[Nonviolenza] No. 15



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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 15 del 28 agosto 2020

In questo numero:
1. No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
2. Il testo del quesito referendario
3. L'appello di 183 costituzionalisti per il NO al referendum
4. Ezio Mauro: Taglio dei parlamentari, se la politica diventa uno spot (2019)
5. Roberto Loddo intervista Massimo Villone: "Una riforma che tagliera' la democrazia"

1. APPELLI. NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE MUTILA LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E MIRA AD IMPORRE UN REGIME TOTALITARIO NEL NOSTRO PAESE

Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia' profondamente ferita a un regime sempre piu' antidemocratico ed eslege, sempre piu' protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all'antiparlamentarismo, che alla separazione e all'equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell'intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l'autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l'umanita'.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita' e virtu', che asservisce la societa' alla menzogna e alla violenza.

2. MATERIALI. IL TESTO DEL QUESITO REFERENDARIO

Il testo del quesito referendario e' il seguente: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?".

3. DOCUMENTI. L'APPELLO DI 183 COSTITUZIONALISTI PER IL NO AL REFERENDUM
[Dal sito www.huffingtonpost.it riprendiamo questo appello sottoscritto da 183 costituzionalisti pubblicato il 24 agosto 2020]

Le ragioni del nostro NO al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari
In risposta all'appello del Direttore della testata online "Huffington Post" Mattia Feltri, pubblicato lo scorso 8 agosto, le sottoscritte e i sottoscritti, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale, intendono spiegare le ragioni tecniche per le quali si oppongono alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.
Si precisa che il presente documento scaturisce da un'iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, cosi' come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell'elaborazione collettiva dei sottoscrittori.
Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.
1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentativita', senza offrire vantaggi apprezzabili ne' sul piano dell'efficienza delle istituzioni democratiche ne' su quello del risparmio della spesa pubblica.
I fautori della riforma adducono, a sostegno del "SI'" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, pero', di un argomento inaccettabile non soltanto per l'entita' irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perche' gli strumenti democratici basilari (come appunto l'istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.
La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.
Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non puo' correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.
2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.
I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentativita' perche' sarebbero gia' tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un'espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali. A prescindere, pero', da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si puo' ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che "solo il Parlamento e' sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile".
Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l'interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un'idea dell'importanza delle Camere.
3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.
Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l'essere sottorappresentate rispetto ad altre. Cosi', ad esempio, l'Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.
4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se e' spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere piu' efficiente l'istituzione parlamentare).
Come si e' gia' detto, l'attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo cosi' incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l'aggravare, anziche' ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.
5) La riforma appare ispirata da una logica "punitiva" nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualita' dei rappresentanti con il ruolo stesso dell'istituzione rappresentativa. La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento "punitivo" nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una "casta" parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed e' il segno di una diffusa confusione del problema della qualita' dei rappresentanti con il ruolo dell'organo parlamentare. Non e' dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacita' di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.
Non puo' trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentativita' delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.
E' illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l'evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non e' meglio di nessuna riforma. Semmai e' vero il contrario. Respingendo questa riforma perche' monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe piu' difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticita' e della rappresentativita' delle istituzioni.
Per queste ragioni i sottoscritti voteranno convintamente "NO"!
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Promotori: Alessandro Morelli, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Messina; Fiammetta Salmoni, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Universita' Telematica degli Studi di Roma Guglielmo Marconi; Michele Della Morte, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi del Molise; Marina Calamo Specchia, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro; Vincenzo Casamassima, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' del Sannio di Benevento.
