[Nonviolenza] Telegrammi. 3896



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3896 del 18 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Ricordando Ingeborg Bachmann nell'anniversario della scomparsa
2. Enrico Peyretti: Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente (edizione aggiornata - parte terza e conclusiva)
3. Omero Dellistorti: Abracadabra
4. Omero Dellistorti: E' tutta una finta
5. Omero Dellistorti: Fernetto e Infernetto
6. Omero Dellistorti: Il nerd
7. Omero Dellistorti: L'arte di restare fermi
8. Omero Dellistorti: Storia di fantasmi senza fantasmi
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. RICORDANDO INGEBORG BACHMANN NELL'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Ricorre oggi l'anniversario della scomparsa di Ingeborg Bachman, che mori' a Roma il 17 ottobre del 1973.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo la ricorda ancora una volta rileggendo alcuni suoi versi.
Nel ricordo di Ingeborg Bachmann continui la lotta contro la guerra e tutte le uccisioni.
Nel ricordo di Ingeborg Bachmann continui la lotta contro il razzismo e tutte le persecuzioni.
Nel ricordo di Ingeborg Bachmann continui la lotta contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Nel ricordo di Ingeborg Bachmann continui l'impegno nonviolento in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, in difesa dell'intero mondo vivente.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e per la salvezza dell'intera umanita' e dell'intero mondo vivente.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
*
Una minima notizia su Ingeborg Bachmann
Ingeborg Bachmann, scrittrice e poetessa austriaca (Klagenfurt 1926 - Roma 1973) di straordinaria bellezza e profondita', maestra di pace e di verita'.
Tra le opere di Ingeborg Bachmann: versi: Il tempo dilazionato; Invocazione all'Orsa Maggiore; Poesie. Racconti: Il trentesimo anno; Tre sentieri per il lago. Romanzi: Malina. Saggi: L'elaborazione critica della filosofia esistenzialista in Martin Heidegger; Ludwig Wittgenstein; Cio' che ho visto e udito a Roma; I passeggeri ciechi; Bizzarria della musica; Musica e poesia; La verita' e' accessibile all'uomo; Il luogo delle donne. Radiodrammi: Un affare di sogni; Le cicale; Il buon Dio di Manhattan. Saggi radiofonici: L'uomo senza qualita'; Il dicibile e l'indicibile. La filosofia di Ludwig Wittgenstein; La sventura e l'amore di Dio. Il cammino di Simone Weil; Il mondo di Marcel Proust. Sguardi in un pandemonio. Libretti: L'idiota; Il principe di Homburg; Il giovane Lord. Discorsi: Luogo eventuale; Letteratura come utopia. Prose liriche: Lettere a Felician. Opere complete: Werke, 4 voll., Piper, Muenchen-Zuerich. Interviste e colloqui: Interview und Gespraeche, Piper, Muenchen-Zuerich. In edizione italiana cfr. almeno: Poesie, Guanda, 1987, Tea, Milano 1996; Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999; Il dicibile e l'indicibile. Saggi radiofonici, Adelphi, Milano 1998; Il buon Dio di Manhattan, Adelphi, Milano 1991; Il trentesimo anno, Adelphi, Milano 1985, Feltrinelli, Milano 1999; Tre sentieri per il lago, Adelphi, Milano 1980, Bompiani, Milano 1989; Malina, Adelphi, Milano 1973; Il caso Franza, Adelphi, Milano 1988; La ricezione critica della filosofia di Martin Heidegger, Guida, Napoli 1992; In cerca di frasi vere, Laterza, Roma-Bari 1989; Letteratura come utopia. Lezioni di Francoforte, Adelphi, Milano 1993.
Su Ingeborg Bachmann un'ampia bibliografia di base e' nell'apparato critico dell'edizione italiana di Invocazione all'Orsa Maggiore, cit.
*
Alcune poesie di Ingeborg Bachmann
[I seguenti testi sono estratti da Ingeborg Bachmann, Poesie, Guanda, Parma 1978, Tea, Milano 1996 (traduzioni di Maria Teresa Mandalari) e da Ingeborg Bachmann, Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, Mondadori, Milano 1999 (traduzioni di Luigi Reitani)]

Il tempo dilazionato

S'avanzano giorni piu' duri.
Il tempo dilazionato e revocabile
gia' appare all'orizzonte.
Presto dovrai allacciare le scarpe
e ricacciare i cani ai cascinali:
le viscere dei pesci nel vento
si sono fatte fredde.
Brucia a stento la luce dei lupini.
Lo sguardo tuo la nebbia esplora:
il tempo dilazionato e revocabile
gia' appare all'orizzonte.

Laggiu' l'amata ti sprofonda nella sabbia,
che le sale ai capelli tesi al vento,
le tronca la parola,
le comanda di tacere
la trova mortale
e proclive all'addio
dopo ogni amplesso.

Non ti guardare intorno.
Allacciati le scarpe.
Rimanda indietro i cani.
Getta in mare i pesci.
Spengi i lupini!

S'avanzano giorni piu' duri.

*

Tutti i giorni

La guerra non viene piu' dichiarata,
ma proseguita. L'inaudito
e' divenuto quotidiano. L'eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
e' trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi e' la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.

Viene conferita
quando non accade piu' nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico e' divenuto invisibile
e l'ombra d'eterno riarmo
ricopre il cielo.

Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all'amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l'inosservanza
di tutti gli ordini.

*

Nella bufera di rose

Ovunque ci volgiamo nella bufera di rose,
la notte e' illuminata di spine, e il rombo
del fogliame, cosi' lieve poc'anzi tra i cespugli,
ora ci segue alle calcagna.

*

Discorso ed epilogo

Non varcare le nostre labbra,
parola che semini il drago.
E' vero, l'aria e' soffocante,
la luce schiuma di acidi e fermenti,
sulla palude nereggia un velo di zanzare.

Ama le bicchierate la cicuta.
E' in mostra una pelle di gatto:
la serpe s'avventa soffiando,
lo scorpione inizia la danza.

