[Nonviolenza] No. 25



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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 25 del 7 settembre 2020

In questo numero:
1. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
2. Il testo del quesito referendario
3. Siti utili per l'informazione e l'impegno
4. "Selbstdenken". La sera di sabato 5 settembre a Cura di Vetralla si e' tenuto un incontro per il NO al referendum
5. Franco Astengo: La lenta e inesorabile crescita del NO al referendum
6. Massimo Villone: Il NO si fonda su serissime ragioni...
7. Associazione nazionale partigiani d'Italia: Perche' votiamo NO al referendum del 20-21 settembre
8. L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
9. "Area democratica per la giustizia": Il taglio dei parlamentari e' un vulnus per la democrazia

1. APPELLI. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE

Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.

2. MATERIALI. IL TESTO DEL QUESITO REFERENDARIO

Il testo del quesito referendario e' il seguente: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?".

3. RIFERIMENTI. SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE E L'IMPEGNO

- Comitato nazionale per il NO al taglio del parlamento: sito: www.noaltagliodelparlamento.it
- Coordinamento per la democrazia costituzionale, sito: www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it

4. REPETITA IUVANT. "SELBSTDENKEN". LA SERA DI SABATO 5 SETTEMBRE A CURA DI VETRALLA SI E' TENUTO UN INCONTRO PER IL NO AL REFERENDUM