Firmano (in ordine alfabetico):
1. Fulvia Abbondante, Ricercatrice di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
2. Ugo Adamo, Assegnista di ricerca di diritto costituzionale, Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
3. Cristiano Aliberti, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' degli Studi Roma Tre
4. Umberto Allegretti, gia' Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Firenze
5. Carlo Amirante, gia' Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
6. Adele Anzon, gia' Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi Tor Vergata di Roma
7. Antonio Arena, Assegnista di ricerca di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
8. Marco Armanno, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Palermo
9. Paolo Armaroli, gia' Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Genova
10. Francesca Bailo, Ricercatrice a tempo determinato. Universita' degli Studi di Genova
11. Enzo Balboni, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' Cattolica di Milano
12. Vincenzo Baldini, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
13. Rosa Basile, Ricercatrice di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
14. Francesco Saverio Bertolini, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Teramo
15. Cristina Bertolino, Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Torino
16. Marco Betzu, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cagliari
17. Raffaele Bifulco, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi Luiss Guido Carli
18. Felice Blando, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Palermo
19. Salvatore Bonfiglio, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Roma Tre
20. Monica Bonini, Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Milano Bicocca
21. Andrea Bonomi, Ricercatore a tempo determinato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
22. Roberto Borrello, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Siena
23. Giuditta Brunelli, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Ferrara
24. Fernanda Bruno, gia' Professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
25. Gaetano Bucci, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
26. Camilla Buzzacchi, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Milano Bicocca
27. Giulia Caravale, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
28. Maria Cristina Cabiddu, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Politecnico di Milano
29. Mia Caielli, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli studi di Torino
30. Marina Calamo Specchia, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
31. Quirino Camerlengo, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pavia
32. Laura Cappuccio, Professoressa associata di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
33. Giuliana Giuseppina Carboni, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Sassari
34. Paolo Caretti, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Firenze
35. Rossana Carida', Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
36. Sara Carnovali, Dottoressa di ricerca in diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Milano
37. Vincenzo Casamassima, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' del Sannio di Benevento
38. Rino Casella, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Pisa
39. Fabrizio Cassella, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
40. Massimo Cavino, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"
41. Eleonora Ceccherini, Professoressa associata di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
42. Marcello Cecchetti, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Sassari
43. Alfonso Celotto, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
44. Omar Chessa, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Sassari
45. Anna Ciammariconi, Ricercatrice di diritto pubblico comparato. Universita' degli Studi di Teramo
46. Pietro Ciarlo, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cagliari
47. Ines Ciolli, Professoressa associata di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
48. Anna Maria Citrigno, Ricercatrice di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Messina
49. Giovanni Coinu, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cagliari
50. Gian Luca Conti, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pisa
51. Giovanni Cordini, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Pavia
52. Pasquale Costanzo, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
53. Matteo Cosulich, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Trento
54. Entela Cukani, Assegnista di ricerca di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi del Salento
55. Giovanni D’Alessandro, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' Telematica degli Studi di Roma Niccolo' Cusano
56. Maria Elisa D'Amico, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Milano
57. Luigi D'Andrea, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
58. Marco Dani, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Trento
59. Antonio D'Atena, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Roma Tor Vergata
60. Luciana De Grazia, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Palermo
61. Michele Della Morte, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi del Molise
62. Bruno De Maria, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
63. Francesco Raffaello De Martino, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi del Molise
64. Giovanna De Minico, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
65. Gianmario Demuro, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cagliari
66. Andrea De Petris, Ricercatore di diritto costituzionale, Universita' Giustino Fortunato di Benevento
67. Valeria De Santis, Ricercatrice di diritto pubblico, Universita' degli Studi Parthenope di Napoli
68. Giovanni Di Cosimo, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Macerata
69. Maria Dicosola, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