Non raggiungere le nostre orecchie,
fama dell'altrui colpa:
parola, muori nella palude
da cui la pozzanghera sgorga.

Parola, stai al nostro fianco
tenera di pazienza
e d'impazienza. Bisogna
che questa semina abbia fine!

Non domera' la bestia colui che ne imita il verso.
Chi rivela segreti d'alcova, rinunzia per sempre all'amore.
La parola bastarda serve al frizzo per immolare uno stolto.

Chi ti richiede un giudizio su questo straniero?
Se non richiesto lo formuli, prosegui tu il suo cammino
da una nottata all'altra con le sue piaghe ai piedi: va'! e non ritornare.

Parola, sii nostra,
libera, chiara, bella.
Certo, dovra' avere fine
ogni cautela.

(Il gambero si ritrae,
la talpa dorme troppo,
l'acqua dolce dissolve
la calce, che pietre ha filato).

Vieni, benevolenza fatta di voci e d'aliti,
questa bocca fortifica
quando la sua fralezza
si inorridisce e inceppa.

Vieni e non ti negare,
poiche' in conflitto siamo con tanto male.
Prima che sangue di drago protegga l'avversario
questa mano cadra' dentro il fuoco.
O mia parola, salvami!

*

Prender paese

Nella terra del pascolo giunsi
quand'era gia' notte,
fiutando le cicatrici nei prati
e il vento, prima che si levasse.
L'amore piu' non pascolava,
le campane erano spente
e i cespugli affranti.

Un corno piantato nel terreno,
ostinato dalla guidaiola,
confitto nel buio.

Dalla terra lo presi,
al cielo lo levai
con piena forza.

Per colmare
questo paese con suoni
soffiai nel corno,
volendo nel vento incombente
e tra steli increspati
vivere di ogni origine!

*

Colle di cocci

Giardini in amplessi col gelo -
il pane bruciato nei forni -
fiabesco il serto di messi
e' miccia tra le tue mani.

Taci! Conserva i tuoi stracci,
le frasi, sgomente di lacrime,
ai piedi del colle di cocci
che i solchi sempre succinge.

Se tutte le brocche s'infrangono,
che resta nella brocca del pianto?
Giu' in basso crepe roventi
e lingue guizzanti di fuoco.

Si creano ancora vapori
tra clamori di acqua e di fuoco.
O scala di nubi, di frasi,
affidata al monte dei cocci!

*

Ombre rose ombre

Sotto un cielo straniero
ombre rose
ombre
su una terra straniera
tra rose e ombre
in un'acqua straniera
la mia ombra

*

Dai Canti lungo la fuga

XV.

L'amore ha un trionfo e la morte ne ha uno,
il tempo e il tempo che segue.
Noi non ne abbiamo.

Solo tramontare intorno a noi di stelle. Riflesso e silenzio.
Ma il canto sulla polvere dopo,
alto si levera' su di noi.

2. MATERIALI. ENRICO PEYRETTI: DIFESA SENZA GUERRA. BIBLIOGRAFIA STORICA DELLE LOTTE NONARMATE E NONVIOLENTE (EDIZIONE AGGIORNATA - PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
[Ringraziando ancora Enrico Peyretti (per contatti: enrico.peyretti at gmail.com) riproponiamo questa edizione del suo fondamentale lavoro bibliografico nell'ultimo aggiornamento del 3 marzo 2016 (questo testo sostituisce i precedenti e sara' sostituito dai successivi).
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di seguito riprodotta, che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

