[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 440



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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 440 del 23 aprile 2020

In questo numero:
Questo 25 aprile. Una minima riflessione

QUESTO 25 APRILE. UNA MINIMA RIFLESSIONE

1. Un tempo sospeso e un'agnizione ancora
Sara' uno strano 25 aprile.
Senza cortei, con la deposizione degli abituali omaggi floreali ai caduti della lotta di liberazione dal nazifascismo effettuata da ristrettissime delegazioni istituzionali ed associative.
La proposta dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia di cantare "Bella ciao" dalle finestre e dai balconi di casa alle ore 15 e' certo meglio di niente, ma ovviamente resta una forma di partecipazione aleatoria e insufficiente.
Intendiamoci: sappiamo tutti fin troppo bene che molti discorsi d'occasione il 25 aprile pronunciati non sgorgavano propriamente dal cuore degli oratori, e tuttavia anche certi esercizi di retorica filastroccati con voce stanca dall'ipocrita di turno avevano tuttavia un significato se non un valore: erano, per dirla con La Rochefoucauld, l'omaggio che il vizio rende alla virtu'.
Poi, naturalmente, il punto problematico era lo stesso di tutte le commemorazioni di persone degne, di tutte le celebrazioni di degni eventi: se le cose che si dicono in quelle giornate divengono sangue del nostro sangue e nervi dei nostri nervi, o invece restano li', sospese in aria come una caligine che presto si dissolve, in guisa di meccanico e vuoto rituale "semel in anno".
Ma come non pensare con animo addolorato e commosso alla duplice immensita' del lutto dei cinquanta milioni di morti della seconda guerra mondiale dal fascismo scatenata, e di tutte le vittime del totalitarismo e dei campi di sterminio? Non solo "a parte subjecti" per tante vite prematuramente infrante e sovente dopo aver loro inflitto abusi indicibili e disumane sofferenze, ma anche "a parte objecti" per l'immenso contributo al bene comune che quelle innumerevoli donne e quegli innumerevoli uomini barbaramente trucidati avrebbero invece potuto dare se fossero restati vivi e fossero divenuti produttori di beni e di bene, di servizi e di doni, agricoltori, scienziati, medici, artisti, artigiani, le mille attivita' fabrili che l'umanita' illustrano, e se avessero fatto figli e i loro figli a loro volta altri figli ancora: invece li ghermirono e li distrussero la violenza e la morte.
Il primo insegnamento di ogni Resistenza e' che occorre porsi sempre dalla parte delle vittime; e' che occorre agire sempre per salvare le vite, e' che occorre opporsi sempre a tutte le ingiustizie, a tutte le oppressioni, a tutte le violenze.
Il 25 aprile questo ricordiamo: la lotta in difesa del diritto di ogni essere umano alla vita e alla dignita', e la speranza e la promessa della liberazione dell'umanita' intera che e' cammino e compito ancora da adempiere.
Ha scritto una volta Hannah Arendt che si puo' sempre dire un si' o un no; e quindi dinanzi al male mai si deve essere rassegnati, mai indifferenti, mai complici, mai avviliti, ma sempre si puo' e si deve pensare a cosa si possa e si debba fare per porre rimedio. Ricordava Mohandas Gandhi che ogni volta che tu vedi un'ingiustizia, una violenza, un'oppressione, tu devi intervenire per farla cessare.
Per questo la nonviolenza e' la Resistenza che continua nelle forme piu' nitide e adeguate, piu' concrete e coerenti, piu' accudenti e piu' intransigenti. Come testimoniarono con l'intera loro vita Aldo Capitini e Danilo Dolci, Ginetta Sagan e Laura Conti, Simone Weil e Virginia Woolf, Germaine Tillion e Luce Fabbri.
No, non e' una stanca routine, una spenta liturgia ed un ormai indecifrabile e inerte riandare a tempi che furono e che sempre piu' sbiadiscono il 25 aprile: e' invece rinnovare un patto, assumere una responsabilita', compiere un atto di riconoscimento e di riconoscenza: perche' e' grazie a tutti i resistenti se l'ordine dittatoriale dei lager fu abbattuto e noi abbiamo potuto vivere in uno stato di diritto, in un ordinamento democratico, in un paese per mille aspetti imperfetto ma che certo dal 1945 ad oggi non e' piu' stato l'inferno nazifascista.
Cosi' due riflessioni, che recano anche due inviti ciascuna, sara' forse non disutile proporre alle persone per cui il 25 aprile significa qualcosa che ci fa battere piu' forte il cuore.
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2. L'ascolto del vero e il vero fare