La sera di sabato 5 settembre 2020 a Cura di Vetralla (Vt) il responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, Peppe Sini, ha tenuto una conversazione argomentando le ragioni del NO al referendum del 20-21 settembre.
In particolare il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha evidenziato come sia necessario opporre un fermo NO alla manomissione della Costituzione, un fermo NO alla mutilazione del parlamento, un fermo NO all'estromissione delle minoranze dalle istituzioni rappresentative, un fermo NO alla negazione della separazione e del controllo dei poteri, un fermo NO allo svuotamento della democrazia; un fermo NO all'antiparlamentarismo, un fermo NO al fascismo, un fermo NO alla barbarie.
Di seguito una sintesi degli argomenti svolti.
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No pasaran
Occorre opporre un fermo NO alla mutilazione del Parlamento finalizzata a ridurlo a uno zimbello nelle mani dei capibastone delle macchine politiche oligarchiche e a uno scendiletto del governo di insipienti e irresponsabili al servizio di burattinai avidi di potere, corruttori e totalitari.
Occorre opporre un fermo NO alla manomissione della Costituzione repubblicana: strozzare il Parlamento che e' l'unico dei tre poteri dello stato diretta espressione della sovranita' popolare significa far saltare l'equilibrio dell'ordinamento istituzionale e con esso la separazione e il controllo dei poteri, la democrazia e lo stato di diritto.
Occorre opporre un fermo NO alla palese volonta' di cancellare ogni possibilita' di rappresentanza istituzionale del movimento delle sfruttate e degli sfruttati, delle oppresse e degli oppressi: la riforma imposta da Conte, Salvini e Di Maio mira infatti a un parlamento in cui siano presenti solo i maggiordomi dei ricchi e dei potenti.
Occorre opporre un fermo NO alle manovre miranti ad imporre il ritorno all'assolutismo, alla sudditanza, alla schiavitu'.
Occorre opporre un fermo NO alla deriva dalla democrazia all'oligarchia, alla dittatura, alla barbarie.
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Heart of Darkness
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono gli stesso gentiluomini di ventura che nell'anno in cui hanno governato insieme hanno commesso orribili e obbrobriose violazioni della Costituzione della Repubblica italiana, orribili e obbrobriose violazioni del diritto internazionale, orribili e obbrobriose violazioni dei diritti umani, fino ad arrivare al'infamia delle infamie di cercar di impedire che naufraghi in pericolo di morte venissero soccorsi, fino ad arrivare ad essere complici e finanziatori dei criminali poteri libici che imprigionano, torturano e fanno morire esseri umani innocenti nei lager.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri che hanno imposto e che mantengono in vigore antileggi hitleriane che fanno orrore all'umanita' intera.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri responsabili di crimini contro l'umanita', di omissione di soccorso, di persecuzioni razziste, dell'imposizione nel nostro paese di un regime di apartheid.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri che insistono nel volere imporre umiliazioni, violenze e addirittura deportazioni a esseri umani innocenti.
I messeri che hanno imposto la scellerata riforma costituzionale a cui dobbiamo opporre un fermo NO, sono i ministri ed ex-ministri mentitori sistematici, eversori dall'alto, tracotanti egoisti le cui mani sono sporche del sangue della strage degli innocenti in corso nel Mediterraneo.