* 10. Ermes Ferraro, La Resistenza napoletana e le Quattro Giornate, in Una strategia di pace: la difesa popolare nonviolenta, cit. (nella prima sezione al n. 16), pp. 89-95. Secondo l'ordine di Hitler, l'esercito dei guastatori doveva lasciare «cenere e fango» al posto della città. Una popolazione in gran parte femminile, quasi senza armi, inflisse all'esercito tedesco «l'unica sconfitta popolare da esso subita nel mondo» (A. Drago, Una nuova interpretazione della Resistenza italiana secondo categorie storiche nonviolente, dattiloscritto).
11. Lotte nonviolente nella storia, materiale preparato per un volume non uscito, come proposta di lavoro rivolta a insegnanti e studenti. Contiene una parte metodologica generale e una parte storica limitata al periodo della Resistenza al nazifascismo, in diversi paesi europei, compresa la Germania. Il lavoro contiene molte ulteriori indicazioni bibliografiche che allungherebbero di molto il presente elenco. Esso è stato compiuto da un gruppo di ricerca del Centro Studi e Documentazione "Domenico Sereno Regis" di Torino (www.serenoregis.org).
12. Un episodio tipico, tra i molti sconosciuti, di resistenza senz'armi è narrato brevemente in Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo. Prefazione di David Maria Turoldo, Bur, Milano 1993 (1974), p. 219, nota 13. Nel piccolo villaggio di Acone, nel Mugello fiorentino fu creato uno dei maggiori centri di smistamento e di raccolta dei prigionieri alleati fuggiti dai vari campi di concentramento. Poveri contadini analfabeti, inermi che aiutavano altri inermi per puro spirito evangelico, furono la base di questa azione animata dal pievano e da una organizzazione clandestina del Partito d'Azione.
* 13. Antonio Parisella, Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi editore, Roma 1997, pp. 160. L'Autore, in questa raccolta di saggi, valorizza la lotta nonarmata, definita «una scoperta del Cinquantenario» (v. sopra, n. 7), partita dalla cultura nonviolenta e finalmente entrata sotto l'attenzione degli storici. Parisella mostra come la lotta per la sopravvivenza fisica e ideale, lungi dall'essere "attendismo", è componente essenziale e basilare della Resistenza al nazifascismo come di ogni lotta di resistenza. La liberazione è il compimento della sopravvivenza, e questa è l'inizio della liberazione. Parisella cita Collotti e Klinkhammer: «Quando la resistenza civile assume forme collettive può avere una forza anche superiore a quella di un gesto armato». Si ricava l'immagine della resistenza nonarmata come un cerchio molto ampio, che comprende mille forme e modi autonomi, entro il quale sta il cerchio minore, per quanto importante, della resistenza armata; immagine che rovescia quella tradizionale tutta e solo armista.
14. Bianca Ballesio, La guerra di Kira, La resistenza civile nel Canavese, prefazione di Ersilia Perona, L'Angolo Manzoni ed., Torino, 1999.
15. Lidia Menapace, Resisté, Il dito e la luna, Milano 2001, pp. 90. L'autrice racconta, in base alla propria esperienza partigiana, che nella Resistenza si poteva fare obiezione di coscienza all'uso delle armi, insomma che la vicenda fu molto più ricca di quanto la tradizione della storiografia italiana (molto politico-militare e poco sociale e popolare) ci abbia trasmesso.
* 16. Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina, La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi, Bollati Boringhieri, Torino settembre 2003, pp. 312. Anna Maria Bruzzone è autrice di vari libri sulla Resistenza e la Shoah. Questa edizione di La Resistenza taciuta, dopo la prima del 1976, apprezzatissima e da lungo tempo esaurita, compare in forma nuova e bella, arricchita da una intelligente prefazione di Anna Bravo (coautrice, con Anna Maria Bruzzone di In guerra senza armi; si veda il n. 7 della seconda parte di questa bibliografia).  Queste opere d'inchiesta e testimonianza sulla partecipazione delle donne, effettiva ma per lo più disarmata, alla lotta di Resistenza, hanno promosso tra gli storici l'individuazione e il riconoscimento, dapprima gravemente mancato, del fatto e del concetto di resistenza nonarmata e nonviolenta, concetto «di valore euristico» (Claudio Pavone, Il Ponte, n. 1/1995), realtà ben diversa dalla resistenza passiva. Chi lavora per la trasformazione nonviolenta della gestione dei conflitti acuti, e cioè per l'eliminazione del disumano infelice giudizio delle armi nelle contese umane, trova in questi lavori storici, che danno il giusto riconoscimento al contributo delle donne alla civilizzazione umana, motivo di profonda gratitudine e ammirazione per l'insegnamento prezioso che da essi ci viene.
17. Silverio Corvisieri, La villeggiatura di Mussolini. Il confino da Bocchini a Berlusconi, Baldini Castoldi Dalai, 2004. Il titolo allude all'espressione ultrabenevola con cui Berlusconi ha qualificato le condanne degli antifascisti al confino. Il libro racconta, tra l'altro, di un ambulante deportato in quanto autore di una canzone in cui si chiedeva a sant'Antonio la grazia di non fare scoppiare la guerra, di rivolte al confino, tra cui quella contro l'imposizione del saluto romano, e di scioperi della fame. I confinati seppero organizzare una vera e propria resistenza, scrissero manifesti profetici, progettarono riviste, rischiarono e accumularono anni e anni di carcere o di confino aggiuntivo, ma senza piegarsi. In genere i cittadini delle isole e dei duecentosessantadue paesini scelti dal fascismo come luoghi di morte civile vollero loro bene e li protessero.
18. Die verborgene Tugend - La virtù nascosta, Eroi sconosciuti e dittatura in Austria; Catalogo bilingue della Mostra fotografica dell'Associazione Biblioteca Austriaca di Udine, a cura di Francesco Pistolato, Europrint edizioni, Quinto di Treviso 2007, formato 21x30, pp. 158. Con una cinquantina di fotografie ampiamente commentate, il catalogo documenta la Resistenza austriaca all'Anschluss nazista, ancor meno conosciuta di quella tedesca. In Austria l'opposizione fu più difficile perché il nazismo ebbe consensi nella speranza di miglioramenti di vita, perché divisa tra socialisti e conservatori, perché non ebbe un gruppo dirigente. Eppure, quasi 70.000 persone furono arrestate nelle prime settimane, deportate alcune prima a Dachau poi a Mauthausen, il primo lager in Austria. La Resistenza ebbe molte forme popolari, morali e religiose, testimoniali, e nonviolente: basti ricordare Franz Jägerstätter (v. sopra, al n. 9).
19. Oltre quel muro. La Resistenza nel lager di Bolzano. - Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi, figli di deportati nel lager nazista di Bolzano tra il 1944 e il 1945, hanno realizzato per conto della Fondazione Memoria della Deportazione di Milano una mostra documentaria in 26 pannelli dal titolo "Oltre quel muro.  La Resistenza nel lager di Bolzano".  Nella mostra sono presentati per la prima volta diverse decine di immagini e circa un centinaio di documenti inediti che testimoniano dell'intensissima attività di resistenza di un comitato unitario interno al campo, in stretto collegamento con una struttura clandestina esterna e con il CLN Alta Italia di Milano. I due autori della mostra illustrano in questo video, realizzato da Vera Paggi, la struttura dell'organizzazione di Resistenza, con i principali protagonisti di questa eccezionale pagina di storia italiana. (notizia del 4 marzo 2009). Per prenotare la mostra occorre prendere contatto con la Fondazione Memoria della Deportazione di Milano: 02 87383240 ; fondazionememoria at fastwebnet.it ; sito: http://www.deportati.it  ; http://www.anpi.it
20. Giorgio Vecchio, La Resistenza delle donne, 1943-1945, Cooperativa In Dialogo, Milano 2010.
Giorgio Vecchio, Le suore e la Resistenza, Cooperativa In Dialogo, Milano 2010.
21. Anna Bravo, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet. Storie di sangue risparmiato, Laterza 2013. Il sottotitolo è il vero più giusto titolo. Il libro  raccoglie documentati fatti di pace-dentro-le-guerre, di arte del "vivere e lasciar vivere" in mezzo alla fiera dell'uccidere: «Tra uccidere e morire c'è una terza via: vivere» (Christa Wolf). Dopo un'introduzione "Violenza, nonviolenza, storia",  i capitoli sono dedicati alle guerre evitate (anche da diplomazie e governi) tra 800 e 900, poi alle molte tregue spontanee e alle fraternizzazioni fra "nemici" da trincea a trincea nella guerra 1914-18; un capitolo su Gandhi; due capitoli su "Senza armi contro Hitler" in Italia e in Danimarca; un capitolo sul Kosovo e uno sul Tibet. «Le guerre scoppiano quando si smette di cercare la pace», chiarisce Anna Bravo. «E' un'idea malsana che quando c'è guerra c'è storia, e non quando c'è pace. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato».  La nonviolenza non è onnipotente, ma è potente. C'è, anche dentro le guerre, una nonviolenza senza nome e senza teoria, senza saper nulla di Gandhi, che è l'istinto umano profondo del non uccidere, del non distruggere, perché solo a questa condizione si vive da umani. Come quel fante tedesco traumatizzato che urla: «Vedete il nemico laggiù? Ha un padre e una madre. Ha una moglie. Io non lo uccido».  Il sistema internazionale può essere pacifico, la guerra non è mai inevitabile. Scoppia a causa dell'industria degli armamenti, e dell'idea fallace che le armi difendano.
22. Ercole Ongaro, Resistenza nonviolenta 1943-45, I libri di Emil, Bologna 2013. L'Autore è direttore dell'Istituto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, di Lodi (Ilsreco). Nei diversi capitoli del volume, egli esamina quale memoria della Resistenza abbiamo oggi, l'aiuto ai soldati in fuga dopo l'8 settembre 1943, l'aiuto agli ex-prigionieri alleati, l'aiuto agli ebrei, le lotte nelle fabbriche, nelle campagne, nella scuola, la Resistenza degli internati militari, i deportati razziali e politici, i renitenti alla leva, la Resistenza delle donne, la stampa clandestina, i Comitati di Liberazione Nazionale, e nell'ultimo capitolo si chiede: quale senso per la Resistenza armata? Per ognuno di questi aspetti Ongaro porta dati, documenti, testimonianze generali, regionali e locali  (Modenese e Reggiano, Valtellina, Comasco, Bresciano, Milanese, Roma, Torino, Genova, Milano, Toscana, Bolzano). Avendo Ongaro conosciuto e considerata la letteratura italiana sulla Resistenza nonarmata e nonviolenta, questo suo libro risulta il lavoro più recente e riassuntivo e integrativo riguardo a questo aspetto della Resistenza italiana, scoperto e valorizzato anzitutto da storiche attente al contributo delle donne alla Resistenza, tardivamente in confronto all'aspetto armato di quella lotta.
23. Amedeo Cottino, C'è chi dice di no. Cittadini comuni che hanno rifiutato la violenza del potere, Prefazione di Marco Revelli, Ed. Zambon, 2015. A partire da una esperienza familiare, l'Autore raccoglie accurata documentazione su casi sia individuali sia collettivi, non di eroi ma di persone comuni, che hanno rifiutato obbedienza ad un potere violento: dal caso della Danimarca a quello di Le Chambon-sur-Lignon, più noti, a isole di coscienza umana insopprimibile nel cuore stesso di un sistema strutturalmente e culturalmente violento. Il libro di storie pone il lettore di fronte alla domanda inquietante sulla attualità: come ci atteggiamo di fronte alla "scena della violenza"? Alcuni hanno detto no.
(Parte terza - fine)

3. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: ABRACADABRA

- E' facile, basta che dici abracadabra.
- Si', come no.
- Certo, bisogna crederci, se uno non ci crede non succede niente.
- Io dico che non succede niente neppure se uno ci crede.
- E' quello che si crede chi non ci crede, invece se uno ci crede succede.
- Vabbe', lasciamo perdere.
- E no che non lasciamo perdere, io ti voglio convincere.
- Ma tanto non ci credo lo stesso.
- Neanche se te lo dimostro?
- Ma tu con le chiacchiere ci mandi avanti i treni, a dare retta a te oggi in Italia ci doveva essere il comunismo, invece non c'e' piu' neppure in Russia.
- Ma quello non era il comunismo, era il fascismo travestito.
- Ogni cosa che non ti sta bene per te e' il fascismo travestito. Tutto quello che c'e' e' il fascismo travestito.
- No, non tutto quello che c'e', c'e' pure il fascismo non travestito.
- Bisogna ridere?
- Bisogna piangere.
- Comunque io non ci credo a 'sta storia dell'abracadabra.
- E fai male, perche' visto come campi a te una bella magia ti servirebbe proprio.
- A me mi servirebbe una montagna di soldi, quello si' che mi servirebbe.
- E la magia che altro e'? Avvera i desideri, e se tu desideri i soldi, ti porta i soldi.
- Come no.
- Vuoi che te lo dimostro? Non dico logicamente che tanto alla logica tu sei impermeabile, ma sperimentalmente, qui, su due piedi.
- Mi dimostri che?
- Che basta dire abracadabra.
- Che basta dire abracadabra e?
- E succede quello che vuoi che succeda.
- Qualunque cosa?
- Qualunque cosa, certo, se no che magia sarebbe?
- Cioe' che tu desideri una cosa, dici abracadabra e quella succede.
- Esattamente.
- Tu sei fuori di testa.
- Lo facciamo 'st'esperimento o no?
- Ma tu hai perso la brocca.
- E non essere fifone. Si' o no?
- E se dico di si'?
- Se dici di si' lo facciamo.
- E allora facciamolo.
- Allora devi solo dire quello che desideri e poi dire abracadabra, basta che quando lo dici ci credi.
- Desidero che tutto questo schifo di mondo finisca per sempre. Amen.
- Devi dire pure abracadabra, altrimenti non funziona.
- Ah si', abracadabr

4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DALL'AUTOBIOGRAFIA DELLA NAZIONE. OMERO DELLISTORTI: E' TUTTA UNA FINTA

