primo luogo un appello a rompere la complicita' con l'ingiustizia, a toglierle il consenso, ad uscire dalla passivita', a prendersi la propria responsabilita', a lottare per la verita' e la giustizia.
2. La nonviolenza e' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e' lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversita' di ognuno. E' la forma di lotta piu' profonda, quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve lottare nel rispetto della verita' e della giustizia. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'. La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e' lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta contro ogni oppressione.
3. Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza. La nonviolenza e' forte: puo' opporsi efficacemente alla forza delle armi; puo' sfidare coerentemente i piu' grandi poteri del mondo. La nonviolenza e' umile: non richiede attitudini eccezionali, pose monumentali, proclami retorici; non richiede ingenti risorse fisiche o finanziarie; richiede limpidezza di condotta ed assunzione di responsabilita'. La nonviolenza e' concreta: interviene realmente nel conflitto; porta la pace e la giustizia nel suo stesso porsi; si oppone ugualmente alla vigliaccheria ed alla violenza; educa alla dignita' umana. La nonviolenza e' coerente: e' l'unico modo coerente di lottare contro la violenza; e' l'unico modo coerente di affermare la dignita' di ogni essere umano; e' l'unico modo coerente per ridurre l'ingiustizia e il dolore nel mondo. La nonviolenza e' il potere di tutti: poiche' tutti possono lottare con la nonviolenza, poiche' la nonviolenza fa appello a tutti, poiche' la nonviolenza rispetta la dignita' di tutti e di ciascuno. La nonviolenza e' adesione alla verita', e' forza della verita': da Gandhi a Capitini gli amici della nonviolenza sanno che essa e' incompatibile con la menzogna, con i sotterfugi, con gli intrighi e le doppiezze: la nonviolenza e' l'amore per la verita' che irrompe nell'agire politico e sociale, e' il principio responsabilita' (il rispondere al volto dell'altro che muto e sofferente ti interroga - Levinas -, il farsi carico del mondo e dell'umanita' - Jonas -) che si rende operare autentico; e' la critica della ragion pratica che si fa movimento di solidarieta' e di liberazione. La nonviolenza e' lotta come amore: lotta integrale contro l'ingiustizia e la menzogna, lotta integrale per la comunicazione e la dignita', lotta integrale contro la violenza; lotta integrale per i diritti umani, lotta integrale per un'umanita' di eguali, liberi e fraterni. La nonviolenza e' utopia concreta, principio speranza, ortopedia del camminare eretti: abbiamo usato queste tre formule del filosofo Ernst Bloch per significare che la nonviolenza e' concreta azione e concreto progetto politico e sociale di dignita' umana e difesa della biosfera; che la nonviolenza e' inveramento della speranza in una lotta coerente e che nel suo stesso farsi e' liberante; che la nonviolenza e' affermazione ed istituzione del diritto e dei diritti, legalita' e democrazia in cammino.
4. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta: I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti; in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati e consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti princìpi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresì assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.
5. Una definizione fondamentale: la "carta" del Movimento Nonviolento. Una definizione breve e precisa degli obiettivi e dei metodi di chi si impegna con e per la nonviolenza e' nella carta ideologico-programmatica del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini: [Non lo riproduciamo qui poiche' e' gia' integralmente trascritto in tutti i numeri di questo stesso notiziario - anche nel presente - come penultimo testo].
6. Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza. La nonviolenza non e' ne' un atteggiamento spontaneo, ne' un banale "volersi bene"; bensi': a) una meditata scelta etico-politica di trasformazione delle relazioni personali e sociali, b) un insieme di tecniche di lotta rigorose ed assai elaborate, c) una strategia di lotta profondamente caratterizzata, d) un progetto di relazioni umane e politiche radicalmente alternativo a quelle dominanti. Quindi la nonviolenza non è affatto "spontanea", va conosciuta e coltivata. Nessuno si sorprende se un soldato deve addestrarsi, nessuno si sorprende se un medico deve studiare: ebbene, la nonviolenza richiede un addestramento e uno studio non inferiori ma superiori a quelli richiesti al soldato ed al medico. Senza studio non e' possibile comprendere la nonviolenza; senza addestramento non e' possibile condurre l'azione nonviolenta. Proprio perche' la nonviolenza e' una proposta morale, sociale e politica di lotta di liberazione che nel suo stesso farsi inveri la dignita' umana di ognuno e di tutti, essa richiede un impegno di conoscenza, di preparazione, di discussione, di consapevolezza e di capacita' critica e autocritica assolutamente superiore a quello richiesto in altre forme di organizzazione, in altri ambiti di studio, in altre proposte di azione.
7. I diritti umani, presi sul serio. Scegliamo la nonviolenza perche' essa e' l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che si prefigge nel suo stesso svolgersi il rispetto dei diritti umani di tutti, non solo di coloro che partecipano all'azione, ma anche di coloro che la subiscono. La nonviolenza non rinvia la realizzazione dei diritti umani ad un futuro successivo alla conclusione della lotta, essa realizza i diritti umani nel corso stesso della lotta. La nonviolenza non nega umanita' agli avversari con cui lotta, essa riconosce l'umanita' degli avversari con cui lotta. La nonviolenza e' lotta intransigente per affermare la dignita' umana di tutti e per affermarla subito. Essa e' nei suoi metodi e nel suo svolgersi coerente con i suoi fini: poiche' il fine e' la dignita' umana e la liberazione dall'oppressione, la lotta nonviolenta nel suo stesso svolgimento deve realizzare la dignita' di tutti e prefigurare la liberazione di tutti. Per questo diciamo che la nonviolenza e' lotta come amore.
8. La liberazione umana, subito. Inoltre scegliamo la nonviolenza perche' essa e' l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che realizza nel suo stesso farsi una forma autentica di democrazia diretta, rapporti egualitari e non gerarchici, che prefigura gia' nella sua organizzazione relazioni umane e sociali liberate e liberanti; perche' consente la partecipazione di tutti ed abolisce rapporti di potere e di oppressione. Per questo essa adotta il metodo del consenso, per questo essa non e' solo una forma di lotta ma anche una occasione di costruzione di rapporti umani solidali; per questo nella nonviolenza si richiede una piena limpidezza di comportamenti e una forte lealta' nei confronti di tutti, di sottoporre tutto alla discussione comune, e di scegliere sempre e solo gli obiettivi e le forme di lotta che tutti i partecipanti condividono.
9. La nonviolenza e' gestione del conflitto. La nonviolenza e' gestione del conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non e' una visione idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali; ma la consapevolezza della conflittualita' degli ideali e degli interessi, delle situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani piu' giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro l'inganno. Si puo' essere nonviolenti solo nel conflitto, si puo' essere nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non hanno nulla a che vedere con la nonviolenza. La nonviolenza e' lotta integrale e intransigente contro l'ingiustizia. La nonviolenza e' il contrario della vilta', il contrario dell'egoismo, il contrario della passivita', il contrario del motto fascista "me ne frego". La nonviolenza e' quella specifica forma di gestione del conflitto che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di abolirla.
