[Nonviolenza] Telegrammi. 3712



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3712 del 17 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Emmanuel Levinas: La prima parola
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Andrea Landolfi: Giaime Pintor (2015)
6. Monica Pacini: Luigi Pintor (2015)
7. Sosteniamo il Movimento Nonviolento
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. EMMANUEL LEVINAS: LA PRIMA PAROLA
[Da Emmanuel Levinas, Totalita' e infinito, Jaca Book, Milano 1980, 1990, 1994, p. 204.
Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il 12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania, Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, piu' tardi, Gueroult. L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si puo' legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici. Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia' cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg. L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel. L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal 1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole dell'Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani, maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva importanza. Tra le opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina); Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it. parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo); Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr. it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee (tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo stampata col titolo Ethique et infini. Tra le opere su Emmanuel Levinas: Per la bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino, La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas, ermeneutica e separazione, Citta' Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas. Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas, Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, Edb, Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg & Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo' non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; Francois Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003]

La prima parola: "Non uccidere".

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. MAESTRI. ANDREA LANDOLFI: GIAIME PINTOR (2015)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Giaime Pintor nacque a Roma il 30 ottobre 1919, da Giuseppe e da Adelaide Dore, in una famiglia della buona borghesia sarda.
Il padre (1889-1941), quinto e ultimo figlio di un medico, da Cagliari si era trasferito presto a Roma dove, dopo la morte dei genitori, crebbe sotto la guida della sorella e del fratello maggiori, Francesca e Fortunato, i quali ebbero poi un ruolo importante anche nella formazione di Giaime; entrato nella burocrazia statale, nel 1918 sposo' Adelaide Dore (1890-1973), figlia di un ingegnere cagliaritano: univa i due giovani una particolare sensibilita' artistica, che entrambi dovettero sacrificare alle ragioni della vita. Nel 1925, dopo anni di continui trasferimenti che videro spesso il piccolo Giaime ospite per lunghi periodi nella casa romana degli zii paterni, Giuseppe e Adelaide si stabilirono a Cagliari, con la famiglia che nel frattempo si era accresciuta: nel 1921 era nata la secondogenita, Silvia (morta nel 2001) e, poco prima del trasferimento, nel 1925, Luigi; l'ultimogenita, Antonietta, nacque nel 1928.
Nella "strana e amatissima casa [...] inerpicata come per caso tra rose e cespugli di capperi, alta e solitaria sulla citta'" (Pintor, 1998, p. 17) i ragazzi Pintor vissero un'infanzia serena all'insegna della liberta', della luce e del mare, di avventure e di giochi sfrenati. Ma accanto a questa dimensione "naturale" conviveva fin gia' dai primissimi anni, in Giaime, una particolare propensione per le storie e la storia.
Questa passione precoce mette in luce un tratto decisivo del carattere del futuro intellettuale, quello di una curiosita' vorace che, insofferente di vincoli e limitazioni, aspira a possedere integralmente i campi sui quali si esplica. Cosi' si esprimeva il diciassettenne in alcune frammentarie annotazioni retrospettive: "Sentivo molto tutte le privazioni di liberta' [...]. Certo leggevo moltissimo [...]: fra i sei e i quindici anni credo di aver letto tutto quello che e' stato scritto per ragazzi" (p. 8).
Curiosita' e insofferenza, gioia della lettura e voglia di crescere in fretta contraddistinsero anche gli anni del ginnasio, nei quali il pensum scolastico veniva sbrigato parallelamente a una diuturna attivita' di studi e letture liberamente scelti.
