[Nonviolenza] Telegrammi. 3719



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3719 del 24 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Eugenio Garin: Eugenio Colorni (1982)
6. Nando Briamonte: Eugenio Curiel (1985)
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. MAESTRI. EUGENIO GARIN: EUGENIO COLORNI (1982)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Eugenio Colorni nacque a Milano il 22 aprile 1909, secondogenito di Alberto, industriale, di famiglia ebraica mantovana, e di Clara Pontecorvo di origine pisana. Per indole incline all'introspezione, in uno scritto autobiografico La malattia filosofica, avviato durante il confino nell'isola di Ventotene (datato aprile-maggio 1939), ricordo' i suoi primi studi, l'influenza che ebbero su di lui i cugini Enrico, Enzo ed Emilio Sereni, maggiori di alcuni anni, con i quali ebbe consuetudine anche se non senza tensioni. Di Enzo in particolare aveva subito il fascino quando aveva quattordici anni. Sionista fervente, Enzo si sarebbe recato in Palestina; il C., seguendone per un certo periodo l'orientamento, si dette anche a studiare l'ebraico. Cercava pero' una strada sua, e negli anni di liceo, al "Manzoni" di Milano, credette di trovare un "filo conduttore", "un criterio" e "una chiave", nel Breviario di estetica di Benedetto Croce, che l'accese di entusiasmo.
Iscritto nel 1926 alla facolta' di lettere e filosofia di Milano, fece a tempo a partecipare all'attivita' antifascista di quei Gruppi goliardici per la liberta' che, fondati da Lelio Basso, Rodolfo Morandi e altri, benche' ufficialmente gia' sciolti nel 1925, sopravvissero di fatto fino al 1928. Fra gl'insegnanti prediligeva G. A. Borgese e Piero Martinetti, col quale si laureo' in filosofia nel 1930 discutendo una tesi sullo Sviluppo e significato dell'individualismo leibniziano: e Leibniz rimarra' poi sempre il suo "autore". Nel 1928 egli aveva pubblicato, con lo pseudonimo di G. Rosenberg, il suo primo articolo su L'estetica di Roberto Ardigo' e del positivismo italiano nella seconda meta' dell'Ottocento. L'articolo usci' su Pietre (nel numero del 10 febbraio), la rivista nata a Genova nel 1926 per raccogliere una certa eredita' gobettiana, e trasferita nel 1927 da Lelio Basso a Milano, dove fu un punto di convergenza di giovani avversi al regime. Nel 1930, per una manifestazione politica durante una lezione di Borgese, fu fermato con alcuni compagni, e ben presto, secondo la testimonianza di Lucio Luzzatto, avrebbe partecipato all'attivita' del gruppo milanese di Giustizia e liberta'.
Nel 1931 era a Berlino dove conobbe Ursula Hirschmann, che sposera' alla fine del 1935 e da cui avra' tre figlie: Silvia, Renata, Eva. Nell'autunno del 1931, appunto a Berlino, incontro' Benedetto Croce con cui discorse di un ampio saggio che stava componendo sull'estetica. Di quell'incontro e' traccia in alcune pagine crociane del 1951, in nota alle quali il filosofo pubblico' anche uno scambio di lettere col C. del febbraio-marzo 1932. Nel '51 Croce ricordera' il C. ancora "molto legato al cosiddetto idealismo attuale e ai suoi rappresentanti", cosa che, a dir vero, non appare da quanto si legge in recensioni e articoli pubblicati fra il 1931 e il 1932 in riviste quali Il Convegno, La Cultura, Civilta' moderna e la martinettiana Rivista di filosofia.
Nel 1932, a Milano, in trecento esemplari, dalla Societa' editrice La Cultura, usciva L'estetica di Benedetto Croce. Studio critico.
Quando era gia' in bozze, alla fine di febbraio, il C. aveva mandato il manoscritto a Croce. "Il lavoro - gli scriveva - e' nato piu' che altro per un bisogno di chiarificazione, e per la necessita' che ho sentito sempre piu' forte di acquistare netta coscienza di quanto dobbiamo al Suo insegnamento, e di quanto in esso costituisca solo una premessa necessaria per proseguire". E soggiungeva: "sarebbe per me un grande dolore non essere considerato con spirito di benevolenza da colui che ritengo il piu' grande maestro di questi miei anni, e della nostra generazione" (Quaderni della Critica, VII [1951], p. 186). Il saggio del C. era importante perche' metteva bene in evidenza il contrasto immanente all'opera del Croce fra la ricchezza delle analisi empiriche ("il suo spirito di sperimentatore indefesso") e una impalcatura imposta a priori. Naturalmente il Croce non solo respinse la critica, ma considero' positivamente la successiva svolta del C., che pure lo avrebbe portato del tutto al di fuori dei suoi metodi e dei suoi interessi.