La prima riflessione, la prima esortazione: va bene cantare "Bella ciao" e le altre canzoni della Resistenza, che e' una cosa che fa sempre bene, soprattutto se mentre le canti ascolti le parole che dici; ma si potrebbe anche fare qualcosa di piu' e di meglio: e ad esempio leggere almeno qualcuna delle biografie delle donne e degli uomini della Resistenza: oltre tremila si trovano nel sito internet dell'Anpi (www.anpi.it): e' una buona lettura, che illimpidisce lo sguardo e nutre l'anima, che fa capire di cosa stiamo veramente parlando, cosa stiamo realmente ricordando il 25 aprile.
O anche e ancora: leggere le lapidi che per i martiri della Resistenza scrisse Piero Calamandrei; o leggere alcuni testi di Primo Levi, il luminoso testimone della dignita' umana le cui parole ogni volta che le rileggi ti commuovono e ti fortificano. Questa lapidi, e una minima selezione di brani e di versi di Primo Levi, alleghiamo in calce a queste righe, sperando di fare un dono gradito a chi vorra' leggere o rileggere e tornare a meditare quelle parole indimenticabili di quegli indimenticabili maestri.
Perche' ogni volta che si ricorda la Resistenza occorre ricordare a cosa le donne e gli uomini resistettero: resistettero a un potere mostruoso che stermino' milioni di esseri umani nei lager; resistettero alla disumanita' piu' abissale; resistettero per salvare le vite di tutti gli esseri umani. Questo fu la Resistenza: la difesa dell'umanita' dinanzi al male assoluto, la difesa dell'umanita' dalla piu' orribile e annichilitrice delle violenze.
E allora sarebbe bene che almeno il 25 aprile, che quest'anno cade di sabato e che si potrebbe quindi prolungare anche nella domenica successiva, ogni persona di retto sentire e di volonta' buona due buone azioni facesse in ricordo di chi impegno' ed espose la propria vita per la vita nostra e di tutti, per la dignita' nostra e di tutti, per la liberta' nostra e di tutti.
La prima buona azione, rivolta al miglioramento di se' stessi: rileggere almeno uno dei molti grandi libri di testimonianza e di riflessione su quell'evento cruciale: che siano documenti umani come le lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e di quelle di altri paesi - come le due classiche raccolte curate da Malvezzi e Pirelli -, o testi di memoria come quelli di Nuto Revelli e di tante e tanti altri protagonisti della lotta che sconfisse la barbarie nazifascista, o testi di narrazione piu' letterariamente elaborata come quelli di Calvino, Fenoglio, Meneghello, Vigano', Vittorini e tante e tanti altri combattenti e testimoni (e fra tutti quello che forse e' il capolavoro della letteratura della Resistenza: "Vita e destino" di Vasilij Grossman, un libro che tutti dovrebbero aver letto, come "I sommersi e i salvati" di Primo Levi), o testi di ricostruzione storiografica e di interpretazione - chiedo venia - etica e filosofica come i capolavori di Claudio Pavone, di Hannah Arendt, e di tante e tanti altri studiosi e testimoni ancora, e qui mette conto ricordare l'utilissima bibliografia sulle Resistenze non armate e nonviolente redatta da quel grande maestro della cultura della pace che e' Enrico Peyretti, un testo breve e denso che e' anch'esso liberamente consultabile nella rete telematica.
La seconda buona azione, rivolta al miglioramento del mondo (ma anche la prima naturalmente lo e', perche' chi migliora se' stesso migliora ipso facto anche l'umanita'): fare almeno un piccolo gesto di solidarieta' concreta che riattivi, attualizzi, inveri il senso di questa commemorazione: e qui c'e' solo l'imbarazzo della scelta: da una donazione a un servizio pubblico essenziale, a un'organizzazione umanitaria, a una persona amica in difficolta', fino a piu' impegnative decisioni di partecipazione all'azione comune per il bene comune, di condivisione del bene e dei beni, di contrasto della violenza, di costruzione della civile convivenza che ogni essere umano riconosce e raggiunge, di attiva protezione di quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
L'agire di cui ci parlava Hannah Arendt in uno dei suoi capolavori, "Vita activa".
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3. Hic et nunc
La seconda riflessione, ovvero l'altro appello: chiedersi cosa significhi oggi, qui, per noi, ricordare le donne e gli uomini che lottarono per la liberazione del nostro paese e dell'umanita' dall'onnidistruttiva violenza nazifascista.
Svolgendo quindi un'analisi concreta della situazione concreta, affermando il dovere di vedere, ascoltare, dire la verita', e quindi di agire di conseguenza.
Si pensi all'orrore della violenza maschilista contro le donne, che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
Si pensi all'orrore della schiavitu', della tratta, della segregazione e delle persecuzioni razziste che tuttora perdurano anche nel nostro paese.