70. Alfonso Di Giovine, Professore emerito di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
71. Angela Di Gregorio, Professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Milano
72. Enzo Di Salvatore, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Teramo
73. Mario Esposito, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi del Salento
74. Laura Fabiano, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
75. Gianluca Famiglietti, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pisa
76. Gennaro Ferraiuolo, Ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
77. Gianni Ferrara, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
78. Daniele Ferrari, Dottore di ricerca in diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
79. Justin Frosini, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' Luigi Bocconi di Milano
80. Davide Galliani, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Milano
81. Silvio Gambino, Professore emerito di diritto pubblico comparato Universita' della Calabria
82. Paolo Giangaspero, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Trieste
83. Federico Girelli, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' Telematica degli Studi di Roma Niccolo' Cusano
84. Daniele Granara, Ricercatore di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
85. Andrea Gratteri, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pavia
86. Maria Cristina Grisolia, gia' Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Firenze
87. Enrico Grosso, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Torino
88. Cosimo Pietro Guarini, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
89. Carlo Iannello, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
90. Antonio Iannuzzi, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi Roma Tre
91. Emma A. Imparato, Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Napoli L'Orientale
92. Giuseppe Laneve, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Macerata
93. Salvatore La Porta, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Milano Bicocca
94. Eva Lehner, Ricercatrice di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Siena
95. Sara Lieto, ricercatrice a tempo determinato di diritto pubblico, Universita' degli Studi Parthenope di Napoli
96. Aldo Loiodice, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
97. Andrea Lollo, ricercatore a tempo determinato di diritto costituzionale, Universita' Magna Graecia di Catanzaro
98. Fabio Longo, Ricercatore universitario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
99. Donatella Loprieno, Ricercatrice di diritto pubblico, Universita' della Calabria
100. Laura Lorello, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Palermo
101. Federico Losurdo, Ricercatore a tempo determinato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Urbino Carlo Bo
102. Alberto Lucarelli, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
103. Giovanni Luchena, Professore associato di diritto pubblico dell'economia, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
104. Patrizia Macchia, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
105. Gianfranco Macri', Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Salerno
106. Gabriele Maestri, Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Scienze politiche, Universita' degli Studi Roma Tre
107. Patrizia Magaro', Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Genova
108. Maurizio Malo, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Padova
109. Michela Manetti, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Siena
110. Raffaele Manfrellotti, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
111. Giuseppe Marazzita, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Teramo
112. Gianluca Marolda, Dottore di ricerca in diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bologna Alma Mater Studiorum
113. Francesco Marone, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' Suor Orsola Benincasa di Napoli
114. Pamela Martino, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
115. Pietro Masala, Ricercatore a tempo determinato, Universita' degli Studi di Siena
116. Ilenia Massa Pinto, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Torino
117. Anna Mastromarino, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
118. Giuditta Matucci, Ricercatrice di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pavia
119. Alessandro Mazzitelli, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi della Calabria
120. Luigi Melica, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi del Salento
121. Luca Mezzetti, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bologna Alma Mater Studiorum
122. Roberto Miccu', Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
123. Giovanna Montella, Ricercatrice di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
124. Alessandro Morelli, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Messina
125. Giovanni Moschella, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Messina
126. Angela Musumeci, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Teramo
127. Ilario Nasso, Dottore di ricerca in diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bologna, e magistrato
128. Anna Maria Nico, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
129. Raffaella Niro, Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Macerata
130. Walter Nocito, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' della Calabria
131. Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
132. Saulle Panizza, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Pisa
133. Claudio Panzera, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' Mediterranea di Reggio Calabria
134. Stefania Parisi, Professoressa associata di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
135. Fulvio Pastore, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
136. Barbara Pezzini, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bergamo
137. Paola Piciacchia, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
138. Roberto Pinardi, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Modena e Reggio Emilia