Ma quale virus, ma quale pandemia, ma quali mascherine, e che e' carnevale?
Tutte panzane. La gente e' morta sempre. Di fame, di pezzi di ferro piantati nella ciccia, di robaccia che ci dovevano pensare prima di mandarla giu'.
A casa mia, per esempio. Lo zio Augustone e' morto che era troppo gonfio di vino. Glielo dicevano tutti che era troppo gonfio di vino ma lui diceva sempre che allora la botte era piu' gonfia di lui e che se ci aveva sempre sete mica era colpa sua. Alla fine non ce la faceva piu' neppure a muoversi da quanto era diventato grosso che ci tocco' portarlo con una specie di carriolone che avevamo fatto apposta fino in fondo all'oliveto dove c'e' uno strapiombo e lo abbiamo dovuto buttare giu' e lasciare li' che ancora strillava e piagneva che a me m'e' proprio dispiaciuto che io allo zio Augustone gli volevo proprio bene, gli volevamo bene tutti, ma come si faceva, eh? Poi ci devono avere pensato i cani.
Oppure la nonna Nietta, che il nonno Linetto le sfondo' la testa col mattarello che una volta la nonna Nietta aveva osato dirgli che se lui la menava un'altra volta lei glielo spaccava sulla testa mentre dormiva e allora lui subito subito, senza neppure aspettare l'ora di andare a dormire, glielo aveva strappato di mano e gli ci aveva rotto la testa che con gli schizzi di sangue e i pezzetti di osso finiti sulla spianatoia il babbo raccontava sempre che avevano dovuto buttare l'impasto e per due giorni niente fettuccine, che poi dispiaceva a tutti che le fettuccine come le faceva la nonna Nietta erano l'ottava meraviglia del mondo.
Oppure mio fratello Santino, che un giorno smise di lavorare prima e venne a casa che sara' stato si' e no mezzo pomeriggio e aveva detto "mo' me metto a letto e moro" e l'aveva fatto, che era fatto cosi' Santino, quello che diceva faceva.
L'epidemia, il contaccio, le mascherette, ma che stiamo al circo?

5. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: FERNETTO E INFERNETTO

C'era sempre chi li confondeva, Fernetto e Infernetto. Era che stavano sempre insieme e siccome lavoravano nella stessa officina ci avevano sempre tutti e due la tuta ed erano sempre sporchi di grasso e cosi' sembravano uguali.
Loro ci si divertivano, e qualche volta ci marciavano pure. Se uno protestava con uno di loro per un lavoro fatto male, o in ritardo, quello diceva che lo confondeva con quell'altro. Pure quando facevano gli scherzi brutti era sempre stato quell'altro, pure se invece li avevano fatti insieme. A nessuno gli va di ammettere gli scherzi brutti anche se sono i soli che quando li fai ti ci diverti veramente. Perche' il divertimento vero c'e' solo quando qualcuno si fa male, si fa male tanto.
Erano amici? Si' che erano amici.
Il problema fu quando s'innamorarono tutti e due di Patrizietta la cavallona.
*
Patrizietta la cavallona erano due sorelle gemelle che per distinguerle a una il padre gli aveva fatto una cicatrice dietro un orecchio che non si notava ma se le tiravi su i capelli la vedevi cosi' la riconoscevi e sapevi che era Patrizietta seconda, mentre Patrizietta prima la cicatrice non gliel'aveva fatta. Pero' Patrizietta prima era gelosa che la sorella ci aveva la cicatrice e lei no, cosi' se l'era fatta da sola.
Allora al padre gli tocco' lavorare di coltello un'altra volta e a Patrizietta seconda le fece una cicatrice anche dietro l'altro orecchio, cosi' si riconosceva di nuovo. Ma Patrizietta prima, figurarsi, pure lei. Cosi' il padre si decise ad ammazzarne una cosi' non ci si poteva confondere piu'. Neppure lui lo sapeva se aveva ammazzato Patrizietta prima o Patrizietta seconda, ma tanto ormai di Patrizietta ce n'era una sola.
E adesso bisogna dirlo: fu una vera sfortuna. Perche' se di Patriziette la cavallona ce n'erano due Fernetto si metteva con una, Infernetto con l'altra e tutti vivevano felici e contenti. Come nelle favole. E invece di Patrizietta la cavallona ce n'era una sola, come la mamma.
*
C'era la festa del paese, col mercato, l'albero della cuccagna, l'innalzamento del globo aerostatico e tutto. E la sera si ballava in piazza con l'orchestrina con la fisarmonica e la cantante in minigonna sul palco.
La gente era gia' ubriaca di prima mattina che il prete aveva dovuto tirare giu' quattro bestemmioni per riuscire a finire la predica, e minacciare che se la gente non la piantava di fare i buffoni nella casa del Signore si saltava la processione col santo patrono.
Neppure si andava a cena a casa, si faceva una tavolata lungo la via del paese e tutto il paese era li' che si portavano da casa le sedie e le forchette. Dopo cena si ballava in piazza fino a tardi, poi c'erano i fuochi d'artificio e le persone grandi tornavano a casa, quelle giovani s'infrattavano a fornicare che dopo nove mesi si vedevano i risultati. Era cosi' la festa del santo patrono.
Fernetto e Infernetto non e' che sapessero ballare, quasi nessuno dei maschi del paese sapeva ballare, pero' in piazza c'erano tutti e zompavano come orsi per far ridere le ragazze per poterci parlare, farle ridere di piu' e mentre ridevano farle bere e bere e bere e dopo portarle dove si poteva fornicare in pace.
Di solito i maschi del paese sono timidi con le ragazze, per questo per la festa del santo patrono si ubriacavano tutti fino dalla mattina, per smettere di essere timidi. E cosi' avevano fatto pure Fernetto e Infernetto.
*
Col ballo di solito funziona cosi': che uno punta una e gli altri prima ci provano pure loro poi vedono che quella e' presa e invece di dover fare a coltellate gliela lasciano. Si fa cosi' pure quando si va a caccia, perche' se non si fa cosi' finisce sempre a schioppettate, non al cinghiale, tra le persone.
Allora c'era 'sta Patrizietta la cavallona e Fernetto riesce a farla ridere e si ballano una canzone. Pero' la canzone dopo Patrizietta la cavallona la vuole ballare con un altro, pero' gli altri si tiravano indietro perche' non ci avevano voglia di finire a coltellate con Fernetto. Si tirano indietro tutti tranne che Infernetto. E cosi' si ballano una canzone pure loro, Patrizietta la cavallona e Infernetto. Pero' Fernetto non ci stava a rosicare e basta, cosi' alla canzone dopo si fa avanti, con uno strattone si piglia Patrizietta la cavallona e si balla tutta la canzone e quella dopo. Adesso Infernetto avrebbe dovuto lasciar perdere, invece quando la seconda canzone finisce da' uno schiaffo a Patrizietta cosi' forte che si sono girati tutti, la strappa dalle mani di Fernetto e se la piglia per ballare la canzone che comincia. Continuo' cosi' per una mezz'ora, che Patrizietta gia' sanguinava per gli schiaffi sulla bocca e sul naso e gli sgraffi sulle braccia e le spalle. Nessuno si voleva intromettere, anche se non era bello da vedere. Finche' Ciampicone, che lo sa come vanno a finire certe cose, chiamo' Fernetto e Infernetto, e quando ti chiama Ciampicone non e' che puoi far finta di niente, e gli disse di piantarla che erano ridicoli e che davano fastidio a tutti, e che dovevano andare al vicoletto del lupo mannaro, e risolvere la questione da uomini. E cosi' fecero.
Il vicoletto del lupo mannaro si chiamava cosi' perche' ci abitava uno che dicevano che era un lupo mannaro e s'era fatto trent'anni per aver ammazzato la moglie e la figlia che ci avra' avuto tre anni a dir tanto; era un vicoletto tutto in discesa e in fondo c'era uno spiazzo sterrato, poi c'era uno strapiombo e sotto un parcheggio, e siccome il parcheggio era illuminato dai pali della luce, se uno andava nello spiazzo in fondo al vicoletto ci si vedeva abbastanza per fare a coltellate come cristo comanda pure se era una notte senza luna. Quando serviva, si andava li', cosi' non si dava fastidio a nessuno.
Dal vicoletto poi torno' solo Fernetto, che era bianco come la cera, e pareva che la sbornia gli era passata. Pure l'orchestra smise di suonare. Non disse una parola, fece segno di si' con la testa a Ciampicone, che fece di si' con la testa pure lui. Poi s'avvicino' a Patrizietta la cavallona e il coltello che era ancora sporco del sangue d'Infernetto glielo pianto' nell'ombelico, e poi tiro' su come se volesse aprirla tutta.
Ciampicone fece segno a due di portarli via e la festa continuo'.
Fu una bella festa, alla fine ci furono pure i fuochi d'artificio.