Nel 1935 Pintor vinse la prima battaglia per la propria autonomia ottenendo di poter lasciare l'isola e trasferirsi a Roma, a casa degli zii Francesca e Fortunato, per terminare il liceo in un ambiente culturalmente piu' stimolante. Documento di quella prima affermazione di se' e' una lettera al padre in cui il sedicenne, pur nell'ossequio dichiarato al dogma dell'obbedienza filiale, perora la propria causa con intelligenza politica non inferiore all'abilita' retorica (pp. 10 ss.). Anche se in parte deluso nelle proprie aspettative, a Roma Pintor ebbe modo di ampliare i suoi orizzonti soprattutto grazie agli zii, la cui casa era una sorta di approdo sicuro di una variegata intellighenzia che intratteneva con il regime i rapporti piu' disparati. Tra gli ospiti abituali vi era infatti Giovanni Gentile – al quale Fortunato Pintor, di la' dalle divergenze politiche, fu legato da un'amicizia profonda – ma anche esponenti giovani e meno giovani della fronda al fascismo. E proprio a casa degli zii Pintor strinse un'amicizia fraterna con Lucio Lombardo Radice, che lo proietto' nella cerchia dei cosiddetti "giovani comunisti romani" (Antonio Amendola, Paolo Bufalini, Aldo e Ugo Natoli e via enumerando).
Il dato piu' evidente di questa fase della vita del giovane e', ancora una volta, la curiosita': pur tenendosi lontano da ogni attivita' "sovversiva" frequento' assiduamente il piccolo gruppo; contemporaneamente, seppur sempre in modo ironico e distaccato, partecipo' al clima generale degli anni del consenso al fascismo. Intanto procedeva, come sempre in modo autonomo, nelle letture e negli studi, dedicandosi approfonditamente al tedesco, che aveva iniziato a studiare gia' a Cagliari. Nel 1936, spinto dalla consueta insofferenza, decise, contro il parere della famiglia, di saltare l'ultimo anno di liceo e sostenere l'esame di maturita' come privatista; promosso a pieni voti trascorse l'estate a Cagliari, tra progetti e letture (Candide, Werther, il Viaggio in Italia definito in una lettera agli zii "libro fra i piu' noiosi che mai uomo abbia scritto", cit. in Calabri, 2007, p. 37) finche', una volta tornato a Roma, si iscrisse, per mere ragioni di praticita', alla facolta' di giurisprudenza.
Libero dagli obblighi scolastici riprese con maggiore impegno il proprio programma di letture e approfondimenti, il cui ventaglio divenne via via sempre piu' ampio: accanto allo studio delle lingue, cui ormai attendeva da solo, le letterature europee, la filosofia, la storia, la politica. Pur continuando a mantenere un atteggiamento di ironica distanza nei confronti delle attivita' obbligatorie di esercitazione e istruzione paramilitare, partecipo' attivamente, insieme con molti altri coetanei in seguito confluiti nell'antifascismo militante, ai Littoriali. E fu proprio grazie a queste manifestazioni, in cui appariva evidente il tentativo di sottomettere le ragioni della cultura a quelle dell'ideologia dominante, che Pintor inizio' a maturare dentro di se' un distacco sempre piu' marcato e radicale dal fascismo e dalle sue liturgie collettive. Contribuirono a questo processo, oltre all'addensarsi di ombre sempre piu' cupe sulle sorti dell'Europa, altre fondamentali amicizie, come quelle con Manlio Mazziotti, Jader Jacobelli, Mischa Kamenetzky (quest’ultimo dopo la guerra adotto', anche in omaggio alla memoria dell'amico scomparso, il nome Ugo Stille, con il quale entrambi avevano firmato alcuni articoli). Nell'aprile 1938, meno di un mese dopo l'Anschluss, nella rivista Il Frontespizio apparve la sua prima traduzione rilkiana.
La coincidenza, evidentemente casuale, da' tuttavia la misura dell'atteggiamento "difensivo" del giovane intellettuale, il quale da una parte cercava di non farsi distogliere dai suoi studi dai venti di guerra, e dall'altra, con la scarna modernita' delle proprie versioni, proponeva un Rilke "nuovo", lontano anni luce tanto dallo stile "dannunziano" delle traduzioni di Vincenzo Errante, quanto, e soprattutto, dalla autorappresentazione anche "poetica" dello hitlerismo trionfante.
A quel primo componimento, intitolato Annunciazione, seguirono diverse altre versioni del poeta praghese, soprattutto dai Sonetti a Orfeo, che confluirono nel volume Poesie, pubblicato da Einaudi nel 1942. All'intensa attivita' di traduttore, che forse davvero rispondeva all'esigenza inconfessata di dare voce a un mondo tedesco diverso da quello ufficiale (versioni da Arnim, Tieck, Kleist, Hesse, Hofmannsthal, Trakl, Jünger e altri), Pintor affiancò una sempre più nutrita attività di pubblicista, scrivendo tra il 1939 e il 1942 una quantita' di recensioni e articoli di argomento soprattutto letterario, ma anche politico e di costume, sulle riviste piu' importanti dell'epoca, da Oggi a Primato, da Letteratura a Leonardo.