139. Andrea Pisaneschi, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Siena
140. Marco Plutino, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' di Cassino e del Lazio Meridionale
141. Giovanni Poggeschi, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi del Salento
142. Anna Maria Poggi, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Torino
143. Daniele Porena, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Perugia
144. Salvatore Prisco, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
145. Andrea Pugiotto, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Ferrara
146. Fernando Puzzo, Ricercatore di diritto pubblico, Universita' della Calabria
147. Maria Letteria Quattrocchi, Ricercatrice di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
148. Alberto Randazzo, Ricercatore a tempo determinato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Messina
149. Francesca Rescigno, Professoressa associata di Istituzioni di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Bologna Alma Mater Studiorum
150. Giuseppe Ugo Rescigno, Professore emerito di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
151. Antonio Riviezzo, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Siena
152. Raffaele Guido Rodio, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli studi di Bari Aldo Moro
153. Maria Grazia Rodomonte, Professoressa associata di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza"
154. Graziella Romeo, Ricercatrice a tempo determinato di diritto pubblico, Universita' degli Studi Bocconi di Milano
155. Laura Ronchetti, Ricercatrice a tempo determinato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi del Molise
156. Monica Rosini, Ricercatrice a tempo determinato di diritto pubblico, Libera Universita' di Bolzano
157. Antonio Ruggeri, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
158. Fiammetta Salmoni, Professoressa ordinaria di diritto pubblico, Universita' Telematica degli Studi di Roma Guglielmo Marconi
159. Lucia Scaffardi, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Parma
160. Simone Scagliarini, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi di Modena e Reggio Emilia
161. Lucia Sciannella, Professoressa associata di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Teramo
162. Vincenzo Sciarabba, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
163. Michele Scudiero, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
164. Massimo Siclari, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi Roma Tre
165. Giorgio Sobrino, Ricercatore a tempo determinato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Torino
166. Giusi Sorrenti, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Messina
167. Giovanni Tarli Barbieri, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Firenze
168. Giuseppe Tesauro, Presidente emerito della Corte costituzionale
169. Massimo Togna, Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate, professore a contratto di Information Law and Ethics, Universita' degli Studi dell'Aquila
170. Roberto Toniatti, Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Trento
171. Vincenzo Tondi della Mura, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' del Salento
172. Alessandro Torre, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
173. Dario Elia Tosi, Professore associato di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Torino
174. Michele Troisi, Professore associato di diritto pubblico, Universita' degli Studi del Salento
175. Lara Trucco, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Genova
176. Luigi Ventura, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
177. Paolo Veronesi, Professore ordinario di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Ferrara
178. Luca Vespignani, Professore associato di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Modena e Reggio Emilia
179. Massimo Villone, Professore emerito di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Napoli Federico II
180. Lorenza Violini, Professoressa ordinaria di diritto costituzionale, Universita' degli Studi di Milano
181. Maria Paola Viviani Schlein, Professoressa ordinaria di diritto pubblico comparato, Universita' dell'Insubria
182. Luigi Volpe, gia' Professore ordinario di diritto pubblico comparato, Universita' degli Studi di Bari Aldo Moro
183. Jens Woelk, Professore ordinario di diritto pubblico, Universita' di Trento

4. DOCUMENTAZIONE. EZIO MAURO: TAGLIO DEI PARLAMENTARI, SE LA POLITICA DIVENTA UNO SPOT (2019)
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 7 ottobre 2019 col titolo "Taglio dei parlamentari, se la politica diventa uno spot" e il sommario "Oggi, con il taglio dei parlamentari, siamo davanti a una riforma che sceglie la popolarita' e mette in secondo piano la responsabilita'"]

Una riforma che e' molto popolare e' per forza di cose anche automaticamente giusta? In tempi di crisi della rappresentanza, con gli elettori che si sentono delusi e lontani dalle istituzioni e si rifugiano nell'astensione, incrociare il sentimento prevalente nei cittadini e' piu' che mai indispensabile per i partiti.
Con due avvertenze, pero': che quella singola decisione presa sull'onda degli umori popolari non indebolisca il sistema complessivo, ma al contrario ne migliori il funzionamento e l'efficacia; e che non siano le pulsioni del momento a decidere gli interventi da compiere – una riforma non e' una lotteria – ma sia la politica a guidare, selezionare e garantire il processo di cambiamento, perche' e' solo la politica che ha la responsabilita' di tutelare il libero gioco tra i poteri dello Stato, tenendo insieme tradizione e innovazione. A maggior ragione quando la riforma tocca la Costituzione.
Oggi, con il taglio dei parlamentari, siamo esattamente davanti a una riforma che sceglie la popolarita' e mette in secondo piano la responsabilita'. Non c'e' alcun dubbio, infatti, che il favore dei cittadini accompagni qualsiasi progetto di diminuzione del numero dei nostri rappresentanti, comunemente considerato troppo alto, anche in relazione ad altri Paesi.