Per i crimini razzisti commessi durante il loro governo in combutta per questi ministri ed ex-ministri le competenti magistrature dovrebbero disporre al termine di equi processi l'interdizione perpetua da tutti i pubblici uffici.
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La democrazia costa soldi, il fascismo solo sangue
La retorica dei soldi che restano nel portafogli, unico grottesco argomento dei sostenitori della sciagurata riforma costituzionale a cui occorre opporre un fermo NO, e' semplicemente ignobile e fraudolenta.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando le scellerate, colossali, mostruose spese per gli armamenti assassini.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando le abominevoli, gigantesche spese militari e facendo cessare la complicita' con organizzazioni terroriste come la Nato.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: si risparmino i soldi pubblici tagliando gli scellerati sprechi del ceto politico e le infinite ruberie clientelari e nepotiste.
Ai governanti ed ex-governanti ladri e sperperatori diciamo: i costi della democrazia, i costi della legalita' che salva le vite, sono necessari e benedetti. L'ideologia e la retorica che pretendono di abolire la democrazia perche' e' costosa, sono un'ideologia e una retorica fasciste, il cui scopo e' instaurare la dittatura dei ricchi e dei violenti, dei rapinatori e degli abusatori.
La democrazia costa soldi, il fascismo solo sangue. Noi preferiamo la democrazia che salva le vite al fascismo che le vite sopprime.
NO all'antiparlamentarismo che e' l'anticamera del fascismo. NO al razzismo e al militarismo. No alla dittatura dei ricchi. NO a un regime in cui al posto delle leggi e della liberta' c'e' la dittatura del libretto degli assegni e del passo dell'oca.
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Rappelle-toi Barbara
Come hanno dimostrato 183 illustri costituzionalisti in un loro inconfutabile appello:
1) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita'".
2) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale".
3) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori".
4) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto".
5) Occorre opporre un fermo NO a una riforma che "appare ispirata da una logica 'punitiva' nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa".
Come ha scritto l'Associazione nazionale partigiani d'Italia nel suo appello per il NO: "Non sprechiamo le conquiste di liberta' e democrazia donateci dalla Resistenza. Tagliare cosi' il numero dei parlamentari vuol dire tagliare il diritto di scegliere i nostri rappresentanti. Noi votiamo NO".
NO alla manomissione della Costituzione, NO alla mutilazione del parlamento, NO all'estromissione delle minoranze dalle istituzioni rappresentative, NO alla negazione della separazione e del controllo dei poteri, NO allo svuotamento della democrazia.
NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
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Repetita iuvant
Come e' scritto nell'"appello nonviolento per il NO al referendum":
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".
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Al fin della licenza
All'ascolto, alla scuola e alla sequela di Rosa Luxemburg e di Hannah Arendt, di Simone Weil e di Virginia Woolf, il 20-21 settembre votiamo NO.

5. DOCUMENTAZIONE. FRANCO ASTENGO: LA LENTA E INESORABILE CRESCITA DEL NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.lasinistraquotidiana.it]