Si pensi all'orrore delle guerre che continuano nel mondo e all'orrore della produzione di armi che prosegue in Italia, armi che vengono vendute a chi con esse fa strage di esseri in tante parti del mondo.
Si pensi alla strage nascosta, ma nascosta come la lettera rubata di Edgar Allan Poe, degli anziani e delle altre persone piu' fragili reclusi in istituzioni totali, ed alla necessita' che tuttora persiste di lottare per abolire le istituzioni totali che fanno strame della dignita' e dei diritti umani e che confliggono con quanto esplicitamente stabilito come norma nella Costituzione della repubblica, e restituire a una vita degna, a una vita sociale, a una vita pienamente vissuta ogni essere umano.
Si pensi alla deriva autoritaria di un governo che non ha saputo affrontare onestamente ed efficacemente l'epidemia in corso, e che con la sua irresponsabilita' e intempestivita', la sua insipienza e la sua tracotanza, le sue stoltezze ed il suo solipsismo, ha contribuito al verificarsi di una vasta strage che poteva e doveva essere contenuta con efficaci tempestive adeguate misure di contrasto; un governo che peraltro per meta' e' composto degli stessi messeri che nel 2018-2019 imposero abominevoli misure razziste, ripugnanti ed incostituzionali, criminali e criminogene, obbrobriose e infami misure razziste ancora non abrogate, e commisero flagranti crimini contro l'umanita' tuttora impuniti.
Si pensi alla strutturale violenza di un ordine economico che a una ristrettissima minoranza consente di rapinare la massima parte delle risorse disponibili e cosi' condanna la stragrande maggioranza dell'umanita' a sofferenze inaudite, alla miseria e alla fame. Come disse una volta Mohandas Gandhi, nel mondo ci sarebbe abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per saziare l'avidita' di pochi.
E su tutto cio' riflettendo si coglie quale sia l'appello che il 25 aprile ci rivolge: a proseguire la lotta fino alla liberazione dell'umanita' intera da tutti gli abusi, da tutte le iniquita', da tutte le menzogne e le violenze, da tutte le oppressioni e le vilta', fino ad inverare i doveri comuni che solo consentono di rendere effettivi i diritti di tutti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani.
La massima delle tue azioni sia dunque la regola aurea attestata da tutte le grandi tradizioni di pensiero: "agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te". Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.
E quindi anche da questo punto di vista due indicazioni operative si pssono formulare.
La prima relativa alla prassi: uscire dalla subalternita' alle menzogna ed alle ingiustizie, ed adoperarsi per cercare e sapere cosa sia vero, buono e giusto; e rompere ogni complicita' con la violenza e l'iniquita'; fare il bene che ti e' possibile fare qui e adesso, perche' solo facendo il bene si contrasta il male.
La seconda relativa all'acquisizione e alla comprensione delle conoscenze e della strumentazione ermeneutica necessarie a formulare giudizi corretti e adeguati quindi a fondare l'azione doverosa, l'agire responsabile: ed al riguardo naturalmente si puo' leggere tanto il Disorso della montagna quanto le Tre ghinee, tanto Arcipelago Gulag quanto l'autobiografia di Nelson Mandela, tanto Dostoevskij quanto Tolstoi, ma forse la prima e piu' utile delle letture che chi vive in Italia dovrebbe fare e frequentemente ripetere sarebbe la Costituzione della Repubblica italiana, dalla prima parola fino all'ultima, ogni articolo ruminando a lungo e profondamente, chiedendosi cosa si possa e si debba fare perche' la norma che la Costituzione dichiara e l'ordinamento che la Costituzione fonda vivano non solo nel cielo platonico e kantiano dell'etica e del giure ma s'inverino in terra ogni giorno, s'incarnino nelle nostre stesse vite.
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4. Il 25 aprile dell'anno della pandemia
Infine anche questo va detto: che questo 25 aprile ha una caratteristica peculiare ed anzi unica rispetto a tutti i 25 aprile dalla Liberazione ad oggi: che si svolge mentre e' in corso una pandemia che aggredisce ed insieme affratella e assorella l'umanita' intera.
Come l'aggressione del nazifascismo che l'intera umanita' minacciava, cosi' la pandemia odierna tutte e tutti ci colpisce, e ci impone quindi di unire gli sforzi per la salvezza comune rivelando l'illusorieta' di ogni artificiosa divisione, e la meschinita' e l'immoralita' di ogni potere oppressivo ed escludente.
