[Nonviolenza] Severino Vardacampi: Per tre ragioni votero' NO al referendum del 20-21 settembre 2020



SEVERINO VARDACAMPI: PER TRE RAGIONI VOTERO' NO AL REFERENDUM DEL 20-21 SETTEMBRE 2020

In questi giorni un numero crescente di persone, e di prestigiose associazioni, stanno prendendo posizione per il NO al referendum che si terra' fra tre settimane. Da don Luigi Ciotti a padre Alex Zanotelli, da Romano Prodi a Massimo Cacciari, dalle Acli all'Arci, dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia fino a 183 illustri costituzionalisti che hanno sottoscritto un appello la cui lettura convincerebbe a votare NO chiunque abbia il dono della ragione.
Ovviamente tutte queste persone condividono alcuni motivi comuni, poi ciascuna ne propone anche altri, diversi e fin peculiari.
Anche io votero' NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Conte, Di Maio e Salvini, per le stesse ragioni per cui votai NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Berlusconi nel 2006, e per le stesse ragioni per cui votai NO alla mutilazione del parlamento italiano imposta da Renzi nel 2016. Contro l'aggressione alla Costituzione e alla democrazia rappresentativa da parte di Berlusconi prima, e di Renzi poi, vincemmo. Possiamo, dobbiamo vincere anche contro l'aggressione alla Costituzione e alla democrazia rappresentativa da parte di Conte, Di Maio e Salvini.
Da semplice "quidam de popolo" enuncio qui di seguito le tre ragioni che ritengo decisive per votare NO.
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La prima ragione: perche' preferisco la democrazia alla dittatura; perche' preferisco il Parlamento allo squadrismo; perche' preferisco la separazione (e quindi il bilanciamento e il reciproco controllo) dei poteri al fascismo.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece l'arbitrio del piu' forte, del piu' selvaggio, del piu' brutale.
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La seconda ragione: perche' preferisco che le leggi siano fatte attraverso una pubblica discussione ascoltando tutte le opinioni e tutte le critiche con tutto il tempo che ci vuole, e in un luogo in cui sia rappresentata la maggior parte possibile della popolazione con criterio proporzionale e quindi senza esclusione delle minoranze, poiche' la democrazia in questo consiste: nel conflitto civilmente espresso e nella mediazione razionalmente raggiunta nel rispetto dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani garantiti per legge.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece che decidano tutto quattro criminali razzisti nelle segrete stanze dei bottoni nel disprezzo e a danno dell'intera umanita'.
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La terza ragione: perche' provo disgusto ed orrore di ogni violenza e soprattutto della violenza dei potenti, e preferisco vivere in un paese in cui la legalita' salvi le vite, in cui ogni essere umano bisognoso di aiuto sia aiutato, in cui ogni persona abbia il diritto di far valere il suo voto, in cui si possano correggere gli errori prima che abbiano conseguenze nefaste e irreversibili.
Chi vuole mutilare il parlamento preferisce invece risparmiarsi la fatica del pensiero, della comprensione, del dialogo, del riconoscimento e del rispetto delle altre persone, ed imporre la barbarie che e' sempre distruttiva, che e' sempre assassina.
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Per queste tre ragioni votero' NO al referendum del 20-21 settembre 2020.
NO all'antiparlamentarismo, NO al fascismo, NO alla barbarie.
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In calce a questa dichiarazione allego l'"appello nonviolento per il NO" promosso dalla struttura nonviolenta viterbese e il testo integrale dell'appello dei 183 costituzionalisti, materiali che mi sembrano utili per l'autonoma riflessione di chi vorra' leggere queste righe.

Severino Vardacampi, collaboratore del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo

Viterbo, 30 agosto 2020

Mittente: "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it

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Allegato primo: Un appello nonviolento per il NO al referendum
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza".

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Allegato secondo: L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!

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