L'entrata in guerra dell'Italia fu registrata nel suo diario con sconcertante freddezza: "Cosi' ci unimmo alla fiumana di persone che si avviava a Piazza Venezia. [...] Il discorso fu breve e poi tutto quel popolo chiassoso e felice si riverso' nelle strade e corse al Quirinale a salutare il Re. Noi seguimmo perplessi il movimento della folla, guardando i volti eccitati delle donne e godendo lo splendido crepuscolo di giugno. Così questo fatto atteso e temuto era entrato nella nostra vita…» (Doppio diario, a cura di M. Serri, 1978, p. 72). Pochi giorni dopo, non ancora ventunenne si laureo' e il primo luglio parti' alla volta di Perugia, per raggiungere il proprio reggimento. Quei primi mesi di servizio militare e di guerra "invisibile" il giovane ufficiale li trascorse in un'atmosfera sostanzialmente serena ("Qui a Perugia sanno appena che c'e' la guerra, e la tradizione papalina gliela deve far apparire come un fatto in fondo trascurabile", p. 75); risalgono ad allora anche due incontri decisivi, con Filomena d'Amico, cui lo lego' una complicata amicizia amorosa (l'epistolario tra i due giovani, pubblicato nel 2000, costituisce una testimonianza fondamentale sui rapporti, le tensioni, le attese di quella generazione negli anni della guerra), e con la tedesca Ilse Bessel, il grande amore cui Pintor dedico' il volume einaudiano delle poesie di Rilke. Ma a quel primo impatto indolore con l’istituzione militare seguì ben presto un’irritazione crescente, il senso divorante di essere privato della propria libertà e del proprio tempo, il desiderio di sottrarsi in qualunque modo all'inazione ("Il dovere di vivere con uomini che non si stimano [...]. Il tempo si perde stupidamente in questioni senza valore [...]. Essere in Grecia almeno servirebbe a qualche cosa", p. 82).
La tragica morte, in un incidente aereo dai risvolti mai chiariti, dello zio Pietro Pintor, generale e presidente della Commissione di armistizio con la Francia, impose un diverso corso alla vita di Giaime. Su intervento di alcuni colleghi del generale egli fu infatti trasferito a Torino presso la Commissione, una sorta di sinecura che se da un lato fu vissuta dal giovane con sempre maggiore frustrazione (tanto da pensare seriamente, ancora nel 1942, di fare domanda per essere mandato sul fronte orientale, p. 171), dall’altra gli concesse due anni e mezzo di straordinario fervore intellettuale, grazie soprattutto all'amicizia con Felice Balbo e Cesare Pavese e al sodalizio con la casa Einaudi.
Negli articoli di quegli anni la riflessione sul mondo culturale tedesco, iniziatasi gia' nel 1940 con la recensione, apparsa in Primato, Un'antologia tedesca (in Il sangue d'Europa, a cura di V. Gerratana, 1950, p. 59), nella quale con piglio coraggioso e deciso si negava qualsiasi valore artistico alla produzione poetica nata sotto l'ala del Partito nazista, si sostanzia, nel Commento a un soldato tedesco e in altri articoli di analogo tenore, fino a investire la psicologia di una intera generazione che con voluttà si stava annullando nel grande organismo collettivo della guerra (p. 73). All'ottobre 1942 risale invece l'articolo, rifiutato da Primato, scritto all'indomani del Convegno dell'Unione degli scrittori europei che si era tenuto a Weimar, e al quale Pintor si era recato in veste ufficiale insieme con Elio Vittorini. Di la' dalla polemica postuma sulla partecipazione dei due intellettuali a quella tarda e sinistra ostentazione di potenza del declinante nazionalsocialismo (cfr. Serri, 2002; Calabri, 2007, pp. 353-355), e' utile registrare, e mettere sul conto della irreprimibile curiosita' e irrequietezza pintoriane, la frase di una lettera ai familiari del 16 ottobre: "Gli scrittori europei adunati a Weimar costituivano la piu' numerosa assemblea di cretini che io abbia vista riunita, ma il viaggio e il soggiorno in Germania sono stati egualmente interessanti" (Doppio diario, cit., 1978, p. 173).