Sara' quindi forse non inutile ripetere anche il 25 aprile le parole che molte e molti di noi abbiamo gia' detto piu' volte nei giorni scorsi e nelle scorse settimane: ovvero che occorre "riconoscere i nostri doveri piu' veri: soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto; fare quello che e' buono e giusto; inverare la legalita' che salva le vite.
E ripetiamolo quindi una volta ancora cio' che va detto e non va dimenticato: qui e adesso chiediamo ad ogni persona di volonta' buona di premere nonviolentemente sul governo nazionale - e per quanto di loro competenza su quelli regionali - affinche' si adottino immediatamente tutte le iniziative indispensabili per contenere il contagio, per salvare vite umane, per aiutare ci ha piu' bisogno di aiuto; e tra queste iniziative innanzitutto le seguenti:
1. vuotare le carceri sovraffollate e mandare le persone attualmente li' ristrette nelle proprie abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui sia possibile il cosiddetto "distanziamento sociale" necessario per evitare il rischio di contagio;
2. abrogare tutte le misure razziste contenute nei due "decreti sicurezza della razza", porre fine all'effettuale regime di "apartheid" di cui sono vittima tante persone innocenti, far cessare lo sfruttamento schiavistico e la riduzione coatta in condizioni di vita disumane di cui sono vittima nel nostro paese troppi esseri umani innocenti; riconoscendo finalmente a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti sociali, civili e politici, a cominciare dal diritto di voto secondo il principio fondamentale della democrazia: "una persona, un voto";
3. aiutare con adeguate provvidenze tutti i poveri e gli impoveriti, garantendo immediatamente ad ogni persona alloggio, cibo e tutti gli altri beni necessari alla vita;
4. fornire protezioni sanitarie adeguate per tutte le persone: a cominciare dagli operatori e le operatrici della sanita', dell'assistenza, della pubblica sicurezza, di tutti i servizi pubblici necessari; a cominciare da tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici che con il loro lavoro continuano a produrre e distribuire i beni essenziali alla vita: gli alimenti e gli altri generi di prima necessita';
5. chiudere e tener chiuse fino alla fine dell'epidemia tutte le attivita' orientate al profitto privato non immediatamente necessarie alla vita delle persone;
6. rispettare e far rispettare rigorosamente il principio di precauzione, facendo prevalere la salvezza delle vite umane su ogni altro interesse particolare;
7. rispettare e far rispettare scrupolosamente i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione repubblicana; rispettare e far rispettare scrupolosamente la legalita' che salva le vite;
8. cessare di ingannare la popolazione con una propaganda e una retorica scandalose che hanno come fine di occultare i disastrosi errori dai governanti fin qui commessi il cui esito sono state innumerevoli morti evitabili se si fossero adottati tempestivamente e adeguatamente gli interventi necessari;
9. comprendere e far comprendere che per tutelare il diritto alla vita e alla salute occorre anche un impegno a contrastare l'inquinamento globale che e' il primo produttore e veicolo di nocivita'; ed agire di conseguenza;
10. comprendere e far comprendere che per tutelare il diritto alla vita e alla salute occorre anche un impegno a contrastare le ingiustizie sociali che opprimono la stragrande maggioranza dell'umanita'; ed agire di conseguenza;
11. inverare l'appello del segretario generale dell'Onu alla cessazione di tutte le guerre, attraverso azioni concrete di disarmo, di smilitarizzazione, di aiuti umanitari, di conversione nonviolenta dell'economia, della politica e della societa': cessare immediatamente di produrre armi; cessare immediatamente di favoreggiare guerre, regimi e poteri criminali; soccorrere, accogliere ed assistere tutte le persone bisognose di aiuto".
Perche' prendere sul serio e quindi seriamente fronteggiare la pandemia in corso significa anche riconoscere ed affrontare le altre sfide che l'umanita' oggi non puo' eludere.
E bastera' enunciarle in un triste e tristo elenco: la crisi climatica ed ecologica; il consumismo e l'accecamento e il pervertimento che esso induce; la catastrofe della comunicazione (e sarebbe da ricordare a questo proposito cio' che scriveva tanti anni fa Enrico Chiavacci sulla violenza del potere dei media); la metuenda presenza e il continuo dissennato accrescimento di armamenti che possono distruggere piu e piu' volte la civilta' umana e contaminare irreversibilmente la biosfera; il ritorno di barbarie come quella razzista e il perdurare di barbarie come quella maschilista; il persistere di rapporti di produzione e di proprieta' che costringono innumerevoli esseri umani alla miseria e alla fame, a un esodo biblico in cerca di scampo, e che avvelenano, devastano e desertificano irreversibilmente quest'unico mondo vivente; fino allo smarrimento del giudizio morale sotto la pressione di un impetuoso sviluppo tecnologico che rendendo possibili cose meravigliose e cose mostruose, cose utilissime e cose assolutamente scellerate.