Ma nello stesso tempo e' indubitabile che questa misura, da sola, altera il sistema senza preoccuparsi di ricomporlo, come se si potesse intervenire soltanto sulla quantita' della presenza parlamentare senza tener conto della qualita' di quella funzione fondamentale in qualsiasi sistema democratico. Qualita' che nasce – oltre che dalla virtu' degli eletti – dall'articolazione dei vari aspetti che danno forma e vita alla rappresentanza.
Cominciamo dunque dai numeri. Seicentotrenta deputati e 315 senatori sono effettivamente molti, in un sistema parlamentare che conta complessivamente 945 eletti dal popolo. Si puo' quindi discutere sulla riduzione di quei numeri, sapendo pero' che non nascono dal caso.
Lo Statuto albertino non prevedeva un numero fisso per i deputati e per i senatori, elencando soltanto le 21 categorie che formavano la platea nella quale il sovrano poteva scegliere i membri del Senato del Regno: si trattava di ex ministri, diplomatici, magistrati, ufficiali, accademici e titolari di redditi molto alti, capaci di pagare almeno tremila lire di imposte dirette. Quando nel 1861 nacque la prima Camera elettiva, contava 443 membri, che diventarono 493 pochi anni dopo, quando la capitale fu trasferita a Firenze, e 508 con la presa di Roma. Dopo la prima guerra mondiale si arrivo' a quota 535, per fare spazio ai rappresentanti delle "terre redente". Nel 1928, quando gia' era venuto meno il principio della rappresentanza sostituito dal corporativismo fascista, si scese a 400.
Nella Costituente, il dibattito riguardo' soprattutto la scelta tra monocameralismo e bicameralismo. Scelto quest'ultimo, la prima proposta puntava su una Camera di 300 parlamentari, attraverso un calcolo che prevedeva un deputato-rappresentante ogni 150mila abitanti. Furono i due partiti di maggiore insediamento popolare, la Dc e il Pci, a chiedere di aumentare il numero dei componenti della Camera, per favorire una relazione piu' stretta e diretta tra gli eletti e gli elettori. Sulla base di questa considerazione si arrivo' cosi' a stabilire un rapporto di un deputato ogni 80mila abitanti e un senatore ogni 200mila.
Cosi' nella prima legislatura la Camera fu formata da 574 parlamentari (con 237 eletti al Senato, piu' 107 membri di diritto), in base alla popolazione dell'epoca: se oggi si applicasse quel criterio costituzionale, l'assemblea di Montecitorio arriverebbe a piu' di 715 deputati.
Il Parlamento poi intervenne a correggere l'articolo 56 e 57 della Costituzione, abolendo il criterio costituzionale del rapporto tra gli abitanti e gli eletti, per arrivare ad un numero fisso dei rappresentanti, stabilito appunto in 630 per la Camera e 315 per Palazzo Madama, dove siedono i senatori. In questo modo, e' cambiato il rapporto di proporzione tra le due Camere, che oggi e' di due senatori effettivi ogni quattro deputati, mentre prima era di due a cinque.
I numeri hanno dunque una loro logica, che e' politica e suggerita dal criterio di rappresentanza, l'unico che dovrebbe interessare i cittadini e di conseguenza i partiti, nella logica della moderna democrazia per cui pochi eletti agiscono in nome di molti cittadini, anzi di tutti.
Non solo: i numeri stabiliti per i parlamentari da eleggere fanno parte di un disegno costituzionale sulla struttura e sulla natura delle due Camere, che riguarda la loro legittimazione attraverso il suffragio elettorale diretto, l'individuazione dell'eta' minima per esercitare l'elettorato passivo, il criterio di ripartizione dei seggi tra le diverse circoscrizioni territoriali e naturalmente il meccanismo bicamerale.
Intervenire sul solo aspetto numerico amputa il sistema, rendendolo monco, perche' il taglio di un terzo dei parlamentari produce un disequilibrio che va al di la' delle cifre. Infatti la legge elettorale oggi in vigore non "copre" adeguatamente il nuovo meccanismo in cui si articola la rappresentanza, rischiando di lasciare scoperte alcune aree del Paese.
Bisognera' dunque intervenire mettendo mano alla legge elettorale: e qui viene immediatamente alla luce la discussione tra i sostenitori del maggioritario e quelli del proporzionale, che divide maggioranza e opposizione, ma rischia di aprire una faglia anche all'interno della stessa maggioranza.