Dal 4 settembre non vi e' piu' la possibilita' di diffusione dei sondaggi relativi all'esito del referendum costituzionale (poi si proseguira' sottobanco, ma si tratta di un altro discorso).
E' il caso, quindi, di tentare di fissare un punto al riguardo di quanto e' emerso come indicazione di massima dal "trend" palesatosi al proposito nel corso di queste settimane.
Un'analisi alla quale vanno unite unendo necessarie "istruzioni per l'uso", specificatamente collegate all'eccezionalita' della situazione in atto.
Le ultime indicazioni emerse dal lavoro eseguito dai sondaggisti per il "Corriere della Sera" e per il telegiornale de "La 7" indicano come sia salito al 30% il "NO" potenziale di elettrici ed elettori al riguardo del taglio delle democrazia proposto dal M5S e codinamente accettato per mere ragioni di opportunismo dalla gran parte dell'arco parlamentare.
Come vedremo si tratta di un dato da assumere con grande attenzione ma che risulta sicuramente indicativo di una tendenza che in queste settimane e' apparsa in sicura crescita: ancora pochi giorni fa "Repubblica" (probabilmente pubblicando con grande superficialita' materiale datato) assegnava al "NO" il 18%.
Si e' registrato quindi in pochi giorni, almeno sul piano dei sondaggi, un incremento del 12%.
Un dato sicuramente incoraggiante per quanti sostengono la posizione del rifiuto della deformazione costituzionale approvata dalle Camere.
Purtuttavia occorre prestare attenzione ad alcuni elementi molto importanti:
1) non e' possibile formulare una previsione rispetto alla partecipazione al voto che risulti dotata di una qualche plausibilita'. Sotto questo aspetto e' facile prevedere, prima di tutto, che si verifichera' un forte squilibrio tra i Comuni dove si votera' per le elezioni regionali e/o per l'elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale e i Comuni nei quali si votera' esclusivamente la sola scheda referendaria. Si ricorda che il 20–21 settembre si votera' in 7 regioni e in piu' di 1.000 comuni. Squilibrio che risultera' accentuato dalle condizioni di eccezionalita' imposte dall'emergenza sanitaria. Da quel dato di asimmetria nella partecipazione al voto si determinera' il risultato (questo tipo di referendum non prevede quorum di partecipazione) e questo fatto fara' risaltare ancora di piu' l'incongruita' costituzionale della scelta dell'election day. Quello dell'election day e' stato un altro ricatto subito dai partner di governo dei 5 stelle. Aver votato la deforma dopo essersi espresso contro in altre tre occasioni ha rappresentato un ulteriore momento di vero e proprio smarrimento da parte del PD in nome di una "governabilita'" confusa come quella che si sta esercitando con il Conte bis. Da tener conto, ancora, della scarsa capacita' d'attrazione dell'elezione regionale: altro elemento che portera' il dato dell'affluenza alle urne a dimostrarsi assolutamente decisivo;
2) la linea di tendenza mostrata dai sondaggi, fatte salve tutte le opportune cautele del caso, ha evidenziato la possibilita' di allargamento degli spazi a disposizione del "NO". Vale la pena tentare di fare in modo che cio' accada anche perche' si sta dimostrando un fenomeno che gia' in passato dimostro' come si stesse accentuando il solco tra Parlamento ed elettorato: in questa occasione il parlamento ha votato a favore con l'88,7% del consenso, ed e' questo un dato da tener presente con attenzione. Quanto sara' lo scarto tra voto del Parlamento e voto popolare? Risiede su questo punto una delle chiave di interpretazione del voto. Una chiave che dovra' guidarci non soltanto nell'analisi ma anche nella nostra futura capacita' propositiva posta sul piano piu' direttamente politico.
La sostanza del discorso puo' essere cosi' riassunta: pur nella difficolta' del momento le indicazioni che ci vengono da un'analisi del quadro complessivo affermano che vale proprio la pena di intensificare, a tutti i livelli, l'azione della campagna elettorale per il NO partendo dal richiamare al voto gli appartenenti a quelle aree politiche dimostrate nel passato piu' vicine a idee di difesa della Costituzione.
Nell'ultima fase della campagna elettorale risultera' decisivo, dal nostro punto di vista, richiamare con forza proprio i principi generali della Costituzione.
Si tratta di riuscire a far riflettere su quanto questa scelta sciagurata di riduzione lineare inciderebbe proprio sui principi fondativi della nostra Carta fondamentale.
Se passasse questa vera e propria riduzione di democrazia finirebbe con l'aprirsi una "breccia" molto pericolosa nella quale potrebbero infilarsi istanze di tipo presidenzialista, di ulteriore riduzione del Parlamento e dell'insieme delle assemblee elettive, di crescita di una spirale di personalizzazione della politica che va assolutamente evitata preservando, invece, il tipo di Repubblica Parlamentare delineata dalla nostra Costituzione, nella rappresentanza del pluralismo politico e dell'insieme delle realta' territoriali del Paese.