E qui sovvengono le indimenticabili analisi svolte da Guenther Anders sulle cose prodotte dall'uomo che sopravanzano la capacita' umana di pensare i propri stessi prodotti, e le terrificanti conseguenze dell'aver introdotto la loro presenza nel mondo. E insieme alle riflessioni di Anders occorrerebbe rimeditare anche quelle di Ernst Bloch e di Hans Jonas, della scuola di Francoforte, di Emmanuel Levinas e di Karl Jaspers, e ancora di Hannah Arendt.
*
5. Il messaggio nella bottiglia
Chi scrive queste frettolose righe appartiene alla generazione cresciuta dopo la fine della seconda guerra mondiale e che avendo superato la misura del "tre volte vent'anni" e' ormai vecchia anche se non vecchissima; e' la generazione che ha potuto non solo ascoltare le loro franche parole dalla viva voce di chi si oppose al fascismo salvando l'umanita' dall'abisso - e poiche' alcuni testimoni sono fortunatamente ancora vivi e' possibile ancora oggi ascoltarli, e dobbiamo quindi ancora e ancora ascoltarli e preservare ogni loro ricordo -; ma e' anche la generazione che ha ricevuto il dono grande di poter condividere con alcune delle persone che al fascismo si opposero e gli sopravvissero non solo parole di verita' ma anche vive esperienze di lotta, poiche' quelle persone continuarono - e chi e' ancora in vita continua tuttora - a portare testimonianza e a lottare ancora, nelle cosi' profondamente mutate condizioni della repubblica democratica, per il bene e la liberazione comune.
Cosi' per chi scrive queste righe l'antifascismo - di cui il 25 aprile fa memoria - ha il volto di Sauro Sorbini, di Achille Poleggi, di Vittorio Emanuele Giuntella, di Spartaco Ciucciarelli, di Alfio Pannega, e di molte altre persone che non potrei riuscire a nominare tutte e con le quali non abbiamo solo camminato nei cortei celebrativi - che a loro peraltro poco piacevano, aliene com'erano alla retorica come tutti coloro che hanno vissuto una parte della loro vita sotto un regime totalitario che con cumuli giganteschi di retorica cercava di occultare immani ingiustizie e crimini mostruosi - ma abbiamo condiviso altresi' alcune intense esperienze di impegno morale e civile, sociale e politico, che del loro antifascismo vissuto con trepida e intrepida accesa passione erano persuasa eredita' e concreta prosecuzione.
La generazione dei testimoni dell'antifascismo e della Resistenza va ormai lentamente estinguendosi (e per questo ci sono vieppiu' care le persone di quella generazione ancora vive, e vorremmo che vivessero ancora a lungo, almeno fino a quei centotrent'anni oltre i quali la vita - diceva Voltaire - poteva diventare noiosa), e resta la generazione dei messaggeri, che quelle testimonianze hanno sentito dalla loro viva voce e che si sono sforzati di tramandarle, con esito sempre incerto, e con le parole e con l'azione, si parva licet componere magnis. E' necessario che questa generazione - che e' anche la generazione del Cile e di Sepulveda, per intenderci - quelle testimonianze ricevute, e quindi quel messaggio e quell'appello, tramandi per quanto ne e' capace alle piu' giovani generazioni presenti affinche' esse li tramandino alle venture, e non solo li tramandino, ma li inverino, ne realizzino le speranze e il legato.
Cosi' il 25 aprile per noi e' piu' che una celebrazione di eventi passati, e' un atto di riconoscimento e di riconoscenza, e' l'attestazione di un dono e di una chiamata, e' il porsi all'ascolto della convocazione che i martiri della Resistenza antifascista fanno a proseguire sulla via del bene, e qui e adesso a scegliere la nonviolenza, che e' la lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro tutte le violenze e le oppressioni.
Cosi' il 25 aprile e' anche richiamo ed esortazione a restare fedeli ai principi e ai valori della Costituzione della Repubblica italiana, che e' il lascito maggiore della Resistenza, la prima difesa delle nostre liberta', e il suo programma fondamentale ancora da inverare pienamente.
Il 25 aprile ci convoca quindi ad essere persone buone, sollecite del bene comune, impegnate contro tutte le ingiustizie e le oppressioni.
Proprio te, che oggi rivolgi nell'animo questi o analoghi pensieri, cercava il messaggio nella bottiglia.