Ma quanto piu' le riflessioni sulla guerra e sul fascismo si andavano precisando e radicalizzando, tanto piu' stretta si faceva la collaborazione con la Einaudi, di cui Pintor divenne uno fra gli elementi di punta. L'energia e l'ampiezza di orizzonti del giovane consulente editoriale appaiono oggi straordinarie e fanno presagire quale importante ruolo egli avrebbe potuto assumere nel panorama culturale postbellico. All’indomani del 25 luglio, appena rientrato da Vichy dove era stato trasferito mesi prima presso la missione italiana, torno' a Roma, dove rimase fino al settembre, lavorando senza sosta al progetto einaudiano di una testata giornalistica e intessendo relazioni a tutti i livelli in una sorta di ruolo di collegamento tra le sfere militari e i partiti antifascisti. Dopo aver partecipato agli scontri a Porta San Paolo (cfr. la testimonianza di Aldo Natoli, in Giaime Pintor e la sua generazione, 2005, pp. 323 s.), l'11 settembre parti' per il Sud, raggiunse fortunosamente Brindisi, dove trascorse "dieci pessimi giorni presso il Comando Supremo" (Il sangue d'Europa, cit., 1950, p. 185), e di li', dopo aver disertato, Napoli, dove con l'appoggio di Croce si stava cercando di costituire un corpo di volontari, i Gruppi combattenti Italia, da affiancare agli Alleati. Fallito anche questo progetto, con Aldo Garosci e Dino Gentili decise di riattraversare le linee per raggiungere e organizzare i gruppi armati che operavano a sud di Roma.
Tuttavia la spedizione, organizzata di concerto con gli Alleati, ebbe un tragico esito: Giaime Pintor rimase ucciso, infatti, il primo dicembre 1943 a Castelnuovo al Volturno in seguito allo scoppio di una mina.
Il suo ultimo scritto, l'intensa e lucidissima lettera al fratello Luigi (pp. 185 ss.), divenne un manifesto dell'epica resistenziale, cio' che contribui', fino in anni recenti, a fare di Pintor una sorta di icona, e almeno in parte a ridurne e falsarne la complessa personalita'.
*
Opere. Il sangue d'Europa (1939-1943), a cura di V. Gerratana, Torino 1950-19772); Doppio diario 1936-1943, a cura di M. Serri, Torino 1978; G. Pintor - F. d'Amico, C'era la guerra. Epistolario 1940-1943, a cura di M. C. Calabri, Torino 2000.
Fonti e bibliografia: Per una bibliografia esaustiva degli scritti di Pintor e per i riferimenti al ricco materiale autografo custodito in diversi archivi si rimanda alla monografia di M. C. Calabri, Il costante piacere di vivere. Vita di G. P., Torino 2007. Si vedano inoltre: L. Pintor, Servabo. Memoria di fine secolo, Torino 1991, passim; Id., La signora Kirchgessner, Torino 1998, passim; Id., Il nespolo, Torino 2001, passim; Da casa Pintor. Un’eccezionale normalità borghese: lettere familiari, 1908-1968, a cura di M. Pacini, Roma 2011, ad indicem.
Tra gli studi recenti: M. Serri, Il breve viaggio. G. P. nella Weimar nazista, Venezia 2002; G. P. e la sua generazione, a cura di G. Falaschi, Roma 2005; M.C. Calabri, Il costante piacere di vivere. Vita di G. P., Torino 2007.

6. MAESTRI. MONICA PACINI: LUIGI PINTOR (2015)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Luigi Pintor nacque a Roma il 18 settembre 1925, terzo dei quattro figli (Giaime, Silvia, Antonietta) di Giuseppe, funzionario al ministero dei Lavori pubblici, e di Adelaide Dore, insegnante, traduttrice e scrittrice per ragazzi.