6. DOCUMENTAZIONE. MASSIMO VILLONE: IL NO SI FONDA SU SERISSIME RAGIONI...
[Dal sito www.coordinamentodemocraziacostituzionalenapoli.it riprendiamo questo intervento apparso originariamente sul quotidiano "Il manifesto" il 4 settembre 2020 col titolo "Il NO a sinistra limpido e senza trappole"]

Con il sondaggio pubblicato dal "Sole 24 Ore" il primo settembre i sonni di Zingaretti – gia' inquieti – si popolano di incubi, mentre la Direzione del partito si avvicina.
La Toscana e' sul filo del rasoio per il voto regionale, con il No addirittura al 52% nel referendum: 59% nel Pd, 76% Fi, 44% FdI, 64% Lega. Solo il M5S e' monoliticamente per il si' (99%).
Una tempesta perfetta potrebbe essere in arrivo. E qualcuno potrebbe malignare che la debolezza del Pd ha nome Zingaretti.
Capiamo dunque i toni e i contenuti della lettera di Zingaretti a "Repubblica". Al segretario vogliamo dire che puo' essere vero, per quanto riguarda la destra, l'intento di usare il No, a prescindere dal merito, come "clava per colpire il Pd, la maggioranza e il governo stesso". Ma deve essere chiaro, per quanto riguarda invece il variegato mondo della sinistra, che questo intento assolutamente non c'e'. Piuttosto, il No si fonda su serissime ragioni, che per la loro rilevanza non si possono pretermettere al fine di difendere il Pd o il governo. Bisognava evitare di porre partito ed esecutivo nell'angolo in cui sono finiti, e nel quale sarebbero finiti comunque, anche senza il referendum.
Come scrive Fabozzi su queste pagine, se c'e' un trappolone Zingaretti se l'e' costruito da se'. Ora, non vogliamo affatto entrare in partite a scacchi o giochi al massacro. Ma non possiamo – da cittadini – ignorare gli errori e le questioni di merito che conducono al No.
Il primo errore. Non si baratta la Costituzione con la nascita di un governo. Sono beni incomparabili. Dalle riforme a colpi di maggioranza, che abbiamo conosciuto con il Titolo V del 2001, e poi nel 2006 e 2016, arriviamo ora alle riforme da ricatto tra partners di maggioranza. Di male in peggio. Per alcuni, saremmo addirittura agli esiti di faide interne al M5S.
Il secondo errore. Andava messo in standby l'ultimo voto sul taglio dei parlamentari, portandolo in dirittura finale insieme ai cosiddetti correttivi. Questo avrebbe consentito migliori risposte sul piano tecnico, garantendo al tempo stesso tutti su quello politico. Bastavano pochi mesi.
Il merito. Zingaretti punta molto sulla legge elettorale proporzionale. Allo stato solo promessa, pur se giungesse in porto – e non e' per nulla certo – nelle regioni piccole e medie non basterebbe ad assicurare una adeguata rappresentanza. Soprattutto in Senato. Lo sbarramento di fatto sarebbe molto piu' alto del 5% su cui si litiga, e il paese sarebbe rappresentato a pelle di leopardo.
Per ovviare al deficit di rappresentanza, si pensa di affiancare il sistema proporzionale con circoscrizioni pluriregionali, cancellando la base elettorale regionale oggi richiesta dall'art. 57 della Costituzione per il Senato. In ipotesi, affettando idealmente la regione piccola, e aggregandone ai fini del voto i pezzi a regioni maggiori. Funzionerebbe?
Anche a non voler considerare le difficolta' e i costi di una campagna elettorale in mega-circoscrizioni, sarebbe comunque difficile per i territori aggiunti conquistare un proprio rappresentante. Inoltre, l'elettore si troverebbe a votare governatori diversi, consiglieri regionali diversi, ma uno stesso senatore. E l'eletto – vero Batman della politica – si troverebbe a rappresentare territori, storie, economie diverse, e magari a rapportarsi con equilibri politici regionali contrapposti. Auguri.
Gia' basta e avanza per un No. Gli altri correttivi – delegati regionali, elettorato attivo – sono riformette, e per un Si' non bastano. L'argomento del (risibile) risparmio e' felicemente scomparso dal dibattito. E' poi falso che il parlamento italiano sia pletorico rispetto a quello di altri paesi a noi comparabili. Come e' falso anche l'argomento dell'efficienza, smentito soprattutto dalla constatazione che l'inefficienza delle istituzioni viene dalla litigiosita' di maggioranza. L'abbiamo visto per il Mes e lo vediamo in queste ore per la querelle sui vertici dei servizi. Rifletta dunque Zingaretti, prima di crocifiggere il suo riluttante partito sul Si'. I pretendenti gia' scaldano i motori.
E' ben vero che anche la sinistra ha in passato ipotizzato tagli. Ma era un altro mondo, come ha spiegato benissimo su queste pagine Gianni Ferrara, decano dei costituzionalisti italiani e protagonista di quel tempo. Erano proposte volte a rafforzare il parlamento, non – come oggi – a indebolirlo. Nulla abbiamo da aggiungere.

