[Nonviolenza] Archivi. 380



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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 380 del 4 maggio 2020

In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di aprile 2020 (parte quarta)
2. Lee Konitz
3. Ralph Abernathy
4. Marussia Bakunin
5. Bi Kidude
6. Guido Calogero
7. Alfredo Calzolari
8. Aime' Cesaire
9. Inji Efflatoun
10. Francesco Ferrari
11. Giuseppe Fiori
12. Gabriel Garcia Marquez
13. Bessie Head
14. Otello Montanari
15. Hannie Schaft
16. L'urgenza delle urgenze
17. Omero Dellistorti: Namboua' (una sua conferenza stampa)
18. Omero Dellistorti: Zi' Scatarro
19. Un ricordo di don Dante Bernini in occasione del novantottesimo suo genetliaco, il primo dopo il trapasso
20. Omero Dellistorti: Ercole
21. Henry Grimes

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI APRILE 2020 (PARTE QUARTA)

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di aprile 2020.

2. LEE KONITZ

E' deceduto Lee Konitz
musicista
con gratitudine lo ricordiamo.

3. RALPH ABERNATHY

Il 17 aprile 1990 moriva Ralph Abernathy
militante antirazzista
con gratitudine lo ricordiamo

4. MARUSSIA BAKUNIN

Il 17 aprile 1960 moriva Marussia Bakunin
illustre scienziata e docente
con gratitudine la ricordiamo

5. BI KIDUDE

Il 17 aprile 2013 moriva Bi Kidude
musicista
con gratitudine la ricordiamo

6. GUIDO CALOGERO

Il 17 aprile 1986 moriva Guido Calogero
filosofo e militante per la liberazione dell'umanita'
con gratitudine lo ricordiamo

7. ALFREDO CALZOLARI

Il 17 aprile 1945 moriva ALfredo Calzolari
martire della Resistenza
con gratitudine lo ricordiamo

8. AIME' CESAIRE

Il 17 aprile 2008 moriva Aime' Cesaire
poeta e militante
con gratitudine lo ricordiamo

9. INJI EFFLATOUN

Il 17 aprile 1989 moriva Inji Efflatoun
artista e militante femminista
con gratitudine la ricordiamo

10. FRANCESCO FERRARI

Il 17 aprile 1964 moriva Francesco Ferrari
partigiano parlamentare militante del movimento dei lavoratori
con gratitudine lo ricordiamo

11. GIUSEPPE FIORI

Il 17 aprile 2003 moriva Giuseppe Fiori
giornalista scrittore parlamentare
con gratitudine lo ricordiamo

12. GABRIEL GARCIA MARQUEZ

Il 17 aprile 2014 moriva Gabriel Garcia Marquez
autore di Cent'anni di solitudine
con gratitudine lo ricordiamo

13. BESSIE HEAD

Il 17 aprile 1986 moriva Bessie Head
scrittrice e militante per i diritti umani di tutti gli esseri umani
con gratitudine la ricordiamo

14. OTELLO MONTANARI

Il 17 aprile 2018 moriva Otello Montanari
partigiano parlamentare militante del movimento operaio
con gratitudine lo ricordiamo

15. HANNIE SCHAFT

Il 17 aprile 1945 moriva Hannie Schaft
martire della Resistenza
con gratitudine la ricordiamo

16. L'URGENZA DELLE URGENZE

L'urgenza delle urgenze e' la scelta della nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

17. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: NAMBOUA' (UNA SUA CONFERENZA STAMPA)