C'e' poi, soprattutto, un problema culturale, che e' immediatamente politico. Pensare ad una riforma equilibrata capace di comporre un nuovo disegno del sistema parlamentare, intervenendo oltre che sul numero degli eletti anche su un bicameralismo troppo "perfetto" e sulla legge elettorale, avrebbe consentito di recuperare efficienza alla democrazia, senza generare scompensi.
Ma Di Maio, in evidente difficolta' dopo lo scontro con Salvini e un'alleanza con il Pd che non e' stato capace di motivare sul piano strategico e di prospettiva (a differenza di Grillo), aveva bisogno di uno scalpo da gettare nell'arena dove lo aspettano i suoi oppositori interni, mobilitando l'opinione pubblica del suo partito.
Ha dunque ritagliato da un panorama riformista che non padroneggia la misura populista del "taglio" di deputati e senatori, senza preoccuparsi dei correttivi necessari per riportare in equilibrio il sistema.
Il Pd e i renzisti, sempre contrari a questa riforma mutilata e mutilante, oggi dicono di si', in nome dell'alleanza di governo, come se questa dovesse girare esclusivamente sul perno qualunquista e anti-istituzionale dei Cinque Stelle, che continuano a produrre antipolitica anche dalle stanze di governo, non essendo in grado di pensare altrimenti.
Siamo cosi' davanti ad un "taglio" dei parlamentari voluto da un partito in stato di necessita' populista, e votato da partiti che non credono in questo corto circuito venduto come riforma.
Non solo: dichiarandosi addirittura "emozionato" per quel "taglio" Di Maio rincara la dose, riducendo una modifica costituzionale (che avrebbe bisogno di un diverso approccio, con un linguaggio, una visione e una responsabilita' diversi) a una questione di "poltrone", come se la rappresentanza fosse un oggetto di lucro, la funzione legislativa un insieme di posti da occupare, e la democrazia con i suoi organismi e le sue procedure si potesse valutare in termini di puro costo.
E' la definitiva semplificazione del concetto di rappresentanza, l'appiattimento del ruolo del parlamento su una formula demagogica da gettare in pasto agli istinti dell'elettorato, come gia' accadde con la "rottamazione", proclamata non per le politiche, ma per le persone.
Davanti a noi, abbiamo probabilmente il tentativo di introdurre il vincolo di mandato, manomettendo la liberta' costituzionale dei parlamentari come rappresentanti della nazione e non di un partito o di un leader, e infine di superare lo stesso principio di rappresentanza in nome dell'ultimo idolo pagano, la democrazia diretta e partecipativa.
Si mette mano alla Costituzione (dovrebbero dirlo i costituzionalisti) in altro modo, si riforma l'istituto parlamentare con un altro metodo, badando alla composizione generale del quadro, non ridisegnando una singola figura senza tener conto dell'insieme.
Ma siamo probabilmente all'alba di una stagione in cui la politica si riduce a spot, necessari a vecchi e nuovi partiti per dimostrare di essere vivi: in nome del popolo, naturalmente.
E infatti la demagogia e' proprio questo, l'adulazione del popolo, mentre lo si inganna.

5. RIFLESSIONE. ROBERTO LODDO INTERVISTA MASSIMO VILLONE: "UNA RIFORMA CHE TAGLIERA' LA DEMOCRAZIA"
[Dal sito www.liberacittadinanza.it riprendiamo la seguente intervista del 7 luglio 2020 apparsa su "manifestosardo.org" dal titolo "Una riforma che tagliera' la democrazia. Intervista a Massimo Villone" e il sommario "Molti comitati del no stanno nascendo ora e quelli gia' esistenti stanno riprendendo il lavoro di sensibilizzazione e questo mi fa pensare che quella del referendum non sia una partita chiusa"]

"Non si misurano le istituzioni in base ai costi perche' un Paese che vuole delle istituzioni efficienti deve misurare i costi in ragione della funzione politica che vuole assegnare alle istituzioni e non certo in ragione di un risparmio economico. La questione del costo poi e' risibile perche' con questa riforma ogni cittadino risparmiera' meno di una tazzina di caffe' all'anno". Dice Massimo Villone, senatore per quattro legislature e professore emerito di diritto costituzionale all'Universita' di Napoli Federico II. Oggi e' presidente del Coordinamento per la Democrazia costituzionale, uno dei maggiori soggetti organizzati per il no nel referendum costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari.