7. REPETITA IUVANT. ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA: PERCHE' VOTIAMO NO AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE
[Dal sito dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia (www.anpi.it) riprendiamo il seguente vademecum per il referendum del 20-21 settembre 2020]

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia: Perche' votiamo NO
Vademecum per il referendum del 20-21 settembre 2020
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Il 20 e 21 settembre si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero di parlamentari; contemporaneamente si vota in sette Regioni, in piu' di mille Comuni per la tornata elettorale delle amministrative, per le elezioni suppletive nei collegi Sardegna 03 e Veneto 09 del Senato.
Con la riforma costituzionale il Parlamento passera' dagli attuali 630 deputati a 400 e dagli attuali 315 senatori a 200. E' un taglio di piu' del 36%.
La scelta di accorpare il referendum e il voto in una unica data per di piu' cosi' ravvicinata, immediatamente dopo il periodo festivo, rendera' impossibile fornire ai cittadini in campagna elettorale una adeguata informazione sul tema referendario, che e' molto importante perche' comporta una rilevante modifica della Costituzione.
Inevitabilmente tanti elettori, portati alle urne dalle contemporanee elezioni amministrative e regionali, saranno costretti a votare in modo frettoloso e superficiale, non avendo su fficienti elementi di conoscenza per giudicare se il taglio dei parlamentari proposto sia una scelta giusta, opportuna e ponderata, o meno.
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Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
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Dicono che in Europa l'Italia ha il numero piu' alto di parlamentari: non e' vero.
Fra i Paesi dell'Unione Europea l'Italia, rispetto al numero di abitanti, ha un numero di deputati molto basso, poco piu' di Francia, Olanda, Spagna e Germania, e meno, spesso molto meno di tutti gli altri Paesi.
[Per insormontabili difficolta' grafiche abbiamo qui omesso la riproduzione della tabella che puo' essere consultata nel sito www.anpi.it - ndr] Dal Dossier degli uffi ci studi di Camera e Senato. Con la riforma in Italia si avrebbe un deputato ogni 151.210 abitanti; diventerebbe il Paese Ue col minor numero di deputati per abitante (0.7 per 100.000). In altre parole diminuisce la rappresentanza.
In parole povere, con la riforma un deputato non rappresenterebbe piu' come prima in media 96.006 elettori, ma ben 151.210. Percio' per il deputato sara' molto piu' diffi cile rappresentare concretamente un numero cosi' elevato di cittadini. Questo e' il limite piu' grande della riforma, perche' colpisce la funzione piu' importante che dovrebbe avere il parlamento: la rappresentanza. Sara' poi piu' diffi cile, ed in alcuni casi impossibile, rappresentare adeguatamente le minoranze linguistiche e i partiti piu' piccoli. Inoltre tagliando cosi' i parlamentari potra' essere che in questa o quella regione siano eletti solo i candidati della maggioranza. Per questo la riforma e' l'ennesimo colpo ad un parlamento gia' duramente sminuito.
Nel corso degli ultimi decenni ci hanno raccontano che andava migliorata la governabilita' e per questo hanno umiliato la rappresentanza. Che vuol dire rappresentanza? Vuol dire agire su un mandato consapevole di altri, in loro nome. In questo caso, su mandato degli elettori. Che vuol dire governabilita'? Vuol dire garantire che il governo possa fare il suo lavoro a lungo e senza intoppi. In realta' per una presunta governabilita', hanno trascurato la rappresentanza. Infatti tanta gente non si sente rappresentata e non va piu' a votare. Con l'attuale legge elettorale di fatto l'elettore non decide chi eleggere, ma lo decide il capopartito o il capocorrente. E non e' vero che e' migliorata la governabilita'. Basti pensare alla crisi dell'ultimo governo ad agosto dell'anno scorso, quando il ministro dell'Interno ha deciso di far cadere il suo stesso governo. Che c'entra il parlamento?
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Dicono che si risparmieranno 500 milioni di euro a legislatura: non e' vero.
I tecnici aff ermano che la cifra esatta e' circa la meta', per l'esattezza 285 milioni di euro per legislatura, pari a 57 milioni all'anno. Si tratta dello 0,007 per cento della spesa pubblica. Una cifra insignificante.
Peraltro la riduzione dei costi come conseguenza della riduzione del numero di parlamentari e' un fatto del tutto marginale, perche' i costi di Camera e Senato sono determinati da moltissime voci e variano enormemente a parita' di numero dei parlamentari. Per esempio la Camera del Regno Unito costa molto meno di quella italiana a parita' di numero, mentre quella degli Stati Uniti costa di piu', nonostante il numero di rappresentanti (parlamentari) sia di 435, cioe' molto inferiore al numero attuale di deputati nel parlamento italiano.