***

Allegato primo: le lapidi scritte da Piero Calamandrei per donne, uomini e citta' della Resistenza

VIVI E PRESENTI CON NOI
FINCHE' IN LORO
CI RITROVEREMO UNITI

MORTI PER SEMPRE
PER NOSTRA VILTA'
QUANDO FOSSE VERO
CHE SONO MORTI INVANO

(In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza)

*

DA QUESTA CASA
OVE NEL 1925
IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA
DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE
NON MOLLARE
FEDELI A QUESTA CONSEGNA
COL PENSIERO E COLL'AZIONE
CARLO E NELLO ROSSELLI
SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII
IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA
MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE
INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA
CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO
IL 9 GIUGNO 1937
A BAGNOLES DE L'ORNE
MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI
DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI
QUANDO SPUNTO' L'ALBA
SI VIDERO IN ARMI
SU OGNI VETTA D'ITALIA
MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO
VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI
CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO
GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE
GIUSTIZIA E LIBERTA'

(Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38)

*

GIUSTIZIA E LIBERTA'

PER QUESTO MORIRONO
PER QUESTO VIVONO

(Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano - Firenze)

*

NON PIU' VILLA TRISTE
SE IN QUESTE MURA
SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI
ARMATI SOL DI COSCIENZA
IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI
VOLLERO
PER RISCATTARE VERGOGNA
PER RESTITUIR DIGNITA'
PER NON RIVELARE IL COMPAGNO
LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE
NON TRADIRE

(Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in quei mesi "Villa triste")

*

GIANFRANCO MATTEI
DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA
NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA
FECE DELLA SUA SCIENZA
ARMA PER LA LIBERTA'
COMUNIONE COL SUO POPOLO
SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO

SU QUESTA CASA OVE NACQUE
RIMANGANO INCISE
LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE
QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE
E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE
LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE
"SIATE FORTI - COME IO LO FUI"

Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944

(Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco Mattei)

*

LA MADRE

QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI
SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE
IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO
PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO
MA QUANDO IN UN UNICO SPARO
CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO
LA MADRE DISSE
NON VI RIMPROVERO O FIGLI
D'AVERMI DATO TANTO DOLORE
L'AVETE FATTO PER UN'IDEA
PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI
DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA
MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA
SE PIU' LA SERA NON TORNERETE
IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI
DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO
MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA
O FIGLI CARI
VENGO CON VOI

(Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione)

*

A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA
AVVOLTA NEL NEMBO
QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO
MA LIVIO COMANDA
QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA
NON VALE SAGGEZZA
A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE

DALLA MONTAGNA NERA
DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO
S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA
L'HANNO RICONOSCIUTO
SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI
RICANTAN LE VECCHIE CANZONI
E' LIVIO CHE SALE
E' IL LORO CAPO
CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA
TRA I MORTI GIOVANI
GIOVANE ANCH'EGLI
E' VOLUTO RESTARE

ASCIUGHIAMO IL PIANTO
GUARDIAMO SU IN ALTO
IN CERCA DI TE
COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI
FERMO SULLA RUPE
LE SPALLE QUADRATE MONTANARE
LA MASCHIA FRONTE OSTINATA
L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA
FACCI UN CENNO LIVIO
SE VACILLEREMO
A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE
ANCHE SE QUESTO
E'
MORIRE

(Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una sciagura di montagna)

*

DALL'XI AGOSTO MCMXLIV
NON DONATA MA RICONQUISTATA
A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE
LA LIBERTA'
SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE
PER INSURREZIONE DI POPOLO
PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI
IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI
PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI
HA RIPRESO STANZA
NEI SECOLI

(Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che guarda Via dei Gondi, a Firenze)

*

SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO
NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA
O SUPPLIZIATI DI BELFIORE
O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA
DOPO UN SECOLO
MANTOVA VI AFFIDA
QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA

COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE
A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO
SENZA VOLTARSI INDIETRO
ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE
SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA

MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI
RADETZKY O KESSELRING
VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI
RISORGIMENTO O RESISTENZA
MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO
NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI
LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO
QUESTA FIAMMA RIBELLE
PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO
DOPO CENT'ANNI
QUANDO L'ORA SPUNTA
I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA'
DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA
L'AVANZATA RIPRENDE
FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA
DAL MONDO PACIFICATO

(Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo decennale della Resistenza, giugno 1954)