L'ho sempre saputo che sarei diventato qualcuno.
Ero regazzino e gia' ce lo sapevo.
E mo' eccome qui, come un pascia'. Che mi riveriscono tutti. Ce lo sapete che e' un pascia'? E un maragia'? Siete proprio bifolchi siete, lo dicevo io. Per fortuna che ci sono io che vi guido, eh? Ve s'ereno gia' magnati se non c'ero io, eh? Eh?
Se e' un lavoro duro? E' naturale che e' un lavoro duro. Per uomini duri, no? Le pappemolli pussa via, pussa via. No? Mica sarete pappemolli pure voi, no? Eh? Scherzo, scherzo, a chi fa il bravo io gli voglio bene. Finche' fa il bravo e riga dritto.
Altroche'. Altroche'. Mica si diventa quello che so' diventato io senza fatica'. Il pelo sullo stomaco ci vuole, ve lo dico io, i chiodi, il filo spinato ci vuole. Ma quale sarto e quale parrucchiere, la baiaffa. Le bocche da fuoco. E i forni.
Se ci sono pure i dispaceri? E si capisce. Senza dispiaceri non si combina un cavolo di niente. La gente non ti capisce mai, e' il destino dei grandi uomini. Per farsi obbedire ci vuole quello che ci vuole. Funziona piu' uno schizzo di sangue che una sacchetta di calce. Ve lo dico io, ve lo dico. Il sangue e' tutto, andare a scuola non serve a niente, la gente impara solo quando vede gli schizzi di sangue.
E ci credo che ci hanno paura. Se non ci avessero paura striscerebbero come strisciano? La paura e' la chiave universale, l'attaccatutto, la bacchetta magica, il martello del mitico.
Io gia' da regazzino l'avevo capito: se non vuoi essere quello che ci ha paura e se la fa nelle brache, allora devi essere quello che gli mette paura e gliela fa sulla crapa. Eh?
E' filosofia questa, mica ceci.
Se ci ripenso che da giovane volevo fare il pittore. Poi per fortuna e' arrivata la guerra.
Se non ce so' altre domande mo' ve saluto che ci ho da fa' le tredici fatiche de Maciste. Un lider ci ha sempre un casino da fa'. Non e' che i soldi crescono sugli alberi.

18. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: ZI' SCATARRO

Me lo ricordo bene 'r zi' Scatarro, all'anagrafe Carlo Alberto Roncolacci ma tutto lo chiamavano Zi' Scatarro perche' con uno sputo centrava una mosca sul muro a cinque metri.
Voi direte: e che bravura e'? E' bravura pure quella, eccome se e' bravura; prima provateci e poi mi saprete dire.
Mori' al tempo dell'epidemia, ma non mori' per l'epidemia, cioe', l'epidemia c'entrava, ma di striscio, e' stata solo l'occasione. Si sa come funzionano le occasioni, no?
Ve lo racconto? Ce li avete cinque minuti? E allora eccola la storia der zi' Scatarro, cominciamo dalla fine.
La fine fu che s'incontro sul pianerottolo cor zi' Rospaccio che gia' non si potevano vedere dai tempi dello sciopero, quello grosso che si dava fuoco pure ai frutteti, voi eravate troppo giovani.
Ma semmai ve lo racconto un'altra volta dello sciopero grosso, furono i giorni piu' belli di tutta la vitaccia mia quando davamo fuoco a tutto quello che c'era. Da giovane uno ci ha gusto a tutto, e' da vecchi che non ti piace piu' niente e che ti chiedi che campi a fa'.
Cosi' successe che quella mattina s'incontrano sul pianerottolo perche' abitavano nella stessa casa, al terzo piano, proprio di fronte, sullo stesso pianerottolo: La casa era dell'avvocato Sbacchiachicchi che lo chiamavano pure Scarcagnallossi che faceva pure lo strozzino e che ci aveva un sacco di case al paese, che se le era sugate ai poveracci che prima erano andati da lui come avvocato, poi da lui come strozzino e poi se ne erano dovuti andare dal paese con le pezze in quel posto.
Adesso non ve la racconto la storia dell'avvocato, che magari gia' la sapete, perche' al tempo fu una cosa grossa, ancora se lo raccontano come fini' l'avvocato quelli che c'erano, che non fu una bella fine. Pero' nessuna fine e' bella, no? Pure io, tanto per dire, non e' che non ce lo so che alla fine la fine arriva, solo che vorrei che arrivasse di colpo, senza tutto quel dolore e tutta quella vergogna che gli toccarono al povero avvocato, che pero' bisogna dirlo che se lo meritava e infatti chi lo fece non si seppe mai con tutto che tutto il paese lo aveva visto. Solo domineddio puo' giudicare si dice qui da noi, e se uno non si sa difendere da solo si sa che fine fa. Amen.
Allora: sul pianerottolo.
'R zi' Rospaccio a quei tempi quando usciva di casa s'imbacuccava tutto: gia' ci aveva sempre freddo perche' da giovane ci aveva avuto la malaria, poi la paura del contagio, e allora si metteva il cappotto, sul cappotto una specie di mantello che s'era fatto da solo con una tovaglia incerata, e poi i guanti che usava in campagna che di lavoro faceva il potatore, e sulla faccia un fazzolettone come quelli dei film d'indiani e caubboi.
Invece 'r zi' Scatarro se ne fregava dell'epidemia come se ne fregava di tutto, aveva sempre campato cosi'. E allora lo faceva apposta a non mettersi ne' i guanti ne' la maschera ne' il sacco della monnezza di plastica quello grosso come un bidone grosso che gli facevi tre buchi e te le infilavi che parevi un marziano, un robbotte, un soncazziocade'.
Che ar zi' Rospaccio gia' gli rodeva. E fu qui che ar zi' Scatarro gli venne il colpo di genio: su una mattonella del pavimento del pianerottolo di quelle belle rosse di una volta c'era un moscone, bello grosso, fermo fermo che si godeva il sole. E gia' l'avete capito 'r zi' Scatarro che fa: un colpo secco, centro perfetto, faceva proprio schifo.
Allora 'r zi' Rospaccio ci ebbe il suo pretesto che l'aspettava fin dai tempi che da giovani gli avevamo dato fuoco alla vigna: "Brutto zozzone porco e carogna, che non lo vedi che cosi' spandi il malanno? Mo' t'insegno io a fa' l'untore, porco di uno zozzone brutta carogna".
Adesso c'e' da sapere che a quei tempi non era come adesso, al paese se uno usciva di casa magari le chiavi di casa se le scordava ma l'arma personale no. Io per esempio mi portavo sempre dietro il marraccio infilato nella cintura dei calzoni, che lo affilavo tutti i giorni perche' restasse bello luccicante che si doveva vedere da lontano. E poi in saccoccia la pattada ch'e' la regina dei coltelli. Fernandetto detto Fernette per esempio si portava dietro un martello, un martello si', pure quello infilato nella cintura, e s'era fatto una cintura a cartuccera e ci aveva infilato tutti chiodi da staccionata che la moglie gli aveva dovuto fare il rinforzo di cuoio sul davanti dei calzoni che senno' li bucava tutti, e sul manico del martello c'erano una mezza dozzina di tacche e quello che significavano non ve lo devo dire io. 'R zi' Rospaccio invece era piu' di tradizione e si portava solo il coltellaccio per tutti gli usi, che ci potava di fino, ci si tagliava il pane e ci si affettava la ciccia, pure quella viva.
E pure quel giorno ce l'aveva.
Che poi mica era solo per la vigna, era che c'era pure stata un'altra storia, che tutti e due da giovinotti erano stati innamorati della Saponetta, che di nome vero faceva Simonetta ma siccome era sempre tutta improfumata la chiamavano la Saponetta, che io non sono mai riuscito a sapere se profumava perche' s'improfumava o se profumava da se', che magari puo' pure succedere, che ne so io. La Saponetta, poveretta che brutta fine ha fatto. E non si e' mai saputo se era stato 'r zi' Scatarro (che a quel tempo ancora non ci si chiamava zi' Scatarro, che si chiamava solo Scatarro, perche' zi' e' un nome che si da' quando uno diventa vecchio) o 'r zi Rospaccio (che pure lui a quel tempo lo chiamavano solo Rospaccio).
Sarebbe da raccontare pure la storia della Saponetta, pero' se uno le volesse raccontare tutte finisce che si fa sera e poi si fa mattina, no? E allora uno passerebbe la vita a raccontare storie, e alle bestie chi le governa? Le piante chi le segue? La terra chi l'annacqua? E poi c'e' pure da fare i figli ogni tanto perche' senno' l'umanita' finisce, e pure i figli fatemi stare zitto perche' i figli, i figli, e' meglio che non dico niente, tre ce ne ho e stanno tutti in galera, invece di pensare al pezzo di terra che ci abbiamo e che va in malora. E io sono pure due volte vedovo, che e' una calunnia perfida, anzi una diffamazione, che le ho ammazzate io. Figurarsi se ero cosi' scemo. E comunque mi hanno assolto tutte e due le volte visto che i testimoni avevano ritrattato.
Ne so mille d'avventure der zi' Scatarro, adesso non ci ho tempo ma se venite all'osteria pure domani magari ve le racconto, eh?