Lettore d'italiano all'universita' di Marburgo negli anni 1932-1933, con l'avvento del nazismo il C. torno' in Italia. Nel 1933 egli compi' una tesi di perfezionamento su La filosofia giovanile di Leibniz. Vinse poi un concorso per cattedre di storia e filosofia nei licei, e dopo una prima assegnazione a Voghera passo' nel 1934 a insegnare filosofia e pedagogia all'istituto magistrale "Giosue' Carducci" di Trieste, dove rimase fino all'arresto del 1938. Sono anni in cui all'insegnamento che lo appassiona, e alla ricerca, si affianca una costante attivita' politica, distinta certo dalle altre, cui e' parallela, ma anche profondamente connessa. Non a caso, in un articolo uscito nel 1932 nella Rivista di filosofia sulle Relazioni fra conoscenza e volonta', il C. insiste sul nesso fra pensiero e azione. Se l'uomo, scrive, "si limitasse ad una pura conoscenza, senza completarla con l'azione, cio' significherebbe che egli non ha compreso appieno, in tutti i suoi rapporti, l'oggetto delle sue ricerche; o che, per lo meno, una grande e fatale astrazione egli ha lasciato sussistere nel suo spirito: quella fra conoscenza e volonta'" (Scritti, p. 54).
Sul terreno della ricerca il C. raccoglie materiali per la monografia su Leibniz, che disegna di pubblicare in francese presso il ben noto editore di opere di filosofia scientifica, Hermann. Intanto nel 1935 esce nella collana scolastica Sansoni, diretta dal Gentile, la sua versione della Monadologia, illustrata attraverso un'antologia sistematica che e' un modello nel suo genere, e che dimostra una familiarita' eccezionale con le opere del grande pensatore. Leibniz era divenuto la sua guida. Sempre nel 1935 il C. scriveva che chi si accosti a Leibniz "ne riceve un senso immediato di attualita' e di fecondita'". Enigmatico, ma aperto in tutte le direzioni, Leibniz lo costringe ad affrontare studi di logica e di matematica, a rimettere in discussione il modo stesso di concepire la scienza, e i rapporti fra scienza e filosofia.
Nel testo autobiografico gia' citato, il C. racconta come a Trieste, in seguito alle osservazioni del poeta Umberto Saba, si decidesse ad abbandonare la filosofia. In realta' non era la filosofia che rifiutava, ma un orientamento, legato a quell'idealismo di cui erano, o si dicevano, seguaci, anche se in modi diversi, Croce come Gentile e Martinetti: "da quel giorno - confessa - non ho piu' orrore ne' disprezzo per le scienze naturali, e non sento piu' il bisogno di scrivere difficile. La parola "empirico" non e' piu' per me un insulto. E da quel giorno non mi entra piu' in testa che cosa significhi l'Universale" (Scritti, p. 29).
Il processo di revisione critica del C., che era del resto diffuso in quegli anni nella cultura italiana, prosegui' e si fece piu' articolato nel periodo del confino. Riparti' da Kant e dalla problematica kantiana, e medito' sulle conseguenze che la fisica teorica e la psicanalisi potevano avere per la dissoluzione di impostazioni filosofiche tradizionali. Discusse con Ludovico Geymonat a Melfi nel 1942 un progetto di rivista (ne e' rimasta traccia nel postumo Programma di una rivista di metodologia scientifica). Ai Dialoghi di Commodo consegno' la conclusione della sua "distruzione della filosofia", che era in realta' uno sforzo di riprendere da Kant, ma tenendo conto di una nuova rivoluzione scientifica, la via critica della ragione.