L'assegnazione del padre al Provveditorato alle opere pubbliche della Sardegna porto' la famiglia, di origini sarde, a trasferirsi a Cagliari nel novembre del 1925. Sull'isola Luigi trascorse l'infanzia e l'adolescenza tra il mare, la strada e la casa. Crebbe in un ambiente borghese sobrio, laico e colto, animato dalla passione paterna per la musica e da quella materna per la scrittura; protetto e indirizzato dai fratelli maggiori del padre, in particolare da Fortunato, bibliotecario al Senato e all'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, e dal generale Pietro, impegnato in Libia e in Etiopia e poi al comando della prima armata sul fronte occidentale. L'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno 1940, riporto' la famiglia nella capitale, mentre Giaime – a Roma dal 1935 e gia' avviato a una brillante carriera letteraria – fu richiamato sotto le armi. Dalla morte del padre (1941), Luigi si dedico' allo studio del pianoforte con il maestro Bruno Scanferla, oltre a proseguire gli studi, iniziati al liceo Dettori di Cagliari, nelle aule del liceo Tasso di Roma.
La guerra in citta' e la morte di Giaime, ucciso da una mina a Castelnuovo al Volturno il primo dicembre 1943 durante una missione partigiana, impressero una svolta radicale alla vita di Pintor, destinatario dell'ultima lettera-testamento scritta dal fratello da Napoli il 28 novembre 1943. Entrato in contatto con cellule clandestine del Partito comunista italiano (PCI), si iscrisse al Partito nel 1943 e partecipo' ad alcune azioni dei GAP (Gruppi d'Azione Patriottica) romani. Arrestato dalla "banda Koch" nel maggio del 1944, a poche ore di distanza dal compagno di scuola sardo Silvio Serra, nelle retate contro i resistenti romani scatenate dal tradimento di Guglielmo Blasi, fu rinchiuso e torturato nel covo della pensione Jaccarino. Condannato alla fucilazione, l'esecuzione fu sospesa per intervento – pare – di monsignor Giovanni Battista Montini e del maresciallo Rodolfo Graziani. Tradotto a Regina Coeli, usci' dal carcere all'arrivo degli americani a Roma il 4 giugno 1944. Nei giorni della Liberazione sposo' Marina Girelli, vicina di quartiere, di studi e di avventure politiche, da cui avrebbe avuto due figli: Roberta (1947) e Giaime (1949).
Dal 1946 Pintor collaboro' all'edizione romana de l'Unita', andando a costituire quel gruppo di giovani, provenienti in buona parte dalle file della Resistenza romana, a cui Palmiro Togliatti affido' – sotto la direzione di Velio Spano e Mario Montagnana, affiancati da Mario Alicata e Pietro Ingrao – la realizzazione del giornale del nuovo partito di massa che doveva "raccontare ogni giorno gli eventi di tutti e al tempo stesso far posto alla mole di notizie sulle vicende quotidiane del partito" (Ingrao, 2006, p. 163). Il 26 maggio 1946 il quotidiano pubblico' La cultura come strumento di combattimento. Una lettera di Giaime Pintor e, nell'estate, i primi articoli a firma di Luigi Pintor sui problemi postbellici della capitale e poi, soprattutto, di cronaca giudiziaria, parlamentare ed elettorale. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta collaboro' con Luciana Astrologo alla traduzione italiana di Peter Viereck (Dai romantici a Hitler, Torino 1948), e curo' per le Edizioni di Cultura sociale degli Editori Riuniti la pubblicazione di Boris Polevoi, Un vero uomo, Roma 1953 (premio Stalin 1947). Da inviato segui' le campagne elettorali di Togliatti e come redattore politico partecipo' attivamente al dibattito parlamentare sul Patto atlantico e alla battaglia de l'Unita' contro la "legge truffa" (1952-53), dedicando all'Involuzione reazionaria della Democrazia cristiana e alle difficolta' poste all'unita' dei cattolici dalla "collusione tra gruppi monarchico-fascisti e Dc" i suoi primi interventi di riflessione polemica su Rinascita (gennaio 1955, pp. 3-7); sedette nel comitato di redazione della rivista nella fase de La nuova Resistenza (numero speciale, estate 1960) aperta dalle manifestazioni di piazza contro il governo Tambroni.