19. UN RICORDO DI DON DANTE BERNINI IN OCCASIONE DEL NOVANTOTTESIMO SUO GENETLIACO, IL PRIMO DOPO IL TRAPASSO

Il 20 aprile ricorre l'anniversario della nascita di don Dante Bernini, che e' deceduto lo scorso settembre dopo quasi un secolo di vita, una vita interamente dedicata alle opere buone, all'aiuto del prossimo, alla verita' che libera, al bene comune.
E' stato un costruttore di pace, un difensore della dignita' umana, un testimone della nonviolenza.
E un educatore amorevole, un uomo sapiente capace di ascolto e di condivisione, una persona diuturnamente protesa al servizio degli ultimi, alla sequela del migliore dei maestri.
E un amico prezioso, l'amico che tutti vorremmo avere vicino nell'ora della prova, nell'ora del bisogno, nell'ora della verita'.
Lascia luminoso un ricordo, un esempio e un appello.
Il ricordo della dolcezza, della mitezza con cui sapeva adempiere ai suoi uffici, con cui sapeva sovvenire chi a lui si rivolgeva per aiuto, per conforto o per consiglio, con cui sapeva accogliere chiunque bussasse alla sua porta, il piu' generoso e fraterno degli ospiti. E il ricordo della sua sapienza armoniosa e della sua forza ermeneutica, della sua virtu' psicagogica, della sua capacita' maieutica.
L'esempio di una vita virtuosa, accudente, sollecita del bene di tutti. L'esempio di una vita impegnata a soccorrere chi e' nel dolore, a promuovere la pace, la giustizia, la fratellanza e la sororita', la solidarieta' fra tutti gli esseri umani e con l'intero mondo vivente.
L'appello a contrastare il male facendo il bene, ad essere operatrici ed operatori di pace, alla solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e sostiene e conforta, alla condivisione del bene e dei beni, ad essere l'umanita' come dovrebbe essere.
Chi ha letto i Miserabili ricordera' per sempre il folgorante episodio che apre quell'opera grande: il sant'uomo che accoglie Jean Valjean e lo salva due volte. Don Dante Bernini era quel sant'uomo.
*
Una minima notizia su monsignor Dante Bernini
"Vescovo emerito della diocesi di Albano, gia' presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Italiana e gia' membro della "Comece'" (Commission des Episcopats de la Communaute' Europeenne), una delle figure piu' illustri dell'impegno di pace, solidarieta', nonviolenza, che nell'arco dell'intera sua vita come sacerdote e come docente e' stato costantemente impegnato per la pace e per la giustizia, nella solidarieta' con i sofferenti e gli oppressi, nell'impegno per la salvaguardia del creato, nella promozione della nonviolenza, unendo all'adempimento scrupoloso dei prestigiosi incarichi di grande responsabilita' un costante ascolto di tutti coloro che a lui venivano a rivolgersi per consiglio e per aiuto, a tutti sempre offrendo generosamente il suo conforto e sostegno, la sua parola buona e luminosa e l'abbraccio suo saldo e fraterno". Cosi' nella motivazione del riconoscimento attribuitogli il 2 ottobre 2014, nella Giornata internazionale della nonviolenza, dalla Citta' di Viterbo con una solenne cerimonia nella Sala Regia di Palazzo dei Priori. Successivamente, il 13 aprile 2015, nell'anniversario della promulgazione della "Pacem in Terris", era stata realizzata in suo onore a Viterbo una "Giornata per la Pace".
Era nato a La Quercia, piccola frazione di Viterbo, il 20 aprile 1922, e vi era tornato a vivere nell'operosa sua vecchiaia; li' e' deceduto il 27 settembre 2019. Persona buona, costruttore di pace, luminosa figura della nonviolenza, era un punto di riferimento per ogni persona bisognosa di aiuto come per ogni persona impegnata nella solidarieta' concreta, per il bene comune dell'umanita', per la salvaguardia del mondo vivente.

20. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: ERCOLE

Eccome se l'ho conosciuto, e chi non lo conosceva?
Oramai era vecchio, stava sempre al bar del Ciampicotto e tutta la pensione finiva in vermuth.
A vederlo allora non ci si sarebbe creduto che aveva fatto le dodici imprese d'Egitto, invece era proprio lui, Ercole in persona.
Che uno magari s'immaginava che era diventato ricco e campava come un pascia' in uno di quei villoni degli attori d'Ollivu' invece no, stava tutto il giorno al bar. Leggeva il giornale e giocava a dama o a scacchi, ma non a soldi, giocava solo per giocare. E se uno gli era simpatico e glielo chiedeva gli raccontava qualcuna delle sue avventure. Che tutta la gente del bar allora si azzittava e anche se facevano finta di fare qualche altra cosa erano tutti con le orecchie appizzate per sentir raccontare le avventure di Ercole, che ormai ce le sapevano a memoria ma gli piaceva troppo di risentirsele raccontare, e poi da Ercole in persona.
*
L'ho letto pur'io sul giornale. Ma io a quello che c'e' scritto sui giornali non ci ho mai creduto. A parte "L'Unita'", e' naturale.
I giornali le sparano sempre grosse. Ci avevo un cugino, che adesso e' ospite dello stato, che scriveva sul giornale. Cioe', gli telefonava le notizie dal paese. Pero' poi uscivano sul giornale e certe volte, quando erano lunghe, c'era pure la firma sua. Siamo cugini e io gli voglio bene. Aiuto pure la famiglia adesso che lui non c'e'. Pero' lo so come lavorava. E' che il giornale lo fanno tutti i giorni e pure se un giorno non e' successo niente bisogna che sia successo qualche cosa per scriverlo sul giornale. Funziona cosi'. Allora Francaccio che faceva? Certe volte le inventava, pero' c'era l'inconveniente che il paese e' piccolo e le cose si risanno, e siccome c'e' sempre qualcuno invidioso che ti vuole fare le scarpe il giorno dopo telefonava al giornale che quello che aveva scritto Francaccio erano tutte frescacce, che non era vero che Cecio aveva magnato cinquanta ova in una volta sola, che non era vero che una famiglia era morta di peste bubbonica (che chissa' dove l'aveva trovato quel nome, peste bubbonica), eccetera eccetera, e allora dal giornale lo chiamavano a Francaccio e gli facevano il cazziatone. Apposta gli venne in mente quello che poi fece. Che prima era uno buono come il pane. Pero' doveva pure lavorare e siccome gli piaceva di fare il giornalista invece di spaccarsi la schiena a zappare che la terra da noi e' bassa, allora comincio' a fare quello che ha fatto. Via che ce lo sapete pure voi quello che ha fatto. No? Allora ve lo dico io: comincio' a farle lui le notizie. Di nascosto dava fuoco alla stalla di Aristide e poi ci faceva l'articolo, e ci aveva da scrivere per cinque giorni di fila perche' il primo giorno dava la notizia dell'incendio doloso, il secondo intervistava il povero Aristide che nell'incendio gli era morta la moglie e un garzone che chissa' che ci stavano a fare di notte insieme nella stalla, il terzo giorno intervistava il maresciallo dei carabinieri che gli diceva che le indagini erano coperte da strettissimo riserbo, il quarto giorno raccoglieva voci anonime (che naturalmente se le inventava lui) che protestavano perche' le autorita' tenevano il paese all'oscuro sulle indagini e ancora non avevano assicurato alla giustizia gli autori dell'efferato delitto (scriveva proprio cosi': l'efferato delitto), il quinto giorno descriveva la paura che serpeggiava per il paese (cosi' scriveva: serpeggiava, che ancora mi chiedo come gli venivano). Poi bisognava trovare un'altra notizia. E siccome al paese non succedeva mai niente, gli tocco' darsi da fare a lui un'altra volta. E fu la volta della sora Cesira uccisa per strada (un una stradina che non c'e' mai nessuno, che costeggia il muro di dietro del consorzio agrario, verso la discarica, che la sora Cesira abitava da sola in un casaletto dopo la discarica) con uno sganassone per una catenina d'oro e poche