10. La nonviolenza e' ripudio assoluto della violenza. La nonviolenza e' opposizione assoluta alla violenza: non ammette complicita', meschinita' o sotterfugi. La nonviolenza smaschera e ripudia i sofismi sulla "violenza buona", sulla "guerra giusta", e simili infamie: la nonviolenza si oppone sempre e comunque alla guerra e alla violenza. Ovviamente gli amici della nonviolenza riconoscono agli oppressi il diritto di legittima difesa; ovviamente gli amici della nonviolenza hanno la capacita' di ricostruire i rapporti di causa ed effetto che producono l'oppressione e la violenza, e si battono in primo luogo contro le cause e le condizioni strutturali che producono ingiustizia, sopraffazione, sofferenza, violenza. Lo stesso Gandhi era esplicito nel dichiarare che di fronte alla violenza la cosa peggiore e' la vilta', e che se non si ha la forza di resistere con la nonviolenza, gli oppressi hanno il dovere di resistere comunque; ma aggiungeva che la nonviolenza e' incomparabilmente piu' forte e migliore della resistenza violenta, e che occorre avere la forza di scegliere sempre e comunque la nonviolenza. Noi riteniamo che vi siano argomentazioni ineludibili che ci convincono a ripudiare la violenza come metodo di lotta; argomenti che ci persuadono quindi ad ammettere solo la nonviolenza come metodo di lotta.
11. Per la critica della violenza. Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA. VV., Dizionario di politica, Tea, Milano 1992: I. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha sempre portato a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione dell'intero genere umano"; II. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di vite che provoca; III. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di essa puo' condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello piu' buono"; IV. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento in posti sempre piu' importanti della societa', di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al militarismo"; V. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). 'La scienza della guerra porta alla dittatura' (Gandhi)". A questi argomenti da parte nostra ne vorremmo aggiungere altri due: VI. un argomento, per cosi' dire, di tipo epistemologico: siamo contro la violenza perche' siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati; VII. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male fatto e' irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati). Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di sterile moralismo se non e' accompagnata da una seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua praticabilita' anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una societa' fondata sulla dignita' della persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente.
12. Perche' ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti". Ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" perche', come spiegava Aldo Capitini, dobbiamo essere modesti e realistici: la nonviolenza e' un ideale cui tendere, un ideale assai impegnativo, una pratica da verificare giorno per giorno nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali come nelle grandi lotte necessarie; e solo nella verifica quotidiana per un verso, e nel momento piu' aspro della lotta, per l'altro, si evidenzia la nostra capacita' di attenerci ad essa, di esserne creativamente gli artefici; quindi evitiamo di sembrare sbruffoni, e consideriamoci per quello che siamo: donne e uomini in ricerca, per un'umanita' di liberi ed eguali, appunto: amici della nonviolenza.
*
Perche' riteniamo necessaria la scelta della nonviolenza
Scopo di questo scritto e' propugnare la tesi che per fronteggiare la situazione planetaria attuale sia necessario adottare la nonviolenza come teoria e come prassi per elaborare e realizzare modifiche strutturali ad un "ordine internazionale" iniquo e distruttivo ed a forme di organizzazione, di produzione e riproduzione sociale assolutamente ingiuste ed alienate.
Crediamo che solo la nonviolenza costituisca una teoria-prassi che logicamente e coerentemente possa contrapporsi sistematicamente ed efficacemente alla violenza dominante, possa costituire una metodologia di lotta adeguata, possa indicare e prefigurare un modello di relazioni personali e sociali desiderabili e sostenibili.
Proponiamo la scelta della nonviolenza a quanti sono impegnati per la pace, la democrazia, i diritti umani, la difesa della biosfera, in quanto essa e' coerente e compatibile con i loro obiettivi.
Sottolineiamo che formuliamo la proposta della nonviolenza come esigenza di verita' e di concretezza; di intervento attivo e immediato; di azione coerente e rigorosa; di assunzione personale e collettiva di responsabilita'; di rifiuto della complicita', della vilta', dell'indifferenza.
Rimarchiamo che la proposta di dedicarsi allo studio e di far uso della teoria-prassi della nonviolenza non vuol essere sostitutiva di altri approcci e di altre teorie: crediamo che essa sia compatibile con un impegno religioso come con un impegno laico; che essa sia compatibile con varie tradizioni filosofiche, di filosofia morale, di filosofia del diritto e di filosofia politica; che essa sia giovevole ed arricchente per movimenti di liberazione e di solidarieta' che si richiamano sia a tradizioni religiose, sia a tradizioni politiche ordinate a fini di giustizia e liberta', di eguaglianza e dignita' umana, di emancipazione degli oppressi, di difesa e promozione dei diritti sociali, civili, politici, umani; e particolarmente alle tradizioni liberali, democratiche, socialiste e libertarie.