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- Roberto Loddo: Professor Villone, siamo davvero di fronte ad una riforma che riduce il numero delle poltrone e taglia i costi della politica?
- Massimo Villone: E' un fatto oggettivo che si vuole ridurre il numero dei parlamentari nel momento in cui in realta' c'e' piu' bisogno di estendere la rappresentanza politica. Vedo un maggior danno oggi rispetto al passato.
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- Roberto Loddo: In passato c'era meno bisogno di rappresentanza politica?
- Massimo Villone: Quando c'erano partiti politici radicati nel territorio c'era meno bisogno della rappresentativita' delle Camere, perche' era il soggetto politico partito che assorbiva la necessita' della rappresentanza e poi trasmetteva la domanda sociale a quelli che erano l'espressione del partito in Parlamento. Adesso i partiti di massa non esistono piu' perche' hanno perso la possibilita' di rappresentare vaste fasce della societa' e di collegarle con le istituzioni. I partiti sono diventati soggetti politici evanescenti, e la domanda sociale della societa', oggi viene interpretata, sempre piu' spesso, proprio dai parlamentari.
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- Roberto Loddo: Come e' nato questo salto dalle sezioni di partito agli uffici dei parlamentari?
- Massimo Villone: Fino a 20 anni fa non si cercava il parlamentare ma si andava alla sezione del partito. Era il circolo territoriale il luogo in cui si ponevano le questioni, qualunque fossero. Oggi e' piu' difficile, perche' la sezione e' chiusa o non esiste piu'. Oggi ci sarebbe piu' bisogno di rappresentanza parlamentare e invece si fa il contrario, si taglia.
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- Roberto Loddo: Le istituzioni si possono misurare in base ai costi?
- Massimo Villone: Non si misurano le istituzioni in base ai costi perche' un Paese che vuole delle istituzioni efficienti deve misurare i costi in ragione della funzione politica che vuole assegnare alle istituzioni e non certo in ragione di un risparmio economico. La questione del costo poi e' risibile perche' con questa riforma ogni cittadino risparmiera' meno di una tazzina di caffe' all'anno. Questo taglio e' risibile anche sulla scala dell'istituzione Parlamento perche' il costo dei parlamentari e' la voce minore. La voce maggiore di spesa e' sui servizi del personale, ma si taglia su quello che meno incide sul totale del bilancio della Camera e del Senato.
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- Roberto Loddo: La vittoria dei si', in assenza di una legge elettorale proporzionale potrebbe portare a degli effetti collaterali?
- Massimo Villone: Ci sono degli effetti collaterali davvero importanti a partire da una distorsione della rappresentanza politica se non andranno avanti i correttivi, che pure erano stati ipotizzati per camminare in parallelo con la riforma, ma sono stati abbandonati per l'insistenza dei pentastellati che dovevano piantare la loro bandierina a tutti i costi.
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- Roberto Loddo: E' possibile che la Sardegna sia una delle Regioni piu' danneggiate dal taglio dei parlamentari?
- Massimo Villone: La Sardegna subira' il danno maggiore come tutte le Regioni medie e piccole che hanno pochi senatori. Per la Camera va un po' meglio, ma in assenza di un correttivo proporzionale e con il mantenimento della base regionale per l'elezione dei senatori, alla Sardegna andranno a due, o al massimo tre forze politiche, causando una distorsione della rappresentanza democratica dei territori.
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- Roberto Loddo: Anche con il sistema elettorale proporzionale si avrebbe una distorsione della rappresentanza democratica?