lire nel borsellino. E via con l'efferato delitto, le interviste, e pure le fotografie che le scattava lui e le mandava al giornale tramite Francaccio di Stuzzicone (e' un altro Francaccio, al paese ce ne saranno mezzo milione di Francacci) che lavorava in citta' e ci andava col treno e il giornale era proprio attaccato alla stazione che quello scendeva dal treno, allungava la mano e la busta colle fotografie era nella buca delle lettere che sarebbe stato buono pure un figlio, pure una creatura, e invece poi ci litigarono perche' Francaccio di Stuzzicone voleva pure essere pagato, e fecero una baccagliata al bar e qualche giorno dopo Francaccio di Stuzzicone fu rapito e ritrovato mezzo bruciato nell'orto che ci aveva a mezza costa a tre chilometri da casa che ci andava tutti i giorni dopo ch'era tornato col treno al paese, seviziato ed estinto, un altro efferato delitto. Duro' meno di una settimana pure quella della sora Cesira di notizia. E poi pure quella di Francaccio di Stuzzicone. E cosi' via. E pensare che era un pezzo di pane, mio cugino.
Poi smise di fare il giornalista e si mise a fare le rapine e basta. Finche' lo beccarono.
E allora non mi venite a dire a me quello che c'e' scritto sul giornale che io ce lo so che sono tutte balle.
Pure quelle che hanno scritto su Ercole. Che i giornali non ci hanno rispetto di niente e di nessuno. Io non li compro i giornali, al bar leggo solo le pagine degli annunci che cominciano con una sfilza di AAA. Sono vedovo, ci avro' bisogno pure io di qualche sfogo, no?
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Certo che c'ero al funerale. C'era tutto il paese al funerale. Non e' che un Ercole muore ogni giorno. A parte il fatto che c'e' sempre tutto il paese al funerale, pure se si sotterra un saltapicchio. Non e' che ci siano tanti divertimenti qui al paese. Una volta c'era il cinema all'aperto, ma poi lo hanno chiuso. E allora o uno prende il motorino o l'apetto e va al paese vicino che comunque sono bei chilometri e la strada e' una stradaccia e se non l'incateni bene a un palo il motorino o l'apetto te lo rubano pure e pure se l'hai incatenato te ce la fanno addosso per sfregio, oppure stai al bar a sentire la radio e giocare a carte e ogni tanto magari una scazzottata o un par di coltellate, che altro c'e' da fare? Cosi' quando c'e' un funerale c'e' tutto il paese. Prima in chiesa che pare che scoppia e poi a piedi fino al camposanto che ormai e' piu' grosso del paese.
Fu un bel funerale, io penso che sarebbe stato contento.
Certo che c'era la bandiera della sezione, era iscritto al partito. Era un lavoratore pure lui, no? E se uno e' un lavoratore che deve fare? Deve unirsi con gli altri lavoratori nella lotta per l'emancipazione dell'umanita'. E chi l'organizza la lotta per l'emancipazione dell'umanita'? Chi? Il partito. Certo che era iscritto al partito, stava pure nel direttivo della sezione, e quando si faceva la festa dell'"Unita'" suonava la fisarmonica. Non ve lo aspettavate, eh? Uno si crede che se uno e' importante come Ercole sta sempre li' col muso lungo a fare il presuntuoso con la puzza sotto il naso, eh? invece no, era uno alla mano, era un compagno. E alla festa dell'"Unita" suonava la fisarmonica. Potete chiederlo a tutti, pure al prete.
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L'ho letto, l'ho letto pure io il famoso "documento inedito" sul giornale. Che intanto visto che era pubblicato sul giornale non era piu' inedito, no? E poi chi lo dice che lo ha scritto proprio lui? Ma ragionate un po': se uno scrive un foglio per dire di non essere quello che la gente si crede ma di essere un altro lo dice da se' che non e' quello ma un altro, no? E' chiaro come il sole che e' una falsita'. Non dico che qualcuno non l'abbia scritto il famoso "testamento segreto", ma non l'ha scritto lui. Che poi io non gli ho mai visto scrivere una riga, stava sempre al bar a leggere il giornale o a giocare a scacchi, o a dama.