*
Parte quarta. Per i lettori distratti? Una bibliografia essenziale
[Qui la omettiamo, gli interessati possono richiederla gratuitamente inviando una e-mail alla casella di posta elettronica di questo foglio].
*
Parte quinta. Verso la pace? Tre ultime tesi, e un congedo
Tre tesi sulla violenza
I. Chiunque ancora propugni la tesi che possa esistere una "violenza giusta" e' complice degli assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanita'.
II. Chiunque ancora ritenga che i suoi fini particolari, sia pur nobilissimi, possano essere al di sopra del fine di salvare la civilta' umana dal pericolo della distruzione, mette a repentaglio la vita dell'umanita' intera.
III. Chiunque non abbia capito che anche l'uccidere un solo uomo equivale ad affermare la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo.
Mohandas Gandhi e Guenther Anders queste cose le capirono e le dissero molto tempo fa.
Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare il mondo. Occorre decidersi. "Lo tempo e' poco omai che n'e' concesso" (Dante, Inferno, XXIX, 11).
*
Congedo
Il dolore, che tutti ci accomuna. Il dolore lacerante e inestinguibile ogni volta che un essere umano perde la vita.
E la facolta' di pensare, che tutti ci accomuna. La facolta' di unirci, l'umanita' intera, contro il male e la morte.
Che vi siano al mondo esseri umani resi cosi' disperati e alienati da essere disposti a uccidere ed essere uccisi: questa e' la logica che presiede a tutti gli eserciti e a tutti i terrorismi, a tutte le guerre e a tutte le stragi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

3. MAESTRE. VANDANA SHIVA: PRINCIPI COSTITUTIVI DI UNA DEMOCRAZIA DELLA COMUNITA' TERRENA
[Riproponiamo una volta ancora il seguente testo estratto dall'introduzione del libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006, alle pp. 16-19.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002; Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008; Dalla parte degli ultimi, Slow Food, 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009; Campi di battaglia, Edizioni Ambiente, Milano 2009; Semi del suicidio, Odradek, Roma 2009; Fare pace con la Terra, Feltrinelli, Milano 2012; Storia dei semi, Feltrinelli, Milano 2013; Chi nutrira' il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, Feltrinelli, Milano 2015; Il mondo del cibo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2015; La terra ha i suoi diritti, Emi, Bologna 2016, Rcs, Milano 2020; Il pianeta di tutti, Feltrinelli, Milano 2020]

1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
*
2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza.
*
3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'.
*
4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
*
5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune.
*
6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate.
*
7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamento democratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
*
8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena.
*
9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future.
Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita.
*
10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.

4. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Chimamanda Ngozi Adichie, Il pericolo di un'unica storia, Einaudi, Torino 2020, pp. IV + 40, euro 7.
*
Riletture
- Baya Gacemi, Nadia, Sperling & Kupfer, Milano 1999, 2001, pp. X + 186.
- Joumana Haddad, Ho ucciso Shahrazad, Mondadori, Milano 2011, pp. 148.
- Julija Juzik, Le fidanzate di Allah. Volti e destini delle kamikaze cecene, Manifestolibri, Roma 2004, pp. 176.
- Taslima Nasreen, Vergogna, Mondadori, Milano 1995, 1996, pp. 252.
- Nawal al Sa'dawi, Firdaus, storia di una donna egiziana, Giunti, Firenze 2001, pp. 128.
*
Riedizioni
- Murakami Haruki, Ranocchio salva Tokyo, Einaudi, Torino 2017, Rcs, Milano 2020, pp. IV + 68, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3901 del 23 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com