Eletto membro del comitato centrale del PCI al X Congresso (1962), dal 1963 affianco' Alicata nella direzione de l'Unita' a Roma e in quella veste intervenne alle prime tribune politiche della RAI accessibili alle voci dell'opposizione. L'emergere di valutazioni divergenti sui confini e l'identita' del Partito rispetto alla stasi dei governi di centro-sinistra, alle spinte delle nuove lotte operaie e giovanili e alla ricerca di un'alternativa democratica al sistema di potere del capitalismo avanzato determinarono il suo allontanamento dalla direzione del giornale, affidata a Maurizio Ferrara (1965). Il conflitto interno al gruppo dirigente si dilato' tra l'ottobre del 1964 e l'XI Congresso del PCI (1966) intorno alla proposta di Giorgio Amendola di un partito unico della sinistra, avversata dai cosiddetti "ingraiani" ai quali anche Pintor era apparentato, e alla correlata questione della legittimita' del dissenso. Emarginato dalla direzione del Partito insieme ad altri dissenzienti, fu assegnato alla segreteria regionale sarda. Eletto nel Consiglio provinciale di Roma nell'autunno del 1964, lascio' l'incarico nel maggio del 1968 in seguito all'elezione a deputato nella circoscrizione Cagliari-Sassari-Nuoro (terzo eletto con 30.344 voti di preferenza); fece parte delle commissioni permanenti IV Giustizia (1968-69) e XII Industria (1970-72), intervenendo sulle origini delle violenze studentesche a Roma e a Napoli e sui casi di spionaggio denunciati alla Fiat. Iscritto al gruppo parlamentare comunista, dal dicembre del 1969 passo' al Gruppo misto, essendo stato radiato dal comitato centrale in novembre, insieme ad Aldo Natoli e Rossana Rossanda. Il provvedimento riguardo' il gruppo della "nuova sinistra" (Luciana Castellina, Massimo Caprara, Eliseo Milani) che al XII Congresso (1969) aveva esplicitato la propria posizione di minoranza critica sull'organizzazione interna del Partito, sulle risposte da dare alla crisi di governo in atto, sui rapporti con la dirigenza sovietica e con i movimenti operai e studenteschi.
I "radiati" dettero vita alla rivista mensile il manifesto (n. 1, giugno 1969), diretta da Lucio Magri e da Rossanda. Pintor fu tra i principali promotori della trasformazione della rivista in quotidiano nazionale comunista (28 aprile 1971), di cui assunse la direzione, nella prospettiva di farne uno strumento di informazione e di giudizio capace di favorire l'auto-organizzazione dei movimenti e di accelerare la crisi del riformismo e del revisionismo. Rappresentativi della ricerca di una forma nuova di commento politico e di dialogo con i lettori sono gli scritti raccolti in I corsivi del manifesto. I mostri descritti da Pintor e disegnati da Pericoli (Roma 1976).
In occasione delle elezioni del maggio 1972, Pintor sostenne la nascita del partito del gruppo de il manifesto e la candidatura di Pietro Valpreda; di fronte al deludente esito elettorale (0,7% pari a 224.313 voti), alla tenuta democristiana e alla frantumazione della sinistra extraparlamentare accolse la proposta di unificazione avanzata dal Partito di unita' proletaria (PdUP) di Vittorio Foa. Ma l'integrazione tra le diverse componenti si areno' e in risposta al tentativo del Partito (il manifesto-PdUP) di governare il giornale, Pintor si dimise dalla direzione (1975), allontanandosi definitivamente dagli organi dirigenti del Partito. Torno' a un impegno attivo nel collettivo editoriale de il manifesto dalla primavera del 1978, dopo che il giornale aveva confermato una linea di autonomia dal PdUP per il comunismo di Lucio Magri, anche rispetto al rapimento di Aldo Moro (16 marzo - 9 maggio 1978): "ne' con lo Stato ne' con le BR". L'ascesa di Bettino Craxi e il nuovo corso della segreteria di Enrico Berlinguer riaccesero il confronto interno al gruppo dei fondatori su destino e ruolo de il manifesto nella sinistra italiana. Vari gli attestati di reciproca stima tra Pintor e Berlinguer (A un amico, in il manifesto, 12 giugno 1984; poi raccolto in Parole al vento. Brevi cronache degli anni '80, Milano 1990, che condensa una pratica giornalistica intesa come pungolo alla prepotenza e all'insensibilita'). Tra gli anni Settanta e Ottanta si intensifico' la sua partecipazione ai dibattiti tra intellettuali promossi dal settimanale l'Espresso sulle radici del terrorismo e sul caso Moro, sui rapporti tra PCI e Partito socialista italiano, sull'eredita' di Amendola e sulla successione a Berlinguer.