L'ho letto, l'ho letto. Magari e' pure una bella storia, ma e' una storia inventata. E' come i libri di Salamone. Salamone, Salamone, quello della bibbia, ce l'avete presente? Vi pare che se uno e' Salamone, famoso in tutto il mondo, poi si mette a scrivere quelle sporcaccionate del Cantico dei cantici? o quelle castronerie della Sapienza, o il manuale del perfetto suicida? E andiamo, facciamo i seri. Cosi' il cosiddetto "testamento segreto" di Ercole, che se mio cugino non stava in galera io dicevo che l'aveva scritto lui. Che magari poi lo ha scritto lui lo stesso, chi lo sa? In galera uno ci ha un sacco di tempo, la pappa e' assicurata. Sapete quante volte ci ho pensato pure io: un delittello da quattro soldi, senza sforzo, e poi mi faccio mantenere vent'anni dal governo ladro. Io la chiamo l'uscita di sicurezza. Il giorno che mi stufo di stare qui al paese a fare la muffa... No che non lavoro, ci ho una pensioncina d'invalidita' perche' non ci vedo per niente e sono quasi sordo. Vedo tutta nebbia, che qui al paese c'e' sempre la nebbia ma io la vedo pure quando non c'e', cosi' sto sempre qui al bar e le sento tutte le storie. Da giovane no, da giovane ero gagliardo pure io, troppa n'ho fatta piagne de gente da giovane, ma poi s'invecchia, i malanni, uno non ci ha piu' gusto alle risse, al contrabbando, all'abigeato. Non ve l'aspettavate che sapevo pure le parole difficili come abigeato, eh? Ne so parecchie pure io, e' che non le dico perche' noi gente di paese siamo diffidenti, e' il carattere nostro, con tutte le fregature che ci avete dato, alla fine l'abbiamo capito per forza che uno piu' si sta zitto e meglio e'.
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Dire che eravamo amici, no. C'era la differenza di eta', qui da noi gli anziani li rispettiamo ancora, non come la gente di citta' che li butta nel cesso e tira la catena. Qui al paese chi arriva a diventare vecchio merita rispetto. Gia' perche' e' riuscito a non farsi pizzicare dalle vipere o dalle schioppettate vuole dire che uno merita rispetto. E poi non siamo cannibali. Siamo gente civile. E poi c'e' il partito. Pure il prete, non dico di no, ma soprattutto il partito. E se uno vuole essere comunista deve vivere da comunista, non da capitalista porco e ladro. E allora ci ha rispetto dei vecchi, perche' un comunista deve sempre dare l'esempio. Se non ci fosse il comunismo che saremmo? Un branco di scimmie saremmo, come i padroni, come i borghesi, un branco di zozzoni ladri. Invece c'e' il partito e la missione storica dell'emancipazione dell'umanita'. Dovreste ringraziarci, dovreste. No che venite qui a buttare concime su uno che e' morto. Lo sapete che e' il concime, si'? No, non e' che mi sono offeso, ci mancherebbe, e' che io mi ci commuovo quando penso al comunismo e al giorno che l'umanita' sara' libera e felice e fara' la giustizia, l'uguaglianza e la liberta', come dice "Bandiera rossa". La conoscete "Bandiera rossa"? Io dico che e' pure meglio di "Volare" e di "Marina" messi insieme.
Di amici ormai ce ne aveva pochi perche' dell'eta' sua non c'era piu' nessuno, che ci avra' avuto a dir poco centovent'anni, centocinquanta. La gente diceva che aveva conosciuto Garibaldi in America, e poi era venuto in Italia con lui per fare l'Italia che a quel tempo non c'era, cioe' c'era come carta geografica ma gli italiani non c'erano, furono Garibaldi e quell'altro che si chiamava Peppe pure lui - Mazzini, bravo - che ce li portarono dopo che cacciarono gli austriaci, i francesi, gli spagnoli, i barbari e tutta quell'altra gente che adesso non lo so perche' stavano qui invece che a casa loro. Io ho fatto le scuole basse, al tempo della sora Amaglia. Non lo sapete chi e' la sora Amaglia? Chiedete a chi vi pare che ve lo dicono tutti, che qui tutti sono andati a scuola dalla sora Amaglia. Mo' e' morta da parecchi anni. No, i giovani che ne sanno? I giovani non vedono l'ora di zompare sul motorino, sulla corriera, sul treno e andarsene via.