6. SCORCIATOIE E RACCONTINI. OMERO DELLISTORTI: IL NERD

La stanza del nerd: in otto metri quadri un compendio del caos dopo la confusione delle lingue della torre di Babele.
Il nerd davanti al computer: "C'e' tutto nel web, mi ci trasferisco anch'io".
Piu' tardi bussa la mamma che e' pronta la cena, nessuno risponde. La mamma apre la porta, non c'e' nessuno. Il computer e' sempre acceso, invitante.

7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: L'ARTE DI RESTARE FERMI

Dice: e che arte e'? Sono buoni tutti.
Sono buoni tutti? Provateci, dico io, provateci cinque minuti.
Visto?
Pare facile e invece non e' facile per niente.
Perche' succede? Intanto per via della rotazione terreste. La Terra si muove e noi che stiamo sulla terra come si fa a restare fermi?
Dice: e allora e' impossibile, non ce la puo' fare nessuno.
Piano, dico io. Ragioniamo. Perche' uno non riesce mai a starsene fermo? Perche' lo spingono gli impulsi delle passioni, no? Ma se uno estinguesse le passioni?
Dice: e' impossibile.
Non e' vero che e' impossibile. per esempio se uno muore, ogni passione e' spenta, come dice il poeta, no?
Dice: ma questa mica e' arte, questo e' morire e basta.
E perche', non l'avete mai sentita dire l'arte di morire? Pure morire e' un'arte. Non sempre, e' ovvio, ma qualche volta si'. E ci avete mai pensato? Uno puo' apprendere l'arte di morire anche se non e' mai morto prima; anzi, dico di piu': puo' apprendere l'arte di morire solo perche' ancora non e' morto, che se era morto non poteva apprendere piu' niente.
Dice: e allora?
E allora, dico io, intanto abbiamo dimostrato che un'arte si puo' imparare; come dice il proverbio? Impara l'arte e mettila da parte.
E adesso veniamo all'arte di restare fermi. Anzi, no, prima vi voglio dire pure dell'arte di non respirare. L'avete mai sentita dire?
Lo so gia' quello che pensate: ma quale arte di non respirare, se uno non respira muore. Bravi, ma solo perche' non respira per un lasso di tempo prolungato, ma per un lasso di tempo commisurato alle esigenze fisiologiche chiunque puo' imparare l'arte di non respirare. Ci siete mai stati al mare? E quando siete sott'acqua non state senza respirare? E io che dicevo?
Allora, adesso che vi ho dimostrato l'arte di morire, l'arte di non respirare senza neppure morire, torniamo all'arte di restare fermi.
Lo sapete quale e' l'unica difficolta', la vera difficolta' dell'arte di restare fermi? Se lo volete sapere io ve la dico.
Allora ve la dico: e' che dopo che l'hai imparata non ha piu' nessuna voglia di tornare a muoverti. Per questo l'hanno proibita. Io pero' la insegno lo stesso se c'e' qualcuno che gli va di impararla. Pagamento anticipato, eh, lo capite pure voi perche'.