Alle elezioni politiche del maggio del 1987 si candido' come indipendente nella lista del PCI; eletto in due circoscrizioni con 32.324 voti di preferenza, opto' per quella di Firenze-Pistoia, iscrivendosi al gruppo parlamentare della Sinistra indipendente. In disaccordo con la linea del segretario Achille Occhetto, si dimise da deputato sull'onda di un'aspra polemica con Giancarlo Pajetta e l'Unita' che contestarono il suo diritto alla critica.
Intanto si apri' una frattura anche generazionale all’interno de il manifesto sulla collocazione del giornale rispetto al crollo dei comunismi e alle scissioni interne al PCI. In quegli stessi anni compose Servabo (Torino 1991), il primo tempo di un cammino a ritroso nella memoria privata e pubblica in cui si intrecciano emozioni, pensieri e domande senza risposta.
Nel 1995 Pintor lascio' la direzione de il manifesto, pur continuando a collaborare sia al quotidiano, sia al mensile La rivista del manifesto (1999-2003).
In Politicamente scorretto. Cronache di un quinquennio, 1996-2001 (Torino 2001) raccolse quasi tutti i suoi editoriali sulla parabola della prima prova della sinistra italiana al governo della Repubblica "dal momento illusorio dell'ascesa al disastro finale" con la partecipazione alla guerra in Kosovo (p. VII). Nel dolore per la morte a breve distanza dei due figli torno' alla narrativa con La signora Kirchgessner (Torino 1998), Il nespolo (Torino 2001) e I luoghi del delitto (Torino 2003) – poi raccolti in La vita indocile (Torino 2013); prose brevi che scrutano i grandi temi della sua vita: la guerra e l'antifascismo, la militanza comunista e la crisi della sinistra, la perfezione della forma e la malattia, la fatalità e il senso di colpa.
Assistito dalla seconda moglie, Isabella Premoli, Pintor mori' a Roma il 17 maggio 2003, nella sua casa, dopo breve e cruda malattia.
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Opere. Tra le altre raccolte giornalistiche si segnalano Prigionieri di guerra, Palermo 2000; Punto a capo. Scritti sul manifesto 2001-2003, Roma 2004. Una scelta di scritti giornalistici di Pintor è in Giornalismo italiano 1968-2001, a cura di F. Contorbia, Milano 2009, pp. 387-389, 832-834.
Fonti e bibliografia: Roma, Fondazione Istituto Gramsci, Archivio PCI, Organismi dirigenti nazionali, 1945-1985; Congressi nazionali; Fondo Enrico Berlinguer, Corrispondenza II.