Come si e' detto, in parallelo con la riflessione teorica il C., svolgeva un'intensa attivita' politica. Staccatosi nel 1935 da Giustizia e liberta', collaboro' col Centro socialista interno nato a Milano nell'estate del 1934, in una piccola riunione in via Telesio, ad opera fra gli altri di Morandi, Basso e Lucio Luzzatto. A Trieste il C. uni' all'opera di organizzatore un costante impegno sui problemi generali. Nel suo lavoro nel Veneto si incontrava con Eugenio Curiel, e veniva in contatto con la fronda antifascista di giovani intellettuali e di appartenenti alla piccola e media borghesia. Maturo' cosi' quella rivalutazione positiva della loro funzione che espresse nell'articolo I problemi della guerra, comparso a firma Agostini (fra gli altri suoi pseudonimi Anselmi, Ruggeri, D4, D5) su Politica socialista del primo agosto 1935, che provoco' una nota fortemente critica (ma non pubblicata) di R. Morandi, che si rifiutava di sopravalutare la resistenza delle classi medie di fronte alla campagna etiopica (R. Morandi, La democrazia del socialismo, Torino 1961, pp. 129 s.). Nella primavera del 1937, in connessione con le notizie della guerra di Spagna e con le difficolta' interne crescenti, si ebbero varie agitazioni spontanee. Il C. scrisse allora un articolo, firmato Anselmi, per l'edizione parigina del Nuovo Avanti! del 12 giugno, La spontaneita' e' una forma di organizzazione, in cui sottolineo' nelle masse una spinta rivoluzionaria spontanea che oltrepassava le posizioni dei partiti organizzati. I partiti, quindi, dovevano dare "direttive sempre piu' precise, parole sempre piu' concrete". Continuava: "non si tratta di eliminare la spontaneita', ma anzi di coltivarla, riempirla di contenuto" (L. Solari, p. 122). Intanto, nell'aprile, a Milano erano stati arrestati molti dei dirigenti del centro interno: fra essi, Luzzatto e Morandi. Non erano mancate le delazioni, e proprio a Trieste un "confidente" era riuscito a conquistare la fiducia del C., lasciato libero di proposito per ulteriori operazioni.
Cosi' per la prima volta nel 1937 il C. prese contatto con la direzione del P.S.I. a Parigi, dove si era recato per il IX congresso internazionale di filosofia, il Congres Descartes, che si svolse dal 31 luglio al 6 agosto. Si trattava di organizzare un nuovo centro, delle cui strutture discusse molto vivacemente con Giuseppe Faravelli (Joseph), ponendo sotto accusa tutta la precedente organizzazione e sostenendo la necessita' di separare e mantenere rigorosamente distinte funzioni politiche e attivita' amministrative e di "penetrare in modo legale nel maggior numero di ambienti e strati della popolazione, per rendersi conto degli stati d'animo e dei bisogni" (S. Merli, Documenti del movimento socialista in Italia e la lotta contro il fascismo dal 1936 alla seconda guerra mondiale, in Annali... Feltrinelli, V [1962], p. 755).
Nei confronti dei comunisti ritiene possibile "collaborare ..., pur salvaguardando l'autonomia" ("direzione in Italia - quindi non soggetta a burocratismi moscoviti - e rifiuto di accettare la disciplina antitrotzkista"). Progetta - contro il parere di Faravelli - la pubblicazione in ciclostile, e con la collaborazione dei comunisti padovani, di "un foglietto di propaganda col titolo Bollettino del Fronte popolare" (il disegno viene bocciato dalla direzione comunista di Parigi). Si propone di continuare "la lotta all'interno delle organizzazioni fasciste": nel luglio del '37, a firma Agostini, aveva pubblicato sul Nuovo Avanti!, a puntate, un saggio su La funzione del maestro nella scuola fascista; le puntate furono poi raccolte e distribuite in opuscolo.
Il C. sapeva di essere sorvegliato, ma continuava la propria attivita'. Mentre si recava in questura per il rinnovo del passaporto per la Francia (motivava un viaggio a Parigi con la pubblicazione del suo studio su Leibniz presso Hermann), fu arrestato a Trieste l'8 settembre 1938. Si era in piena campagna razziale (le decisioni del Gran Consiglio del fascismo sono del 6 ottobre), e tutti i quotidiani, fino al Corriere della sera, colsero l'occasione per sfruttare La doppia vita del prof. C., come scrisse il Piccolo di Trieste. Trasferita l'istruttoria a Milano, il C. resta nel carcere di Varese fino al gennaio 1939. Mancando prove serie contro di lui, fu quindi assegnato per cinque anni al confino dell'isola di Ventotene dove giunse il 5 gennaio. Continuo' i suoi studi di filosofia; stese vari scritti fra cui i Dialoghi di Commodo, che saranno pubblicati postumi e che riproducono le discussioni con gli amici Ernesto Rossi, Manlio Rossi Doria, Altiero Spinelli. Aderi' alle idee federaliste, che presero corpo nel Manifesto di Ventotene da lui pubblicato nel gennaio del 1944 a Roma con due documenti stesi da A. Spinelli e con una sua prefazione che ritrae con efficacia il ripensamento politico degli anni 1941-42 "nella tristezza dell'inerzia forzata e nell'ansia della prossima liberazione".