- Massimo Villone: Qualunque sia il sistema elettorale, anche se si facesse un sistema proporzionale, nella distribuzione dei seggi su base regionale l'opposizione potrebbe non arrivare in Senato. Se ci sono piu' opposizioni ne arriva una o forse nessuna. Questa riforma togliera' la rappresentanza a centinaia di migliaia di persone. E' una botta molto pesante alla capacita' rappresentativa del Parlamento.
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- Roberto Loddo: Alla camera andra' un po' meglio?
- Massimo Villone: Alla camera va un po' meglio perche' i numeri danno un po' di spazio democratico in piu', ma nemmeno piu' di tanto, perche' ci sarebbe la paradossale conseguenza determinata da una composizione diversa tra Camera e Senato. Perche' in Senato non ci sarebbe lo stesso arco di forze politiche presenti alla Camera. Se non c'e' un correttivo come una proporzionale pura con recupero nazionale dei resti e se dovesse rimanere la legge elettorale esistente, anche con poche modifiche marginali, non verrebbe temperato l'effetto devastante di una riduzione della capacita' rappresentativa dell'assemblea e non si riuscirebbe a garantire la governabilita'.
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- Roberto Loddo: Un Senato con una composizione diversa dalla Camera potrebbe produrre danni alla governabilita'?
- Massimo Villone: Sara' un danno anche alla governabilita' del Paese perche' non potremmo nemmeno essere sicuri che le Camere alla fine esprimano due maggioranze in sintonia. Da un lato si vorrebbero le camere perfettamente uguali, ma dall'altro le si rendono fatalmente diverse. E se non cambia la legge elettorale e non si eliminano le liste bloccate il Parlamento sara' in mano alle solite oligarchie di partito.
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- Roberto Loddo: Perche' nei media si parla poco e nulla di questo referendum?
- Massimo Villone: Esiste una congiura del silenzio. Questa del tagliare qualsiasi cosa a partire dalle istituzioni democratiche sembra essere una tematica di grande favore popolare alimentata anche nei giornali dal populismo e dall'idea che non sia utile dire di no per non creare terremoti dentro il governo. Un silenzio utile solo a mantenere nascosto uno scambio volgare fra quello che e' l'assetto costituzionale di primario rilievo del Parlamento con il mantenimento degli equilibri partitici dentro la maggioranza del governo Conte. I governi durano lo spazio di un mattino ma una riforma di questo genere impatta pesantemente sull'intera architettura complessiva della democrazia. Per fortuna ad alzare la voce c'e' la recente presa di posizione dell'"Espresso" che chiaramente scrive che questa riforma costituzionale cosi' com'e' stata pensata e' una cosa truffaldina.
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- Roberto Loddo: E' possibile immaginare una riforma che permetta al Parlamento di ritornare alla sua funzione di mediazione senza tagliare le condizioni della nostra rappresentanza?
- Massimo Villone: Se si deve fare una buona riforma deve essere una riforma che apre alla possibilita' di un Parlamento davvero rappresentativo e capace di rispondere a chi vota, eletto con una buona legge elettorale che consenta all'elettore di scegliere chi lo rappresenta. Di fronte al Paese frammentato, diviso, incerto e confuso e' necessario fare l'opposto di cio' che propone questa riforma, perche' se c'e' un luogo che bisogna privilegiare oggi e' proprio il luogo in cui si discute, un Parlamento aperto, libero e trasparente in cui si discute di cio' che come cittadini e cittadine vogliamo fare da grandi.
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- Roberto Loddo: Come si svolgera' la campagna referendaria dei comitati per il no?
- Massimo Villone: I contenuti della campagna referendaria per il no saranno declinati dal basso, nelle assemblee dei territori e anche online, nei social media, certamente non nei grandi giornali e le televisioni. Molti comitati del no stanno nascendo ora e quelli gia' esistenti stanno riprendendo il lavoro di sensibilizzazione e questo mi fa pensare che quella del Referendum non sia una partita chiusa.

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NO ALL'ANTIPARLAMENTARISMO, NO AL FASCISMO, NO ALLA BARBARIE
No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum del 20-21 settembre votiamo no all'antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 15 del 28 agosto 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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