8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: STORIA DI FANTASMI SENZA FANTASMI

- Disturbo?
- No, e' libero.
- Grazie.
- Prego.
- Dite un po', ci avete presente L'uomo che fu giovedi'?
- Veramente no.
- Dico il romanzo di Chesterton.
- Di che?
- Niente, niente. Era per introdurre il discorso.
- Che discorso?
- Quello che sto per fare.
- Ah.
- Eh.
- E allora?
- Allora ecco.
*
Quando il nonno mori' mi arrivo' un telegramma dal paese. Diceva che il nonno era passato a miglior vita e che io ero l'unico erede. Ci credo: tutto il resto della famiglia era finito come era finito. E non ho mai capito come aveva fatto il nonno a restare tanto a lungo in questa valle di lacrime.
Comunque preparai la valigia e partii. Una giornata e mezza sui treni, tre cambi e un sonno che non vi dico. Poi dalla stazione al paese c'erano altri tre chilometri a piedi. Col vento e la polvere. E la valigia. Comunque.
Il paese sarebbero una piazza, la strada principale e le case intorno. Dietro le case gli orti, dietro gli orti i campi, dietro i campi la macchia, dietro la macchia fine.
Sulla piazza c'e' la fontana del paese, la chiesa del paese e tre bar. Io venivo dalla stazione e mi fermai al primo, che era quello del Brigantino, che era il figlio del Brigantone, che ai suoi tempi ne aveva fatte di cotte e di crude, e col bottino aveva aperto il bar al figlio perche' avesse una vita piu' comoda della sua, che la vita dei briganti non era come nei romanzi francesi dell'Ottocento.
L'insegna era nuova, e diceva "New York bar". Cosi' quando entrai chiesi se era il bar del Brigantino, e il barista mi rispose che il Brigantino era morto e adesso c'era una nuova gestione. "Ah", dissi io. "Eh", disse lui. Ci avete fatto caso quante volte basterebbe dire ah ed eh e si potrebbero risparmiare un sacco di chiacchiere? Io ci ho fatto caso.
"Mica che mi saprebbe dire dov'e' che abita Filisteo Buscaglioni?". Era quello che mi aveva mandato il telegramma. "In galera". "Come, in galera?". "In galera, e' in galera". "E da quando?". "Da ieri". "Da ieri?". "Da ieri". "E perche'?". "Perche' ha ammazzato il sor Benedetto il sordo". Che era il nonno. "Ah", dissi io. "Eh", disse il barista.
Uscii dal bar e mi sedetti sulla panchina vicino alla fontana. E mo'? Forse era meglio che andavo al Comune. Ma il Comune stava in un paese vicino e c'erano altri quattro o cinque chilometri da fare, col vento e la polvere e la valigia. Cosi' decisi che era piu' facile andare dal prete, visto che la chiesa era li' vicino.
La chiesa era chiusa, ma dietro c'era una porta che dava sulla sacrestia, solo che era chiusa pure quella. Allora fermai uno e gli chiesi se mi sapeva dire dove potevo trovare il prete. Ma il prete non abitava li', abitava in quell'altro paese dove c'era pure il Comune. E allora tanto valeva che andavo al Comune.
Pero' prima di rimettermi a scarpinare mi venne un'idea: se c'era stato un omicidio se ne dovevano essere occupati i carabinieri, e la caserma dei carabinieri era dall'altro lato della piazza. Ora, a me la gente in divisa non e' che mi stia particolarmente simpatica, come non mi e' particolarmente simpatica neppure la gente che si mette la tonaca, anzi, a dirsela tutta non mi e' simpatica la gente, tutta la gente. Col lavoro che faccio e' naturale che uno diventa un po' misantropo. Pero' di farmi altri quattro o cinque chilometri proprio no. E allora.
*
- E allora?
- E allora che?
- Il seguito.
- Non c'e' un seguito.
- Ci deve essere un seguito, lei e' andato dai carabinieri, no?
- Io? Manco per idea.
- Come no? Lo stava raccontando.
- Appunto, era un racconto.
- Adesso mi sta prendendo in giro, eh?
- No, era un racconto che mi avevano raccontato.
- E il seguito?
- Non c'e' un seguito, perche' a quel punto suono' la sveglia.
- Allora era un sogno.
- Un sogno, si', ma il sogno di un altro.
- Come il sogno di un altro?
- Se ci avete pazienza ve lo spiego.
- E io la pazienza ce l'ho, e' gratis la pazienza, come la fame.
*
Era venuto al bar quel tizio strano che dicevano che era restato li' buono buono e zitto zitto ad aspettarmi fino dalla mattina, e ogni tanto prendeva un caffe' perche' se stai seduto in un bar qualche consumazione la devi fare, chi ci ha un bar mica lavora a gratis.
Io ci feci un salto dopo pranzo per sentire le novita', e il sor Otello mi disse che c'era quel forestiero che mi aspettava li' dalla mattina. E chi e', dico io. E che ne so, dice il sor Otello. Uno sbirro non pare, dico io. Non si puo' mai sapere, dice il sor Otello. Non si puo' mai sapere no, dico io. Sara' qui per farti la pelle, dice il sor Otello. E perche', dico io. E che ne so, ce lo dovresti sapere tu, dice il sor Otello. Adesso in mente non mi viene niente, dico io. E allora che fai, ci parli o sparisci, dice il sor Otello. Ci parlo, ci parlo, mica che la gente deve pensare che Ciampicone scappa.
- Buonasera.
- Buonasera a lei.
- Ho detto buonasera perche' e' passato mezzogiorno, e dopo mezzogiorno si dice buonasera, per educazione.
- Si', lo so, ho apprezzato.
- Dicono che mi cercava.
- Ah, e' lei ***?
- Per servirla.
- E' da stamattina che l'aspetto.
- Me l'hanno detto.
- Vorrei fare due parole con lei.
- Eccomi.
- E non ci sarebbe un posto un po' piu' riservato?
- Piu' riservato del bar del sor Otello?
- Magari si'.
- Magari no.
- E' che sarebbe una cosa riservata.
- E qui nessuno sente niente che non deve sentire.
- Lei deve avere molta fiducia nella natura umana.
- Io? No, no. E' che ci hanno paura. Di me, ci hanno paura. E allora non sentono.
- E se la paura finisse?
- Non finisce mai.
*
- Pero', scusi, come si fa a dirlo?
- A dirlo che?
- Che la paura non finisce mai.