Nell'ottobre del 1941, su sua richiesta e con un intervento di Gentile, fu trasferito sul continente e nel dicembre giunse a Melfi (dopo brevi soste a Montemurro e a Pietragalla). Il 6 maggio 1941, avendo ottenuto il permesso di andare a Potenza per una visita medica, riusci' a fuggire a Roma, dove, nella clandestinita', opero' alla organizzazione del Partito socialista di unita' proletaria nato dalla fusione del gruppo giovanile del Movimento di unita' proletaria (M.U.P.) e del Partito socialista italiano. Dopo la caduta del fascismo partecipo' a Milano all'incontro in casa di Mario Alberto Rollier, il 27 e 28 agosto, da cui nacque il Movimento federalista europeo. A Firenze incontro' Alessandro Levi (E. C., in Rivista di filosofia, XXXVIII [1947], p. 146). Dopo l'8 settembre opero' indefessamente a Roma nell'organizzazione della Resistenza. Membro del comitato direttivo del nuovo Partito socialista, redattore capo dell'Avanti! clandestino, si impegno' nella ricostruzione della Federazione giovanile socialista e nella formazione della prima brigata Matteotti. I suoi ultimi articoli sull'Avanti!, del 16 marzo e del 20 maggio 1944 (Amministrazione o rivoluzione; Rivoluzione dall'alto?), analizzano lucidamente la situazione politica dell'Europa alla vigilia della vittoria alleata e si battono per un moto di autentica rivoluzione dei popoli d'Europa contro ogni possibile imposizione e strumentalizzazione da parte dei vincitori. Il 28 maggio 1944, in via Livorno, fermato da una pattuglia, fu ferito a colpi di mitra mentre tentava di fuggire. Mori' il 30 maggio nell'ospedale di S. Giovanni sotto la falsa identita' di Franco Tanzi.
*
Fonti e bibliografia: Una buona bibliografia essenziale accompagna l'articolo di E. Gencarelli nel Dizionario biogr. del movimento operaio italiano. 1853-1943, a cura di F. Andreucci-T. Detti, II, Roma 1976, pp. 74-81, da integrarsi, soprattutto per gli scritti filosofici, con le indic. che si trovano in calce a E. Colorni, Scritti, introd. di N. Bobbio, Firenze 1975, pp. 364-370. La silloge presentata da Bobbio non comprende, fra l'altro, il saggio su L'estetica di B. Croce (Milano 1932), ma offre gli inediti filosofici piu' importanti, oltre a dare esatte indicazioni di tutta la produzione e delle edizioni. Lettere e docum. tratti dall'Arch. Tasca si trovano nel gia' citato lavoro del Merli, Documenti del movimento socialista..., negli Annali… Feltrinelli, V (1962), pp. 541-844. Altre lettere e docum. si possono leggere nelle Lettere di antifascisti dal carcere e dal confino, a cura di G. Pajetta, Roma 1962, II, pp. 411-420, e nella seconda parte del libro di L. Solari, E. C. Ieri e oggi. Venezia 1980, pp. 90-188. Sul pensatore e sull'uomo (nelle pagine di Levi e di Tagliacozzo con ricordi e testimonianze,) cfr. ancora: Al. Levi, E. C., in Riv. di filosofia, XXXVIII (1947), pp. 142-146; F. Rossi Landi, Sugli scritti di E. C., in Riv. critica di storia della filosofia, VII (1952), pp. 147-153; E. Tagliacozzo, L'uomo C., in Tempo presente, dicembre 1980, pp. 46-55.

6. MAESTRI. NANDO BRIAMONTE: EUGENIO CURIEL (1985)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Eugenio Curiel nacque a Trieste l'11 dic. 1912, da Giulio e da Lucia Limentani, ebrei triestini. Molto probabilmente influenzato dal padre, ingegnere, il C. si avvio' agli studi scientifici. Frequento' prima l'istituto tecnico Leonardo da Vinci, poi il liceo scientifico Guglielmo Oberdan. Fin dalla giovane eta' dimostro' un vivissimo e persino ansioso desiderio di conoscenza che lo porto' ben presto ad interessarsi di molti argomenti al di là dei normali programmi scolastici: di filosofia, di storia, di letteratura classica e moderna, di pittura, di teatro, di musica.