Risparmiare e' giustissimo, e il primo a dare l'esempio dev'essere lo Stato. Ma un conto e' risparmiare, un altro conto e' tagliare a casaccio, senza criterio, solo per mettersi il fiore all'occhiello e dire "Abbiamo tagliato la casta!". Tutti i Paesi hanno dei costi per far funzionare le istituzioni. Ma i costi per far funzionare la democrazia sono degli investimenti perche' siano garantiti diritti e liberta'.
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Dicono che ci sara' una maggiore efficienza del Parlamento: non e' vero.
Dove sta scritto che avere meno parlamentari aumenti l'e fficienza? Ma in primo luogo che vuol dire e fficienza del Parlamento? Vuol dire maggiore capacita' di realizzare i suoi compiti. I compiti stabiliti con chiarezza dalla Costituzione sono tre: rappresentare i cittadini ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione"), legiferare ("La funzione legislativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere"), controllare l'operato del governo in base a un rapporto fiduciario ("Il governo deve avere la fiducia delle due Camere"). Abbiamo gia' visto che la funzione di rappresentanza sara' fortemente svuotata. La funzione legislativa e' del tutto indipendente dal numero di parlamentari. Il controllo sull'operato del governo sara' presumibilmente meno e fficace, perche' un gruppo di parlamentari molto piu' ridotto sara' meno pluralista e piu' facilmente prono alle indicazioni del capogruppo.
Per di piu' diminuendo drasticamente il loro numero, in Aula e nelle Commissioni vi saranno meno parlamentari con competenze specifiche. Bisognera' comunque riscrivere i regolamenti delle Commissioni e dei gruppi parlamentari.
In sostanza a ffermare che con meno parlamentari aumentera' l'effi cienza e' un'aff ermazione non dimostrata in alcun modo, e percio' puramente propagandistica.
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Legge elettorale e elezione del Presidente della Repubblica: Scilla e Cariddi.
La riduzione del numero di parlamentari comporta necessariamente la modifica della legge elettorale.
Per salvaguardare in qualche modo la rappresentanza, ci vorrebbe una legge elettorale proporzionale che tuteli i piccoli partiti. Non c'e' ancora nulla.
Non solo: bisognera' cambiare ancora la Costituzione per l'elezione del Presidente della Repubblica. Infatti la Costituzione aff erma che "Il Presidente della Repubblica e' eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze". Ma se diminuisce di piu' di un terzo il numero dei parlamentari e si mantiene lo stesso numero di delegati regionali, si da' a questi ultimi un soverchiante potere di elezione a discapito di quello dei parlamentari. D'altra parte diminuendo il numero dei rappresentanti regionali, come necessario, c'e' il rischio di non assicurare la rappresentanza delle minoranze.
Un vero pasticcio che richiede una riformulazione dell'articolo della Costituzione per salvaguardare il potere del Parlamento senza punire le minoranze regionali.
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Chi non paga le tasse, chi ha sede fiscale all'estero: la vera casta.
La polemica contro i rappresentanti delle istituzioni come "la casta" e' inquietante. Ci sono i ricchissimi, che spesso le tasse non le pagano, o che hanno la sede fiscale all'estero. Ci sono grandi patrimoni che sembrano intoccabili. La vera casta. Ma su di loro, un muro di silenzio.
Diciamoci la verita': oggi, proprio quando i ricchi sono sempre piu' ricchi e i poveri sono sempre piu' poveri – basti pensare al dramma del virus – si difende un sistema che mantiene e aumenta le diseguaglianze, si difende una casta, quella vera. E si off ende e si umilia il parlamento, cioe' il cuore della rappresentanza politica, invece di restituirgli la sua funzione costituzionale.
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Serve un Parlamento rappresentativo, forte e autorevole: e' una riforma scritta male.
Questa riduzione del numero di parlamentari e' scritta male, senza alcuna seria motivazione e senza alcuna considerazione sulle conseguenze istituzionali. Non sembra progettata per migliorare il lavoro del Parlamento, ma per ridurne ancora le funzioni trasformandolo in uno strumento marginale della democrazia. Tanto minore e' il potere del Parlamento, tanto maggiore e' il potere del governo, cioe' dell'esecutivo. Ma oggi all'Italia serve proprio il contrario: una democrazia forte e' una democrazia che rappresenta fortemente i cittadini attraverso organismi autorevoli e riconosciuti a cui i cittadini rivolgono la loro fiducia. E' invece sulla sfiducia e sul qualunquismo che punta questa riforma: i continui attacchi al Parlamento – la "casta", le "poltrone" – rivelano un'avversione verso la democrazia rappresentativa molto pericolosa perche' puo' portare al successo dell'idea dell'uomo forte, idea che ha gia' portato una volta il Paese nel baratro.
Addio diritti!
Addio democrazia!
Non sprechiamo le conquiste di liberta' e democrazia donateci dalla Resistenza!
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Tagliare cosi' il numero dei parlamentari vuol dire tagliare il diritto di scegliere i nostri rappresentanti.
Noi votiamo NO.
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
www.anpi.it - www.patriaindipendente.it