- E che c'entra?
- Come che c'entra, lei ha detto che la paura non finisce mai.
- No, non l'ho detto io, l'ha detto Ciampicotto, io ve lo raccontavo e basta.
- Ma questo Ciampicotto chi sarebbe?
- Ciampicotto sarei io, e' uno pseudonimo.
- Quindi e' lei.
- E allora?
- Come allora? Allora l'ha detto lei.
- E allora?
- Allora adesso dovrebbe spiegare perche' dice che la paura non finisce mai.
- Chi lo dovrebbe spiegare?
- Lei, cioe' tu, se posso proporre di passare al tu invece di continuare a darci del lei o del voi, che sono formule di cortesia che meritano tutto il rispetto che pero' rendono il discorso piu' confuso.
- Per me va benissimo darci del tu.
- E allora diamoci del tu, no?
- E diamoci del tu.
- Adesso pero' me lo spieghi che vuol dire che la paura non finisce mai.
- Io non devo spiegare niente, ti sto solo raccontando una storia.
- Pero' se uno dice una cosa deve saperlo quello che dice.
- E chi lo dice?
- Quello che lo dice.
- No, non ci siamo capiti, dicevo chi lo dice che se uno dice una cosa deve sapere quel che dice.
- Cioe'?
- Cioe' che?
- Con te non si puo' proprio ragionare, e' meglio che continui a raccontare.
- E' meglio si', che non mi piace per niente di essere interrotto mentre parlo.
*
Allora c'era 'sta regazzetta che mezzo paese se la voleva portare a letto e quell'altro mezzo le voleva cavare gli occhi.
Si chiamava Viola, che magari neppure c'e' una santa che si chiama Viola e cosi' magari neppure faceva la festa dell'onomastico. Secondo me un padre e una madre ci dovrebbero pensare prima di mettere certi nomi ai figli quando sono piccoli che non possono difendersi. Il nome uno se lo dovrebbe mettere da solo quando ci ha venti, trent'anni, che allora ci ha la conoscenza del mondo sufficiente.
'Sta Viola la gente la chiamava pure Viola del pensiero perche' stavano sempre tutti a pensare a lei, con le intenzioni che ho detto prima. E' che al paese di femmine giovani e - se posso permettermi - avvenenti ce ne sono poche perche' scappano tutte in citta' o spariscono. Quelle che spariscono poi ogni tanto qualcuna se ne ritrova sotto qualche palata di stabbio o di terriccio. Ma pure quelle che vanno in citta' non e' che facciano una vita migliore. La vita e' la stessa dappertutto, solo che quelle che scappano ancora non ce lo sanno.
*
- Scusa, eh?
- Mo' che c'e'?
- E' che hai cominciato un'altra storia, hai perso il filo.
- E tu che ne sai?
- Come che ne so?
- Che non e' la stessa storia.
- Eh, si capisce. Adesso racconti di questa Viola che prima non c'era, e quelli di prima qui non ci sono.
- E tu che ne sai?
- Come che ne so?
- Eh, che ne sai?
- So che sono due storie diverse, anzi tre storie diverse se ci contiamo pure quella che raccontavi al principio.
- E che ne sai che non sono tutte e tre la stessa storia?
- Non e' possibile.
- E perche' non sarebbe possibile?
- Perche' la prima intanto era un sogno.
- E no. Non era un sogno.
- Come non era un sogno? Me l'hai detto tu.
- Ho detto che era il sogno di un altro, io ti ho raccontato una cosa vera.
- E che cambia se era il sogno tuo o di un altro.
- Cambia tutto, se ci pensi bene.
- Comunque non ci aveva nessun nesso con la seconda storia.
- E chi lo dice.
- Io.
- Perche' non capisci neppure quanto sei lungo. quel sogno me l'ha raccontato quello che m'aspettava al bar.
- E perche' te l'avrebbe raccontato?
- Per via della storia di Viola, no?
- Ah.
- Eh, adesso lo vedi?
- Lo vedo che?
- Che non ci hai capito un colpo. Lo hai mai letto il dottor Freud?
- L'ho sentito dire, ma letto non l'ho letto mai, a me piacciono i gialli e la fantascienza.
- Pure a me piacciono i gialli e la fantascienza, pero' uno dovrebbe leggere pure qualche altra cosa, no?
- Magari si', ad averci il tempo.
- Ma il tempo si trova, no?
- Vabbe', continua a raccontare.
- Se la smetti di interrompere continuo si'.
*
Quando spari' Viola la gente se ne accorse subito, le tenevano sempre tutti gli occhi addosso. E tutti si chiedevano chi era stato. E piu' di tutti se lo chiedeva Robespierro.
Che adesso di sicuro tu me lo chiedi chi e' Robespierro, eh?
E' il nome che gli ho dato io a quello che m'era venuto a cercare al bar del sor Otello, che non e' il nome vero. Neppure quello di Viola e' il nome vero.
E Robespierro mi dice che lui ci ha un sospetto che gli e' venuto quando ha fatto un sogno, e che ci ha pure da parte qualche soldarello, e che vorrebbe spendere quei soldarelli e che vorrebbe ottenere giustizia. Per questo mi e' venuto a cercare, e si era portato dietro i soldarelli.
Io gli ho fatto pure a lui un discorsetto, come lo faccio a tutti prima di accettare un incarico, cosi' come prima di portarlo a termine del resto, che mi piacciono le cose chiare; e alla fine gli ho chiesto se era proprio sicuro, e lui ha detto di si'. Ha lasciato quello che doveva lasciare ed e' uscito dal bar che era piu' leggero. Poi lemme lemme se ne e' andato alla stazione ad aspettare il primo treno che passava.
Cosi' eccomi qui.
Adesso, adesso dovresti dire qualche cosa.

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Shirin Ebadi, La gabbia d'oro, Rizzoli - Rcs Libri, Milano 2008, 2009, pp. VIII + 264.
- Azar Nafisi, Le cose che non ho detto, Adelphi, Milano 2009, 2015, pp. 350 (+ 24 pagine di inserto fotografico).
- Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran, Adelphi, Milano 2004, 2009, pp. 384.
*
Riedizioni
- Murakami Haruki, Wada Makoto, Ritratti in jazz, Einaudi, Torino 2013, 2015, Rcs, Milano 2020, pp. IV + 252, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3896 del 18 ottobre 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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