All'eta' di sedici anni, risale la prima testimonianza del suo antifascismo. Il C. termino' gli studi liceali nel 1929, e nello stesso anno si trasferi' a Firenze per frequentare il biennio universitario di ingegneria. Fu ospite dello zio materno Ludovico Limentani, il noto filosofo positivista, firmatario nel 1925 del contromanifesto degli intellettuali redatto da B. Croce. Superato il biennio, sul finire del '31 C. si trasferi' al politecnico di Milano. Continuavano i suoi studi incessanti, le sue letture urgenti e confuse. Due fatti nuovi pero' intervenivano a segnare una svolta nella sua vita. Gli effetti della grande crisi del '29 travolgevano l'attivita' commerciale paterna e sospingevano la sua agiata famiglia sull'orlo della poverta... Alla fatica ed alla solitudine dei suoi studi, si sommavano cosi' gravi problemi economici, una condizione che lo porto' presto alle soglie di un forte logoramento psichico: Inoltre, proprio in quel periodo, il C., alla ricerca di un orientamento sicuro e profondamente deluso da quanto lo circondava, si avvicinava, molto probabilmente attraverso il gruppo triestino "Verita' e Scienza", al movimento antroposofico, alle teorie di Rudolf Steiner. Tornato nei primi mesi del '32 a Firenze, dove poteva contare ancora sull'aiuto della famiglia Limentani, cambio' indirizzo di studi. Si iscrisse alla facolta' di fisica dove prese a seguire il professor Bruno Rossi, giovane studioso d'avanguardia dei raggi cosmici.
Le conseguenze della scelta antroposofica furono importanti e rimisero in discussione anche i rapporti con la famiglia, il lavoro, la scienza. Nel febbraio del '33 il C. si trasferi' all'universita' di Padova seguendo il suo maestro, ma nella stessa primavera rifiuto' di partecipare ad una importante spedizione scientifica cui era stato invitato.
Ad interessarlo era piuttosto la prospettiva dell'insegnamento elementare, comune a tutti i membri del circolo antroposofico, ed infatti nel dicembre del '32 a Firenze aveva preso l'abilitazione all'insegnamento. Continuava intanto con fervore lo studio dei testi antroposofici, accompagnato da esercizi di autocontrollo, da meditazioni, da un rigido regime alimentare e sessuale. Pensava di trasferirsi presto in Svizzera, a Dornach, centro internazionale del movimento antroposofico.
Pur immerso in questa prospettiva, il C. sollecitato dai familiari e dagli amici porto' a termine gli studi universitari. Si laureo' a pieni voti nel luglio del '31 con una tesi sulle Disintegrazioni nucleari per mezzo della radiazione penetrante, e a lui si schiuse la possibilita' di una brillante carriera universitaria.
Ma tutto questo sembrava non interessargli piu': "non piu' nostalgie scientifiche, non piu' desideri di gloria", scrive in un diario. Sul finire del '33 ottiene una breve supplenza al ginnasio di Montepulciano. Nel dicembre dello stesso anno scrive pero' al suo professore che la "malattia nervosa" che lo affliggeva e' superata, che ha necessita' di lavorare, che sarebbe contento di ritornare ai suoi studi, orientati preminentemente verso la filosofia della scienza. E nel febbraio del '34 torna a Padova, dove il Rossi e' riuscito a fargli assegnare l'incarico di assistente presso la cattedra di meccanica razionale del professore E. Laura.
Si apre cosi' un capitolo nuovo nella vita del C., contrassegnato da una viva ricerca intellettuale, nel quale matura l'impegno politico antifascista. A Padova ritrova A. Braun, gia' suo compagno d'infanzia, ora comunista, e si lega di profonda amicizia con R. Mieli. Ad essi si uniscono G. Goldschmied, il giovane pittore T. Zancanaro, E. Luccini. U. Fiorentino. In un primo tempo gli interessi del C. sono prevalentemente filosofici, e si snodano intorno ai grandi temi della filosofia idealistica, con particolare attenzione all'attualismo gentiliano. Ma presto cresce in lui l'interesse, per un impegno piu' decisamente politico. Negli anni 1934-35 le sue simpatie erano orientate verso Giustizia e Liberta', ed insieme con Mieli il C. tento' un approccio verso quel gruppo, che rimase pero' senza esiti dato l'atteggiamento rinunciatario di Giustizia e Liberta' in quel momento di grave sconfitta politica per l'antifascismo e di dura repressione poliziesca. Dopo quel tentativo il C. prese contatti con la rivista milanese I Problemi del lavoro di R. Rigola sulla quale, nell'ottobre del 1935, fece apparire un articolo di carattere sociopedagogico.