8. REPETITA IUVANT. L'APPELLO DI 183 COSTITUZIONALISTI PER IL NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.huffingtonpost.it riprendiamo questo appello sottoscritto da 183 costituzionalisti pubblicato il 24 agosto 2020]

Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!
[Seguono le firme]

9. REPETITA IUVANT. "AREA DEMOCRATICA PER LA GIUSTIZIA": IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E' UN VULNUS PER LA DEMOCRAZIA
[Dal sito www.noaltagliodelparlamento.it riprendiamo il seguente intervento del primo settembre 2020 dal titolo "Taglio dei parlamentari: un vulnus per la democrazia" e il sommario "Si rischia un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze", apparso originariamente nel sito www.areadg.it]

A breve i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi con referendum confermativo sulla legge di revisione costituzionale dal titolo: "Modifiche agli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari". La legge n. 249/2019 prevede un drastico taglio, pari a 36,5%, dei componenti di Camera e Senato (che passano rispettivamente da 630 a 400 e da 315 a 200), fissa a cinque il numero dei senatori a vita, riduce da sei a quattro il numero dei senatori eleggibili nella Circoscrizione Estero, abbassa a tre il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione, con l'eccezione del Molise e della Valle d'Aosta per le quali il numero minimo di senatori e' fissato rispettivamente a due e ad uno, mentre le province autonome di Trento e Bolzano sono equiparate alle regioni e per esse il numero minimo e' fissato a tre per ciascuna provincia.
Si tratta di un referendum confermativo per il quale non e' previsto un quorum: a prescindere dalla partecipazione al voto, se dovessero prevalere i "si'", con le prossime elezioni le rappresentanze parlamentari saranno ridotte di oltre un terzo e cio' in assenza della riforma della legge elettorale.
Secondo i sostenitori della legge, questa dovrebbe portare tre risultati: allineare il numero dei nostri rappresentati in Parlamento alle medie degli altri Parlamenti, in particolare di quelli europei, sull'assunto che quello italiano sia eccessivo; ridurre i costi della politica; assicurare maggiore efficienza al nostro Parlamento. Ma molti autorevoli costituzionalisti hanno assunto posizioni fortemente critiche, osservando che si tratta di una riforma che non realizza gli obiettivi prefissati e rischia, invece, di produrre effetti distorsivi sulla qualita' della nostra democrazia. La riforma, comportando un taglio lineare di oltre un terzo dei parlamentari, non assicura un recupero di efficienza del Parlamento, specie in assenza di riforma dei Regolamenti parlamentari e delle procedure di approvazione delle leggi; determinera', invece, un sensibile rallentamento, se non la paralisi, del lavoro parlamentare e delle Commissioni, aggravandone l'inefficienza.
Quanto ai costi, affrontando il tema senza inseguire le spinte populiste dell'antipolitica, si deve riconoscere che la democrazia ha costi che occorre sostenere per assicurare il funzionamento delle istituzioni repubblicane da cui dipende la garanzia delle liberta' fondamentali, il cui valore non e' comparabile con il declamato risparmio. Sul quale, peraltro, nessuno e' stato in grado, finora, di fornire dati affidabili: i sostenitori della legge parlano di un risparmio di 500 milioni a legislatura; i detrattori lo stimano in 50 milioni o poco piu'. Nessuno e' in grado di fornire dati certi e verificabili. Quale che sia l'entita' del risparmio, esso non incidera' realmente sui costi del Parlamento. Il taglio ridurra' solo le indennita' di mandato, ma non le spese, certo piu' cospicue, di funzionamento delle camere; soprattutto non incidera' sui costi realmente inutili della politica, sugli enti superflui, sulle spese fuori controllo, sugli sprechi e sui privilegi, sulle pratiche degenerative ed illegali.
Quanto all'allineamento del numero dei nostri parlamentari alle medie di quelli europei, le comparazioni hanno dimostrato che l'argomento e' suggestivo e demagogico; certo e' che, invece, se la riforma andra' a regime, l'Italia sara' tra i paesi europei con il minor numero di rappresentanti eletti in Parlamento.
Occorre allora, molto seriamente, domandarsi se un risparmio di spesa incerto, e scarsamente incidente sui costi della politica, costituisca un vantaggio tanto significativo da giustificare gli effetti distorsivi che la riforma rischia di determinare sulla democrazia, sulla rappresentanza politica e sul pluralismo. Effetti che rischiano di aggravarsi in assenza della riforma della legge elettorale, aumentando la distanza tra la politica e i cittadini elettori; perche' in presenza della legge elettorale attuale, nelle quale la composizione delle liste e' decisa dalle segreterie dei partiti, la riduzione del numero degli eleggibili accresce il ruolo di queste ultime, che finiranno con l'occupare ogni spazio di rappresentanza, e determina una marcata marginalizzazione delle minoranze, se non la loro espulsione dal Parlamento. Ne' potranno trovare adeguata rappresentanza tutte le differenti realtà territoriali del nostro Paese, perche' la riforma penalizza i territori piu' fragili che non potranno piu' portare in Parlamento le loro istanze e bisogni, ma anche la ricchezza di idee e visioni che le periferie del nostro Paese spesso sono capaci di esprimere.
Cio' si inserirebbe in un quadro istituzionale che gia' registra un progressivo e preoccupante svilimento del ruolo del Parlamento rispetto al Governo, attuato attraverso l'irrigidimento della disciplina di partito, fino alla sostanziale imposizione del vincolo di mandato, il costante ricorso alla decretazione d'urgenza, alla legge delega e al voto di fiducia, il sistematico accantonamento delle proposte di legge di iniziativa parlamentare per dare corso piu' rapido a quelle governative.
Il risultato sara' un Parlamento meno rappresentativo, meno efficiente, meno pluralista, perche' privo dei contributi di tanti territori e delle minoranze, ed omologato alle direttive del Governo. Un vulnus per la democrazia rappresentativa voluta dalla Costituzione che rischia di aggravare la crisi di credibilita' nella quale da tempo versano le istituzioni del nostro Parlamento, sempre piu' distanti dai cittadini.

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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 25 del 7 settembre 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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