Sulla formazione: M.C. Calabri, Il costante piacere di vivere. Vita di Giaime Pintor, Torino 2007; Da casa Pintor. Un'eccezionale normalita' borghese: lettere familiari, 1908-1968, a cura di M. Pacini, Roma 2011. Sulla guerra e l'arresto: M. Griner, La "banda Koch". Il Reparto speciale di polizia 1943-44, Torino 2000, pp. 151-159; A. Reichlin, Il midollo del leone. Riflessioni sulla crisi della politica, Roma-Bari 2010, ad nomen. Sul dissenso del gruppo della "nuova sinistra" e sulle vicende de il manifesto: L'ampio dibattito sulle Tesi per il XII Congresso, intervento di Pintor, in l'Unita', 19 ottobre 1968; Nemici come prima, in l'Espresso, 7 dicembre 1969; Dibattito sul manifesto quotidiano, Roma 1975, pp. 7-9, 11-16, 216-223; R. Pellegrini - G. Pepe, Unire e' difficile (breve storia del PdUP per il comunismo), Roma 1977, pp. 171-189; A. Garzia, Da Natta a Natta. Storia del manifesto e del PdUP, Bari 1985; S. Dalmasso, Il caso Manifesto e il PCI degli anni ’60, Torino 1989; V. Foa, Il cavallo e la torre. Riflessioni su una vita, Torino 1991, pp. 294-311; N. Ajello, Il lungo addio. Intellettuali e PCI dal 1958 al 1991, Roma-Bari 1997, ad nomen; M. Caprara, Quando le Botteghe erano oscure: 1944-1969, uomini e storie del comunismo italiano, Milano 1997, pp. 202-223; P. Murialdi, La stampa italiana dalla Liberazione alla crisi di fine secolo 1943-2002, Roma-Bari 2003, ad nomen; R. Rossanda, Un comunista irreconciliato, in La rivista del manifesto, 2003, 41, http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/ 41/41A20030715.html (30 maggio 2015); P. Ingrao, Volevo la luna, Roma 2006, pp. 162-165, 219, 311-331; R. Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Roma 2007, pp. 291, 321-329; L. Magri, Il sarto di Ulm: una possibile storia del PCI, Milano 2009, pp. 195-201, 252-258; A. G. Paolino, Ingrao e gli ingraiani nel PCI da Budapest a Praga (1956-1968), Alessandria 2012, pp. 123-254.

7. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Occorre certo sostenere finanziariamente con donazioni tutti i servizi pubblici che stanno concretamente fronteggiando l'epidemia. Dovrebbe farlo lo stato, ma e' tuttora governato da coloro che obbedienti agli ordini di Mammona (di cui "Celochiedonoimercati" e' uno degli pseudonimi) hanno smantellato anno dopo anno la sanita' e l'assistenza pubblica facendo strame del diritto alla salute.
Ed occorre aiutare anche economicamente innanzitutto le persone in condizioni di estrema poverta', estremo sfruttamento, estrema emarginazione, estrema solitudine, estrema fragilita'. Dovrebbe farlo lo stato, ma chi governa sembra piu' interessato a garantire innanzitutto i privilegi dei piu' privilegiati.
Cosi' come occorre aiutare la resistenza alla barbarie: e quindi contrastare la guerra e tutte le uccisioni, il razzismo e tutte le persecuzioni, il maschilismo e tutte le oppressioni. Ovvero aiutare l'autocoscienza e l'autorganizzazione delle oppresse e degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera. Ovvero promuovere l'universale democrazia e la legalita' che salva le vite, solidarieta', la responsabilita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, la condivisione del bene e dei beni.
In questa situazione occorre quindi anche e innanzitutto sostenere le pratiche nonviolente e le organizzazioni e le istituzioni che la nonviolenza promuovono ed inverano, poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
E tra le organizzazioni che la nonviolenza promuovono ed inverano in Italia il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e' per molte ragioni una esperienza fondamentale.
Chi puo', nella misura in cui puo', sostenga quindi il Movimento Nonviolento, anche con una donazione.
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Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it
Per destinare il 5x1000 al Movimento Nonviolento: codice fiscale 93100500235
Per sostegno e donazioni al Movimento Nonviolento: Iban IT35 U 07601 11700 0000 18745455

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Janina Bauman, Inverno nel mattino. Una ragazza nel ghetto di Varsavia, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 280 (+ 8 pp. di repertorio fotografico).
- Janina Bauman, Un sogno di appartenenza. La mia vita nella Polonia del dopoguerra, Il Mulino, Bologna 1996, pp. 252.
- Agnes Heller, Breve storia della mia filosofia, Castelvecchi, Roma 2016, pp. 190.
- Agnes Heller, Etica generale, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 310.
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Riedizioni
- Corrado Augias, Giovanni Filoramo, Il grande romanzo dei Vangeli, Einaudi, Torino 2019, Gedi, Roma 2020, pp. II + 266, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").
- Mario Isnenghi, Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945, Il Mulino, Bologna 2005, Rcs, Milano 2020, pp. VIII + 392, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Gialli
- Carter Dickson, Dipartimento casi bizzarri, Mondadori, Milano 1990, 2019, pp. 192, euro 5,90.
- Edgar Wallace, L'abate nero, Mondadori, Milano 1987, 2020, pp. 272, euro 5,90.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3712 del 17 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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