Probabilmente attraverso quella rivista si avvicino' alle tematiche del sindacalismo rivoluzionario, del sindacalismo nazionale corridoniano, al pensiero di G. Sorel, a quello di Antonio Labriola, che riconobbe poi tra gli ispiratori della sua attivita' "legale" e del suo avvicinamento al partito comunista.
Con A. Braun il C. lesse e discusse Marx, Engels, Lenin; accetto' quindi di aderire al Partito comunista italiano. Un'adesione non tanto ideologica quanto d'azione, che riconosceva nel partito comunista il partito piu' rigoroso e conseguente nella lotta antifascista, con i legami di massa piu' solidi, impegnato nel paese in una lotta cruenta che dava la speranza a migliaia di uomini. Erano i mesi in cui il fascismo proclamava l'impero e raggiungeva il massimo dei consensi, ma anche del Fronte popolare francese e di quello spagnolo. Nel '36 il C. aveva anche ripreso i contatti con E. Colorni, che aveva conosciuto a Milano, e fra i due era nata un'amicizia. profonda che si sostanziava di molteplici interessi comuni, scientifici, filosofici, politici. Colorni militava nel Centro socialista interno, nato nel '34 dall'iniziativa di R. Morandi, L. Basso, L. Luzzatto, e ad esso collaboro' per qualche tempo anche il C. prima di stabilire, nel marzo del '37, il contatto con la direzione estera comunista. Il C. nel frattempo continuava il suo lavoro di docente universitario, e dal '35 aveva assunto anche l'incarico di matematica complementare. Non abbandonera' mai l'interesse per le scienze, ma dal '37 fu l'impegno politico ad assorbire le sue maggiori energie.
Dai colloqui con i dirigenti comunisti a Parigi scaturi' l'indicazione di avviare un lavoro "legale" all'interno delle organizzazioni di massa fasciste, e il C. insieme con Braun, Mieli, Luccini e Goldschmied, inizio' a Padova un'importante esperienza: riusci' a farsi nominare redattore capo de Il Bo', il giornale dei Gruppi fascisti universitari, e da quelle pagine, sfruttando con grande abilita' ogni possibilita' che la retorica e la demagogia fascista consentiva, porto' all'interno della gioventu' un messaggio di classe e di riscossa. Negli oltre cinquanta pezzi che pubblico' dall'agosto del '37 all'agosto del '38, il C. articolo' il suo discorso essenzialmente intorno a due temi: il problema dei giovani e il ruolo del sindacato.
Nei suoi articoli, e' presente una forte caratterizzazione classista. Il C. infatti rifiuta di considerare la gioventu' come una classe a se', sottolinea la diversita' delle condizioni e dei problemi fra i giovani, studenti, operai, contadini, rilevandone la natura di classe, invita i giovani intellettuali a studiare e conoscere a fondo il popolo, le masse operaie e contadine, le loro condizioni reali, le loro lotte e la loro volonta' di riscatto, e li esorta a fare il proprio tirocinio alla vita nelle associazioni sindacali, alla scuola del lavoro, li' dove e' piu' concreta l'aderenza ai problemi nazionali, dal cui seno dovra' essere espressa la futura classe dirigente. Il C. attribuisce una grande importanza tattica al sindacato fascista. Individua infatti in esso una funzione rivoluzionaria in quanto, in quella situazione data, unico organismo basato su una distinzione clasista, terreno sul quale ancora il proletariato industriale si organizza e lotta contro la politica antioperaia dei regime. E sui problemi sindacali tornera' spesso su Il Bo' con una ricchezza e profondita' d'analisi tali che quel giornale universitario riusci' ad avere una certa diffusione anche in ambienti operai.
Anche durante il lavoro legale il C. continuo' a mantenere contatti con Colorni e tramite lui conobbe a Milano L. Basso, impegnato allora a riorganizzare il Centro socialista interno dopo gli arresti di Morandi e Luzzatto. Fece inoltre un secondo viaggio a Parigi dove incontro' ancora i massimi dirigenti comunisti. In quell'occasione prese contatti anche con esponenti della direzione estera del Partito socialista italiano. Il C. infatti era impegnato in quel periodo a sensibilizzare il dibattito politico delle diverse forze dell'antifascismo su quei temi che aveva sviluppato nel corso dell'esperienza legale, per sconfiggere la sterile posizione della condanna morale della gioventu' e del sindacato fascisti, e sollecitare un'analisi di classe delle contraddizioni che, pur lentamente, si andavano acuendo all'interno del regime.