La gente ne raccontava a bizzeffe di storie su di lui e di sicuro qualche volta le esagerava pure o magari le inventava di sana pianta. Lui invece non si vantava mai, raccontava sempre solo le avventure che gli parevano piu' importanti, che magari invece non erano quelle piu' importanti ma gli sembravano piu' importanti a lui o forse gli erano restate impresse meglio nella memoria, che poi a una certa eta' neppure lui se le ricordava bene e la gente che lo sentiva tra se' e se' diceva - ma solo nel pensiero, eh, che nessuno fiatava quando Ercole raccontava le dodici imprese d'Egitto - "questa se la ricorda male, questa era cosi' e cosi'", che lo avevano sentito tante di quelle volte che ormai le sapevano a memoria tutte le avventure di Ercole, quelle che raccontava, che invece ne aveva fatte una caterva che non le raccontava perche' non gli dava peso e invece magari a un'analisi materialistico-storica erano pure parecchio piu' importanti, che per esempio aveva conosciuto il compagno Gramsci in carcere (che il fascismo aveva messo in carcere pure a lui, Ercole. Che pero' c'era stato poco perche' una volta aveva spezzato le sbarre e era scappato, e se Gramsci non stava troppo male di salute se lo incollava e via svelti come la polvere a organizzare la rivoluzione dove i padroni e i fascisti meno se lo aspettavano) e aveva fatto la Resistenza, il Risorgimento e la Resistenza, lo dicevano tutti. E' che era modesto, pure quando raccontava dell'idra, per esempio, non e' che diceva che era quello che era, diceva che era una specie di serpentone con tutte 'ste capocce ma che non capiva un cempele e che alla fine bastava essere svelti col marraccio a tagliare e buttare nel focarone che avevi acceso prima, e magari se non c'era riuscito lui ci sarebbe riuscito qualcun altro a farla secca come uno straccio: la raccontava cosi' l'impresa d'Egitto dell'uccisione dell'idra, dico: l'uccisione dell'idra, che e' una delle imprese piu' famose della storia del mondo, piu' di Cassius Clay, piu' di Giulio Cesare, e lui la raccontava come se niente fosse. Che un altro avrebbe preteso il premio Nobel, il premio Oscar, per aver ammazzato l'idra, lui invece la raccontava cosi', come una cosa semplice che siccome si doveva fare e allora l'aveva fatta. Perche' se c'e' un popolo oppresso il comunista non si gira dall'altra parte, ma combatte per la fine dell'ingiustizia. Come dice il partito: il proletariato, consapevole della sua missione storica di liberare l'umanita' intera, affronta i problemi che oggettivamente si presentano nel momento e nel luogo in cui si presentano, analisi concreta della situazione concreta, lotta senza quartiere contro gli affamatori del popolo e poi realizza l'elettrificazione piu' i soviet. Una volta volevamo fare un soviet pure qui al paese, ma era una cosa difficile che nessuno sapeva il russo e allora non si capiva bene come funzionava e abbiamo rinviato a quando il partito avra' vinto le elezioni al parlamento e allora si attua la Costituzione della Repubblica italiana con tutte le virgole e si fa il comunismo mica solo qui al paese, ma in tutta Italia in una volta sola, ve lo dico io.
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L'ho letto, l'ho letto come la racconta il giornale. Che non era per niente Ercole quello vero, che si chiamava Oreste Strapparognoni, che in galera s'era studiato le favole antiche e una volta uscito faceva il cantastorie e l'accattone e il rubagalline, e che a forza di girare i paesi qui intorno la gente si era creduta che le storie che raccontava erano fatti che erano successi a lui e che invecchiando certe volte finiva per crederci pure lui un giorno si' e uno no.
Volete sapere che ne penso io? Che i giornali scrivono solo frescacce. A parte "L'Unita'", e' chiaro.

21 HENRY GRIMES

E deceduto Henry Grimes, musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 380 del 4 maggio 2020
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