*

RITORNO DI KESSELRING

NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO
O FUCILATI DELLA RESISTENZA
O INNOCENTI ARSI VIVI
DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO
NON E' PIU' VERO
CHE NEL ROGO DEI CASALI
DIETRO LE PORTE INCHIODATE
MADRI E CREATURE
TORCENDOSI TRA LE FIAMME
URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA'

AI CAMERATI GUASTATORI
CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA
SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA
RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI
SI SCHIERINO IN PARATA
ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI
PER LA FELICITA' DEL MONDO

NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE
SONO STATI TUTTI REQUISITI
PER FARE LA FIORITA
SULLE VIE DEL LORO RITORNO
LI COMANDERA' ANCORA
COLL'ONORE MILITARE
CUCITO IN ORO SUL PETTO
IL CAMERATA KESSELRING
IL VOSTRO ASSASSINO

*

IL MONUMENTO A KESSELRING

LO AVRAI
CAMERATA KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA'
A DECIDERLO TOCCA A NOI

NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITA'
NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI
CHE TI VIDE FUGGIRE

MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIU' DURO D'OGNI MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI SI ADUNARONO
PER DIGNITA' NON PER ODIO
DECISI A RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO

SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI
MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO
CHE SI CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA

(Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952)

*

ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE
IL 12 SETTEMBRE 1943
POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI
ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI
FURONO LA PRIMA PATTUGLIA
DELLA RESISTENZA PIEMONTESE
CHE DOPO DUE INVERNI
CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO
PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI
DIVENTO'
L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA'
DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA

NEL PRIMO DECENNALE
I VIVI SALUTANO I MORTI
DORMITE IN PACE COMPAGNI
L'IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME
VERSO L'AVVENIRE
NON E' CADUTO

(Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27 settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri)

*

CONTRO OGNI RITORNO

INERMI BORGATE DELL'ALPE
ASILO DI RIFUGIATI
PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME
ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI
I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI
FOSSE NOTTURNE SCAVATE
DAGLI ASSASSINI IN FUGA
PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI
QUESTO VI RIUSCI'

S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA
FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO
SCRIVETE QUESTI NOMI
SON LE VOSTRE VITTORIE
MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO
DI DOVE IL POPOLO APUANO
CAVATORI E PASTORI
E LE LORO DONNE STAFFETTE
TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA'
VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA
QUESTO NON VI RIUSCI'
ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI

E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE
CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA
MA QUESTA PACE NON E' OBLIO
STANNO IN VEDETTA
QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO
AL VALORE PARTIGIANO
TAGLIENTI COME LAME
IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA
CONTRO OGNI RITORNO

(Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954)

*

FANTASMI

NON RAMMARICATEVI
DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA
SE GIU' AL PIANO
NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE
MURATA COL VOSTRO SANGUE
SONO TORNATI
DA REMOTE CALIGINI
I FANTASMI DELLA VERGOGNA
TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI
E' BENE CHE SIANO ESPOSTI
IN VISTA SU QUESTO PALCO
PERCHE' TUTTO IL POPOLO
RICONOSCA I LORO VOLTI
E SI RICORDI
CHE TUTTO QUESTO FU VERO
CHIEDERANNO LA PAROLA
AVREMO TANTO DA IMPARARE
MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI
VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE
I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA
TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO
L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO
QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE
PER FAR GRANDE LA PATRIA
APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA
LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI
PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE
I FIERI MINISTRI DI SALO'
APRIRANNO
I LORO ARCHIVI SEGRETI
DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA
DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO
CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO
TUTTE IN REGOLA
SAPREMO FINALMENTE
QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO
DI CARLO E NELLO ROSSELLI
MA FORSE A QUESTO PUNTO
PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA
PECCATO
QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO
AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE

(Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953)

***

Allegato secondo: alcuni testi di Primo Levi

Primo Levi: Shema'
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e' un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525]

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo e' un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si' o per un no.
Considerate se questa e' una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza piu' forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo e' stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

10 gennaio 1946

*

Primo Levi: Alzarsi
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526]

Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finche' suonava breve sommesso
Il comando dell'alba:
"Wstawac":
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre e' sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E' tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
"Wstawac".

11 gennaio 1946

*

Primo Levi: Si immagini ora un uomo...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 21]

Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita' umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento"...

*

Primo Levi: Che appunto perche'...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 35]

Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo' sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso.

*

Primo Levi: Verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 205-206]

La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...).
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...).
Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta', da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.

*

Primo Levi: Hurbinek
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 216]

Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.