Il pensiero politico del C., che si andava precisando proprio in quegli anni, presenta rilevanti aspetti di novita' nei confronti della linea della "riconciliazione del popolo italiano" seguita dal partito comunista, da cui pure prende le mosse, e porta chiaro il segno di una riflessione autonoma ed originale. Una ricerca che nasceva, oltre la tradizione, la sconfitta e le divisioni del vecchio antifascismo, nel nuovo che nella realta' italiana il movimento di classe andava maturando, per un approdo unitario. Una ricerca che aveva notevoli punti di contatto con le posizioni del Centro socialista interno.
Il 20 agosto 1938, in seguito alle leggi antiebraiche, il C. fu costretto a cessare la collaborazione a Il Bo', e a lasciare la cattedra universitaria; nell'ottobre si reco' a Parigi. La situazione nel centro estero comunista era nel frattempo profondamente cambiata. In pieno clima staliniano la vecchia direzione era stata messa sotto accusa, un pesante clima di sospetto si abbatteva su molti quadri. Lo stesso C. ne fu vittima dati i suoi molteplici rapporti clandestini, e si trovo' di fronte alla scelta: o accettare la proposta comunista di andare in Egitto a dirigere una pubblicazione antifascista, o accettare quella fattagli da alcuni dirigenti socialisti di ritornare in Italia per curare la riorganizzazione della rete clandestina, e sospendere quindi i rapporti con i comunisti. Il C. opto' per la seconda soluzione che gli consentiva di svolgere un lavoro piu' di punta e con un largo margine di autonomia. Durante quel soggiorno in Francia scrisse alcuni articoli su Lo Stato operaio e su Giustizia e Liberta'; nel febbraio del '39 lascio' Parigi per Milano. Riprese quindi i contatti con Basso, e divenne di fatto il successore di Colorni, arrestato qualche mese prima, alla direzione del Centro socialista interno. Sono di questo periodo alcuni rapporti inviati alla direzione del partito socialista, incontri con P. Nenni e con altri esponenti della Sinistra socialista, due articoli apparsi sulla rivista Corrente. Dopo uno sfortunato tentativo di passare la frontiera tra la Svizzera e la Francia, il 24 giugno 1939 il C. fu arrestato a Trieste e subito tradotto nelle carceri di Milano. Il 13 gennaio 1940 fu condannato a cinque anni di confino di polizia e inviato a Ventotene. Qui il C. si collego' subito con il collettivo dei confinati comunisti, del quale facevano parte alcune delle figure piu' prestigiose dei partito, e inizio' un periodo di intenso studio e riflessione teorica.
Parallelamente all'approfondimento dei testi classici dei marxismo porto' avanti la riflessione sul rapporto fra scienza e filosofia, storia e filosofia, positivismo, idealismo e marxismo, in un saggio critico sul "manuale" di N. I. Bucharin. Scrisse alcune interessanti notazioni sul Risorgimento, sulla storia del Veneto, sul movimento nazionale sloveno, sul nesso fra idealismo e sindacalismo rivoluzionario. Approfondi' la riflessione sui temi dell'autogoverno, del ruolo dei partito, della peculiarita' della prospettiva rivoluzionaria italiana rispetto alla rivoluzione sovietica.
Il C. lascio' Ventotene il 21 agosto 1943. Fu quindi a Trieste, a Venezia, a Padova, cercando di ristabilire contatti con gli ambienti antifascisti; cerco' la sua famiglia sfollata a Gardone, e nel novembre arrivo' a Milano dove si collego' subito con la direzione comunista del Nord.
Il ruolo svolto dal C. durante la lotta di liberazione nazionale, all'interno del movimento partigiano e nel dibattito teorico apertosi nel partito comunista e piu' in generale fra le forze dell'antifascismo, fu di importanza considerevole. Direttore delle pubblicazioni comuniste La nostra lotta e L'Unita', "responsabile dell'organizzazione culturale" del partito comunista, massimo dirigente del Fronte della gioventu', il C. porto' avanti una delle collaborazioni teoriche piu' ricche e stimolanti sui nodi di fondo della transizione ad una societa' democratica e socialista. Una elaborazione cresciuta all'interno della riflessione collettiva dei gruppo dirigente comunista, alla quale il C. diede un impronta del tutto originale, gia' maturata nel corso delle sue precedenti esperienze.
I dati di novita' da cui muoveva la sua analisi erano, nel 1941, l'affermarsi e l'estendersi nella lotta contro il nazifascismo di organizzazioni di massa clandestine, l'incrinarsi del blocco borghese per le profonde contraddizioni interne e l'offensiva del movimento operaio. Gli organismi nati nella lotta popolare, espressione diretta di quella lotta ma anche luogo di maturazione della capacita' di egemonia del proletariato, in quanto organi di autogoverno rappresentavano per il C., di fronte alla profonda crisi della vecchia democrazia prefascista, la base piu' sicura della futura democrazia, che non solo doveva distruggere ogni residuo del fascismo, ma affermare una nuova forma statale che fosse superamento anche del vecchio Stato e della tradizione democratico-borghese. Questa estesa rete di organismi di massa che aderiscono al Comitato di liberazione nazionale, nella quale si e' organizzata la lotta della classe operaia, dei tecnici, dei contadini, dei partigiani, dei giovani, delle donne, che nel suo sviluppo mobilita strati sociali sempre piu' vasti e correnti politiche diverse, in cui la classe operaia matura quale classe di governo, e' essa che dovra' prendere possesso della macchina statale e presidiare la nuova democrazia. Il Comitato di liberazione nazionale, secondo il C., non e' da intendersi quindi come coalizione di partiti, ma come massimo organismo politico nazionale di massa. La funzione dei partiti e dell'avanguardia non puo' che essere pensata all'interno dei movimento, come sostegno, unificazione e amplificazione di esso, suo strumento. Ancora una volta per il C. la forza motrice, il soggetto rivoluzionario e' la massa, la classe operaia, che si esprime attraverso i suoi organismi di democrazia diretta forgiati nella lotta. Ed ecco quindi emergere il suo disegno di "democrazia progressiva", che non e' ordinamento elargito dall'alto ma autogoverno di massa; non "tappa", ma "metodo" per la soluzione dei problemi politici e sociali, "formulazione politica dei processo sociale della rivoluzione permanente", processo aperto a tutte le conquiste, verso il socialismo.
Alla costruzione di questa ipotesi politica, il C. lavoro' in quei mesi con infaticabile impegno, nel movimento, nel suo partito, cercando di coinvolgere le altre componenti dell'antifascismo classista, collegandosi con i settori piu' avanzati del mondo cattolico. Si impegno' anche per un contestuale rinnovamento culturale e intellettuale. Una grande amicizia lo lego' al filosofo A. Banfi e ad E. Vittorini, e insieme a loro lavoro' all'idea del Fronte della cultura e della rivista Il Politecnico.
A pochi giorni dalla liberazione, il 24 febbraio 1945, a Milano, la raffica di mitraglia di una pattuglia fascista lo uccise. Il 24 aprile 1946 fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
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La raccolta e la pubblicazione dell'opera del C., frammentata in vari articoli, relazioni e brevi saggi, e' iniziata nel 1955, con Classi e generazioni nel secondo Risorgimento, con, introd. di E. Modica, Roma 1955, e si e' arricchita negli anni successivi con l'avanzare di studi e ricerche che hanno permesso di ricostruire con sempre maggiore esattezza quella complessa vicenda clandestina. Nel 1970 fu pubblicato, a cura di M. Quaranta-E. Franzin, E. Curiel, Dall'antifascismo alla democrazia progressiva, Padova 1970, e infine, con prefazione di G. Amendola, R. Curiel, Scritti 1935-1945, a cura di F. Frassati, Roing 1973.
Fonti e bibliografia: S. Merli, La ricostruz. dei mov. socialista in Italia e la lotta contro il fascismo dal 1934 alla seconda guerra mondiale. Milano 1962, passim; E. Garin, E. C. nella storia dell'antifascismo, in Studi storici, VI (1965), pp. 3-24; E., Modica, C. e la prospettiva unitaria dei "partito nuovo" in Critica marxista, VII (1969), 6, pp. 159-180; P. Spriano, Storia del Partito comunista ital., III, Torino 1970, pp. 274-292 e passim; V, ibid. 1975, ad Ind.; P. De Lazzari, Storia del Fronte della gioventu', Roma 1972, passim; S. Merli, Il problema C., in Quaderni piacentini, XIII (1974), 52, pp. 105, 135; G. Amendola, Storia del Partito comunista italiano 1921-1943, Roma 1978, pp. 360-366 e passim; N. Briamonte, La vita e il pensiero di E. C., Milano 1979.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Dante Livio Bianco, Guerra partigiana, Einaudi, Torino 1954, 1974, pp. LVIII + 158.
- Luciano Bolis, Il mio granello di sabbia, Einaudi, Torino 1946, 1973, pp. XII + 96.
- Alessandro Natta, L'altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, Einaudi, Torino 1997, pp. XXXIV + 148.
- Franco Venturi, La lotta per la liberta'. Scritti politici, Einaudi, Torino 1996, pp. LXVI + 438.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3719 del 24 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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