*

Primo Levi: Approdo
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542]

Felice l'uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro se' mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati;
E siede e beve all'osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l'uomo come una fiamma spenta,
Felice l'uomo come sabbia d'estuario,
Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte
E riposa al margine del cammino.
Non teme ne' spera ne' aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

10 settembre 1964

*

Primo Levi: La bambina di Pompei
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 549]

Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra
Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
Che ti sei stretta convulsamente a tua madre
Quasi volessi ripenetrare in lei
Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero.
Invano, perche' l'aria volta in veleno
E' filtrata a cercarti per le finestre serrate
Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata
A incarcerare per sempre codeste membra gentili.
Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso,
Agonia senza fine, terribile testimonianza
Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento,
La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli,
Vittima sacrificata sull'altare della paura.
Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.

20 novembre 1978

*

Primo Levi: Non ci sono demoni...
[Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 1519]

Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno.

*

Primo Levi: Partigia
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 561]

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.

23 luglio 1981

*

Primo Levi: Il superstite
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 576]

a B. V.

Since then, at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'e'.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non e' mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".

4 febbraio 1984

*

Primo Levi: Contro il dolore
[Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 675]

E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi.

*

Primo Levi: Canto dei morti invano
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 615]

Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purche' trattiate e contrattiate
Le vite dei vostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L'esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi e i tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,
Gl'innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscirete discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perche' siamo i vinti.
Invulnerabili perche' gia' spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finche' la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.

14 gennaio 1985

*

Primo Levi: Agli amici
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 623]

Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purche' fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.

Dico per voi, compagni d'un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L'anima, l'animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s'indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l'impronta
Dell'amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.

Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l'augurio sommesso
Che l'autunno sia lungo e mite.

16 dicembre 1985

*

Primo Levi: La vergogna del mondo
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1157-1158]

E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno, in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare.

*

Primo Levi: Il nocciolo di quanto abbiamo da dire
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1149-1150]

L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e' estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni (...).
Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo: questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire.

*

Primo Levi: Al visitatore
[Da Primo Levi, testo pubblicato per l'inaugurazione del Memorial in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, ora in Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 1335-1336]

La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo, non puo' essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell'Italia del 1921, ai roghi di libri sulle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto. E' vecchia sapienza, e gia' cosi' aveva ammonito Heine, ebreo e tedesco: chi brucia libri finisce col bruciare uomini, la violenza e' un seme che non si estingue.
E' triste ma doveroso rammentarlo, agli altri ed a noi stessi: il primo esperimento europeo di soffocazione del movimento operaio e di sabotaggio della democrazia e' nato in Italia. E' il fascismo, scatenato dalla crisi del primo dopoguerra, dal mito della "vittoria mutilata", ed alimentato da antiche miserie e colpe; e dal fascismo nasce un delirio che si estendera', il culto dell'uomo provvidenziale, l'entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all'arbitrio di un solo.
Ma non tutti gli italiani sono stati fascisti: lo testimoniamo noi, gli italiani che siamo morti qui. Accanto al fascismo, altro filo mai interrotto, e' nato in Italia, prima che altrove, l'antifascismo. Insieme con noi testimoniano tutti coloro che contro il fascismo hanno combattuto e che a causa del fascismo hanno sofferto, i martiri operai di Torino del 1923, i carcerati, i confinati, gli esuli, ed i nostri fratelli di tutte le fedi politiche che sono morti per resistere al fascismo restaurato dall'invasore nazionalsocialista.
E testimoniano insieme a noi altri italiani ancora, quelli che sono caduti su tutti i fronti della II Guerra Mondiale, combattendo malvolentieri e disperatamente contro un nemico che non era il loro nemico, ed accorgendosi troppo tardi dell'inganno. Sono anche loro vittime del fascismo: vittime inconsapevoli.
Noi non siamo stati inconsapevoli. Alcuni fra noi erano partigiani; combattenti politici; sono stati catturati e deportati negli ultimi mesi di guerra, e sono morti qui, mentre il Terzo Reich crollava, straziati dal pensiero della liberazione cosi' vicina.
La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le citta' italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista, costretta all'antisemitismo dalle leggi di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalita' del popolo italiano. Erano ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati.
C'erano bambini fra noi, molti, e c'erano vecchi alle soglie della morte, ma tutti siamo stati caricati come merci sui vagoni, e la nostra sorte, la sorte di chi varcava i cancelli di Auschwitz, e' stata la stessa per tutti. Non era mai successo, neppure nei secoli piu' oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi: che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che e' stato civile, e che civile e' ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo.
In questo luogo, dove noi innocenti siamo stati uccisi, si e' toccato il fondo delle barbarie. Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell'odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, ne' domani ne' mai.

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 440 del 23 aprile 2020
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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